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Autore Discussione: MATTEO RENZI  (Letto 124311 volte)
Arlecchino
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« Risposta #195 inserito:: Febbraio 26, 2017, 12:23:25 am »

Focus
Matteo Renzi - @matteorenzi
· 21 febbraio 2017

Il nostro dibattito vi ha stancato? Aiutateci a ribaltarlo, per l’Italia
Che qualcuno lasci ci addolora ma non possiamo più restare fermi

Primissime ore del mattino, arrivo in aeroporto e butto un occhio sui canali delle news: tutti ripetono ossessivamente le sfumature e i dettagli delle posizioni interne al PD. Da qualche giorno l’apertura di tutti i media italiani è la scissione – o fuoriuscita, per dirla con le parole di Paolo Mieli – del Partito Democratico. Ne sono molto dispiaciuto, anche perché i motivi di questa divisione sono difficili da comprendere anche a noi, addetti ai lavori: figuriamoci ai cittadini normali.

Facciamola semplice, senza troppi giri di parole. Dal primo giorno della vittoria alle primarie del 2013 alcuni amici e compagni di strada hanno espresso dubbi, riserve, critiche sulla gestione del partito e soprattutto alla gestione del Governo. Penso che sia legittimo e doveroso in un partito democratico, di nome e di fatto, che chi ha idee diverse possa presentarle in un confronto interno, civile e pacato. Vinca il migliore e poi chi vince ha il diritto di essere aiutato anche dagli altri: si chiama democrazia interna. L’alternativa è il modello partito-azienda. E sia detto con il massimo rispetto: a me non convince. Certo, è più facile essere guidati da un capo che decide da solo. Ieri un signore di Genova e uno di Milano – senza alcuna carica istituzionale – sono arrivati a Roma insieme e hanno spiegato ai rappresentanti di quella città che cosa fare e che cosa non fare nel governo del Campidoglio. Dall’altra parte accade che da vent’anni in una villa in Brianza si prendono le decisioni che riguardano la destra in Italia, senza la fatica di fare congressi o discussioni vere.

Ormai si è affermato il modello del partito azienda e capisco di conseguenza che noi democratici sembriamo quelli strani. Un’azienda è più semplice da gestire rispetto a un partito. Ma credo sia giusto difendere i principi della democrazia interna, l’idea di far parte di una comunità di persone che decide sulla base di regole condivise. Che sono sempre quelle, non cambiano sulla base delle esigenze.

Per questo motivo il nostro dibattito deve essere autentico. Il PD ha la sua forza nella partecipazione, sia nei circoli che alle primarie. Personalmente ho giurato a me stesso che non sarò mai il leader di qualche caminetto, messo lì da un accordo tra correnti: si vince prendendo i voti, non mettendo i veti. Per settimane intere gli amici della minoranza mi hanno chiesto di anticipare il congresso, con petizioni online e raccolte firme, arrivando persino al punto di minacciare “le carte bollate”. Quando finalmente abbiamo accolto questa proposta, ci è stata fatta una richiesta inaccettabile: si sarebbe evitata la scissione se solo io avessi rinunciato a candidarmi. Penso che la minoranza abbia il diritto di sconfiggermi, non di eliminarmi. E se è vero che la parola scissione è una delle più brutte del vocabolario politico, ancora più brutta è la parola ricatto.

Dunque: abbiamo indetto il congresso, secondo le regole dello Statuto. Si terrà nei tempi previsti dallo Statuto. Chi ha idee si candidi. E vinca il migliore. Se qualcuno vuole lasciare la nostra comunità, questa scelta ci addolora, ma la nostra parola d’ordine rimane quella: venite, non andatevene. Tuttavia è bene essere chiari: non possiamo bloccare ancora la discussione del partito e soprattutto del Paese. È tempo di rimettersi in cammino. Tutti insieme, spero, ma in cammino. Non immobili. Il destino del PD e del Paese è più importante del destino dei singoli leader.

Per vincere il congresso però non basta arrivare primi. Bisogna vincere nel consenso, certo, ma anche vincere esprimendo idee, sogni, partecipazione. Il dibattito del PD vi ha stancato? Bene, aiutateci a ribaltarlo. Aiutateci a mettere a fuoco i problemi e le soluzioni vere del Paese. Mettiamo al centro l’Italia, sul serio. Per questo dal 10 al 12 marzo ci vedremo a Torino, al Lingotto. Abbiamo già ricevuto oltre mille email di idee, suggerimenti, proposte. Vi sono grato per questa esplosione di entusiasmo, segno che c’è tanta voglia di partecipare, di proporre, di rilanciare. Il Lingotto sarà l’occasione per mettersi definitivamente alle spalle le polemiche di queste ore. E per raccontare che tipo di Paese vogliamo per i prossimi anni. Intanto vi ricordo l’email: lingotto@matteorenzi.it per darci una mano.

E mentre gli organismi statutari decidono le regole del Congresso, io sono in partenza per qualche giorno per gli Stati Uniti. Vi racconterò sul blog.matteorenzi.it il mio diario di bordo dalla California dove incontreremo alcune realtà molto interessanti. Soprattutto nel campo del fotovoltaico, un settore dove si incrociano innovazione, sviluppo e ambiente. Priorità: imparare da chi è più bravo come creare occupazione, lavoro, crescita nel mondo che cambia, nel mondo del digitale, nel mondo dell’innovazione. Perché se è vero – ed è vero – che dopo il 4 dicembre l’Italia sembra aver rimesso indietro le lancette della politica (proporzionale, scissioni in tutti i partiti, polemiche, palude: prima o poi qualcuno rifletterà sulle conseguenze politiche del voto referendario, non solo su quelle personali che sono decisamente meno importanti), è anche vero che il mondo, là fuori, corre e corre a un ritmo impressionante. Continuo a pensare che l’Italia abbia tutto per farcela e che ciò che ci serve sia soprattutto l’energia di rischiare e la volontà di sfidare il cambiamento senza vivere di rendita. Non rassegniamoci amici, non rassegniamoci alla palude. Vi aspetto con le vostre idee al Lingotto e per email: matteo@matteorenzi.it

Nei prossimi giorni, con calma e minore intensità rispetto al passato, tornerò anche a partecipare a trasmissioni televisive. E riprenderemo i dialoghi su Facebook, inaugurando un modello diverso. Dopo aver più volte lanciato il “MatteoRisponde”, daremo spazio dalla prossima settimana a qualche “MatteoDomanda”, mettendoci in ascolto delle idee e delle proposte di chi vorrà farsi sentire. Ascolto, partecipazione, coinvolgimento: queste le parole chiave del lavoro che faremo durante la campagna congressuale.

Pensierino della sera. A me piace una definizione che molti giudicano fuori tempo: mi piace l’espressione “patriota”. Mi sento cittadino del mondo e sono orgogliosamente italiano. Voglio bene al mio Paese. Per questo adesso che non sono più alla guida del Governo voglio dire con ancora più forza di prima che faccio il tifo per l’Italia. Credo sia giusto evidenziare che in queste ore il Governo sta facendo cose molto importanti di cui si parla poco. Quando il premier Gentiloni firma l’accordo del Progetto-periferie a Cagliari, quando il ministro Delrio presenta il nuovo Polo Mercitalia – strategico per il futuro dei nostri trasporti – insieme ai vertici di FS, quando il ministro Padoan spiega alle aziende tutti i benefici della Legge di Bilancio 2017 a cominciare da Industria 4.0 e dall’abbassamento delle tasse, quando il ministro Minniti prova a definire una nuova visione di sicurezza (e ho fatto solo quattro esempi, ma potrei continuare a lungo) tutti gli italiani che si sentono davvero patrioti hanno il dovere di sperare che le cose vadano meglio, non lamentarsi e criticare soltanto. Giudicatemi pure fuori moda, fuori tempo, insomma sempre fuori dai: ma essere patriota è bello. Abbiamo mille difetti, lo sappiamo, ma siamo un grande Paese. Non dimentichiamolo mai. Ed è giusto ribadirlo soprattutto adesso che sono totalmente fuori dal Palazzo. Viva l’Italia

Un sorriso, Matteo
(E news n.460)

Da - http://www.unita.tv/focus/il-nostro-dibattito-vi-ha-stancato-aiutateci-a-ribaltarlo-per-litalia/

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« Risposta #196 inserito:: Febbraio 26, 2017, 12:02:03 pm »


Assemblea pd
Renzi si dimette e sfida la minoranza. «Così il segretario sceglie la via della scissione»

    19 febbraio 2017

Dimissioni e poi Congresso subito. Nei tempi statutari (entro 4 mesi dalle dimissioni del segretario). Matteo Renzi tira dritto ma la minoranza, che aveva lanciato con Michele Emiliano segnali di fumo nel senso di una possibile pacificazione, torna sui suoi passi e dà la scissione come inevitabile. Perché l’ex premier non cambia rotta. E non fa concessioni alle richieste di una svolta politica del partito venute dalla minoranza dei democratici. «Fermiamoci, fuori ci prendono per matti. Oggi discutiamo ma poi mettiamoci in cammino», esorta nel suo atteso intervento all’Assemblea del partito che potrebbe sancire la scissione del Pd a dieci anni dalla sua nascita.

Annuncia la sua ricandidatura a guidare il partito e lancia la sfida alla minoranza Dem: «Mettetevi in gioco - dice - non potete chiedere a chi si dimette di non candidarsi perché così si svita la scissione. Perchè questa non è una regola del gioco democratico». Cita Conrad: «si va avanti allegri, basta zig zag». In apertura dei lavori all’hotel Parco dei Principi ai Parioli è stato il presidente del partito Matteo Orfini a comunicare la decisione di Renzi. «Sono arrivate le dimissioni formali del segretario e quindi per statuto si prevede la convocazione dell'assemblea» ha detto Orfini aprendo per due ore la possibilità, prevista da Statuto, di candidarsi alla segreteria con 117 firme dei delegati al termine delle quali Orfini ha annunciato che non erano pervenute candidature alla segretaria dopo le dimissioni di Renzi. Dunque al termine dell'Assemblea nazionale del Pd «partirà automaticamente il congresso» anticipato ha annunciato Matteo Orfini.
Aggiungendo che nei prossimi giorni fisserà la direzione che nominerà la commissione per il congresso.

    “È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima”

Emiliano, soluzione a portata mano, fiducia in Renzi
Nel pomeriggio il presidente della Regione Puglia aveva parlato di unità «a portata di mano»: «Siamo a un passo dalla soluzione. Un piccolo passo indietro consente a una comunità di farne cento avanti. Io sto provando a fare un passo indietro, ditemi voi quale, che consenta di uscire con l'orgoglio di appartenere a questo partito. Senza mortificare nessuno» aveva detto Emiliano in assemblea. «Stasera non posso che dire al segretario che ho fiducia in lui» aveva aggiunto, chiedendogli un'ultima mediazione sulla conferenza programmatica. «Nessun passo indietro, cerco un’intesa».

Ma poi, ad Assemblea finita, il comunicato della minoranza
«Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c'è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un'assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima», hanno affermato Michele Emiliano, Enrico Rossi e Roberto Speranza con un comunicato in serata.

Fiano: la parola di Emiliano vale per mezz’ora
«Avevamo capito dalle parole di Emiliano in assemblea che ci fosse una volontà di riconciliazione e di dialogo. Ma, a giudicare dall'ultimo comunicato dei tre candidati alla segreteria, la parola di Emiliano vale poco più di mezz'ora, visto che quell'apertura non sembrerebbe più esistere», è stato il commento di Emanuele Fiano, capogruppo Pd in commissione Affari costituzionali alla Camera.

L’assemblea aveva preso il via con l’inno nazionale e poi con l’intervento dell’ex segretario. «Cominciamo la riunione di oggi proponendo la parola chiave. Io propongo la parola rispetto - ha detto ai delegati - una delle parole più belle, che attiene al guardarsi dentro, intorno e negli occhi. Avere rispetto è una delle prime cose che i nostri genitori ci insegnano e un partito deve scegliere di rispettarsi sempre» ha detto aprendo tra gli applausi il suo intervento. «Fuori di qui ci stanno prendendo per matti. La scissione ha le sue ragioni che la ragione non conosce» ha spiegato. «Adesso basta, si discuta oggi ma poi ci si rimetta in cammino. Io spero che si possa camminare insieme, ma non possiamo continuare come in questi due mesi a stare fermi e a discutere al nostro interno» ha detto Renzi.

Renzi, senza congresso diventiamo come altri
«Se non si fa il congresso diventiamo come gli altri, trovare un equilibrio non è difficile ma per fare cosa se il Pd ha già vissuto passaggi analoghi nel ’98 con
Prodi, nel 2009 quando si è dimesso Veltroni» ha spiegato l’ex premier ricordando altri leader 'azzoppati' dagli scontri interni. Il Pd si basa sui voti e non sui veti, il congresso è l'alternativa al modello Casaleggio o al modello
Arcore». E poi: «Basta con la discussione e con le polemiche sul governo. Vi chiedo un applauso per Paolo Gentiloni e per il suo governo, e per quello che stanno facendo. È impensabile che si trasformi il congresso in un congresso sul governo. Sarebbe un errore allucinante per tutti. Io non ho cambiato idea. Rispettiamo i poteri del governo e i poteri costituzionali del presidente della Repubblica e diamo tutti una mano perché vada avanti» ha detto Renzi. «La scissione ha le sue ragioni che la ragione non conosce. La nostra responsabilità è verso il Paese e quelli che stanno fuori. Adesso basta: si discuta oggi ma ci si rimetta in cammino. Non possiamo continuare a stare fermi a discutere al nostro interno».

