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Autore Discussione: MATTEO RENZI  (Letto 142093 volte)
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« Risposta #120 inserito:: Settembre 15, 2015, 05:12:49 pm »

L'Europa è a un bivio.
Non può più voltare le spalle o le sue ragioni spariranno
La lettera del premier a Repubblica: "Superare gli egoismi nazionali"

Di MATTEO RENZI
11 settembre 2015

CARO Direttore, all'improvviso tutti, proprio tutti, si sono accorti di ciò che stava accadendo. E davanti alla tragedia hanno capito che non c'era più modo di girarsi dall'altra parte. Non so se è stato un singolo evento: il tunnel di Calais, il TIR in Austria, la foto spezzacuore del piccolo Aylan in Turchia. So che nel giro di qualche giorno è cambiato tutto.

Per noi italiani è stato come quando stai guardando un film sull'iPad. Solo che hai le cuffie. E, dunque, soltanto tu stai vedendo e sentendo ciò che passa sullo schermo. All'improvviso ti staccano le cuffie. Tutta la stanza è improvvisamente invasa dal rumore. Non sei più solo. Ma questo non è un film. Sono donne, bambini, anziani. Uccisi; affogati dai trafficanti di uomini. Ne abbiamo visti a decine morire nel Mediterraneo. E ne abbiamo salvate a migliaia di vite con la Marina Militare, la Guardia Costiera, il nostro volontariato.

Vite come quella di Khalif. Sua madre ha 24 anni, si chiama Ester. E' partita due anni fa dalla Nigeria insieme al marito. Ha attraversato il deserto per raggiungere la Libia, dove è stata picchiata e imprigionata. Finalmente è riuscita a fuggire, imbarcandosi da sola per la Sicilia in una di queste carrette della morte. Sola, perché suo marito non aveva i soldi per due biglietti da pagare ai nuovi schiavisti. E quando è stata salvata da una motovedetta italiana, Ester ha partorito nel mezzo del Mediterraneo. Khalif ora è salvo, sano e vivo. Suo padre è ancora in Libia e sta mettendo da parte i soldi per sfidare la morte. Per raggiungere la vita.

Caro Direttore, l'Italia è orgogliosa dei propri figli che lottano contro le onde per salvare vite umane. Ma l'Italia sa anche che non basta commuoversi, bisogna muoversi. Le emozioni sono importanti, ma le azioni oggi servono di più. Che nessuno immagini di cavarsela con il solito rito del minuto di silenzio. Occorre più visione nella politica estera. Diciamo le cose come stanno: la comunità internazionale, e l'Europa, hanno sottovalutato il peso delle proprie iniziative in Libia e Siria. E sopravvalutato la propria capacità di costruire un futuro in quei territori. Non basta cacciare un dittatore o bombardare un nemico se poi non si vince la sfida educativa, culturale, economica, in quei paesi; e dunque la sfida politica.

In Medio Oriente, certo. Ma anche in Libia, ad esempio. Occorre maggiore attenzione all'Africa. E' il cuore del nostro futuro, ha straordinarie opportunità di crescita, è la miniera di una nuova speranza per chi crede negli ideali di un mondo globale. L'Europa si è concentrata negli ultimi anni molto sull'allargamento a Est, ottenendo risultati altalenanti. Personalmente credo che oggi sia un dovere morale proseguire nell'allargamento, cominciando con Serbia e Albania. Ma è anche arrivato il momento per l'Europa di fare un focus sul Mediterraneo, utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione (cooperazione internazionale, aiuti allo sviluppo, moral suasion) a cominciare dal prossimo summit a Malta dell'11 e 12 novembre fra i paesi dell'Unione e africani.

Occorre, infine, superare la logica dell'egoismo nazionale. E dunque superare Dublino. Giusto che gli hotspot siano gestiti a livello europeo, ma ciò sarà possibile solo se ogni Paese accoglierà un certo numero di ospiti (quote) e i rimpatri per chi non ha diritto di asilo verranno organizzati dall'Unione Europea, e non dai singoli Stati. L'Europa, del resto, è ad un bivio, e non lo dicono solo i giornali o la politica, è sotto gli occhi di ognuno di noi ogni giorno. O ritrova le ragioni, ideali, del proprio stare insieme. Oppure diventa un noioso condominio di regole astratte e sterili. Regole quasi sempre economiche, e per di più molto spesso sbagliate.

Chi ha studiato la storia della fine delle grandi civiltà, a cominciare dalla decadenza dell'Impero Romano, sa che il declino non inizia da un dato economico, ma culturale. Spirituale, vorrei dire, nel senso laico del termine.
L'Europa deve scegliere se continuare a voltare le spalle alla realtà o affrontarla. Con tutte le sue complessità. Con schiena dritta e sguardo visionario. Con coraggio e intelligenza, Direttore, come chiede lei e i suoi colleghi europei. Dopo mesi in cui noi italiani ci siamo sentiti soli a fronteggiare l'emergenza, non solo in mare, ma anche soprattutto ai tavoli di Bruxelles, oggi tutto sembra cambiato.

Sono molto fiero dei passi in avanti economici dell'Italia. Siamo finalmente fuori dalla crisi, il Pil torna a crescere e grazie alla riforma del Jobs Act aumentano i posti di lavoro stabili, di qualità. Tuttavia, so perfettamente che la storia non giudicherà la mia generazione dallo spread o dalle riforme. Ma dal modo con il quale avremmo tutelato e difeso la dignità delle persone. E noi siamo fieri e orgogliosi del modo con il quale in Austria, in Germania, e altrove, i nostri connazionali europei, i nostri fratelli europei, hanno accolto i fratelli rifugiati.

Noi lo stiamo facendo da mesi ormai. E non ci siamo stancati, e non ci stancheremo di salvare tutti coloro che guardano alla nostra Europa non più soltanto come a una bella storia del passato, ma come un futuro possibile. Insieme.

© Riproduzione riservata
11 settembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/09/11/news/l_europa_e_a_un_bivio_non_puo_piu_voltare_le_spalle_o_le_sue_ragioni_spariranno-122632224/?ref=HREA-1
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« Risposta #121 inserito:: Ottobre 08, 2015, 12:03:14 pm »

Russia, Siria, Europa e uno sguardo all’Italia: cosa ha detto Renzi a Bloomberg
Il premier in un’intervista a margine dell’Assemblea Onu: “Che Berlusconi voti o meno la riforma del Senato a noi non cambia niente”
Russia, Siria, Ucraina, emergenza migranti, uno sguardo all’Europa e all’Italia.
Matteo Renzi ha parlato a 360 gradi di politica estera e italiana in un’intervista a Bloomberg Television, registrata a margine dei lavori dell’Assemblea generale dell’Onu.
Ecco i punti principali dell’intervista.


Russia cruciale su molti dossier internazionali “La Russia – ha detto Renzi – è un grande Paese, con una grande storia e un grande futuro”. Dalla Siria all’Ucraina il ruolo di Mosca è evidentemente determinante se si vuole pensare di risolvere i conflitti in corso. Pur sottolineando l’importanza del ruolo statunitense come alleato “di riferimento” per l’Italia, il premier ha esortato a scongelare i rapporti diplomatici con Mosca. Sull’abolizione delle sanzioni contro Mosca è però cauto: “Dobbiamo preservare la sovranità dell’Ucraina, preservare la sua identità e i suoi confini. E per questo è corretto mantenere le sanzioni contro Putin. Tutti devono rispettare il Protocollo di Minsk”.

Siria, serve accordo largo. Evitare Libia bis “Abbiamo bisogno di un largo accordo per risolvere la situazione in Siria”. Certo, ha sottolineato Renzi, “c’è un problema legato alla presenza di Assad, ma è necessario trovare un accordo. Personalmente sono dell’idea che dobbiamo assolutamente evitare una Libia bis, dove siamo intervenuti e non abbiamo pensato al futuro. Qualsiasi iniziativa in Siria è praticabile solo se cerchiamo una soluzione per oggi ma anche per domani”.

