2/8/2010 (7:22) - INTERVISTA
Ghedini: "Un Berlusconi sotto processo fa comodo"
L'avvocato: «Niente toghe rosse, però c'è una fortissima corporazione. Le prescrizioni? Più colpa dell'accusa che della difesa»
CLAUDIO SABELLI GHEDINI
Sono leggendari i suoi scontri con Marco Travaglio ad Annozero. Praticamente un format. Travaglio cita una sentenza per dire che Berlusconi è un criminale. Lui parte in una difesa appassionata scartabellando faldoni. Travaglio insiste. Lui si incaponisce. I toni si alzano. Santoro osserva felice. Le voci si sovrappongono. Finché lui, esasperato, urla «mavalà». Niccolò Ghedini, 50 anni, potente avvocato di Silvio Berlusconi, dice però che «mavalà» non è un suo intercalare abituale. «L’ho usato solo in una trasmissione. Ripetutamente. Ho esagerato. E mi è rimasto appiccicato addosso. Era un gesto di sconforto. Travaglio continuava a dire una cosa sbagliata. E allora mi veniva da dire: “Ma dai, basta, non è possibile!” È uscito “mavalà!”. Colpa mia. Ma ero disperato».
Ora è per tutti Nicolò «Mavalà» Ghedini. Grazie a Travaglio…
«A me Travaglio non dispiace. In trasmissione vorrei gettargli il Codice addosso. Ma è un professionista notevole. Una volta su cento ha ragione. E mi fa riflettere. Le sue critiche sono in buona fede, anche se dice cose disancorate dalla realtà dei dati processuali».
Ma è uno dei pochi che legge le sentenze…
«Se estrapoli solo la parte che ti piace, mistifichi la realtà. Lui non fa il giornalista, fa l'avvocato di parte civile. Però…»
Però?
«Non mi è antipatico».
Travaglio ha detto: «Ghedini è duro ma sportivo, non sfugge al confronto. È coraggioso».
«A me piace confrontarmi con lui».
Quante volte è andato ad Annozero?
«Una decina».
E Santoro?
«Mi innervosisce perché combatte un mio amico. Ma apprezzo la sua professionalità. È fazioso ma in maniera palese».
Preferisce Vespa o Santoro?
«Da Santoro mi diverto di più».
Lei è antipatico al 90 per cento della sinistra…
«E mi dispiace».
Colpa del suo presenzialismo televisivo?
«Io vado dove c’è la necessità di difendere il presidente Berlusconi».
La paragonano a Lurch, il brutto della famiglia Addams. Gli assomiglia un po’, in effetti.
«Non mi piace essere un eroe negativo. Vuol dire che qualcosa ho sbagliato. Ma se mi chiamano Lurch per la somiglianza, non me ne frega niente. Sono brutto, lo so. Ma ho cinquant’anni, una moglie carina, un figlio simpatico, quello che ho fatto ho fatto. Non vado a farmi la plastica».
Non si butti giù…
«Alle critiche su quello che faccio, invece, presto attenzione. Sono convinto spesso di aver ragione. Ma se in molti mi danno torto, magari hanno ragione loro».
Perché è diventato avvocato?
«Nella mia famiglia, una famiglia borghese di Padova, tutti da secoli hanno fatto l’avvocato. Il nostro studio ha 400 anni».
Famiglia borghese e con poca fantasia…
«Pochissima fantasia. Mia madre però si è occupata della campagna. E una delle tre sorelle fa l’archeologa».
E le altre due?
«L’avvocato, ovviamente. Una è perfino sposata con un magistrato…»
Vade retro. Una toga rossa!
«Non esistono le toghe rosse».
Questo è uno scoop.
«Ma esiste una fortissima corporazione».
Glielo dica al premier che non esistono più i comunisti.
«Magari qualcuno ne esiste ancora. Ma le toghe rosse no. C’è il potere dei magistrati, spesso senza controllo, che ormai si fa fatica a comprendere da dove derivi».
Direi dalla Costituzione.
«Berlusconi pensa che ci siano dei magistrati che hanno come disegno politico quello di eliminarlo dalla vita politica».
Torniamo al cognato. È politicamente dall’altra parte?
«Credo di sì».
Si è mai incontrato a casa sua col presidente?
«Certo».
Grandi discussioni…
«No, ma si combattono a barzellette».
Chi vince?
«Il presidente in fatto di barzellette ha un’esperienza cinquantennale».
Anche per le gaffes ha un’esperienza cinquantennale…
«Di comunicazione capisco poco, come può vedere dai miei risultati. Però è vero che non si tiene conto del suo carattere. Le faccio un esempio?»