Renzi: mi dimetto, congresso con tempi statuto, scissione è ricatto
«Ho accettato la proposta di Piero Fassino, ho comunicato formalmente le dimissioni. Il congresso ha dei tempi statutari. La parola scissione è una delle parole più brutte. Peggio c’è solo la parola ricatto. E la scissione è stata usata come un ricatto» ha sottolineato l’ex segretario davanti all’assemblea. Rilanciando: «Siamo fermi e impelagati nel dire 'congresso si-congresso no'. Lo voglio dire in totale chiarezza. Resti agli atti ciò che è accaduto in questi mesi. Io ho cercato di accogliere le proposte degli altri. Sono stato insultato andando all'assemblea del 18. Due delegati dell'assemblea, due amici storici, mi hanno detto bonariamente a male parole che stavo commettendo un errore. Non proprio così, ma si può immaginare cosa mi hanno detto».

Renzi a minoranza, non democratico chiedere io via
«Tutti si sentano a casa nel Pd, liberi di discutere ma se in tutte le settimane c'è un'occasione di critica, se per tre anni si è pensato che si stava meglio quando si stava peggio, io non dico che siamo nemici né avversari ma dico 'mettetevi in gioco', non continuate a lamentarvi ma non potete immaginare di chiedere a chi si dimette per fare il congresso di non candidarsi per evitare la scissione non è una regola democratica».

Epifani: Renzi tira dritto, per stare dentro ci vuole rispetto
E' affidata a Guglielmo Epifani la prima replica della minoranza bersaniana alla relazione di Matteo Renzi all'assemblea del Pd. «Io avrei chiamato i tre candidati e con loro trovare una soluzione» al problema delle regole condivise sul congresso. «Perchè se la contendibilità non è equa, il congresso nasce con il piede sbagliato. Noi su questo aspettavamo una proposta. Il segretario invece ha inteso tirare dritto sulla sua posizione» ha replicato l’ex segretario della Cgil.
«Se questo viene meno- dice in relazione alle regole del congresso- e' chiaro che per molti si apre una riflessione che poi porterà a una scelta. La parola scissione per me non ha senso, non avendone mai fatta una. Ma per stare dentro il partito ci vuole il rispetto da parte di tutti» ha concluso Epifani.

Pd: Veltroni a minoranza, no scissione, Pd ha bisogno voi
Dopo aver dato l’addio alla politica è tornato a parlare Walter Veltroni, primo segretario del Pd. «Mi sembra sbagliato quanto sta accadendo e voglio rivolgere un appello a tutti perché non si separi la loro strada da quella di tutti noi. Lo faccio non usando l'argomento tradizionale dell'invito all'unità ma dicendo ai compagni e agli amici che delle loro idee, del loro punto di vista il Pd ha bisogno». Se la prospettiva e' il ritorno a un partito che sembra la margherita e a un altro che sembra i Ds, «allora non chiamatelo futuro: chiamatelo passato» ha detto Veltroni.

Bersani, aspettiamo replica ma Renzi ha alzato muro
«A me non convince. Siamo a un punto certamente delicato, non è vero che abbiamo già scelto. Una parte pensa che si va a sbattere, e con il Pd anche l'Italia. Non diciamo abbiamo ragione per forza, vogliamo mandare a casa Renzi per forza, diciamo che vogliamo poter discutere di una urgente correzione di rotta. Il segretario ha alzato un muro, ha detto si va avanti cosi, vuol dire fare un congresso cotto e mangiato in tre mesi dove non sarà possibile aprire discussione. Ma c'è ancora la replica da sentire e poi si prenderà una decisione» ha spiegato Pierluigi Bersani intervenendo alla trasmissione 'In Mezz'ora' sui Rai tre.

Pd. Rossi: tempi maturi per formare una nuova area
«È stato alzato un muro, sia nel metodo che nella forma. Per noi la strada e' un'altra. Sono maturi i tempi per formare una nuova area» ha replicato il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, dopo la relazione di Matteo Renzi all'assemblea del Pd.

Orlando: conferenza programmatica per non dividerci
«Propongo la conferenza programmatica non per allungare il brodo ma per vedere se ci sono le condizioni per andare avanti insieme. Dobbiamo riflettere su questo tema ma, allo stesso tempo, dobbiamo essere netti su un altro: allontanare lo spettro della scissione» ha spiegato il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Sulla stessa onda l’intervento di Michele Emiliano, con toni più morbidi e fiduciosi.

© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-02-19/assemblea-pd-si-tenta-l-ultima-mediazione-evitare-scissione-110743.shtml?uuid=AEPqtDZ
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« Risposta #197 inserito:: Febbraio 28, 2017, 11:11:37 pm »

Opinioni
Matteo Renzi - @matteorenzi
· 27 febbraio 2017

Gli altri parlano di me, io dell’Italia
Il Governo ha il compito di guidare il Paese fino alle elezioni e noi facciamo il tifo per l’Italia, quindi per tutto l’esecutivo

IL PD
Dopo lunghe polemiche finalmente il Partito Democratico ha scelto la strada del congresso. Domani, martedì 28 febbraio, sarà l’ultimo giorno per iscriversi al PD per chi vorrà: si potrà così partecipare alla fase del confronto tra gli iscritti, circolo per circolo. Per festeggiare la fine del tesseramento domani sarò a pranzo insieme agli amici del circolo in cui sono iscritto, a Firenze, lo storico circolo Vie Nuove. Bello avere dei luoghi in cui ti chiami per nome. Dove comunque vada ci sono sempre gli amici ad aspettarti.
Poi Domenica 30 aprile le primarie per la scelta del leader.
Perché finalmente si discuta di cosa serve all’Italia, e non più di quanto è antipatico Tizio o Caio, è fondamentale rilanciare sui contenuti, sulle idee, sulle proposte. Sulla sanità, la cultura, le tasse, l’innovazione, il capitale umano. E allora a tutti e ciascuno chiedo di dare una mano con la presenza e con il contributo per il Lingotto, l’appuntamento che si terrà a Torino dal 10 al 12 marzo. Gli altri parlano di me? E noi parliamo dell’Italia, con il sorriso e senza rabbia. Ci sono milioni di persone che credono in noi: guai a disperdere questa energia.

IL GOVERNO…
Spero che nessuno alimenti la polemica con il Governo. Il Governo ha il compito di guidare il Paese fino alle elezioni e noi facciamo il tifo per l’Italia, quindi per tutto l’esecutivo. Ci sono cose da fare, avanti tutta! Nei mille giorni abbiamo commesso alcuni errori e ottenuto risultati storici, ma abbiamo anche lasciato un’eredità concreta. Non mi riferisco alle statistiche, ma ai progetti già finanziati. Ci sono quasi due miliardi di euro sulla povertà: niente chiacchiere, si spendano! Ci sono cinquecento milioni di euro già pronti sulle periferie (e con quelli già stanziati si arriva a oltre due miliardi): si parta, i progetti – alcuni molto belli – sono già pronti da mesi. E sull’Europa noi non vogliamo violare le regole, anzi. Nei mille giorni abbiamo ridotto al minimo le infrazioni europee, segno che vogliamo che le regole siano rispettate (quelle che non ci piacciono le vorremmo cambiare, ma questa è un’altra storia): l’impor tante è che il Paese sia forte e autorevole nella trattativa con Bruxelles sui numeri del bilancio. E noi stiamo dalla parte dell’Italia, sempre.



… NOI!
E noi? Libero da ogni incarico, libero da ogni responsabilità mi sono rimesso in viaggio e continuerò a girare, con l’allegra curiosità di chi è innamorato della vita e del futuro, scrivendo i miei appunti su un taccuino che diventerà libro molto presto. E incontrando storie, persone, volti. Molta ironia è stata fatta sul viaggio in California (di cui ho parlato sul blog.matteorenzi.it); spero che sia dedicata uguale attenzione ai viaggi nelle periferie che ho fatto, a cominciare da Scampia, e che continuerò a fare. Oggi ad esempio sono a Cernusco sul Naviglio in provincia di Milano. Vado lì perché c’è un sindaco, bravo, Eugenio Comencini che è stato tra i primi a stimolarmi ad investire nell’edilizia scolastica a cui avevo promesso che avrei visitato il cantiere della scuola che ha voluto con dedizione e tenacia. E il nostro Governo ha liberato risorse come nessun altro prima sull’edilizia scolastica: dal 2014 abbiamo avviato 7890 cantieri, di cui 5.800 conclusi. Oltre sei miliardi messi a disposizione degli Enti Locali, di cui 1,4 con il mutuo della Banca Europea degli Investimenti, circa 80 scuole totalmente nuove, cento milioni a disposizione entro il 30 aprile per le verifiche antisismiche. Sono numeri, cifre, dati che forse suonano freddi. Ma dietro ci sono sindaci come Eugenio. Che ci hanno messo faccia, cuore e sudore. E che costituiscono la parte migliore della politica. Oggi vado a dire grazie a lui e a loro.
Nei prossimi giorni continuo il mio viaggio in Italia. C’è chi passa il tempo sulla rete con i trolls: io preferisco il trolley. In viaggio, lungo la strada, ascoltando, imparando, dialogando. Mi sono segnato tutti i luoghi che mi avete suggerito: se li dovessi visitare tutti prima delle elezioni bisognerebbe votare nel 2037. Ma cercherò di fare tesoro delle vostre indicazioni, preziose come sempre. Ma quanto è ricca di bellezza e di stimoli, l’Italia!

Pensierino della sera. Le favole finiscono. È normale. Prima o poi finiscono. Ma quando finiscono male la tristezza pervade non solo i bambini che hanno creduto alla favola. Lo scorso anno il calcio mondiale è stato letteralmente rivoluzionato da una piccola squadra inglese, il Leicester, che grazie a un italiano coraggioso e tenace come Claudio Ranieri ha trionfato in Premier League. A distanza di otto mesi la squadra gli si è rivoltata contro e mister Ranieri è stato esonerato: gli stessi che esaltavano l’impresa, hanno maramaldeggiato sul mister romano. Ma anche se le favole finiscono, prima o poi, le persone vere restano. Chi conosce Ranieri sa che lui tornerà, mentre i giocatori che lo hanno tradito… chissà. Viva il calcio, viva le favole.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/gli-altri-parlano-di-me-io-dellitalia/
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« Risposta #198 inserito:: Febbraio 28, 2017, 11:31:36 pm »

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Unità.tv @unitaonline
· 17 febbraio 2017

L’appello di Renzi ai dirigenti Pd: “Bloccate le macchine della divisione e dei ricatti”

E’ l’appello che il segretario del Pd Matteo Renzi lancia in una intervista al Corriere della Sera.

“Salvare il Pd è ancora possibile. Faccio un appello ai dirigenti: bloccate le macchine della divisione. Non andatevene, venite. Partecipate. Le porte sono aperte, nessuno caccia nessuno. Ma un partito democratico non può andare avanti a colpi di ricatti. Apriamo le sedi dei circoli e discutiamo. E, finalmente, torniamo a parlare di Italia”. E’ l’appello che il segretario del Pd Matteo Renzi lancia in una intervista al Corriere della Sera. “Ma – ribadisce – non accetto ricatti: il congresso va fatto, l’ha chiesto la minoranza. I tempi? Non li decido io, c’è lo statuto”.

“Io voglio evitare qualsiasi scissione. Se la minoranza mi dice: o congresso o scissione io dico congresso – spiega l’ex premier -. Ma se dopo che ho detto congresso loro dicono ‘comunque scissione’ il dubbio è che si voglia comunque rompere, che tutto sia un pretesto. Toglieremo tutti i pretesti, tutti gli alibi. Vogliono una fase programmatica durante il congresso? Bene, ci stiamo. Martina, Fassino, Zingaretti hanno lanciato proposte concrete. Vanno bene. Però facciamo scegliere la nostra gente: davvero qualcuno ha paura della democrazia?”

Renzi ribatte anche a chi, nella minoranza dem, sostiene che il Pd è diventato il PdR, il partito di Renzi. “Non scherziamo. Il Pd non è un partito personale, è più forte dei singoli – sottolinea -. Prodi, Veltroni, Bersani, Renzi: i leader passano, il Pd resta. Ma essere un partito democratico significa accettare anche il dibattito, il confronto. La democrazia interna. La minoranza deve sentirsi a casa. Ma sentirsi a casa non significa che o si fa come dicono loro o se ne vanno”.