Un’Europa chiusa in se stessa è finita “Se l’Europa è chiusa, è finita”, ha detto Renzi. Il presidente del Consiglio ha ricordato che l’Unione Europea si trova di fronte a sfide cruciali, non solo le prossime elezioni in Francia e Germania, ma addirittura il referendum in Gran Bretagna sull’adesione all’Ue. “Per quanto riguarda i migranti, se crediamo in un’Europa concentrata solo su spread, austerity e spesa, può anche andare bene. Ma questa non è l’Europa”.

Voto Berlusconi irrilevante per riforma Senato “Sia che Berlusconi decida di votare la riforma sia che decida di non votarla per me non cambia nulla, il governo è sostenuto da una buona maggioranza. Berlusconi – ha aggiunto Renzi – in un primo momento ha deciso di sostenere la riforma perché tagliava i costi del Parlamento e semplificava il processo legislativo ma in un secondo momento ha cambiato idea”. Ad ora la cosa più probabile “è che il suo partito non voti la riforma, ma è molto difficile fare previsioni su Berlusconi”.

Da - http://www.unita.tv/interviste/russia-siria-europa-e-uno-sguardo-allitalia-cosa-ha-detto-renzi-a-bloomberg/
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« Risposta #122 inserito:: Ottobre 17, 2015, 05:27:50 pm »

Tasse, Renzi: "Ue non ha titolo per intervenire nel merito.
Non è maestro che fa esami"
Il presidente del Consiglio risponde ai dubbi espressi da Bruxelles sul piano fiscale, soprattutto sullo stop alla tassazione sulla casa.
Sul canone Rai in bolletta: "E' al riparo da impugnative". "Esecutivo in campo per il Giubileo e 'dream team' per risolvere i problemi di Roma"

16 ottobre 2015
   
ROMA -  "Bruxelles non ha alcun titolo per intervenire nel merito delle misure della legge di Stabilità". Lo ha detto il presidente del consiglio Matteo Renzi a 24 Mattino su Radio 24, rispondendo così ai dubbi espressi dall'Ue sul piano fiscale e in particolare sullo stop alla tassazione sulla prima casa. "Bruxelles non è il maestro che fa l'esame, non ha i titoli per intervenire sulle scelte economiche del governo. In questi anni c'è stata subalternità psicologica dell'Italia verso gli eurocrati. Certo ci deve consigliare ma noi gli diamo 9 miliardi netti ogni anno e non è che ci deve dire qual è la tassa giusta da tagliare. Se Bruxelles boccia la legge di Stabilità noi gliela restituiamo tale e quale".

"Da due anni - ha detto il premier - l'Italia comincia a tagliare le tasse. Questo interessa le persone. Siamo entrati in un linea di sviluppo per cui le tasse vanno ridotte. La discussione sulle coperture mi stupisce. Sono i benaltristi, quelli che per vent'anni non si abbassavano le tasse e ora c'è chi dice che andava fatto in un altro modo". E rassicura: "Non ci saranno aumenti di altre imposte dopo l'eliminazione dell'Imu".

Sul tema dell'abolizione della tassa sulla casa è intervenuto anche Silvio Berlusconi: "Ho sentito che questa mattina a una radio Renzi ha detto che sono come un orologio rotto, due volte al giorno segno l'ora giusta... lo ringrazio, ma io almeno due ore al giorno segno l'ora giusta mentre lui in un anno ha fatto una sola cosa giusta: ha tolto la tassa sulla casa".

Renzi risponde anche sui dubbi di legalità dell'inserimento in bolletta del canone Rai: "La norma della legge di Stabilità che prevede il canone Rai in bolletta è al riparo da impugnative". E sul palinsesto della tv pubblica afferma: "Il direttore generale Campo Dall'Orto ha annunciato che nei programmi sui bambini non ci sarà più la pubblicità ed io sono felice che vi sia una norma del genere".

E sull'aumento del limite al contante che potrebbe aumentare il livello di evasione fiscale dice: "Noi abbiamo un limite al contante più basso d'Europa. Solo il Portogallo lo ha basso come il nostro, a mille euro. I dati dimostrano che non è stato il contanti a ridurre l'evasione, ma l'incrocio dei dati e misure che abbiamo preso come la fatturazione elettronica".

Il premier parla anche della bufera politica che si è abbattuta su Roma, rimasta senza sindaco e con il Giubileo alle porte: "Non metto il naso nelle vicende romane. Il mio obiettivo è cercare di mettere a posto il Paese", dice Renzi. "Questo vale anche per la squadra del commissario". Anzi il commissario, spiega il premier, "lo scelgono il prefetto e il ministro dell'Interno, anche se, come ha detto Gabrielli, trattandosi di Roma e non di una città qualunque" la scelta sarà concordata con il governo. L'esecutivo sarà però in campo per il Giubileo, "un Giubileo particolare, non come quello del 2000, ma annunciato dal papa a sorpresa, e diverso dal solito perché molto legato alle periferie del mondo e che riguarda anche le periferie della città che lo ospita". Su questo potrebbe esserci un decreto ad hoc e un 'dream team' bipartisan. "Nelle prossime ore, nei prossimi giorni ci lavoriamo - spiega Renzi - abbiamo la possibilità di utilizzare un provvedimento normativo legato al Giubileo per tenere in ordine gli autobus e alcune realtà della città". Potrebbe essere "un decreto legge approvato dal governo e poi dal parlamento. Vale la pena di fare una piccola squadrettina fuori dai colori politici, che su 4-5 temi utilizzi la scadenza del Giubileo per mettere a posto la città".

Rispondendo poi a una domanda sulla legge Boccadutri sul finanziamento ai partiti spiega: "I rimborsi pubblici ai partiti sono stati aboliti con una legge del governo Letta, con una diminuzione graduale. Dopodiché era stata messa una voce di bilancio di 9 milioni il primo annoi, 27 il secondo e 45 il terzo che dava la libera scelta ai cittadini, attraverso il 2 per mille, di poter finanziare un partito. In legge di Stabilità abbiamo diminuito questo stanziamento di 10, 20 e 20 milioni, proprio per ridurre il plafond destinato alle libere scelte".

Infine Renzi parla del provvedimento a cui sta lavorando il Governo per garantire ai disabili un futuro dopo la morte dei genitori: "Nella legge di Stabilità ci sono 90-100 milioni per il 'dopo di noi'. Chi ha delle vicende famigliari di questo genere lo sa, ci sono persone che hanno forme di disabilità che fanno un percorso di vita più faticoso di altri. Quello che più preoccupa le famiglie è il tema del dopo. Quando sono nato, nel '75, una persona con la sindrome di Down aveva un'aspettativa di vita inferiore ai 30 anni, oggi fortunatamente è molto più lunga. Questo significa che sopravvive ai suoi genitori. La politica non ci ha mai pensato".

© Riproduzione riservata
16 ottobre 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/10/16/news/renzi_nuova_linea_di_sviluppo_passa_per_meno_tasse_-125189699/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_16-10-2015
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« Risposta #123 inserito:: Novembre 17, 2015, 06:54:01 pm »

Renzi: "In conto ogni intervento ma non si vince solo con le armi"
Il premier: "Sfida non la vinci semplicemente con le azioni militari"


17 novembre 2015

ROMA -  "Bisogna essere equilibrati e avere buon senso. Certo devi mettere in conto tutti i tipi di intervento, ma la sfida la vinci se riesci a vincere la sfida educativa, non semplicemente con le azioni militari". E' intervenuto così il premier Matteo Renzi alla presentazione del settimanale Origami parlando della strage di Parigi e del riaccendersi dell'allarme terrorismo. Renzi definito l'attacco alla capitale francese "una aggressione alla nostra identità. "Sono molto prudente sulle parole. Capisco chi utilizza la parola guerra ma io non la uso. E' evidente che l'attacco di Parigi è strutturalmente un attacco militare - ha spiegato - .E' una gigantesca aggressione all'idea stessa della nostra identità".