Mi faccia l’esempio.
«Se io entro in un salotto e trovo cinque persone, per me è una folla. E scappo. Se lui arriva in un salotto dove ci sono 100 persone, domanda: “Dove sono gli altri?” A lui piace stare in mezzo alla folla, mettere di buon umore la gente».
Un grande narciso.
«No. Vuole comunicare positività. E ha senso dell’autoironia».
C’è qualcuno che lo prende in giro?
«Io, per esempio. Io gli voglio bene come ad un fratello. Fra fratelli si scherza».
Come definirebbe un leader che sceglie come inno del partito «Meno male che Silvio c’è»?
«Una persona che vuole sottolineare con simpatia ciò che sta facendo per il Paese».
A proposito di gaffes. Anche lei, con quella storia dell’«utilizzatore finale»…
«È la frase esatta usata nel Codice. Ma non dovevo usarla. Ho sbagliato. Un avvocato non dovrebbe parlare con i giornalisti».
E perché mai?
«Usano linguaggi diversi. Mi vengono attribuite gaffes quando parlo ai giornalisti. Quando parlo in tv, mai».
Parlando della D’Addario disse: «Non c’è nessuna registrazione».
«Ho sempre contestato quella registrazione. Potrebbe essere stata costruita».
Ma si sentono le voci del premier e della escort.
«Quale prova c’è che fossero insieme? Quella registrazione non è mai finita a disposizione della difesa in un processo».
Ha detto: il presidente non è uno che paga le donne.
«Se è per questo, lo ha detto anche la D’Addario».
Come lo ha conosciuto?
«La Fininvest mi chiese dei pareri pro veritate. Poi ci fu la segnalazione di Pecorella. Alla fine mi chiesero di intervenire nel processo Sme-Ariosto».
Berlusconi le ha raccontato una barzelletta subito?
«No. Io non sono il tipo che ispira barzellette».
Lei per chi fa il tifo?
«Il calcio non mi appassiona. Ma per simpatia del presidente tifo per il Milan. È divertente guardare le partite con lui».
Perché?
«Fa commenti pertinenti, ti spiega che quell’azione è sbagliata. Lo vedi che soffre. È come guardare una partita di tennis con Panatta».
Le guardate alla tv?
«Sì. Partita, cena e poi si continua a lavorare, fino a quando io stramazzo».
Solo voi due?
«Spesso ci sono anche Fedele Confalonieri, Gianni Letta, Angelino Alfano».
Vi ha detto perché ha venduto Kakà il giorno prima delle elezioni?
«Non l’ha deciso lui. È stato Galliani, in autonomia».
Bastava una telefonata a Galliani. «Uè, Adriano, Kakà si vende ma dopo le elezioni».
«Non si può occupare di tutto».
Quanto guadagna con Berlusconi?
«A lui non ho mai fatto una fattura. Né mai gliela farò».
Stento a crederlo.
«Ho un contratto di collaborazione con la Fininvest».
Già va meglio. Perché non difende Berlusconi nel divorzio?
«Non era il caso. Comunque lo assistono le mie sorelle».
Era amico anche di Veronica?
«È una persona piacevole. Ho fatto di tutto per una riappacificazione».
Perché è successo?
«Il presidente fa una vita disperata. C’era una difficoltà di ritmi di vita. Veronica non ha mai voluto andare a Roma, né fare un po’ di rappresentanza con lui. Due vite distanti».
Tutto questo è successo dopo la festa di Noemi…
«La vicenda ha trovato un suo punto di rottura in quell’occasione, ma si era stratificata nel tempo».
Berlusconi vivrà fino a 120 anni?
«Spero di sì, gli voglio bene…»
Smetterà di fare politica?
«Spero di no. Sarebbe un impoverimento forte per il Paese».
Si invecchia.
«Il Presidente della Repubblica ha 85 anni».
Dopo di Berlusconi, comunque?
«È difficile individuare una persona con le capacità di Berlusconi di guidare il paese. Di una cosa sono certo: il giorno in cui Berlusconi dovesse lasciare, lascerei anche io. Fare politica senza di lui non avrebbe senso».
E se venisse condannato?
«Non ci voglio neanche pensare. Ma mi pare impossibile che possa succedere».
Mills è stato condannato. Se tanto mi dà tanto…
«È un errore giudiziario. Comunque la responsabilità penale è personale. Si potrebbero anche avere due sentenze confliggenti sullo stesso fatto».
Se un giudice lo volesse in prigione? Scapperebbe come Craxi?