Per quanto riguarda il congresso Renzi entra nei dettagli. Perché non fare primarie in autunno e votare tra un anno? “Perché l’ha chiesto la minoranza, su tutti i giornali, per un mese. Ci sono ancora le petizioni che girano su Internet. E l’ha votato la direzione 107-12: una comunità deve rispettare le regole interne. Abbiamo proposto il congresso a dicembre, e ci è stato chiesto di rinviare. Allora abbiamo proposto la conferenza programmatica, e ci è stato detto che sarebbe stata inutile senza le primarie. Ci siamo attrezzati per le primarie, e hanno detto: o congresso o scissione. Allora abbiamo accettato di fare subito il congresso, tornando alla casella iniziale. E adesso ci dicono che è meglio la conferenza programmatica? Stiamo facendo il congresso perché ce l’hanno chiesto loro. Due settimane fa erano in tv per promuovere la raccolta di firme per chiedere il congresso e adesso chiedono di rinviare il congresso? Basta polemiche, vi prego. Non c’è luogo più democratico del congresso per parlare del futuro dell’Italia”. “Io voglio evitare qualsiasi scissione. Se la minoranza mi dice: o congresso o scissione, io dico congresso. Ma se dopo che ho detto congresso loro dicono ‘comunque scissione’, il dubbio è che si voglia comunque rompere. Che tutto sia un pretesto”.

“Non so se e quando tornerò a Palazzo Chigi – afferma ancora Renzi-. Lasciarlo mi è costato molto, ma era giusto e doveroso. Ho perso il referendum e mi sono dimesso da tutti gli incarichi, caso più unico che raro per un politico. Ma non posso dimettermi da italiano. E non voglio. Ci si dimette da una poltrona, non ci si dimette dalla speranza che tutti insieme vogliamo portare avanti”. Quando si va a votare? “E chi lo sa? La data del voto interessa solo gli addetti ai lavori. La gente vorrebbe sapere cosa pensiamo di tasse, burocrazia, lavoro, infrastrutture, innovazione. Non è interessata al quando, ma ai contenuti. Non sarò io a decidere la data, non sono più il presidente del Consiglio”. Questo significa che si può arrivare alla fine della legislatura? “In teoria, certo. In pratica deciderà il presidente della Repubblica, sulla base della situazione politica”.

“D’Alema nutre nei miei confronti un rancore personale che è evidente. Non voglio più polemiche. C’è stato un tempo ormai lontano in cui lui ha rappresentato la speranza di fare le riforme in Italia: adesso conduce solo battaglie personali. Di solito il suo obiettivo è distruggere il leader della sua parte quando non è lui il capo. Ci è riuscito con Prodi, Veltroni, Fassino. Vediamo se ce la farà anche stavolta. Io spero di no ma lo decideranno i votanti alle primarie”. Afferma il segretario Pd. Emiliano? “Michele ne dice tante…E’ così, gli voglio bene anche per questo – risponde Renzi -. Dieci giorni fa minacciava le carte bollate per fare il congresso, adesso chiede di rinviare, però è simpatico”.

Se il Pd si spaccasse si rischia di consegnare il Paese a Grillo o alle destre. “I grillini sono alti nei sondaggi nonostante gli imbarazzanti risultati di Roma – conclude -, Berlusconi e Salvini sono pronti a riprendersi la scena. Domando: chi ci va dai militanti della festa dell’Unità a spiegare perchè si deve rompere il Pd?”

Da http://www.unita.tv/focus/renzi-bloccate-le-macchine-della-divisione-e-dei-ricatti/
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« Risposta #199 inserito:: Marzo 01, 2017, 05:30:45 pm »

Focus
Unità.tv   @unitaonline
· 27 febbraio 2017

Renzi: “La scissione? Un piano di D’Alema. Ora vediamo chi ha più voti”

L’ex premier ed ex segretario Dem a “Che tempo che fa”: “Posso rinunciare a poltrona non a ideale”

La scissione del Pd è un disegno “di Palazzo scritto, ideato e prodotto da Massimo D’Alema”. Al ritorno dalla California e alla sua prima apparizione in tv da candidato alle primarie Dem è soprattutto all’ex segretario dei Ds che Matteo Renzi indirizza i suoi strali. Scegliendo di non nominare né Pier Luigi Bersani né Enrico Rossi ma derubricando gli attacchi di Roberto Speranza a discorsi che “non interessano i cittadini”.

E Renzi, dopo il suo viaggio dalla California, prende le distanze anche dalla durata del governo. “Le elezioni sono previste nel 2018. Se Gentiloni vorrà votare prima lo deciderà lui”, sottolinea l’ex premier, in risposta alla domanda se oggi scriverebbe “paolostaisereno”.

E l’ex leader Pd osserva anche come sia “giusto” che il ministro Padoan “abbia tutte le rassicurazioni” sul fatto che l’Italia eviterà una procedura d’infrazione. E’ sulla scissione, tuttavia, che l’ex premier si sofferma a lungo nel corso della sua intervista a ‘Che tempo che fa’. Puntando il dito contro D’Alema e invitandolo, provocatoriamente, “a non scappare ma a correre alle primarie. Vediamo chi ha più voti” è la sfida.

Anche perché secondo Renzi, i problemi posti dagli scissionisti non riguardano l’ Italia ma “i cavilli” e la sua stessa persona: “Nel mondo il problema della sinistra sono Trump e Le Pen, possibile che il problema della sinistra in Italia sia io?”, chiede retoricamente l’ex premier dicendosi comunque “dispiaciuto” della scissione.

“Abbiamo fatto di tutto per evitarla”, afferma, ma “la sinistra deve accettare che se uno vince la competizione interna, anche se non ha la stessa storia dei capi di prima, ha diritto a fare il proprio lavoro”. Su temi delicati, come l’inchiesta Consip e la tenuta del governo, Renzi appare più prudente.

Sulle indagini che coinvolgono anche il padre Tiziano e Luca Lotti, l’ex premier sottolinea: “Conosco mio padre e i suoi valori ma, essendo un personaggio pubblico, non posso che dire che sto con i magistrati. Però i tempi del processo devono essere brevi”. Sulla possibilità che si torni alle urne già a settembre, invece, Renzi getta la palla nel campo ristretto dell’attuale inquilino di Palazzo Chigi.

“Io sono fuori, riparto da zero con la forza delle idee”, puntualizza, dando la “parola ai deputati” anche sulla legge elettorale. Ponendo tuttavia l’auspicio di un traguardo minimo, quello del Mattarellum. Dalla California, inoltre, Renzi torna con la proposta del lavoro di cittadinanza. “Il reddito di cittadinanza vuol dire ‘tranquillo, ci pensa papi, che e’ lo Stato. Così l’Italia muore”, sottolinea Renzi bocciando una delle bandiere del M5S e incassando la piccata replica di Luigi Di Maio: “La sua è bieca propaganda, ha in mente un carrozzone democristiano e poltrone di cittadinanza”. Mentre da La Spezia, Andrea Orlando si dice “compiaciuto” del fatto che Renzi si ponga il problema e annuncia, a giorni, una sua proposta. Un altro punto del suo programma sarà il taglio dell’Irpef, sul quale Renzi sceglie di non mettere alcuna pressione al governo (“è una proposta per i prossimi cinque anni”). Anche se, in vista della manovra in aprile, lancia un invito: “Non è che se c’è un problema si va sempre dai cittadini a dire alziamo la benzina o le sigarette”.

Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-la-scissione-un-piano-di-dalema-ora-vediamo-chi-ha-piu-voti/
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« Risposta #200 inserito:: Marzo 05, 2017, 11:04:22 pm »

Focus
Unità.tv - @unitaonline
· 4 marzo 2017

Renzi scrive a Grillo: “Sciacallo, non ti fermi davanti a nulla”

L’ex premier risponde alle pesanti accuse rivoltegli dal leader del M5s a proposito dell’indagine a carico del papà Tiziano

“Tu, caro Grillo, oggi hai fatto una cosa squallida: hai detto che io rottamo mio padre. Sei entrato nella dinamica più profonda e più intima – la dimensione umana tra padre e figlio – senza alcun rispetto. In modo violento”. Così Matteo Renzi sul suo blog. “In una trasmissione televisiva ieri ho spiegato la mia posizione, senza reticenze – prosegue Renzi -. Da uomo delle istituzioni ho detto che sto dalla parte dei giudici. Ho detto provocatoriamente che se mio padre fosse colpevole meriterebbe – proprio perché mio padre – il doppio della pena di un cittadino normale. E ho detto che spero si vada rapidamente a sentenza perché le sentenze le scrivono i giudici, non i blog e nemmeno i giornali. Per decidere chi è colpevole e chi no, fa fede solo il codice penale, codice che pure tu dovresti conoscere, caro Beppe Grillo”.

“Dire queste cose costa fatica quando è indagato tuo padre – sottolinea -. Ma è l’unico modo per rispettare le Istituzioni. Perché quando hai giurato sulla Costituzione, quando ti sei inchinato alla bandiera, quando hai cantato l’inno nazionale davanti a capi di stato stranieri rimani uomo delle Istituzioni anche se ti sei dimesso da tutto. Anziché apprezzare la serieta’ istituzionale tu hai cercato di violare persino la dimensione umana della famiglia. Non ti sei fermato davanti a nulla, strumentalizzando tutto”.

Qui il post integrale che Matteo Renzi ha pubblicato sul suo blog

Caro Beppe Grillo,
ti rispondo da blog a blog dopo aver letto le tue frasi su mio padre.

Non sono qui per discutere di politica. Non voglio parlarti ad esempio di garantismo, quello che il tuo partito usa con i propri sindaci e parlamentari indagati e rifiuta con gli avversari. Quando è stata indagata Virginia Raggi io ho difeso la sua innocenza che tale rimane fino a sentenza passata in giudicato. E ho difeso il diritto-dovere del Sindaco di Roma di continuare a lavorare per la sua città. Ma noi siamo diversi e sinceramente ne vado orgoglioso.

Niente politica, per una volta.

Ti scrivo da padre. Ti scrivo da figlio. Ti scrivo da uomo.

Da giorni il tuo blog e i tuoi portavoce attaccano mio padre perché ha ricevuto qualche giorno fa un avviso di garanzia per “concorso esterno in traffico di influenza”. È la seconda volta in 65 anni di vita che mio padre viene indagato. La prima volta fu qualche mese dopo il mio arrivo a Palazzo Chigi: è stato indagato per due anni e poi archiviato perché – semplicemente – non aveva fatto niente.

Vedremo che cosa accadrà. Mio padre ha reclamato con forza la sua innocenza, si è fatto interrogare rispondendo alle domande dei magistrati, ha attivato tutte le iniziative per dimostrare la sua estraneità ai fatti.

Personalmente spero che quando arriverà la parola fine di questa vicenda ci sia la stessa attenzione mediatica che c’è oggi. La verità arriva, basta saperla attendere.

Ma tu, caro Grillo, oggi hai fatto una cosa squallida: hai detto che io rottamo mio padre. Sei entrato nella dinamica più profonda e più intima – la dimensione umana tra padre e figlio – senza alcun rispetto. In modo violento.

In una trasmissione televisiva ieri ho spiegato la mia posizione, senza reticenze. Da uomo delle istituzioni ho detto che sto dalla parte dei giudici. Ho detto provocatoriamente che se mio padre fosse colpevole meriterebbe – proprio perché mio padre – il doppio della pena di un cittadino normale. E ho detto che spero si vada rapidamente a sentenza perché le sentenze le scrivono i giudici, non i blog e nemmeno i giornali.

Per decidere chi è colpevole e chi no, fa fede solo il codice penale, codice che pure tu dovresti conoscere, caro Beppe Grillo.

Dire queste cose costa fatica quando è indagato tuo padre. Ma è l’unico modo per rispettare le Istituzioni. Perché quando hai giurato sulla Costituzione, quando ti sei inchinato alla bandiera, quando hai cantato l’inno nazionale davanti a capi di stato stranieri rimani uomo delle Istituzioni anche se ti sei dimesso da tutto. Anziché apprezzare la serietà istituzionale tu hai cercato di violare persino la dimensione umana della famiglia. Non ti sei fermato davanti a nulla, strumentalizzando tutto.

Allora lascia che ti dica una cosa.

Mio padre è un uomo di 65 anni, tre anni meno di te. Probabilmente ti starebbe anche simpatico, se solo tu lo conoscessi. È un uomo vulcanico, pieno di vita e di idee (anche troppe talvolta).

Per me però è semplicemente mio padre, mio babbo.

Mi ha tolto le rotelline dalla bicicletta, mi ha iscritto agli scout, mi ha accompagnato trepidante a fare l’arbitro di calcio, mi ha educato alla passione per la politica nel nome di Zaccagnini, mi ha riportato a casa qualche sabato sera dalla città, mi ha insegnato l’amore per i cinque pastori tedeschi che abbiamo avuto, mi ha abbracciato quando con Agnese gli abbiamo detto che sarebbe stato di nuovo nonno, mi ha pianto sulla spalla quando insieme abbiamo accompagnato le ultime ore di vita di nonno Adone, mi ha invitato a restare fedele ai miei ideali quando la vita mi ha chiamato a responsabilità pubbliche.

Questo è mio padre. Buttati come sciacallo sulle indagini, se vuoi, caro Beppe Grillo. Mostrati per quello che sei. Ma non ti permettere di parlare della relazione umana tra me e mio padre. Perché non sai di che cosa parli e non conosci i valori con i quali io sono cresciuto.

Spero che i tuoi nipoti possano essere orgogliosi di te come lo sono di Tiziano Renzi i suoi nove nipoti Mattia, Francesco, Gabriele, Emanuele, Ginevra, Ester, Maddalena, Marta e Maria.

E spero che un giorno ti possa vergognare – anche solo un po’ – per aver toccato un livello così basso.