Contro il terrorismo serve certamente una "reazione" militare, ma non è sufficiente e bisogna fare attenzione ad evitare una "Libia-bis". "Certo che ci vuole anche una reazione, è sacrosanto e comprensibile, e devi mettere in conto tutti i tipi di intervento. Ma la sfida la vinci se vinci la sfida educativa nei prossimi 20 anni. Le reazioni da sole producono la Libia-bis - ha spiegato Renzi - . Serve una soluzione, un accordo sulla Libia. Si può immaginare un maggior ruolo anche dell’Italia nell'accompagnare un governo che si sia insediato in Libia".

Terrorismo, Renzi: "No a una Libia bis: reazione da sola non basta"

Renzi ha poi affrontato alcune questioni di politica internazionale, in particolare la collaborazione con la Russia per difendere l'Europa dal terrorismo. Sì che possiamo fidarci di Putin. Sarebbe stato assurdo alzare una cortina di ferro tra noi e la Russia. Non possiamo immaginare di costruire l'identità dell'Europa contro la Russia - ha detto - .E' assolutamente cruciale che anche Putin partecipi a questa fase".

Parlando dei rapporti Italia-Stati Uniti ha espresso gratitudine perché "se siamo tornati ai tavoli internazionali, che negli ultimi anni sono stati fatti senza l'Italia, è grazie a loro". "L'accordo perché a Vienna tornasse l'Italia è stato fatto grazie agli Usa molto più che grazie ai nostri amici europei. La nostra stella polare è il rapporto con gli Usa", ha detto il premier.
Terrorismo, Renzi: "Fidarsi di Putin? Si, assurdo alzare nuova cortina di ferro"


Affrontando la possibilità di attacchi al nostro paese il premier ha aggiunto: "Nessuno di noi si può permettere il lusso di dire tranquilli non c'è pericolo: chi lo dice vive su Marte.
Hanno colpito persino in Australia". "Nessuno può pensare di essere immune dal pericolo terrorismo".
Il premier ha commentato anche le polemiche di questi giorni sul rapporto fra immigrazione e terrorismo.
"Se dici 'chiudi le frontiere', come alcuni hanno fatto in questi giorni, dovresti dire che lo fai per tenerli dentro, perché gli assassini nella stragrande maggioranza dei casi sono nati e cresciuti in Europa - ha aggiunto - . La minaccia viene da dentro".

© Riproduzione riservata
17 novembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/11/17/news/renzi_in_conto_ogni_intervento_ma_con_equilibrio-127561075/?ref=HREA-1
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« Risposta #124 inserito:: Dicembre 10, 2015, 07:17:02 pm »

Matteo Renzi Newsletter
 9 dicembre 2015

La terra degli uomini.
Messaggio logistico, innanzitutto.
Da venerdì alle 21 parte la Leopolda-Terra degli uomini.

Sul sito www.leopoldastazione.it tutte le informazioni (grazie a chi vorrà anche contribuire con idee e perché no anche con un sostegno economico). Qualche indicazione. La Leopolda non è un meeting di partito, ma un incontro di persone che credono nel valore della politica. È benvenuto chi vuole condividere idee e proposte, con coraggio e semplicità. Bandito l'uso del politichese, tempi di intervento 5 minuti, apprezzate le proposte più che le polemiche
Abbiamo dimostrato che niente è impossibile e partendo dal basso si può scalare la montagna della vecchia politica. Nessuno avrebbe scommesso mezzo centesimo su di noi, eppure torniamo alla Leopolda con il nostro carico di responsabilità e di leggerezza.
Il venerdì sera ci racconteremo come abbiamo passato il 2015 e ne sentiremo delle belle, guidati da due leopoldini storici quali il sindaco di Ercolano, Ciro Bonajuto e la vicepresidente del consiglio regionale dell'Emilia Romagna, Ottavia Soncini.
Da sabato mattina spazio per interventi di cinque minuti su cosa vogliamo dal 2016. La sera del sabato, per chi vorrà, abbiamo organizzato tre visite in tre luoghi culturali strepitosi di Firenze: il nuovo Museo dell'Opera del Duomo, Palazzo Vecchio, Palazzo Strozzi. È una iniziativa che abbiamo fatto anche altri anni e ci sembra giusto rilanciarla adesso. Perché all'idea che la cultura sia parte della nostra identità noi ci crediamo davvero. E non da oggi.
Nella giornata di sabato ci sarà spazio per quattro question time: quattro ministri saranno interrogati dai partecipanti alla Leopolda in un modo innovativo e divertente. Divertente per noi sicuramente, spero anche per i ministri. Domenica il finale sarà come sempre intorno alle 13. In tempo per allontanarci gli uni dagli altri prima di... Juventus-Fiorentina

Gli alleati di Marine Le Pen.
Una mia considerazione contro corrente. Il risultato delle elezioni regionali in Francia, con l'affermazione - al primo turno, occhio, al primo turno - della Le Pen, non deriva tanto dalla reazione agli attentati del 13 novembre. I risultati non sono così distanti dai sondaggi precedenti a quella tragica notte. È che in tutta Europa è molto forte il messaggio populista e antieuropeo.
Personalmente considero l'Europa la più straordinaria novità politica del secolo scorso. Non saremo mai sufficientemente grati ai fondatori per la lungimiranza e la voglia di pace che li ha portati a coltivare il sogno europeo.
Oggi chi vuole bene all'Europa deve difenderla da una certa miopia. Certe politiche economiche e certe impuntature tecnocratiche sono il più grande alleato della Le Pen in Francia o di movimenti simili nel resto del continente.
L'Italia può permettersi di dirlo perché è tra i pochi paesi che rispettano le regole europee. Che rispetta i vincoli molto stretti del deficit. Che sta facendo le riforme sempre promesse e sempre rinviate fino all'avvento del nostro governo. Che sta finalmente facendo scendere la curva del debito, che ha sempre contribuito al bilancio dell'Europa mettendo più soldi di quelli che prende.
Aggiungo: noi rappresentiamo il partito più votato dai cittadini europei. Siamo da sempre su una posizione che sostiene l'Europa e lotta contro la demagogia (del resto nella storia i demagoghi finiscono sempre per diventare come quelli che criticano) Proprio per questo l'Italia può permettersi di dire la verità. Chi vuole bene all'Europa oggi lavora per cambiarne la direzione di politica economica, parlando più di crescita e occupazione che non di rigore e austerità. Negli ultimi sette anni gli Stati Uniti di Obama hanno scelto una linea diversa dall'Europa: i risultati in termini di posti di lavoro e crescita danno ragione agli americani, non agli europei.
Noi che vogliamo bene all'Europa dobbiamo lottare perché i vari leader e i loro ministri capiscano che è il momento di cambiare passo.
A gennaio 2015 abbiamo ottenuto un primo risultato importante con la flessibilità. Ma c'è da fare di più. E va fatto adesso.

Pronti, attenti, via
Pronti (abbastanza), attenti (molto), via (finalmente!). Dopo mesi di discussioni sui giornali l'apertura della Porta Santa in Vaticano segna l'inizio del Giubileo della misericordia. Leggo oggi polemiche di chi dice che si sono visti troppi poliziotti per le strade. Se non fosse una cosa seria verrebbe da ridere, pensando che talvolta queste critiche vengono dagli stessi che fino a quindici giorni fa pontificavano sul "diffuso senso di insicurezza nelle nostre strade". Ma indipendentemente dalle polemiche che lasciano il tempo che trovano permettetemi di ringraziare le donne e gli uomini che vestendo una divisa si curano della nostra sicurezza. Siamo grati per il loro servizio. E a quelli che dicono che 80 euro mensili in più per loro sono una mancia, vorrei ricordare che in questo settore c'è chi ha tagliato e chi ha investito. Non tutti sono uguali, diciamo la verità. Noi abbiamo aumentato i soldi. E non per calcolo elettorale, ma perchè è giusto.
Quanto al Giubileo confesso che la riflessione sulla misericordia e la giustizia - per come il Papa l'ha proposta - mi ha fatto pensare. Per un credente il rapporto tra misericordia e giustizia è tema di grande suggestione e consolazione. Per un politico, invece, è sicuramente meno facile. Sono però convinto che questo Giubileo della Misericordia, delle periferie sia una grande occasione anche per i laici. E del resto il Giubileo è per definizione un'occasione per promuovere la giustizia sociale: non sprechiamola. Non buttiamola via.