«Berlusconi non è uomo che si sottrae».
Accetterebbe la prigione?
«Non brucerebbe il tribunale come nel film di Nanni Moretti. Prenderebbe atto di una decisione che comunque combatterebbe in ogni sede».
Come Socrate. Non scappò e bevve la cicuta.
«Berlusconi non scapperebbe».
Cadrà il governo?
«Assolutamente no».
Però sembrano giorni da fine dell’impero romano.
«A me non pare. Si tratta di problematiche fisiologiche nella discussione politica».
Lei ha cercato di portar pace fra Fini e Berlusconi.
«Ero convinto che si dovesse trovare una soluzione. Oggi ancora di più».
Cacciare Fini non è stata una furbata.
«Fini non è stato cacciato».
A me sembrava…
«Si è prospettata una sua incompatibilità correlata a prese di posizione assai distanti dal programma di governo».
Appunto.
«Ciò non vuol dire che non si possa ancora trovare un accordo. Continuo ad essere convinto che Berlusconi sia il miglior leader che l’Italia possa avere. E che Fini sia un’importante risorsa per il centro-destra».
Perfino Ferrara ha criticato Berlusconi.
«Ferrara ha fatto un’analisi acuta della situazione».
Come è entrata la politica nella sua vita?
«Padova era molto vivace politicamente…»
Molto schierata a sinistra...
«Le mie amicizie invece erano nell’estrema destra. All’inizio».
E poi?
«Poi sono arrivate le sprangate. Poi ho letto le Leggi razziali. E ho deciso che non era il caso. Mi sono iscritto ai giovani liberali. Infine mi sono concentrato sulla politica della giustizia. Finché cominciai a difendere il presidente».
E divenne l’uomo dei cavilli…
«I cavilli. Da sempre. Ho sempre impostato le mie difese sulle questioni di procedura o di diritto».
I cavilli sono giustizia giusta?
«Il processo giusto è quello che segue le regole. Se il processo è lento, o torna in primo grado o finisce nella scadenza termini, è colpa della norma. O del giudice che la applica male».
Vale anche per chi è impegnato in politica?
«Il giudizio politico viene dato dall’elettore. Il processo va fatto con le regole. Per Berlusconi sono state disattese 99 volte su 100».
Mi verrebbe da dire: mavalà!
«Se mi depositano 500 faldoni, l’articolo 415 bis prevede 20 giorni per esaminarli. A Milano non me li hanno dati».
Forse perché avete esagerato con la politica della dilazione. Mirate sempre alla prescrizione.
«I processi di Berlusconi spesso sono antichissimi. Si prescrivono per cause dell’accusa, non per cause della difesa».
La prescrizione non è una vera assoluzione.
«Ho sempre detto a Berlusconi: ti assisto come se tu fossi mio fratello, però le scelte processuali le faccio io. Se decido che non si rinuncia alla prescrizione, è perché non sono più in grado di difenderti dopo 15 anni. Dopo 15 anni i testimoni sono praticamente scomparsi».
L’avvocato Grazia Volo mi disse: «La massima soddisfazione sta nell’ottenere l’assoluzione di un reo confesso».
«Non sono d’accordo. La massima soddisfazione di un avvocato è vedere applicata la norma».
Ad Antonello Caporale ha detto: «Io sono una carogna».
«Gli avevo detto: “Berlusconi è buono. Rispetto a lui io sono una carogna”. Era una battuta. Io tendo a ricordare gli sgarbi. E con buona memoria. Non tanto quelli nei miei confronti, quanto quelli nei confronti dei miei amici, della mia famiglia».
E di Berlusconi…
«E di Berlusconi. Gli voglio bene».
Chi è che vuole più bene a Berlusconi?
«Forse Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Due persone che gli vogliono un bene critico. Non un affetto incondizionato».
Deve ammettere che Berlusconi è un po’ bugiardello.
«No, perché?»
Parliamo della condanna, poi finita in amnistia, per falsa testimonianza?
«Cattiva informazione. Fu assolto in primo grado. E la Corte d’Appello di Venezia tramutò la sentenza di assoluzione in amnistia».
Cattiva informazione: avrebbero potuto confermare l’assoluzione. Invece nella motivazione scrissero che aveva mentito.
«È vero, ma non ci fu mai la sentenza di condanna».
Che mi dice del famoso padre di Noemi, che è diventato prima l’autista di Craxi, poi quello che doveva organizzare le candidature in Campania?
«Poi ha chiarito tutto».
Ma la prima cosa che disse….