Ti auguro una buona serata. E ti auguro di tornare umano, almeno quando parli dei valori fondamentali della vita, che vengono prima della politica.
Matteo Renzi

Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-scrive-a-grillo-sciacallo-non-ti-fermi-davanti-a-nulla/
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« Risposta #201 inserito:: Marzo 10, 2017, 12:27:21 pm »

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Unità.tv - @unitaonline
· 6 marzo 2017

Ecco la sintesi della mozione congressuale di Matteo Renzi

L’ex segretario del Pd attraverso la consueta enews pubblica la sintesi delle linee programmatiche della sua mozione congressuale

Con la consegna delle firme e l’ufficializzazione delle candidature inizia realmente il Congresso. Tre sono i candidati che ambiscono alla segreteria, Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano. In questi giorni dibattiti, iniziative e discussioni nei circoli comporranno le mozioni congressuali in base alle quali gli elettori Pd il 30 aprile sceglieranno il prossimo segretario tramite le primarie.

Matteo Renzi attraverso al sua enews ha voluto pubblicare la sintesi delle linee programmatiche della sua mozione congressuale.

La democrazia dovrebbe essere il sistema che, meglio di qualunque altro, permette a una comunità di determinare il corso della propria esistenza. Ma da alcuni anni è cresciuto in tutt’Europa, e anche al di là, il numero dei cittadini che hanno la sensazione di aver perso il controllo sul proprio destino, di essere in balia di forze incontrollabili che riducono la possibilità di ciascuno di influire sulle circostanze della propria vita.

In alcuni casi si tratta di una preoccupazione di carattere economico, ma spesso questo sentimento di insicurezza va anche al di là, e investe la sfera della cultura, dell’identità e dello stile di vita. Abbiamo la sensazione che il mondo cambi vorticosamente intorno a noi e che i nostri strumenti per influenzarne il corso siano sempre più fragili e invecchiati. La politica tradizionale – e le forze progressiste in modo particolare – hanno tardato a dare una risposta a queste preoccupazioni. Poco a poco, il pragmatismo si è così trasformato in fatalismo, agli occhi di una fascia crescente dell’opinione pubblica occidentale.

È questo il filo che unisce l’ascesa dei nazionalisti dell’Europa dell’Est, la Brexit, l’elezione di Donald Trump e il crescente protagonismo di Marine Le Pen in Francia e della nuova destra in Germania. L’ingrediente che accomuna i nuovi nazionalisti è la promessa di restituire agli elettori un grado di controllo sulla loro vita. E i mezzi che propongono per raggiungere quell’obiettivo hanno sempre un elemento in comune: la chiusura. Chiudere le frontiere, abolire i trattati di libero scambio, proteggere chi sta dentro, elevando un muro, metaforico o reale, rispetto all’esterno. Dimostrare che le loro ricette sono velleitarie nel migliore dei casi, e potenzialmente catastrofiche nel peggiore, non basta. Bisogna prendere sul serio la logica del ragionamento, aldilà delle provocazioni e del folklore.

E la logica dei nuovi nazionalisti dice questo: solo la chiusura può permetterci di riappropriarci del nostro destino, di non essere in balia di decisioni prese altrove, passivi, vulnerabili. La nostra sfida, oggi, è dimostrare che è vero esattamente il contrario. E che le scommesse sul futuro, sul lavoro, sull’ambiente, sull’integrazione sociale, sulla cultura e sul capitale umano, sono l’unico modo per restituire davvero ai cittadini il controllo del proprio destino, anziché precipitare in una spirale di risentimento destinata a ridurre inesorabilmente ogni possibilità di essere protagonisti.

Non si tratta di imbastire una guerra tutta ideologica tra “chiusura” e “apertura” ma di far vivere nel concreto del dialogo sociale e della prassi di governo una nuova alleanza tra libertà e protezioni, tra opportunità e fragilità. E di allargare la sfera dei bisogni: includendo accanto a quello di sicurezza anche il bisogno di appartenenza (sentendosi parte di una comunità) e il bisogno di cooperare (realizzando obiettivi comuni). Sono sfide enormi, soprattutto per un partito di centrosinistra. Il nostro mondo democratico e progressista, aperto e libero, appare oggi in crisi. E forse una delle ragioni per cui al momento si stenta a intravedere un’alternativa credibile all’onda della contestazione populista dipende proprio dal fatto che l’investimento simbolico nella politica e nella storia non è più vivo e forte come una volta. Chiunque abbia ancora la capacità e la voglia di guardare al futuro, immagina grandi meraviglie o immani catastrofi figlie dello sviluppo economico e della tecnica, non di grandi movimenti sociali e politici.

Ma spetta ancora alla politica il compito di immaginare e realizzare una via di uscita. Se l’investimento simbolico nella politica non è più vivo e forte come una volta, essere democratici significa proprio lavorare per riattivarlo. Perché solo in questo sforzo si può sperare di ritrovare le energie morali, intellettuali e politiche per provare a compiere, tutti insieme, un salto dal passato al futuro. L’Europa resta l’orizzonte strategico di queste sfide.

L’unica dimensione sufficientemente vasta per fronteggiare il cambiamento garantendo il rispetto dei nostri valori e del nostro stile di vita. L’Unione Europea è il primo tentativo nella storia di creare un insieme sopranazionale in tempo di pace, senza armi e senza minacce, sulla base della libera adesione dei popoli. Nell’ultimo quarto di secolo, si è trasformata da una zona di libero scambio costituita da 12 piccole nazioni, schiacciate tra due blocchi imperiali, a un colosso formato da 28 paesi e popolato da mezzo miliardo di persone, la maggior parte delle quali condivide un’unica moneta e un’unica frontiera. Da molti punti di vista – e alla luce della storia del nostro continente – si tratta di un miracolo. Ma purtroppo negli ultimi anni, la miopia di una classe dirigente succube del pensiero tecnocratico ha ribaltato la percezione dei cittadini. Per molti europei, oggi, l’Unione è diventata il problema, più che la soluzione.

Un ulteriore fattore di perdita di controllo sul loro destino, anziché lo strumento per cogliere le opportunità di un mondo più grande. Lo si è visto nel caso della Brexit e lo si vede anche nell’evoluzione dell’opinione pubblica in paesi storicamente europeisti come la Germania, la Francia e l’Italia. A 60 anni dai Trattati di Roma l’antidoto contro i sovranismi consiste in una convergenza che faccia perno sulle tre più grandi democrazie europee dell’Eurozona, su un modello originale che concilii integrazione e democrazia.

Un modello che distingua nettamente la zona di integrazione politica dall'area di semplice cooperazione economica; che confermi la legittimazione diretta del Presidente della Commissione di fronte all'assemblea parlamentare; e che riduca l’area delle decisioni intergovernative e costruisca effettivamente, sulla base del principio di sussidiarietà, un modello con due livelli di governo ben distinti, uno federale con un adeguato bilancio da gestire e uno rinviato alla responsabilità degli Stati, singoli o in forma associata nel Consiglio europeo. Questo dovrebbe essere il discrimine fondamentale delle prossime elezioni francese, tedesca e italiana, chiarendolo sin d’ora ai cittadini. Europeizzando così le elezioni nazionali in modo da ricevere un mandato chiaro per un’integrazione amica della democrazia, in grado di invertire la spirale di estraneità dei cittadini europei rispetto a scelte che impattano sulle loro vite.

Nei prossimi mesi, in ogni caso, l’assetto politico dell’Unione subirà una trasformazione decisiva. Se le candidature progressiste ed europeiste in Germania e in Francia troveranno uno sbocco positivo, si creeranno per la prima volta le condizioni per una svolta che allenti la morsa dell’austerità e rilanci la prospettiva di un’integrazione fondata sul progresso e sulla crescita. Se, al contrario, a prevalere saranno i nazionalisti, in particolare il Front National di Marine Le Pen, l’Unione si troverà di fronte alla crisi di gran lunga più grave dal momento della sua fondazione. In entrambi gli scenari, dovremo farci trovare pronti. Il PD è stato il primo, tra i partiti del PSE, a promuovere con forza l’idea di un’Europa diversa, capace di dare una risposta vera ai problemi che abbiamo davanti, a partire dalla crisi economica, dall’immigrazione e dalla sicurezza. Su questi fronti, non smetteremo di incalzare i nostri partner, perché siamo convinti che siano quelli decisivi per restituire ai cittadini europei il sentimento di avere il controllo del proprio destino.

Al di là delle necessarie riforme dell’assetto istituzionale, si devono da subito porre le basi per una nuova politica europea in campo sociale, nella gestione dei flussi migratori, rispetto alla difesa comune e in materia fiscale, per esempio arrivando a regole fiscali comuni per le imprese europee e stabilendo un indirizzo condiviso all’interno della nuova fase di competizione internazionale. Il progetto europeo non è incompatibile con l’orgoglio di essere italiani e con il nostro interesse nazionale. Al contrario, nei suoi momenti migliori, i due aspetti sono andati di pari passo, rafforzandosi a vicenda.

Com’è accaduto quando gli sforzi compiuti dai governi di Giuliano Amato, di Carlo Azeglio Ciampi e di Romano Prodi ci hanno permesso di accedere alla prima fase dell’euro. Interpretata nel modo giusto, l’apertura non cancella l’identità, ma la esalta, perché in un mondo aperto ogni paese, ogni territorio deve puntare su quel che sa fare meglio, su ciò che ha di unico. E ciò che ha di unico l’Italia è la capacità di mettere l’uomo al centro: come diceva Luigi Barzini, il piacere di trovarsi in Italia “è dovuto al fatto che si vive in un mondo fatto dall’uomo, per l’uomo, sulla misura dell’uomo”. Si tratta di credere fino in fondo a questo modello, che è il modello dei sindaci, con il loro straordinario impegno quotidiano al servizio delle comunità piccole e grandi e che è il vero modello italiano, per il quale mobilitare tutte le risorse disponibili.

È quel che abbiamo iniziato a fare nei mille giorni del governo Renzi e che stiamo continuando a fare con il governo Gentiloni. Non un calendario astratto di compitini ricopiati da un manuale tradotto dall’inglese (o dal tedesco), ma il tentativo sistematico di risvegliare le energie migliori del nostro paese, a partire dalla cultura, dalla scuola, dal lavoro dei giovani e dal terzo settore. Lo sforzo dei mille giorni non ha soltanto prodotto un risultato economico, con il PIL che è passato da negativo (-2) a positivo (+1), con 700 mila posti di lavoro in più grazie al JobsAct, con lo sblocco di infrastrutture e eventi. Ma anche e soprattutto un risultato nel campo dei diritti e del sociale.

Il dopo di noi, la legge sullo spreco alimentare, gli investimenti nelle periferie, le unioni civili, i soldi per le marginalità e le povertà, la legge sull’autismo, la legge sulla cooperazione internazionale hanno fissato in modo inequivocabile una pagina di grande importanza nella storia sociale e comunitaria del nostro Paese. Certo, non sono mancati errori e incidenti di percorso, che dovranno essere sottoposti a un giudizio critico rigoroso, innanzitutto da parte nostra. Ma la direzione è quella giusta e l’errore più grande sarebbe ora quello di provare a invertire la marcia per tornare indietro. In ballo c’è la possibilità di tracciare un disegno comune che sia ancora capace di incontrare desideri e interessi, necessità e aspirazioni degli italiani.

Le elezioni europee del 2014 hanno dimostrato, per la prima volta, che la sinistra può sconfiggere il populismo e il nazionalismo se è capace di prendere sul serio le preoccupazioni delle persone, iniziando a fornire delle risposte concrete. E se oggi la fiducia nella politica non è più viva e forte come una volta, essere democratici significa proprio lavorare per riattivarla. Serve più politica, in Italia e in Europa. E serve una forza politica che sia all’altezza delle sfide del suo tempo. Una forza politica come il Partito democratico, che guarda al futuro senza complessi ma affonda le sue radici nella storia e vuole dare risposte nuove alla sfida più antica di tutte: costruire una società più giusta, ispirata ai valori di solidarietà, libertà e uguaglianza. Il Partito Democratico è nato su due pilastri.

Da una parte le culture politiche sulle quali si è fondata nel secondo dopoguerra la democrazia italiana e che nel corso dei decenni della storia repubblicana ne hanno alimentato e rinnovato le prospettive. Dall’altra l’idea di centrosinistra che è stata al cuore dell’esperienza dell’Ulivo: una forza di cambiamento reale e non solo un campo identitario, dove ciò che conta è rappresentare per governare, dove l’unità si realizza nella condivisione di un progetto ambizioso e realistico di trasformazione nel segno della coesione sociale e dell’innovazione economica. Oggi, partendo da quelle fondamenta, abbiamo il dovere di ristrutturare radicalmente la nostra casa comune, superando la dicotomia tra “partito leggero” e “partito pesante” che ha rappresentato per troppo tempo una gabbia solo ideologica.

Nell’epoca della crisi della democrazia e della delegittimazione della politica, non solo in Italia ma ovunque in Occidente ci si interroga sulle nuove forme di organizzazione della militanza e delle competenze pubbliche. Se non torneremo ai partiti della Prima Repubblica, perché di quella stagione sono definitivamente scomparsi i blocchi sociali e le rappresentazioni ideologiche che ne sorreggevano l’impianto politico, è indispensabile dotare la democrazia italiana di strumenti rinnovati ma stabili di organizzazione di partito.