Pensierino della sera. Sono molto contento per gli oltre ventimila italiani che hanno deciso di aderire al PD nel corso della mobilitazione della scorsa settimana. E sono grato a quel milione di nostri connazionali che si è portato a casa materiale informativo. Mi colpisce il fatto che la maggioranza - anche dei nostri - non abbia ricevuto informazioni corrette sulle misure della Legge di stabilità. A cominciare dalla rivoluzionaria scelta di politica fiscale che vede abbassare le tasse in modo strutturato e irreversibile: dopo l'Irap e gli 80 euro, l'Imu sulla prima casa, le tasse sull'agricoltura, i superammortamenti. Segno evidente che anziché parlare di divisioni e litigi i dirigenti del PD dovrebbero fare uno sforzo maggiore per comunicare ciò che stiamo facendo. Altro che regole delle primarie e discussioni correntizie: abbiamo risultati concreti da offrire, che cosa stiamo aspettando?
Un sorriso,
Matteo

Post Scriptum. Per chi ha voglia di qualche informazione in più sulla politica internazionale, incollo qui l'intervista che ho fatto domenica al Corriere della Sera.
Francia, Germania e Gran Bretagna si stanno muovendo sul fronte della guerra all'Isis. Noi siamo l'unico grande Paese europeo fermo, presidente Renzi qual è la strategia?
«La posizione dell'Italia è chiara e solida. Noi dobbiamo annientare i terroristi, non accontentare i commentatori. E la cosa di cui non abbiamo bisogno è un moltiplicarsi di reazioni spot senza sguardo strategico. Tutto possiamo permetterci tranne che una Libia bis».
 Non teme che così l'Italia rischia di avere un ruolo marginale nella partita libica?
«Se protagonismo significa giocare a rincorrere i bombardamenti altrui, le dico: no grazie. Abbiamo già dato. L'Italia ha utilizzato questa strategia in Libia nel 2011: alla fine cedemmo a malincuore alla posizione di Sarkozy. Quattro anni di guerra civile in Libia dimostrano che non fu una scelta felice. E che oggi c'è bisogno di una strategia diversa».
 
E noi restiamo fermi...
«No, siamo ovunque. L'Italia è una forza militare impressionante. Guidiamo la missione in Libano, siamo in Afghanistan, in Kosovo, in Somalia, in Iraq. Il consigliere militare di Ban Ki- moon per la Libia è il generale Serra, uno dei nostri uomini migliori. Abbiamo più truppe all'estero di tutti gli altri, dopo gli americani e come i francesi. I tedeschi hanno deciso di aumentare i loro contingenti dopo Parigi, ma ancora non arrivano al nostro livello di impegno. E ciò che loro hanno deciso nel dicembre 2015, noi facciamo dal settembre 2014. Sono fiero e orgoglioso dei nostri militari. Ma proprio perché ne stimo la professionalità dico che la guerra è una cosa drammaticamente seria: te la puoi permettere se hai chiaro il dopo. Quando diventi presidente del Consiglio ti guida la responsabilità, non la smania».

 Intanto, però, Hollande interviene, e lei no.
«Ho grande rispetto, stima e amicizia personale per François Hollande. È un uomo molto intelligente, la sua reazione è legittima e comprensibile. Ma lui sta guidando una Francia ferita, che ha bisogno di dare risposte a cominciare dal piano interno. Noi vogliamo allargare la riflessione, lottando contro il terrorismo e domandandoci quale sia il ruolo dell'Europa oggi. Doveroso intensificare la lotta a Daesh, discutiamo del come. E non dimentichiamo che gli attentati sono stati ideati nelle periferie delle città europee: occorre una risposta anche in casa nostra. Ecco perché servono scuole e teatri, non solo bombe e missili. È per questo che per ogni euro speso in sicurezza l'Italia investirà un euro in cultura».
 
Comincia l'Anno Santo, aumentano i rischi di un attentato?
«I rischi ci sono sempre. Non facciamo allarmismi e non sottovalutiamo niente. Speriamo di replicare il successo Expo».
 
Il «rosso» Corbyn dice no all'intervento, come lei, mentre i blairiani sono a favore, non la imbarazza?
«Blair passerà alla storia come un gigante, non solo nel Regno Unito. Ma questo non significa che le abbia azzeccate tutte. Credo che sull'Iraq siano stati compiuti errori, possiamo dirlo o è lesa maestà? Detto questo davanti a Daesh e tutte le forme di terrorismo noi siamo pronti, anche militarmente. Se ci sarà una strategia chiara ci saremo. Ma perché questo accada adesso è cruciale un accordo a Vienna sulla Siria e uno a Roma sulla Libia: ci stiamo lavorando. Fa meno notizia di un bombardamento, ma è più utile per sradicare il terrorismo».
 
Lei ha deciso di stanziare 500 milioni per le periferie, ma molti sindaci dicono che sono pochi.
«Non sono pochi. E si sommano ai milioni liberati dal patto di Stabilità, agli investimenti sulle scuole e sugli impianti sportivi. Non servono miliardi per combattere il degrado ma cittadini consapevoli e progetti fatti bene, all'insegna di quell'arte del "rammendo" di cui parla Renzo Piano. Piccoli interventi ma fatti bene possono cancellare il degrado e restituire un senso di comunità. Parola di (ex) sindaco».
 
Non crede di aver deluso le imprese spostando le risorse stabilite per taglio all'Ires al bonus per i giovani?
«No. Abbiamo eliminato l'Irap costo del lavoro, l'Irap agricola, l'Imu. Abbiamo ridotto in modo strutturale la pressione fiscale sulle imprese e continueremo a farlo. Chi vorrà investire in azienda - anziché mettersi i soldi in tasca - avrà incentivi a cominciare dal superammortamento. E i consumi sono tornati a crescere da quando abbiamo rimesso nelle tasche degli italiani 10 miliardi con gli 80 euro. Nessuno aveva mai fatto così tanto in così poco tempo. Le aziende lo sanno. Si può sempre fare meglio, ma dato il quadro di bilancio - dal prossimo anno il debito finalmente scenderà e questo è un bene per i nostri figli - non possiamo fare di più. Adesso la sfida è soprattutto sui consumi. Gli italiani sono delle formichine e hanno un risparmio privato tra i più alti al mondo. Se smettiamo di piangerci addosso e creiamo un clima che incoraggi a rimettere in circolo i denari, allora l'Italia tornerà locomotiva d'Europa. Il salto di qualità lo faremo quando si smuoverà l'immenso moloch del risparmio privato. E, in misura minore, gli investimenti pubblici».
 
L'Istat ha rivisto in meglio le stime del Pil che aveva dato l'altro giorno. Ma comunque di uno 0,8 si tratta, cambierà qualcosa nella legge di Stabilità o gli interventi previsti sono sufficienti?

«Non cambia niente. Fino a un anno fa dicevano che avremmo fatto la fine della Grecia e oggi la musica è diversa. In un anno recuperiamo trecentomila posti di lavoro col Jobs act, i mutui crescono del 94%, il Pil torna positivo dopo tre anni. Certo, il quadro internazionale non ci aiuta, ma l'Italia è forte. E se riparte la scintilla che viene solo dai cittadini, dai consumatori, dagli imprenditori, allora altro che Grecia: faremo meglio della Germania».
 