«Non la disse lui. Il povero Bonaiuti dovette smentire».
È sempre così: i giornalisti travisano.
«Berlusconi non è un bugiardo. Piuttosto che dirti qualche bugia, quando è in difficoltà, dice: «Mi faccia un appunto»».
Lei tiene il cellulare acceso 24 ore su 24.
«È vero. Per mio figlio, per mia moglie…»
Dica la verità.
«…e per il presidente».
Litigate mai?
«È impossibile litigare con lui».
Una critica, una critica sola. E non mi dica che è troppo buono.
«È troppo buono».
Ghedini!
«Non è capace di prendere posizioni severe».
Un esempio.
«Tempo fa lesse un’intercettazione nella quale una persona parlava molto male di lui. Lui commentò: “Sono cose che si dicono…” Fosse capitato a me, a quella persona lì, con i piaceri che gli erano stati fatti, avrei tirato un mattone».
Berlusconi è troppo buono.
«Se avesse fatto il giudice non avrebbe mai condannato nessuno».
Lei ce l’ha il cellulare di Berlusconi?
«Lo so a memoria. Ma lo considero un numero di assoluta emergenza. Io lo chiamo sempre tramite centralino».
Uno dei suoi codifensori era Gaetano Pecorella. Recentemente ha detto: «Ghedini perde i processi in tribunale e prova a vincerli in Parlamento. Finché lo difendevo io, Berlusconi si è sempre fatto processare. Ed è stato sempre assolto o prescritto».
«Una frase ingenerosa da parte sua. Può darsi che avesse una giornata storta. Io lo considero uno dei miei maestri insieme a Pietro Longo. Ma con lui non posso, né voglio arrabbiarmi, ne ho troppa stima».
Perché Pecorella ce l’ha con lei?
«Berlusconi apprezza chi lavora H 24».
Ventiquattro ore su ventiquattro…
«L’avvocato di Berlusconi deve essere sempre reperibile, H 24. Se non sei H 24 con un cliente così, con chi lo sei?».
E Pecorella non piace più al premier…
«Gaetano è bravissimo, ma nella gestione quotidiana… quando ci sono da studiare cinquecento faldoni… nel nostro lavoro il 99% è sudore, l'1% è abilità».
Mentre Gaetano…
«Questo non lo vuole più fare. Gaetano pensa che io lo abbia boicottato. Non è vero, ma pazienza, non so che cosa farci».
Luciano Violante ha detto, pensando a lei: «Ci sono parlamentari che vedono il loro mandato parlamentare come la prosecuzione della parcella…»
«Ci sono magistrati che proseguono il loro mestiere in Parlamento, il che è molto peggio».
Il Foglio ha scritto che lei è come il cavallo di Caligola…
«Frase diffamatoria».
L’avesse scritto Il Fatto… Ma l’ha scritto Il Foglio.
«Non mi sento il cavallo di Caligola. Quando sono stato eletto ero già un avvocato di successo».
Anche Carlo Taormina l’ha criticata…
«Taormina s’è dovuto dimettere perché difendeva imputati di mafia pur essendo sottosegretario agli Interni».
Taormina ha detto, intervistato da Alessandro Gilioli, che quando lui era consulente legale di Berlusconi, il premier gli chiedeva di scrivergli delle leggi che lo proteggessero dai magistrati: «Berlusconi non faceva mistero che fossero ad personam. Ed io gliele scrivevo anche meglio di quanto facciano Pecorella e Ghedini!»
«A me non risulta che abbia scritto nessuna legge per Berlusconi. Non mi risulta nemmeno che gli abbia fatto da consulente legale».
De Magistris ha detto: «Ghedini è un buon azzeccagarbugli». Citazione letteraria. «Ammesso e non concesso che De Magistris abbia letto Manzoni».
Concesso.
«De Magistris ha detto di peggio: “Questo è un governo piduista di cui Ghedini tira i fili”. Un magistrato che fa il parlamentare dovrebbe sapere il significato delle parole. Avrei dovuto veramente querelarlo».
Voi invocate sempre la privacy. Però i giornali berlusconiani fanno della privacy carne di porco. Il premier non dovrebbe dare il buon esempio?
«Berlusconi non interviene mai sui giornali del suo gruppo».
Non ci credo nemmeno se me lo giura su Berlusconi.
«Lo giuro su Berlusconi».
I nemici del premier, Fini a parte, sono tutti all’opposizione?
«No. Un Berlusconi sotto processo fa comodo anche a qualche asserito amico che dalla debolezza di un premier sotto processo ne trae dei vantaggi».
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