E se altri hanno scelto e continuano a scegliere la strada della privatizzazione della politica, con modelli di partito-azienda costruiti con gli strumenti del marketing o gestiti con gli algoritmi, il PD non può che far vivere anche al proprio interno i valori di partecipazione orizzontale, trasparenza e responsabilità pubblica sui quali fonda la propria proposta per il paese. Serve quindi un patto di comunità aperto a chi condivide un progetto di trasformazione dell’Italia, orientato a conquistare consensi al di là di confini identitari che rischiano troppo spesso di diventare barriere difensive, permeabile alle competenze e alla passione civile di quei milioni di italiani che si impegnano ogni giorno nella dimensione pubblica e associativa pur restando ancora diffidenti nei confronti della militanza di partito.

Un partito che sia rete di reti, con forme di militanza che possano assumere forme e tempi differenti anche indipendentemente dalla presenza fisica in un dato momento e in un determinato luogo. Se le infrastrutture territoriali – i circoli e le federazioni – stanno completando il percorso di razionalizzazione già avviato in questi anni e svolgeranno un’indispensabile funzione di presidio, sarà necessaria la loro integrazione con i nuovi strumenti di partecipazione dentro i quali si svolge e si amplifica il confronto pubblico. La Rete, ovviamente, ma non solo. Affinché la militanza di base, gli amministratori, i dirigenti e i parlamentari formino un ecosistema dentro al quale le notizie possano circolare, le buone prassi siano assunte a modello, la partecipazione diventi circolare e si alimenti in tempo reale il confronto con l’esterno.

Un partito che torni a formare i propri rappresentanti a tutti i livelli, senza la pretesa di produrre solo dentro le proprie mura qualunque ricetta amministrativa e di governo, ma che sia capace di trasferire dall’esterno all’interno le competenze e le passioni che già vivono nella società civile: un luogo, quest’ultimo, che non può più essere rappresentato come il campo delle virtù contrapposto ai vizi della politica ma verso il quale il PD possa finalmente sviluppare una virtuosa relazione di osmosi, allo scopo di contaminare e dunque rinnovare il primato della politica che rappresenta la vera ragione del nostro stare insieme.

Un partito, infine, che sia realmente democratico perché sottratto una volta per sempre alle decisioni di piccoli gruppi che si autoproclamano depositari della volontà generale. L’esperienza delle primarie ha rappresentato, da questo punto di vista, il contributo più originale che è venuto dal Partito Democratico alla pratica di partito in Europa, tanto da essere presa a modello in numerosi altri paesi. Da quell’esperienza non intendiamo tornare indietro, perché il PD è e rimane un partito aperto e plurale, radicato sul territorio e rivolto alla rappresentanza per la buona amministrazione e la trasformazione della cosa pubblica. Per questo, analogamente a quanto accade in tutte le democrazie parlamentari anche basate su sistemi proporzionali, crediamo che la leadership che si propone per il governo del paese debba essere la stessa che guida il partito.

E’ su queste basi che chiediamo per Matteo Renzi e Maurizio Martina un mandato per cambiare l’Italia e l’Europa, per avere un partito che contribuisca a questo scopo, con un leader che si candida a guidare dapprima la nostra comunità politica e poi il governo del Paese. Consapevoli di queste sfide e animati da queste ambizioni, ci ritroveremo al Lingotto di Torino dal 10 al 12 marzo. Nel luogo simbolo della nascita del PD come partito pilastro della democrazia italiana, faremo le pulci all’azione di governo di questi ultimi tre anni ed elaboreremo nuove proposte per superare le grandi fratture che ancora dividono il nostro paese (sociale, territoriale, generazionale e di genere). Una discussione vera, senza rete. Per costruire un programma per l’Italia e per l’Europa.

Da - http://www.unita.tv/focus/ecco
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« Risposta #202 inserito:: Marzo 22, 2017, 12:20:20 pm »

L’ex premier a porta a porta
Renzi: no aumento Iva, dubbi su taglio cuneo. Consip? Si vada a sentenza
    8 marzo 2017

Sul taglio del cuneo fiscale «io ho qualche dubbio. La misura dei cinque punti nell'esperienza del governo Prodi non ha portato risultati. Ma se la vogliono fare... Io non l'ho fatta. Il governo deciderà e sulla base della proposta che viene fatta discuteremo». Lo dice l'ex premier Matteo Renzi ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta su Rai Uno.

    IL CASO CONSIP 8 marzo 2017

Fisco: errore politico oggi aumentare Iva
«Non voglio aumentare le tasse perché sarebbe un errore politico» ha detto poi l'ex premieri, spiegando che «è un errore politico oggi aumentare l'Iva in un momento come quello che stiamo vivendo».
Parlando poi della flat tax, Renzi ha sottolineato che «ci sono super ricchi che mettono la residenza fuori e pagano le tasse fuori. Tu li chiami alla possibilità di avere una tassazione fissa se investono in Italia. Questo può portare soprattutto capitali stranieri. C'è lo sceicco che vuole abitare a Capri. Bene ma paghi qualcosa».

Emiliano, a cercar voti su vaccini si perde faccia
«Non parlerò male degli altri, grande rispetto per Emiliano. Ma le sue parole sui vaccini un po' mi hanno fatto male: non è stato chiaro come altri suoi colleghi» sull'obbligo dei vaccini, ha detto poi Renzi replicando a un post del candidato alla segreteria Pd, Michele Emiliano, che nei giorni scorsi scriveva che nel «programma di governo della Regione Puglia non rientra la proposta di vietare l'accesso a scuola dei bambini che hanno scelto di non effettuare vaccinazioni obbligatorie».
«Non giochiamo sulla pelle della gente, su queste cose non si scherza - ha aggiunto Renzi -. Litighiamo su tanti argomenti, sui vaccini per avere un voto in più si perde la faccia e la dignità del Pd».

Consip: si vada a sentenza e si vedrà la verità
Sulla vicenda Consip «Si vada a sentenza - ha affermato l'ex segretario Pd - . Ci sono politici che sperano che le cose cadano nel dimenticatoio. Io chiedo che si vada a sentenza e ricordatevi di queste ore e andiamo a vedere se ci saranno sentenze di condanna... chi è innocente non ha paura a della verità». «Ci tengo alla mia diversità» ha aggiunto Renzi.

    Lavoro 7 marzo 2017

Cuneo fiscale, si parte da un taglio da 1,5 miliardi. Sconto di 3-5 punti sui neo-assunti

Consip: umanamente con mio padre, ma sto con giudici
Parlando del coinvolgimento di suo padre Tiziano nell'inchiesta Consip, Renzi ha aggiunto che «ci sono due dimensioni profondamente diverse. Una è la dimensione del figlio, che quando vede il padre in difficoltà è umanamente preoccupato ed è anche molto lieto dei valori che la famiglia gli ha trasmesso. Ma dal punto di vista istituzionale io non entro minimamente nella questione delle indagini, non la giudico. Ho servito la bandiera del mio paese. Io sto dalla parte dei giudici».

Sistema potere toscano? Solo su giornali
«Il sistema» toscano di potere «è presente solo nei vostri editoriali, non nella realtà. C'è mai stato un ricambio di potere come quello dal 2014? No» ha continuato l'ex premier sempre in merito alla vicenda Consip. «Dicono che è una cosca? Querelo domani mattina - ha aggiunto - e se mi danno del mafioso o del camorrista mi arrabbio. Un reato di toscanità? Rivendico il diritto alla 'c' aspirata, difendo la ribollita. Che in qualche salotto della capitale siamo stati considerati corpo estraneo è estremamente vero ma l'ho cercato».

Fiat: Marchionne l'ha salvata ma tasse estero su gozzo
«Io credo che Sergio Marchionne abbia salvato la Fiat, perché oggi a Melfi si fanno le Jeep che vanno in America, a Pomigliano non si fanno le Panda perché si fa l'Alfa, a Mirafiori non sono più in cassa integrazione» ha continuato poi l'ex segretario dem, spiegando che «se non ci fosse stato Marchionne sarebbero tutti a casa, ma sul tema della tassazione portare la sede in un altro Paese risponde agli interessi di Fca ma non agli interessi dell'Italia».
«Il nodo della tassazione mi sta sul gozzo anche a me» quando «le aziende spostano la sede dove la tassazione è meno elevata», ha detto ancora. «Fiat è stata salvata e questo ha permesso a migliaia di persone di tornare a lavorare» ma «perché non devo avere lo stesso fisco dell'Olanda? Ci siamo fatti un po' fregare dall'Ue, per questo dico diamo una mano al governo».

© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-03-08/renzi-no-aumento-iva-dubbi-taglio-cuneo-consip-si-vada-sentenza--213759.shtml?uuid=AEFmgWk
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« Risposta #203 inserito:: Aprile 03, 2017, 04:45:01 pm »

Il Pd signora mia... Matteo Renzi scopre l’autocritica

Pubblicato il 01/04/2017 - Ultima modifica il 01/04/2017 alle ore 15:58

ALBERTO INFELISE

I nuovi orizzonti sulla legge elettorale e le possibili alleanze dopo il voto sembrano aver portato segnali di distensione nel centrosinistra. Matteo Renzi ha fatto il primo passo: «Qualcosa non è andato nella mia gestione del partito e quel qualcosa sono stato io. Troppi personalismi e poca attenzione a una sinistra che ho sottovalutato». Renzi ha poi detto che se avrà la fortuna di vincere le primarie porterà nel suo staff rappresentanti delle diverse correnti del partito, «persone che ho sempre ammirato e stimato», ha aggiunto. 

Pierluigi Bersani, in un discorso invero privo di metafore derivate dalla vita di provincia, ha accolto con sorpresa e favore le parole dell’ex premier: «Sapevo che Matteo avrebbe maturato le qualità di un vero leader del centrosinistra. Qualità che ora che il Novecento volge al termine sono sempre più importanti in un partito radicato nella vita reale del nostro tempo. Da parte nostra ci sarà la massima collaborazione, visto che tutti quanti lavoriamo allo stesso obiettivo, facendo tutti parte a buon diritto della stessa famiglia». Dello stesso avviso Roberto Speranza, che è arrivato a promettere di esprimere un’idea autonoma dal suo capocorrente (chiunque egli o ella sarà in futuro) nel giro di un anno o al massimo due.
 
«Questo è lo spirito di coesione e serena condivisione che abbiamo sempre sognato per il Partito Democratico – ha chiosato Massimo D’Alema –, è importante veleggiare tutti nella stessa direzione, non importa chi sia a tenere il timone tra le mani, disciamo. Da parte mia, posso dire che farò il massimo per portare acqua al mulino comune, senza passare le giornate a imporre la mia figura di più intelligente e influente di tutti alla ricerca di esser riconosciuto come il più intelligente e influente di tutti».
 
Pronto il nome del nuovo partito unitario: PdA, Pesce d’Aprile
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Alcuni diritti riservati.

Da - http://www.lastampa.it/2017/04/01/italia/politica/il-pd-signora-mia-matteo-renzi-scopre-lautocritica-O7mBRvK0ZdtQKE1xIlWdSM/pagina.html
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« Risposta #204 inserito:: Aprile 22, 2017, 09:25:38 am »

Martedì 18 aprile 2017
Enews 468

     Matteo Renzi

1. Europa sì, ma non così
Viviamo un momento di grande tensione internazionale, dalla Siria alla Corea del Nord.
Mi ha molto colpito questa intervista a un fotografo che è riuscito a salvare la vita a un bambino, pubblicata oggi da Repubblica.
Ma non sfugge a nessuno che, accanto al dramma umano, in queste ore sia in corso una sfida geopolitica, a cominciare dal ruolo che vorrà avere la nuova amministrazione americana con Trump.
Per tutti questi motivi, ritengo fondamentale che l'Europa batta un colpo.
Non possiamo relegare il Vecchio Continente a semplice spettatore di ciò che accade.
E per questo motivo il desiderio di cambiare le politiche in Europa (dalle regole economiche fino all'elezione diretta dei leader, dalla strategia di politica estera fino alle questioni sociali, dall'immigrazione fino alla ricerca) costituisce il cuore della mia campagna per le primarie. Ecco perchè ho deciso di chiudere la campagna a Bruxelles, andandoci come ultima tappa del mio tour Primarie venerdì 28 aprile.
Il messaggio è chiaro. Secondo i populisti, l'Europa va distrutta. Secondo conservatori e burocrati va tutto bene come è adesso. Noi diciamo "Europa sì, ma non così". Io voglio guidare il PD - che con noi è diventata la più grande forza politica europea - a cambiare l'Europa. E dunque l'Italia.
Noi non parliamo male degli altri candidati, noi non facciamo polemiche: noi raccontiamo le nostre idee per il futuro dell'Italia e dell'Europa. Lo faremo nei prossimi giorni anche sulla scuola, sull'economia, sul sociale, sulla cultura. Vi chiedo di restare in contatto anche tramite la APP-Matteo Renzi che da stasera sarà disponibile anche per chi non ha facebook.
Ma vi chiedo soprattutto di aiutarmi a coinvolgere chi ha voglia di dare una mano in positivo, spiegando perché vogliono cambiare l'Italia con noi. Non siamo contro qualcuno, noi siamo per qualcosa. Ma abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti: essere per qualcosa anziché contro fa meno rumore. Ma è più utile.
Mancano 12 giorni alla sfida finale sulle primarie. Per chi vuole votare in un comune diverso dal suo (magari perché fa il ponte) ci sono tutte le informazioni su questo sito: www.primariepd2017.it.
Potete anche scrivere a primarie@matteorenzi.it per le informazioni sui seggi. O dare idee per gli ultimi giorni di campagna. Vi aspetto. E come sempre conto su di voi.