Il Censis ci descrive come un Paese in letargo...
«Quella del letargo è una immagine che non mi convince. Chi sta tenendo in piedi l'Italia è gente che non dorme. Gente che crede nel merito. Che rischia tutti i giorni».

State preparando un decreto che esclude dall'applicazione del Jobs act il pubblico impiego. Perché questa disparità di trattamento tra pubblico e privato?
«Se sei dipendente pubblico significa che hai vinto un concorso. Non è che se cambia sindaco allora quello ti licenzia. Mi accontenterei di licenziare quelli che truffano, che rubano, che sono assenteisti. Senza che qualche giudice del lavoro li reintegri. Ma nel pubblico è impossibile che, cambiando maggioranza politica, si possa licenziare: sarebbe discriminatorio. In ogni caso le norme sul pubblico impiego saranno interessanti e per certi aspetti rivoluzionarie».
 
Nonostante gli interventi di Draghi, le cose non sembrano funzionare soprattutto nel nostro Paese, si aspettava di più dalla Bce?
«Draghi sta facendo un lavoro straordinario e chi lo critica non si rende conto che occorre del tempo per gli effetti del Quantitative easing. Per il momento la ripresa si deve principalmente a fattori interni. Quello che serve oggi è una discussione sulla politica economica europea, con la Commissione. Noi abbiamo ottenuto la flessibilità e la stiamo anche utilizzando. Ma la vera domanda da farci è: la linea economica tenuta fino ad oggi è sufficiente a restituire crescita all'Europa? Per me no, c'è bisogno di cambiare rotta. Questa è la sfida a Bruxelles. Difficilissima ma vale la pena farsi sentire. Siamo l'Italia, noi!».
 
Si è aperta una grande polemica per il salvataggio di quattro banche.
«Se il governo non fosse intervenuto queste banche avrebbero chiuso, i dipendenti sarebbero andati a casa e i correntisti non si sarebbero salvati. Rivendico con orgoglio l'azione del governo per salvare le banche, i lavoratori e i correntisti senza usare denaro pubblico. La vicenda subordinati non è facile, ma cercheremo di aiutare queste persone. Che però non sono truffate: hanno siglato contratti regolari, sia chiaro. Quello che è successo a certe banche è il frutto di venti anni di scelte discutibili. In passato i governi hanno deciso di non intervenire per il consolidamento del sistema bancario: credo sia stato un errore. La Merkel ha messo 247 miliardi per salvare il sistema del credito tedesco (che ancora oggi è peggio del nostro), ma chi ci ha preceduto a Palazzo Chigi ha pensato di rinviare i problemi. Adesso i nodi sono al pettine. Noi non ci tiriamo indietro di fronte alle responsabilità. Abbiamo sistemato le popolari, tra mille polemiche. E dopo Natale vogliamo consolidare le banche del credito cooperativo, facendone uno dei gruppi bancari più solidi sul modello del Crédit Agricole».

Il Pd sembra in grande affanno, basti pensare a come si divide a Milano tra Sala e Balzani.
«Il sindaco di Milano lo scelgono i milanesi, non i rignanesi. Saranno delle primarie bellissime, che vinca il migliore. Tutto il resto è dietrologia, noia, autoreferenzialità. I candidati parlino con i cittadini e chi è più convincente sarà il candidato».
 
Intanto la prossima settimana ci sarà la Leopolda, non è in contraddizione con la mobilitazione dei banchetti pd di oggi?
«Nessuna contraddizione, anzi: iniziative complementari. La Leopolda è uno straordinario incubatore di talenti e di idee. Chi ironizza sulla classe dirigente uscita dalla Leopolda dovrebbe verificare i risultati. Un anno fa Jobs act, legge elettorale, riforma costituzionale, riforma della Pubblica amministrazione, buona scuola, riduzione delle tasse sembravano sogni impossibili da raggiungere. A distanza di 12 mesi per noi parlano i risultati. La generazione Leopolda adesso è al potere: dobbiamo dimostrare di cambiare la politica senza permettere alla politica di cambiare noi. Sono stato a Rignano, nel mio paese, per il banchetto del Pd. Mi fa piacere che alla fine, ritrovandosi con gli amici di sempre, ti rendi conto che alla fine dei conti non siamo cambiati, che noi siamo sempre noi, persone semplici, chiamate per un po' a servire il Paese e poi pronte a tornare al proprio ruolo. Nei fatti la Leopolda ha rivoluzionato il sistema politico».
 
In momenti come questi in cui per forza è molto impegnato sul fronte del governo, non pensa che il doppio incarico sia un errore?
«No. Ovunque il capo del principale partito è anche leader del governo».
 
Le Amministrative non si profilano vittoriose per il Pd, per questo dite già che non sono un test per il governo?
«È banalmente una questione di serietà. Se eleggi un sindaco che c'entra il governo? Le Comunali scelgono i primi cittadini, non i primi ministri. E comunque da qui alle Amministrative ci sono 6 mesi: con tutto il rispetto, noi nel frattempo vogliamo governare».
 
È una domanda posta un po' in anticipo ma da tempo se la fanno tutti o quasi: cambierà l'Italicum?
«Credo proprio di no».

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« Risposta #125 inserito:: Dicembre 17, 2015, 07:22:42 pm »

Firenze
Leopolda 6, chiude il premier
Renzi: «Banche? Nessun favoritismo Non abbiamo scheletri nell’armadio»
Matteo Renzi chiude la kermesse a Firenze. Il discorso si infiamma sul salvabanche: «Mi fa schifo chi specula sulla morte delle persone». «Se si votasse oggi noi prenderemmo più di quanto preso alle Europee» e lancia lo slogan: «Via alla grande o vai a casa»

Di Alessandra Bravi, Marzio Fatucchi

FIRENZE - Leopolda 6, last day. Matteo Renzi sale sul palco alle 12.50 e chiude la kermesse di Firenze - «E ora andiamo a prenderci il futuro, vai alla grande o vai a casa» - con un discorso che dura più di un’ora e alcune parole chiave: fiducia, futuro, visione politica, cambiamento. Rivendica le riforme fatte dal governo e i provvedimenti presi: Jobs Act, Buona Scuola, tasse («un’operazione straordinaria»). Affronta il caso banche, dice che se si votasse oggi «noi prenderemmo più di quanto abbiamo preso alle Europee» e annuncia mille Leopolde per il prossimo anno: «Prima del referendum costituzionale che dovrebbe essere a ottobre e segnerà la storia di questa legislatura, organizziamo mille luoghi di incontro in cui andiamo a raccontare perché l’Italia la stiamo facendo ripartire e vogliamo scommettere sui nostri valori più belli. Noi della Leopolda siam fatti così: o facciamo le cose in grande, perbene, o a vivacchiare posson venire anche gli altri. O le facciamo in grande o abbiamo fallito. O puntiamo in alto o non ci piace».

Agnese e i figli sotto il palco
C’erano anche Agnese, la moglie di Renzi, e due dei figli ad attenderlo sotto il palco, di fronte alla porta del backstage, al termine del discorso tenuto dal premier e segretario del Pd a chiusura della Leopolda 2015. Si è fermato ad ascoltare l’intervento del presidente del Consiglio anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. E a bordo palco c’erano i ministri Maria Elena Boschi e Roberta Pinotti, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti, il tesoriere del partito Francesco Bonifazi e numerosi deputati e componenti dello staff della Leopolda. Al termine del discorso, un gruppo di volontari è salito sul palco per una foto ricordo di gruppo e poi numerosi selfie con Renzi, mentre dalla platea continuava la standing ovation e dagli altoparlanti veniva trasmessa «Go Big or go home», recentissima hit degli American Authors, e nuovo slogan renziano. Chiusa la manifestazione, il premier si è fermato con familiari e colleghi di partito e di governo nelle sale dietro il palco.

«Banche, sì alla commissione»
In conclusione di intervento un affondo sulle banche e una difesa di Maria Elena Boschi, senza mai citarla e del ddl «salva-banche»: «Sì alla commissione di inchiesta sulle banche lo dico a nome del governo e del Pd: non abbiamo nessuno scheletro nell’armadio. Ma quel decreto lo rifirmerei

subito: senza quello oggi non avremmo salvato i risparmiatori. La verità è più forte delle chiacchiere. A polemiche e retroscena rispondo con il sorriso. Non ci avrete: non sciupiamo l’Italia su polemiche autoreferenziali. Solidarietà per chi sfoga le proprie frustrazioni nei retroscena. Chi pensa di strumentalizzare la vita delle persone deve fare pace con se stesso, ma chi pensa di strumentalizzare la morte delle persone personalmente mi fa schifo. Le polemiche politiche si fanno a viso aperto e chi parla di favoritismo sta insultando persone perbene. Nessun favoritismo del governo. Il nostro sistema bancario è più forte e più solido di quello tedesco. La verità verrà fuori. Andiamo avanti a modificare quel che va modificato nel sistema bancario, a partire dalle banche cooperative che sono troppe e ci sono troppi amministratori che prendono una prebenda. Lo diciamo da anni e adesso lo facciamo».

«Ho fiducia in mio padre»
«Mio padre ha ricevuto un avviso di garanzia 15 mesi fa, non ieri. Si è sentito crollare il mondo addosso lui che un giorno sì e poi l’altro parlava di onestà, gli abbiamo detto nessuno dubita di te. Però rispondeva: «I giornali, le provocazioni, i comunicati... voglio replicare, non è semplicissimo dirgli zitto e aspetta». Da allora due volte la Procura ha chiesto di archiviare. Ora passerà il secondo Natale da indagato. Io ho fiducia in mio padre».

«Cambieremo il Paese»
«Abbiamo rovesciato il sistema politico più gerontocratico d’Europa partendo da qui, da Firenze e abbiamo dato stabilità al Paese che aveva la minore stabilità del nostro continente. Abbiamo orgogliosamente portato il Pd a essere il partito politico più votato in Europa e non ci avrebbe scommesso nessuno. Neanche io», esordisce il premier. «Non abbiamo il volto finto pensoso di chi si ritiene depositario del sapere universale, siamo ragazzi di provincia innamorati della propria terra umili e coraggiosi, che sono artefici della propria occasione: non ce l’hanno data, ce la siamo presa, non ci hanno costruito col blog o con l’ufficio comunicazione. Ci siamo costruiti in campo. Orgogliosi di aver rottamato il complottismo, quell’idea che, quando qualcosa non funziona, sia sempre colpa degli altri. La verità e il tempo sono dalla nostra parte. Cambieremo il Paese senza che la politica cambi noi».

«Se si votasse oggi vinceremmo con più del 41%»
«Non siamo il partito della nazione ma il partito della ragione. Io sono certo che noi non abbiamo bisogno di misure elettorali o di mancette perché se si votasse oggi noi vinceremmo con percentuali superiori a quelle delle europee. Il Sud ha tutto per risollevarsi. È il momento di dire basta con le chiacchiere. Chi ha il coraggio e la forza di intervenire lo faccia anche perché governiamo tutte le regioni. Se a questo giro non ce la facciamo con che faccia ci ripresentiamo alle prossime regionali? Abbiamo messo 150 milioni in legge di stabilità sulla terra dei fuochi: ho sfidato De Luca egli ho detto `se non sei personaggetto questa la risolvi...´. ».

«Bandiera Pd tatuata nel cuore»
Poi, il caso bandiere del Pd: «Proprio quando abbiamo perso abbiamo iniziato a vincere. E ora sta a noi continuare a cambiare il Paese. La bandiera del Pd ce l’abbiamo tatuata nel cuore, ma la Leopolda è uno spazio di libertà aperto a tutti. Quelli che l’anno scorso ci hanno detto di mettere le bandiere nel frattempo se ne sono andati dal Pd». Alle accuse di chi dice che entrano nei Cda tutti quelli che sono tutti passati dalla Leopolda, Matteo Renzi replica dal palco: «A parte che non è sempre vero, ma non è mica colpa nostra se abbiamo chiamato qui in questi anni, tanta gente brava, per bene», persone che hanno deciso di mettersi in gioco e che non si fermano a fare «i disfattisti».

«Rimettere in moto la fiducia»
«La rassegnazione è stata cancellata dal vocabolario della politica, ora c’è bisogno di un salto di qualità. Ma dalla Leopolda parte un insegnamento: le cose in Italia possono cambiare: l’elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica è stato un nuovo inizio per l’Italia. Noi non faremo per sempre politica, ma finché la faremo la faremo a viso aperto e a testa alta. Non si passa alla storia rimediando i danni di quelli di prima ma avendo il coraggio di avere visione sul futuro dell’Italia. È nostro dovere rimettere in moto la fiducia. La fiducia è il presupposto per ripartire. Bisogna passare dal tempo dell’invidia e al tempo dell’ammirazione, dal mah al wow! quando qualcosa funziona nel nostro Paese. La fiducia non è esaltazione ingenua dell’ottimismo. È consapevolezza delle nostre opportunità»

La difesa delle cose fatte
«Nello sciopero generale dell’anno scorso ci dicevano che i precari sarebbero diventati più precari, oggi scopriamo il contrario. Sulle tasse abbiamo fatto un’operazione talmente straordinaria da rasentare l’ambizione». Matteo Renzi dalla Leopolda richiama l’operazione che il Governo sta facendo sul fisco: «Stiamo buttando giù le tasse, è la prima volta che accade». «Ci avevano detto che gli 80 euro erano una mancia elettorale, erano quelli che erano pieni di soldi. Quando le famiglie hanno visto che restavano hanno iniziato a spenderli e i consumi per la prima volta sono tornati a crescere». E se la disoccupazione è calata dal 13,2 all’11,5%, possiamo dire che il Jobs Act ha funzionato? Io direi proprio di sì».

L’Europa e i migranti
«L’Europa come punto di approdo dei sognatori. Ricordiamoci dello spirito dei padri fondatori dell’Europa, che non era solo “economia”. All’Europa che ci fa la procedura di infrazione perché non abbiamo preso qualche impronta, diciamo che la somma delle burocrazie fa del male a se stessa. Le regole o valgono per tutti o non valgono per l’Europa: noi rispettiamo le regole e chiediamo all’Europa di rispettare le regole, la sua storia, se stessa». «Di fronte a ciò che è avvenuto a Parigi non possiamo far finta di nulla. E diciamo che non si risolve il problema dicendo adesso bombardiamo di qua o di là. Quelle persone che hanno ucciso sono cresciute in Europa: la questione educativa e culturale è centrale. Non ci si può semplicemente blindare mettendosi a chiave».

L’intervento di Padoan
Prima del discorso di Renzi, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha affrontato lo «spinoso» caso banche: «Il sistema bancario italiano è sano e solido, ha superato a differenza di molti altri Paesi, la grande recessione senza bisogno di alcun intervento pubblico. Le nostre banche sono solide: sono la spina dorsale dell’economia, a maggior ragione dopo l’intervento del governo. Ci sono situazioni che vanno cambiate e responsabilità diffuse di chi ha gestito i rapporti con i risparmiatori magari non fornendo tutte le informazioni. Le responsabilità saranno valutate caso per caso ma saranno presi provvedimenti per evitare che queste cose possano di nuovo succedere. Al di là delle pretestuosità il provvedimento del governo ha portato quattro nuove banche con i bilanci puliti, ha salvato un milione di depositanti, 12 miliardi di depositi, 200mila imprese con crediti, 6000 lavoratori del sistema bancario». E ancora: «La fiducia nei confronti dei vertici di Banca d’Italia e Consob è assolutamente confermata».
La manifestazione dei risparmiatori
E mentre il ministro parla, a pochi metri dall’ex stazione va in scena la manifestazione dei piccoli risparmiatori delle banche per protestare contro il decreto «salva banche». Una delegazione dei manifestanti poi è stata ricevuta all’interno dell’ex stazione e ha incontrato proprio Padoan.