2. Quante bugie smascherate con il DEF!
Giusto per orientarsi nel mare di bugie (pardon, adesso vanno chiamate post-verità o fake news) che sono uscite in questi mesi, dopo che il Governo ha approvato martedì scorso il DEF, possiamo finalmente dire che:

Non c'è nessun aumento di IVA, né della benzina, né dello zucchero. L'ultima volta che in Italia è aumentata l'IVA risale al 1° ottobre 2013, un altro governo. Noi le tasse non le aumentiamo. E il Governo Gentiloni ha scelto la stessa strategia. Anche per il futuro, a giudicare da quello che c'è scritto nel DEF. Il PD non è più il partito delle tasse, abbiamo davvero rottamato Dracula.
Non c'è nessun buco di Bilancio, ma un bel tesoretto. Il Governo ha scelto di aderire alla richiesta europea di ulteriore riduzione del deficit, una delle tante richieste che vengono fatte a cadenza annuale nelle consuete trattative tra Bruxelles e le varie capitali. Normale amministrazione. I soldi necessari vengono da provvedimenti ideati in passato (rottamazione Equitalia e split payment su tutti): non abbiamo lasciato nessun buco. Abbiamo però lasciato molti soldi per i principali provvedimenti di cui l'Italia ha bisogno. Su tutti il fondo da 47 miliardi di euro - che abbiamo costruito nella Legge di Bilancio e voluto come DPCM, cioè come Presidenza - per gli investimenti che il Presidente Gentiloni firmerà nei prossimi giorni. Sintesi giornalistica: abbiamo lasciato un tesoretto, non un buco.
E il tesoretto - non il buco - contiene anche le risorse per affrontare le tre emergenze sociali, le tre P: pensioni, periferie, povertà. Sono tre settori su cui il Governo dei mille giorni ha lasciato i fondi e adesso si tratta solo di far partire concretamente gli interventi. Sulle periferie già si sono firmati gli accordi, sulla povertà venerdì scorso Poletti ha annunciato il decreto che costituisce un importante passo in avanti. Sulle pensioni è di stamani la firma del Presidente Gentiloni sulla cosiddetta APE, l'anticipo pensionistico.
3. La verità prima di tutto e di tutti.
Sulla vicenda Consip si è aperta un'ulteriore indagine che ipotizza il falso da parte di un pubblico ufficiale nella gestione delle indagini. Il falso riguarderebbe non solo un indizio su mio padre ma soprattutto riguarderebbe il sottoscritto, in quel momento Presidente del Consiglio pro tempore. Dunque si tratta di una vicenda molto grave, su cui sarà ovviamente doveroso fare totale e piena chiarezza. Ripeto quello che ho già detto sia da Vespa che dalla Gruber: noi chiediamo la verità. E non ci stancheremo di reclamarla, giorno dopo giorno. Chi vuole attaccarci lo faccia in modo pulito, rispettando le regole e le leggi. E se qualcuno pensa di poterci intimidire, sappia che otterrà l'effetto opposto: non ci stancheremo mai di chiedere che sia fatta piena e totale luce su questa vicenda. Non finirà nel dimenticatoio, ve lo garantisco.

Alcuni pensieri di questi giorni:

Sul campo di concentramento di persone omosessuali in Cecenia. Qui
Sul fatto che Tesla abbia superato Ford e GM come valore di borsa per società automobilistica. Qui
Sul Bilancio che verrà dell'Unione Europea. Qui
Sulla Ferrari che vince (qui) e su un podista che viaggia decisamente a un ritmo diverso (qui)
Sull'Arma dei Carabinieri in prima fila contro la 'ndrangheta. Qui.
Sui martiri cristiani qui
E sui vaccini non posso che riportare ciò che ha scritto questa mattina il prof. Burioni dopo la trasmissione Report. Qui invece il video del mio intervento con Burioni a Linea Notte
Sulla legalità vi segnalo una bella iniziativa del Ministro Marco Minniti e del Sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà
Per chi se li fosse persi.
L'integrale di Porta a Porta del 10 aprile
L'integrale di Otto e mezzo del 13 aprile

Pensierino della sera.
Ieri, per la prima volta dopo anni la Reggia di Caserta è rimasta aperta grazie all'impegno dei lavoratori e del direttore - che ormai conoscete, visto che ve ne ho parlato spesso - Mauro Felicori. Sì, proprio quello nominato dal nostro governo e subito accolto da una polemica di qualche sigla sindacale perché "lavorava troppo"!! Vi confesso che non finisco di emozionarmi quando penso alla bellezza dell'Italia e penso che, nonostante la mancanza di organizzazione che troppo spesso caratterizza i nostri beni culturali, le cose stanno cambiando. Chi di noi ha visitato luoghi e posti significativi in questi giorni si rende conto che c'è, è lì, è pronta una #ItaliaBella che non dobbiamo stancarci di raccontare, di coccolare, di ammirare. La bella trasmissione Rai Kilimangiaro ha recentemente dato il premio di miglior Borgo d'Italia a Venzone (Udine). Ma quanti borghi magnifici, quanti luoghi incantevoli ci sono. Anche per questo mi piacerebbe che ciascuno di noi si sentisse parte di questo racconto collettivo. Abbiamo bisogno di risvegliare in noi lo stupore e l'orgoglio di essere italiani. Di dirlo e di dircelo di più. Anche sui social, che oggi collezionano in prevalenza campagne di odio e di negatività. La nostra #ItaliaBella aspetta solo l'orgoglio e l'impegno di ciascuno di noi. Dobbiamo esserne all'altezza.

Un sorriso,
Matteo
blog.matteorenzi.it
matteo@matteorenzi.it

PS: Mi raccomando la APP Matteo Renzi per chi ha voglia di darci una mano. Scaricatela, diffondetela, utilizzatela. Ci aiuta a restare meglio in contatto e fare squadra, non solo in rete. Buona Settimana a tutti. E buon ponte a chi lo fa

Da - https://mail.google.com/mail ...
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« Risposta #205 inserito:: Aprile 29, 2017, 12:51:38 pm »

Renzi chiude la campagna elettorale a Bruxelles: “I partiti socialisti devono guardare anche al centro”

Pubblicato il 28/04/2017 - Ultima modifica il 28/04/2017 alle ore 14:25

«L’Europa va salvata dai populisti» ma ha anche «bisogno di un cambiamento radicale». Lo dice Matteo Renzi nella conferenza stampa tenuta, in inglese, in un albergo nei pressi del Parlamento europeo come evento di chiusura della campagna per le primarie. Con Renzi, il ministro Maurizio Martina ed il sottosegretario Sandro Gozi. «Scegliere di chiudere la campagna a Bruxelles significa che noi siamo profondamente europei».

“Per cambiare l’Italia abbiamo bisogno che resti in Europa” 
«L’Ue non è il luogo dove venire a prendere ordini, è la casa dei nostri figli, per questo diciamo Europa si ma non così» ha aggiunto Renzi «Se vogliamo cambiare l’Italia - afferma - abbiamo bisogno di un’Italia che resti in Europa a testa alta, consapevole che l’interesse comunitario non è in contrasto con l’interesse nazionale». Renzi ha quindi elencato cinque punti «per cambiare l’Europa». 
 
“La vittoria di Macron ottima ma non è finita” 
«La vittoria di Macron in Francia potrebbe essere un ottimo messaggio per l’Europa ma Hollande ha ragione quando dice che non è finita». 
 
“I socialisti devono guardare anche al centro” 
I partiti socialisti in Europa «devono sì investire nei diritti sociali» e sui temi più tipici della sinistra «ma dobbiamo investire anche nel centro» perché «con i radicali si vincono le primarie ma poi si perdono le elezioni». È il ragionamento di Matteo Renzi prendendo spunto dalla situazione in Francia, dove nel partito socialista dopo il ritiro di Hollande le primarie sono state vinte da Hamon, «ma anche in Gran Bretagna con Corbyn».
 
 Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.

Da - http://www.lastampa.it/2017/04/28/italia/politica/renzi-chiude-la-campagna-elettorale-a-bruxelles-i-partiti-socialisti-devono-guardare-anche-al-centro-1rsX2gE8SwNSjRMXsz8REP/pagina.html
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« Risposta #206 inserito:: Maggio 01, 2017, 05:36:45 pm »

Sapevi che avresti vinto e hai vinto!

Adesso devi far vincere il Centro Sinistra (senza la sinistra amara e vecchia) e l'Italia.

Cazzate ne dirai ancora, forse qualcuna ancora la farai, importante che tu ci dica (nei fatti) dove intendi finisca il Centro e dove comincia la Destra.
Mettilo per iscritto per onestà di comportamento.

Ciaooo

Da FB del  1 maggio 2017 a Renzi
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« Risposta #207 inserito:: Maggio 03, 2017, 10:31:36 am »

Renzi, sì a Forza Italia e no agli ex Pd: “Hanno tradito”.
Orlando: “Con Berlusconi o Pisapia? Referendum e vediamo…”
L'ex premier nel confronto Sky ha detto di non poter escludere un'alleanza di governo con Berlusconi.
Oggi definisce "ovvio che non faremo accordi con chi è andato via: la gente non capirebbe".
Il ministro: "Non importa se sarò segretario o no, chiederò un voto tra gli iscritti per scegliere l'intesa con il leader di centrodestra o con l'ex sindaco"

Di F. Q. | 27 aprile 2017
   
Con Berlusconi un’alleanza per governare si può fare, con gli ex del Pd invece di sicuro no. Matteo Renzi raffina meglio la sua opinione sui possibili accordi del Partito democratico. Nel confronto tv su Sky l’ex segretario ha detto di non poter escludere le larghe intese con il centrodestra anche per via di questa legge elettorale anche se precisa a Rtl che il suo rapporto con il leader di Forza Italia “è inesistente da mesi” anche perché “Berlusconi è venuto meno ad un impegno sulle riforme scegliendo di appoggiare chi pensava che la riforma costituzionale fosse un attentato alla Costituzione”. Di una cosa però l’ex presidente del Consiglio è certo: “Con quelli che sono andati via dal Pd, è ovvio che non faremo alleanze. Non perché hanno insultato me ma perché hanno tradito decine di migliaia di militanti”. A suo avviso, “la gente non ci capirebbe: se ci mettessimo insieme il giorno dopo le elezioni penserebbero a una questione di poltrone”.

Così è diventata la differenza più evidente tra Renzi e i suoi rivali nella corsa alla segreteria del Partito democratico. Andrea Orlando lo ribadisce a RepubblicaTv: “Se si dovesse porre questo tema, io chiederò la convocazione di un referendum, previsto dallo Statuto, per decidere se andare da con Berlusconi o Pisapia. Io tra Pisapia e Berlusconi scelgo Pisapia, se per questioni di rancore personale per Renzi non è così non credo sarà compreso dal nostro popolo”. Il ministro della Giustizia definisce “stravaganti” le dichiarazioni di Renzi sul tema delle alleanze. Anzi, il referendum – dice Orlando – si farà che lui diventi segretario oppure no. “E credo che avrò una maggioranza schiacciante”.

D’altra parte le parole di Renzi sono coerenti con quello che neanche troppo sotto traccia è avvenuto nelle ultime settimane. Primo: un’intervista al Foglio del capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda che aveva parlato di “un fronte anti-Grillo” e aveva aggiunto che per questo “anche i Democratici devono sperare in Forza Italia”. Secondo: in un’altra intervista al Foglio, il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda teorizza un programma di governo condiviso tra centrosinistra e centrodestra in modo da poter costruire più facilmente le larghe intese dopo il voto. Terzo, ma più importante, la richiesta del Pd in materia di legge elettorale in commissione Affari costituzionali della Camera: il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione. “Siamo al quinto mese di rinvii – dice oggi Renzi – Ho l’impressione che i partiti non ne vogliano sapere, d’altra parte io l’avevo detto prima del referendum che sarebbe stata la palude. Ora faccia la proposta il fronte del No, la mia base resta il maggioritario ma io sono minoranza”. “Serve un meccanismo come i collegi”, aggiunge, per creare un rapporto con il territorio altrimenti “se fai le liste bloccate i deputati cambiano casacca 6-7 volte”. Ma anche qui trova il controcanto di Orlando: “Chiedere a quella che lui chiamava accozzaglia di fare proposta su legge elettorale è divertente. Lo abbiamo detto noi che era una sommatoria di posizioni tutte diverse, ora per Renzi si mettono d’accordo? E’ un espediente retorico. Toccherà al Pd fare una proposta”.