Boschi e Banca Etruria
«Per favore, smettiamola con lo sciacallaggio». Lo ha detto Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, ai cronisti che gli chiedevano delle polemiche sul conflitto di interessi del ministro Maria Elena Boschi per il caso di Banca Etruria.

Pil e recessione
Poi, capitolo Pil e recessione: «Il 2014 si chiudeva con un numero negativo, era l’ultimo da una lunga recessione. Quest’anno chiudiamo da con un numero positivo» di crescita del Pil, «un numero che deriva da fattori internazionali ma anche di una politica del governo orientata alla crescita, con il taglio delle tasse e il sostegno agli investimenti. In un contesto nel quale le riforme strutturali cambiano il modo di fare impresa. Le nostre banche hanno superato la recessione senza bisogno di alcun intervento pubblico tranne una: in Germania sono stati messi 250 miliardi per le banche, da noi no».

Gli interventi
«Noi siamo il vero Pd quello della trasparenza, della legalità, della bella politica fatta di rapporti umani». Raffaella Crispino, membro dell’Assemblea nazionale del Pd, ha aperto gli interventi nella terza e ultima giornata della kermesse, respingendo le critiche di chi continua a segnalare l’assenza dei simboli del partito. Crispino parla anche dei Circoli «che vanno riformati», perché «serve il contatto diretto per convincere le persone che votano Matteo ma non votano Pd». Dopo di lei sul palco sono saliti anche Oscar Farinetti, Simona Bonafè, Debora Serracchiani, Anna Ascani, Stefano Guarnieri.

Il manifesto di governo
Sabato è andata in scena la Leopolda di governo. Non è più da due anni una Leopolda di lotta, non è neanche la prima di governo. E allora l’incontro nell’ex stazione ottocentesca diventa qualcos’altro. La Leopolda con i ministri è il manifesto del governo, il suo Bignami, o il «governo for dummies» direbbe la nuova generazione renziana. Il question time annunciato con i ministri non è proprio aggressivo come quelli in Parlamento. Neanche l’unico faccia a faccia previsto (quello tra gli insegnanti in sciopero e la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, annunciato dal premier Renzi) avviene sul palco, si terrà dopo, fanno sapere dal ministero, con un solo precario abilitato che voleva rassicurazioni sui tempi del concorso. Alla fine, il palco della Leopolda serve a fare un riassunto dell’era renziana e poi lanciare le prospettive di governo, davanti a una platea strapiena ma distratta, in cui sembra contare più il rivedersi che l’ascoltare chi c’è sul palco.
13 dicembre 2015 | 09:56
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/politica/15_dicembre_13/padoan-renzi-chiudono-leopolda-1eaca636-a175-11e5-9f3d-9403d31d243b.shtml
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« Risposta #126 inserito:: Gennaio 14, 2016, 06:39:14 pm »

Quarto, Renzi: “Fine monopolio morale M5s. No croce addosso al sindaco. Chiese aiuto, ora capire se qualcuno ha taciuto”

Il presidente del Consiglio: "Noi garantisti, la Capuozzo non si deve dimettere.

Certo, avrebbe dovuto denunciare le minacce. Ma aveva chiesto aiuto ai suoi dirigenti"

Di F. Q. | 12 gennaio 2016

Sul caso di Quarto “bisogna evitare strumentalizzazioni “, “è una vicenda per la quale avere grande rispetto” e la regola generale è “il garantismo più totale “. Per questo il presidente del Consiglio Matteo Renzi dice che gli “sembra davvero ingiusto buttare la croce addosso a lei”. Certo, c’è “un dato oggettivo: questa giovane sindaco ha chiesto aiuto ai suoi dirigenti, non si capisce se l’ha ottenuto e se qualcuno ha preferito tacere. Mi sembra davvero ingiusto buttare la croce addosso a lei”. Il riferimento è a quanto raccontano i giornali, anzi meglio le carte dell’inchiesta partita dalle minacce del consigliere comunale ex M5s Giovanni De Robbio al sindaco del Comune napoletano, Rosa Capuozzo. In un’intercettazione un consigliere Cinque Stelle dice che Roberto Fico “dice di andare avanti”. In un’altra la stessa Capuozzo, il 24 novembre (prima dell’espulsione di De Robbio) spiega a un’altra consigliera che Luigi Di Maio era stato “avvertito”. I due membri del direttorio M5s negano di aver mai saputo di minacce e di camorra.

Renzi dice “no alle dimissioni, lei avrebbe dovuto denunciare chi la ricattava ma non dimettersi. In quel posto l’hanno messa i cittadini. Io sono per il garantismo più totale. In un Paese civile è un valore costituzionale e costitutivo della sinistra. Certo, il sindaco avrebbe dovuto denunciare ma non è giusto che debba dimettersi”.  n ogni caso, secondo il capo del governo e segretario del Pd, con il caso di Napoli è venuta meno l’idea del “monopolio morale” dei Cinque Stelle. “L’idea che il M5S abbia il monopolio della morale, per noi non è mai esistita – ha scandito il presidente del Consiglio – Ma adesso chiaramente è venuta meno anche per gli elettori e i militanti dei Cinque stelle”. Il presidente assicura che “noi nel Pd la pulizia l’abbiamo fatta e non guardiamo in faccia a nessuno. Ma quale era il presupposto? Che il M5S fosse immune, un partito di perfetti. Ma sono come tutti gli altri partiti”.

Su cosa sia accaduto tra Capuozzo e i dirigenti del M5s il Pd assicura che la questione coinvolgerà la commissione Antimafia: “Nella riunione di stasera chiederemo di sentirla – spiega il capogruppo democratico in commissione Franco Mirabelli – E’ necessario capire la verità perché non ce la si può cavare con le espulsioni: è evidente il coinvolgimento dei vertici nazionali del M5S. Sia Di Maio che Fico sapevano di questa vicenda da novembre, come risulta dalle intercettazioni. Ma nessuno di loro lo ha denunciato”.

DA - http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/12/quarto-renzi-fine-monopolio-morale-m5s-no-croce-addosso-al-sindaco-chiese-aiuto-ma-ora-capire-se-qualcuno-ha-taciuto/2367556/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2016-01-12
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« Risposta #127 inserito:: Gennaio 22, 2016, 08:47:30 pm »

Matteo Renzi: "Non è un attacco all'Italia. C’è una manovra su alcune banche. È il mercato, bellezza"

Il Sole 24 ore, L'Huffington Post
Pubblicato: 21/01/2016 08:43 CET Aggiornato: 5 ore fa

All'indomani della tempesta finanziaria che ha colpito tutte le borse, con Milano che ha perso quasi cinque punti nella seduta di ieri, il presidente del Consiglio Matteo Renzi - in una intervista al direttore del Sole 24 ore Roberto Napoletano - prova a rasserenare il clima, escludendo che sia in atto un attacco nei confronti dell'Italia simile a quello messo in atto nel 2011 contro i nostri titoli di Stato.

    "No, c'è una manovra su alcune banche, punto. “il sistema è molto più solido di quello che legittimamente alcuni investitori temono. Ai miei interlocutori dico sempre che quando alcuni importanti investitori hanno abbandonato l'Italia nel momento più buio del 2011-2012 hanno perso una grande opportunità: se avessero mantenuto le loro posizioni ad esempio sui titoli di Stato - con quei valori - oggi farebbero soldi a palate. Gli eventi di queste ore agevoleranno fusioni, aggregazioni, acquisti. E' il mercato, bellezza. Sarà uno scenario interessante, ne sono certo".