Il ministro della Giustizia, tra l’altro, rende esplicito oggi quello che si è già capito all’epoca dello stallo sull’approvazione della riforma del processo penale e della prescrizione che in autunno provocavano non pochi problemi alla maggioranza. “La riforma della giustizia – racconta il Guardasigilli – non è stata supportata da tutta la compagine del governo. Renzi nel momento in cui si è deciso di sospendere qualsiasi attività nei 6 mesi prima del referendum, ha deciso che quella cosa non doveva essere sul tavolo. Io ritenevo che fosse mio dovere istituzionale farla andare avanti”. Anche per questo Orlando esclude che farà ancora il ministro di un governo Renzi: “Gli errori del governo Renzi, del quale ho fatto parte, hanno avuto cartina di tornasole nel voto del referendum”. Sì ma non è poco credibile presentarsi come alternativa dopo aver fatto parte dello stesso governo? “Errare umano perseverare è diabolico. Se lui può fare autocritica non so perché non posso farla io. Io ho sempre insistito sul fatto che il Pd, così com’era, non era in grado di supportare un percorso riformista”.

Di F. Q. | 27 aprile 2017

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/27/renzi-si-a-forza-italia-e-no-agli-ex-pd-hanno-tradito-orlando-con-berlusconi-o-pisapia-referendum-e-vediamo/3547010/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2017-04-27
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« Risposta #208 inserito:: Maggio 09, 2017, 05:24:28 pm »

Martedì 9 maggio 2017

Enews 472
 
Obama, Macron e le nuove generazioni.
Sono stato felice di incontrare ieri a Milano Barack Obama. Sapete tutti quello che penso di lui: lo considero un grande leader e un punto di riferimento per molti di noi. Non credo ci sia stato meeting internazionale dalla Nato al G20, dal G7 ai vertici bilaterali in cui non mi abbia dato consigli, suggestioni, spunti. Fino ovviamente alla visita di stato ufficiale, l'ultima della sua amministrazione, che ha voluto dedicare all'Italia con un gesto di amicizia davvero impressionante.
Ma quello che mi ha colpito è il progetto che Obama ha per i prossimi anni. Non solo la Biblioteca Presidenziale, o il libro, o le conferenze: tutte attività “tradizionali” per un Presidente emerito, ma soprattutto un lavoro strutturato e capillare di formazione di giovani leader in tutto il mondo. Perché questo è il punto chiave per il futuro: nel mondo della post-verità e delle fake news educare all'approfondimento, alla leadership, allo studio una generazione di persone che sono già interconnesse e che insieme possono cambiare la società globale. La nuova generazione, insomma, è quella che può sconfiggere il populismo con il proprio impegno. I ragazzi come i depositari della sfida più intrigante del nostro tempo: persone su cui scommettere, facendo leva sull'ottimismo e sulla tenacia. Yes, we can.
Ieri il Presidente Obama mi ha illustrato i dettagli di questa grande sfida. Sarà affascinante collaborare anche dall'Europa a questo progetto che avrà sede in Chicago. E sarà affascinante farlo con i giovani italiani che vogliamo coinvolgere nella cosa pubblica perché questo è e sarà una delle chiavi del mio mandato come leader dei democratici italiani.
Chiacchierando in albergo e in macchina prima della cena ho visto Obama in ottima forma, meravigliato dalla bellezza di Milano (era la prima volta per lui mentre Agnese aveva accolto Michelle e le figlie all'Expo due anni fa) e pronto a ripartire alla grande. Insieme abbiamo telefonato al neo Presidente francese Emmanuel Macron, che ha vinto domenica le Presidenziali ed è chiamato oggi a una sfida difficile ma cruciale: cambiare l'Europa iniziando dal cambiare la Francia. Il cambiamento dell'Europa - perché l'Europa così com'è non va bene e chi vuol bene all'ideale europeo lo sa - è uno dei grandi temi dei prossimi mesi, come ci siamo detti a Bruxelles chiudendo la campagna per le primarie. Facciamo il tifo come tutti per il Presidente Macron e per il suo tentativo coraggioso. In cammino, en marche!

Il nuovo PD, tra mamme e magliette gialle
Si è svolta l'assemblea del PD a Roma, la prima dopo la fine del congresso. Bella atmosfera e bel clima: non è un caso se dopo le polemiche, le scissioni, gli scandali veri o finti che fossero, il vento sta cambiando. E i sondaggi - per quello che valgono - fotografano una impressionante ripresa del PD. Bene così.
Vi risparmio il mio intervento che potete comunque trovare qui integrale.
Ho proposto tre parole come temi cardine del PD per il 2017: lavoro, casa, mamme. Ne riparleremo, anche per recuperare alcune polemiche che ci sono state. Ma io credo che dobbiamo a tutti i costi cambiare linguaggio e forme della politica, discutendo di temi reali, non di questioni da addetti ai lavori. E la grande tematica delle donne e delle pari opportunità oggi passa anche dal permettere non solo alle mamme di occuparsi di politica - cosa che stiamo cercando di fare a cominciare dalle quote rosa - ma anche e soprattutto alla politica di occuparsi di mamme. Sono felice di leggere i vostri commenti: matteo@matteorenzi.it. Perché noi vorremmo un PD capace di parlare di problemi reali, non di inseguire il chiacchiericcio e i retroscena. Questo non significa non intervenire anche su questioni più politichesi. Ieri ad esempio abbiamo chiesto conto ad alcuni deputati Cinque Stelle delle loro vergognose frasi contro Renato Soru, il fondatore di Tiscali e nostro deputato europeo, che è stato assolto da tutte le accuse a suo carico e che era stato insultato e denigrato in TV dal fango pentastellato. Riusciranno a mettere insieme cinque lettere e pronunciare la parolina magica: SCUSA?
Mettere i puntini sulle i è giusto e doveroso: noi non possiamo sempre subire le accuse infamanti e false stando in silenzio. Anche per questo ci stiamo organizzando ogni giorno meglio sul web e anche per questo dobbiamo rispondere con più forza nei talk e nelle trasmissioni televisive. Ma dobbiamo ricordarci che saremo giudicati per quello che facciamo noi, non per gli errori degli altri. Anche per questo domenica 14 maggio le Magliette Gialle - il simbolo del PD che sta sul territorio e coniuga valori alti e progetti concreti - sbarcheranno a Roma. Con la città invasa dai rifiuti e nell'incapacità dell'amministrazione comunale di dare risposte, il PD romano presenterà le proprie idee sulla gestione dell'emergenza dei rifiuti ma lo farà dopo che per una mattinata saremo stati a pulire la città. Un PD che chiama a raccolta tutti quelli che ci stanno, volontari, cittadini, associazioni. E che fa le proprie proposte politiche. Le fa dopo aver organizzato con i generosi volontari ciò che l'amministrazione non riesce a fare con i propri professionisti, o presunti tali.

Teniamoci in contatto: la app
Durante le primarie vi ho sollecitato più volte a tenerci in contatto, a darci idee, a farvi sentire. Bene, adesso che le primarie sono finite, vorrei... sollecitarvi di più. Già, perché questo periodo che si è aperto con la rielezione a segretario sarà un periodo fantastico se riusciremo a coinvolgere quante più persone possibili a dare idee, portare un contributo, dare una mano.
In questo senso invito tutti quelli interessati a scaricare la app - Matteo Renzi (siamo già oltre trentamila) per dare idee, condividere messaggi, presentare progetti, tenersi reciprocamente aggiornati. Nelle prossime settimane arriveranno anche altri strumenti digitali, a cominciare per chi è interessato, dalla app del PD. Ma intanto per chi ha voglia di dare una mano l'invito è scaricare la app - compreso il nuovo sondaggio sulle tasse - anche perché nei prossimi giorni organizzeremo un Matteo risponde su questo tema, costruito tutto con chi ha scaricato questa applicazione.

Un sorriso,
Matteo
blog.matteorenzi.it
matteo@matteorenzi.it

Pensierino della sera. È passata praticamente sotto silenzio la liberazione di 82 ragazze sequestrate e tenute prigioniere per anni da Boko Haram in Nigeria. Hanno subito ogni tipo di violenza, inenarrabile. Oggi sono libere, ma dovranno rifarsi da capo una vita. Fa male solo il pensiero. Eppure credo sia giusto ridirselo. In troppe parti del mondo - ancora oggi - le nostre ragazze, quelle che hanno la stessa età delle nostre figlie, sono oggetto di violenza, rapimento, mercimonio. Denunciare non basta. Ma denunciare serve. Continuare a dire e a ridire che l'Italia sta da un'altra parte e che farà di tutto per difendere i diritti delle ragazze e delle donne è solo il primo passo. Ma un primo passo da fare. Perché quando diventiamo insensibili davanti a questi drammi, nei fatti perdiamo noi stessi. E non possiamo lasciare questo tema solo ai convegni delle donne. Noi uomini, per primi, dobbiamo farci sentire di più.   
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Da - Enews 472 | Martedì 9 maggio 2017
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« Risposta #209 inserito:: Maggio 16, 2017, 02:11:02 pm »

“Così riporterò il Pd al 40 per cento”. Intervista a tutto campo con Matteo Renzi
“Il governo deve durare fino al 2018. Sì alla battaglia di Macron per un ministro dell’Economia europeo. Se Berlusconi si allea con i populisti ci lascia un’autostrada. De Bortoli? Un mix di ossessione e falsità”. Parla il segretario Pd

Di Claudio Cerasa cerasa@ilfoglio.it
13 Maggio 2017 alle 06:00

“Così riporterò il Pd al 40 per cento” Intervista a tutto campo con Matteo Renzi
“Che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella. Praticamente tutte le banche d’Italia hanno visto il dossier Etruria in quella fase” (foto LaPresse)

Il dopo primarie e il dopo Francia. Il governo Gentiloni e il governo Grillo. L’europeismo possibile e il rapporto con Sergio Mattarella. La partita a scacchi sulla legge elettorale e ovviamente il caso Ferruccio de Bortoli-Maria Elena Boschi. A due settimane dalla vittoria alle primarie del Partito democratico, Matteo Renzi accetta di rilasciare al Foglio la sua prima intervista da segretario rieletto. E rispetto a tredici giorni fa – giorno in cui l’ex presidente del Consiglio ha ricevuto il 69 per cento dei voti ai gazebo del Pd – il mondo sembra essere già improvvisamente cambiato: l’europeismo è tornato di moda, l’euro è tornato a essere inattaccabile, il riformismo è tornato a essere l’unica àncora di salvezza dei partiti tradizionali, i movimenti anti sistema sono stati costretti a fare i conti con un brusco ridimensionamento delle proprie prospettive e l’economia europea ha iniziato a ingranare davvero, portando il nostro continente a migliorare le previsioni di crescita per il 2017 (+1,8). In tutto questo, naturalmente, il paese che nei prossimi mesi verrà osservato con maggiore attenzione sarà l’Italia, dove l’instabilità politica è diventata un fattore non meno destabilizzante del livello del nostro debito pubblico. Iniziamo da qui con Matteo Renzi: cosa ci dicono gli ultimi mesi del posizionamento possibile dell’Italia all’interno dell’Europa?

“La prospettiva dell’Europa – dice Matteo Renzi – per me è chiara. Da un lato ci sono i populisti che vanno sconfitti. Dall’altro ci sono i tecnocrati che però sono spesso i migliori amici dei populisti, perché non si rendono conto che l’Europa deve cambiare. Deve cambiare sulle periferie, sul sociale, sul ministro economico condiviso (sono d’accordo con Macron). Deve cambiare sull’austerity. Dopo di che ringrazio Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze tedesco, perché è l’unico che ha detto con chiarezza che le riforme italiane sono state riforme molto serie, che in passato non erano state fatte. Stupisce che nessun ‘rigorista’ abbia commentato questa frase di apprezzamento delle nostre riforme da parte del campione della linea dura. Noi abbiamo fatto molto. Ma vogliamo cambiare ancora l’Europa: Europa sì, ma non così. A cominciare dalle primarie, perché senza voti, l’Europa, diventa la patria dei veti. O c’è la democrazia o l’Europa non ha futuro”.

Le elezioni francesi ci dicono molte cose ma ci dicono soprattutto questo: i partiti tradizionali sono in crisi e senza un "Dicono Italicum, ma in realtà sognano il Cespugliellum. Stanno lavorando per far tornare in Parlamento partiti con pochi voti" rinnovamento con i fiocchi sono a un passo dal collasso. “Le ultime elezioni europee, in realtà, non ci dicono che i partiti tradizionali sono al collasso. Ci dicono che la sinistra europea è al collasso, non i partiti tradizionali. Cdu, Conservatori e Popolari spagnoli stanno benone. Hanno perso i repubblicani francesi, solo per lo scandalo Fillon. Altrimenti saremmo qui a raccontare un’altra storia. I socialisti europei invece sono messi male in Olanda e Francia. Non se la passano benissimo in Spagna e Gran Bretagna. Il Partito democratico, invece, torna a crescere nei sondaggi e al momento è l’unica forza politica riformista che sta sopra il 30 per cento in Europa”.

Restiamo ancora un istante sulla vittoria di Macron. Che impressione le ha fatto vedere in Francia un candidato vincere le elezioni con un sistema elettorale che in Italia, come ha dimostrato il professor Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore, oggi non verrebbe considerato costituzionale dalla nostra Consulta? “Che impressione mi fa? Rosico. Perché Macron ha di fronte a sé cinque anni di presidenza, avendo preso il 23 per cento al primo turno, mentre a noi, per affermarci, non è bastato il 41 per cento delle europee o quello del referendum. Effettivamente, la giurisprudenza italiana considererebbe incostituzionale il modello francese e sicuramente quello americano, dove chi prende più voti popolari può perdere le elezioni come accaduto alla Clinton. E non oso pensare che cosa potrebbero dire allora del sistema inglese. Ma il tempo è galantuomo. Ogni giorno che ci allontana dal quattro dicembre consente di mettere a fuoco un dato di fatto: quella riforma era un’occasione per l’Italia. I partiti che hanno chiesto di votare No sapranno assumersi le loro responsabilità”.

Il quattro dicembre, già. Qual è la più grande differenza tra il Renzi 1 e il Renzi 2, dal punto di vista politico e anche personale? “Guardi, non credo siano tanti quelli che hanno lasciato tutto come ho fatto io. Sono uscito da Chigi e dal Nazareno senza rete di protezione, senza garanzie, senza indennità, senza vitalizio. Sono contento di questo. Per me è stata la lezione delle tre U. Umiltà, che serve sempre. Umanità, perché sono tornato ai rapporti disinteressati. Umore, perché ho ricominciato a sorridere liberato dal carico di responsabilità. Avrei preferito vincere il referendum. Ma le tre U mi hanno molto aiutato a cambiare la mia quotidianità”.

"Mi piacerebbe sapere se dietro il gioco di scatole cinesi che esiste all'interno del blog di Grillo c'è o no una storia di evasione fiscale"
Alle tre U forse bisognerebbe aggiungerne una: la U di urne. Il professor Francesco Giavazzi ieri sul Foglio ha suggerito di andare a votare prima della prossima legge di Stabilità per evitare di ritrovarci di fronte a una Finanziaria troppo minimalista e troppo elettorale. Secondo lei una maggioranza incapace di fare una legge elettorale può essere capace di fare una nuova legge Finanziaria? “Vede, quando il Partito democratico ha dato la disponibilità a votare in estate, è partito il coro di chi ha detto: ‘Sono irresponsabili, minano la stabilità’. Adesso che diciamo di votare nel 2018 in molti sottolineano come sarebbe meglio fare la nuova legge di bilancio con il nuovo governo. Io mi affido a Sergio Mattarella e a Paolo Gentiloni. Il Pd è l’unico partito già pronto alle elezioni. Ma siccome siamo persone serie ci va benissimo votare nella primavera del 2018, non abbiamo fretta. Quindi lasciamo lavorare il governo, assicurando il massimo sostegno possibile”.

Su molte questioni però nelle ultime settimane la linea del leader del Pd non sembra essere coincisa perfettamente con quella del governo. Dal caso Anac ai voucher passando per Alitalia e la legittima difesa. Vale anche per il governo il motto scelto per l’Europa? Governo sì, ma non così? “Paolo Gentiloni, che non ha bisogno di consigli, è una persona seria. Su periferie, povertà, pensioni sta facendo un lavoro prezioso, di continuità e di rilancio. Sui voucher sappiamo come è andata”.

“Ma il presidente del Consiglio ha preso un impegno per trovare una soluzione e io sono al suo fianco per ottenere il risultato”. Resta il fatto che un Parlamento che non è in grado di fare una legge elettorale non si capisce come possa fare una buona legge di Stabilità. “Guardi, sulla vicenda elettorale mi lasci dire come la penso. Prima erano tutti contro l’Italicum, ora sono tutti a favore. Ricordo che gli stessi che ora vogliono l’Italicum uscirono dall’Aula parlando di Aventino e dandomi del fascista perché proponevo l’Italicum. Com’era quella canzone? Come si cambia, per non morire. Ma di soppiatto, in nome del nuovo Italicum, vogliono togliere l’8 per cento di soglia al Senato, l’unica garanzia di freno al potere dei piccoli partiti, e vogliono permettere a chiunque di candidarsi eliminando il vincolo sulle firme. Noi siamo pronti a votare l’Italicum ma chi sostiene questo tipo di riforma in realtà sogna il Cespugliellum. In ogni caso se riusciamo ad accogliere l’appello di Mattarella e fare una legge che aiuti davvero la governabilità e il maggioritario per me è meglio. Se poi vogliamo andare ancora di più nel dettaglio, Andrea Mazziotti, che è il relatore della legge elettorale in commissione Affari Costituzionali alla Camera, è un bravissimo avvocato ma purtroppo non fa parte di un partito che sa prendere voti. Lo stimo a livello professionale e conosco la stima di cui gode tra molti imprenditori. Ma purtroppo non fa parte di un partito che ha molti voti. E il suo unico obiettivo sembra essere quello di far tornare in Parlamento partiti con pochi voti. Io penso che la vera sfida sarebbe provare a dare un sistema semplice all’Italia. Se ci fosse la possibilità di provarci perché dire no?”.

I sondaggi di questi giorni dicono che il Partito democratico sta tornando a crescere e che oggi sarebbe di nuovo il primo partito italiano. Ma Matteo Renzi crede davvero che il Pd abbia possibilità di tornare al quaranta per cento alle prossime elezioni? “Io penso di sì. Il Partito democratico oggi ha una grande capacità attrattiva e lo spazio per tornare a quei numeri ottenuti alle europee del 2014 e al referendum del 4 dicembre ci sono. So bene che in questa fase storica gli elettori vanno e vengono ma io credo che oggi abbiamo ancora un’opportunità straordinaria: dimostrare che il Pd è l’unico grande partito di governo che esiste in Italia. Se poi guardiamo i sondaggi dobbiamo dire anche un’altra verità: la scissione ha lasciato una traccia emotiva vera e profonda nei cuori di qualche militante ma a livello elettorale non ci ha danneggiato. Anzi: il nostro consenso, oggi, è superiore a quello che abbiamo registrato al momento della scissione”.

"Da italiano spero che Berlusconi faccia un centrodestra popolare ed europeista. Ma se si allea con i populisti, da politico, mi conviene"
Proviamo a superare il perimetro del suo partito e occupiamoci per un istante di un altro partito che dopo il risultato francese sembra aver imboccato una svolta potenzialmente significativa: Forza Italia e in particolare Berlusconi. La sconfitta di Marine Le Pen ha portato Berlusconi (e anche qualche esponente della Lega, come Roberto Maroni) a rendere più evidente la presenza nel nostro paese di un centrodestra alternativo al modello Le Pen. Matteo Renzi crede che in Italia possa esistere davvero un partito di centrodestra che provi a trasformarsi davvero in una Cdu italiana? “Sì, credo che la possibilità ci sia, ma come al solito dipende tutto dalle scelte che farà Berlusconi, e a oggi sinceramente non è chiaro che strada voglia prendere. Vuole importare in Italia il modello del Partito popolare europeo e dar vita a un centrodestra che metta insieme anche l’attuale area popolare? O si attrezzerà, invece, per fare un grande listone dove mettere dentro tutto quello che c’è a destra di Forza Italia? Io da italiano, da elettore e cittadino, mi auguro che Berlusconi scelga la strada della Cdu. Ma più cinicamente da leader politico spero che faccia il listone. I sondaggi ci dicono che con una lista unica i partiti di centrodestra perdono circa il tre per cento rispetto a quello che potrebbero raccogliere andando da soli. E una buona parte di quel tre per cento, dicono sempre i sondaggi, è destinato a finire al Pd. In presenza di una lista unica del centrodestra il Pd, secondo i dati che abbiamo, vola al 32 per cento. E per questo da leader politico dico che se Berlusconi vuole allearsi con i populisti faccia pure: ci lascia un’autostrada al centro...”.

Lei ultimamente ha scelto di insistere molto sul tema dei vaccini per mettere in luce il rapporto perverso che potrebbe esistere tra la post verità e il Movimento 5 stelle. Lei crede davvero che il grillismo sia un pericolo per la nostra democrazia? “E’ difficile da dire. Ma sul punto che vi sia una sintonia speciale tra il movimento 5 stelle e la post verità non ho dubbi. Così come non ho dubbi sul fatto che, come dice Macron, il populismo deve essere affrontato con un’arma precisa: il coraggio della verità. In nome di questo principio, il Partito democratico ha scelto di presentare un esposto alla procura di Roma attraverso il quale chiede che vengano verificati i profili fiscali del blog di Grillo e della Casaleggio. Oggi sappiamo con certezza che Grillo è un pregiudicato. Ora ci piacerebbe sapere se dietro al gioco di scatole cinesi che esiste all’interno del blog di Grillo c’è o no una grande storia di evasione fiscale”.

“De Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent’anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina?”
La storia del movimento 5 stelle però ci dice anche altro: ci dice che in questo momento in cui vi è un partito che sogna di superare la democrazia rappresentativa non c’è nessuna reazione vera da parte della nostra classe dirigente e da parte di tutti coloro che per una vita hanno manifestato in giro per l’Italia in difesa della democrazia e della Costituzione. Come si spiega? “Sinceramente non mi stupisce. Chi anni fa faceva i girotondi in difesa della democrazia ha scelto di allearsi con il movimento 5 stelle il giorno del referendum costituzionale e quell’alleanza che si è creata il quattro dicembre non è un’alleanza casuale: è un’alleanza che nasconde un preciso disegno per il paese”. Andrà anche lei a pulire con la ramazza la Roma di Virginia Raggi? “Vedremo. Ma vorrei cogliere l’occasione per scusarmi con i cittadini di Roma: vista la reazione che c’è stata alla nostra idea di pulire una città incredibilmente sporca, forse avremmo dovuto pensarci prima e aiutare il movimento 5 stelle a fare quello che oggi non riesce a fare nella Capitale d’Italia: pulirla”. Segretario, arriviamo al punto di questi giorni: che idea si è fatto del caso sollevato da Ferruccio de Bortoli? Se il dottor Federico Ghizzoni, ex amministratore delegato di Unicredit, dovesse confermare la versione suggerita dall’ex direttore del Corriere della Sera, che nel suo libro ha accusato Maria Elena Boschi di avergli chiesto di occuparsi di salvare Banca Etruria, si aprirebbe o no un problema politico per il sottosegretario ed ex ministro? “Direttore, come al solito le parole definitive arrivano dal vostro Giuliano Ferrara. Parole definitive, da scolpire, e quando ho letto il suo articolo di giovedì scorso sono partiti 92 minuti di applausi. De Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent’anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina? Chi ci crede è bravo. Ma voglio dire di più. Ferruccio de Bortoli ha una ossessione personale per me che stupisce anche i suoi amici. Quando vado a Milano, mi chiedono: ma che gli hai fatto a Ferruccio? Boh. Non lo so. Forse perché non mi conosce. Forse perché dà a me la colpa perché non ha avuto i voti per entrare nel Cda della Rai e lo capisco: essere bocciato da una commissione parlamentare non è piacevole. Ma può succedere, non mi pare la fine del mondo. Detto questo, che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella. Praticamente tutte le banche d’Italia hanno visto il dossier Etruria in quella fase. Come pure il dossier Ferrara, il dossier Chieti, il dossier Banca Marche. Lo hanno visto tutti e nessuno ha fatto niente. Arriverà un giorno in cui si chiariranno le responsabilità a vari livelli e se c’è un motivo per cui sono contento che la legislatura vada avanti fino ad aprile 2018 è che avremo molto tempo per studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti. Cioè, competenti per modo di dire. Non vedo l’ora che la commissione d’Inchiesta inizi a lavorare. Come spiega sempre il professor Fortis, vostro collaboratore, Banca Etruria rappresenta meno del 2 per cento delle perdite delle banche nel periodo 2011-2016. Boschi senior è stato vicepresidente non esecutivo per otto mesi e poi noi lo abbiamo commissariato: mi pare che non sia stato neanche rinviato a giudizio. Se vogliamo parlare delle banche, parliamone. Ma sul serio. Per concludere vorrei ricordare un dettaglio. Ferruccio de Bortoli ha detto falsità su Marco Carrai. Ha detto falsità sulla vicenda dell’albergo in cui ero con la mia famiglia. Ha detto falsità sui miei rapporti con la massoneria. Non so chi sia la sua fonte e non mi interessa. So che è ossessionato da me. Ma io non lo sono da lui. E’ stato un giornalista di lungo corso, gli faccio i miei auguri per il futuro e spero che il suo libro venda tanto”.

In conclusione due domande su questioni molto dibattute in questi giorni: il caso delle ong, con le relative e reiterate accuse del procuratore di Catania, e la legittima difesa, legge che il Pd ha approvato in Parlamento e che Renzi ha contestato dopo essere stata approvata. “Sul caso delle Ong eviterei facilonerie: se ci sono, e credo che qualche problema ci sia, casi problematici in cui risulti palese il mancato rispetto delle norme bisogna essere duri, e intervenire. Ma resto convinto che il problema, se esiste, riguardi casi specifici, e attaccare in modo generalizzato le Ong mi sembra un errore molto grave”. E sulla legittima difesa? “Nel merito non contesto nulla. Ma poteva essere scritta meglio”. Conclusione finale, dato che ne abbiamo parlato molto: ma che cos’è secondo lei la post verità? “Dico che è un problema che esiste, molto grave, che coincide con una stagione della storia in cui qualcuno pensa che sia sufficiente far diventare virale un contenuto per far diventare vero quel contenuto. Ci sono partiti che provano a vincere le elezioni così. Poi ce ne sono altri che proveranno a vincerle facendo l’opposto: mettendo in campo il coraggio della verità”.

Da - http://www.ilfoglio.it/politica/2017/05/13/news/renzi-cosi-riportero-il-pd-al-40-per-cento-134399/
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