Proprio su Mps il premier non ha sollecitato nessuna soluzione particolare, ma si è detto convinto che il mercato farà la sua parte, auspicando comunque che a intervenire sia una banca italiana. "Il Monte dei Paschi oggi è a prezzi incredibili. Penso che la soluzione migliore sarà quella che il mercato deciderà. Mi piacerebbe tanto fosse italiana, ma chiunque verrà farà un ottimo affare", ha detto.

Renzi si è soffermato molto sulle tensioni in corso con l'Europa. Secondo Renzi non c'è "nessun rischio" che l'Europa bocci la manovra costringendo il governo a una correzione in corso. "Io non alzo la voce - ha spiegato il premier - alzo la mano. E faccio domande. E' giusto un approccio tutto incentrato sull'austerity quando i populismi sono più forti nelle zone svantaggiate e di crisi economica? E' giusto avere due pesi e due misure sull'energia? E' giusto proseguire a zig zag sull'immigrazione? Su questi punti in tanti pensano che le cose debbano cambiare. La sfida oggi è costruire una serie di proposte, come l'Italia - ritornata grande grazie alle riforme - può e deve fare. Nessuna polemica. Solo proposte. Gli alleati non mancano".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/01/21/renzi-attacco-italia_n_9037112.html?1453362339&utm_hp_ref=italy
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« Risposta #128 inserito:: Gennaio 30, 2016, 12:34:51 pm »

La visita

Il premier Renzi a Ventotene: «Accolti al grido “Schenghen, Schenghen” Non lasceremo distruggere l’Europa»
Appena atterrato in elicottero sull’isola è andato nel cimitero e ha reso omaggio all’antifascista che scrisse il «Manifesto per un’Europa libera»


Di Ernesto Menicucci - il nostro inviato

Il premier Matteo Renzi è atterrato con un elicottero sull’isola di Ventotene, e la prima cosa che ha fatto è stata portare un mazzo di fiori sulla tomba di Altiero Spinelli (come testimonia la foto in alto scattata dal responsabile della comunicazione del premier, Filippo Sensi, che ha anche lanciato su Twitter l’hashtag #cosedieuropa). Spinelli è l’ideatore, insieme con Ernesto Rossi, del «Manifesto di Ventotene» che negli anni ‘40 gettò le basi di quella che oggi è diventata l’Unione Europea.

La visita con Franceschini e Zingaretti
Renzi, accompagnato nella visita dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini e dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti, è poi salito su una nave della Capitaneria di porto è sta raggiungendo lo «scoglio» di Santo Stefano sede dell’ex carcere in cui venne rinchiuso da Mussolini, tra i tanti antifascisti, anche Sandro Pertini. Il progetto è quello di recuperare la struttura del carcere e adibirla a luogo simbolo dell’Europa. Dopo la visita a Santo Stefano, Renzi parteciperà ad una iniziativa pubblica a Ventotene con Franceschini e Zingaretti. C’è grande attesa per il suo intervento dal suolo pontino dopo l’incontro di venerdì con la cancelliera tedesca Angela Merkel.
   
Il rientro a Ventotene
Dopo la visita al carcere di Santo Stefano, Matteo Renzi, Franceschini e Zingaretti sono rientrati (con una motovedetta della Capitaneria di porto) a Ventotene. Ad attenderli, i manifestanti del Movimento federalista europeo che hanno mostrato i loro cartelli, le bandiere della Ue e scandito slogan: con loro il premier si è intrattenuto qualche minuto.

Il premier e il progetto del carcere
Renzi ha presentato il progetto di recupero del carcere borbonico, dichiarato monumento nazionale dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2008: «Arriva un momento, quando pensi che tutto vada storto, in cui c’è la necessità di tornare in un luogo protetto, a casa. Ma anche trovare rifugio per chi vive in difficoltà. Noi abbiamo scelto di tornare a casa, dove tutto è iniziato. Gli italiani non sono troppo orgogliosi di cosa è successo qui e fuori da qui: uno scontro che pochi definivano fratricida, una guerra civile europea. Alcuni visionari ebbero coraggio, passione, forza di immaginare l’Europa come luogo di pace». Renzi poi insiste: «L’Europa è la più grande vittoria politica e sembra strano che questa piccola isola sia la culla di tutto questo. Ma ancora oggi quel carcere versa in condizioni indicibili. Siamo stiamo accolti al grido di “Schenghen, Schenghen”. Chi vuole distruggere Schenghen vuole distruggere l’Europa. E noi non lo permetteremo».

Il primo cittadino dell’isola
Il sindaco di Ventotene, Giuseppe Assenso (al terzo mandato) ha ringraziato le autorità presenti e ricordato: «Mi auguro che questo progetto rilanci Ventotene. Le chiedo di essere tedoforo di questa iniziativa, perché Ventotene può dare un valore aggiunto all’Europa».

30 gennaio 2016 | 10:01
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://roma.corriere.it/notizie/politica/16_gennaio_30/premier-renzi-ventotene-porta-fiori-tomba-altiero-spinelli-a5fd63ea-c72d-11e5-b16b-305158216b61.shtml
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« Risposta #129 inserito:: Febbraio 11, 2016, 05:04:22 pm »

Renzi: "La Ue sbaglia, di sola austerity si muore"

Il premier scrive a Repubblica e risponde a Scalfari sulla proposta di un superministro delle Finanze per l'eurozona: "Il problema non è la leadership ma la scelta della politica economica. Ora vogliamo una svolta"

Di MATTEO RENZI
11 febbraio 2016
   
CARO direttore, in questi ventiquattro mesi di Governo sono stato oggetto più volte delle attenzioni di Eugenio Scalfari. Lo considero un onore, per la stima che nutro nei confronti del fondatore di Repubblica, voce tra le più autorevoli del giornalismo italiano. Il tema che egli pone in queste ultime ore mi impone di provare a rispondere, nel merito. E vado subito al sodo: ho grande rispetto per il dibattito che si è creato e sul quale anche l'Italia ha da dire e dice la sua, ma la questione del superministro europeo del Tesoro non è il punto centrale. Oggi il problema dell'economia dell'Unione non è il superministro, ma la direzione. Perché - questa è la tesi del nostro Governo - negli ultimi anni l'Europa ha sbagliato strada. E se vogliamo bene alle istituzioni europee, dobbiamo far sentire la nostra voce: lo facciamo per l'Europa, non per l'Italia.

Molto sinteticamente: negli otto anni di presidenza democratica, gli Stati Uniti hanno puntato su crescita, investimenti e innovazione. L'Europa su austerity, moneta, rigore. A livello economico gli Stati Uniti stanno meglio di otto anni fa, l'Europa sta peggio di otto anni fa. Sintesi da titolo di giornale o se preferisce da tweet: Obama ha fatto bene, Barroso no.

L'austerity non basta. E del resto i Paesi che sono cresciuti in Europa lo hanno fatto soltanto perché hanno violato in modo macroscopico le regole del deficit: penso al Regno Unito di Cameron che ha finanziato il taglio delle tasse portando il deficit al 5% o alla Spagna di Rajoy che ha accompagnato la crescita con un deficit medio di quasi il 6%.

Se una cura non funziona, dopo otto anni si può parlare di accanimento terapeutico.

Non pongo un problema di regole, sia chiaro. L'Italia rispetta le regole, con un deficit che quest'anno sarà il più basso degli ultimi dieci anni (2,5%). La Germania invece non rispetta le regole con un surplus commerciale che continua a essere sopra le richieste della Commissione. E ciò nonostante l'Italia è ripartita grazie alla spinta dei consumi, al sentimento di fiducia dei cittadini, al Jobs Act, alle riforme che costano fatica, ma sono necessarie.

Il problema non sono le regole, dunque; il problema è la politica economica di questa nostra Europa.

Prima di parlare di superministri, dobbiamo forse chiarirci fra noi sulla linea di politica economica. Perché di sola austerity si muore.

E qui vengo all'Italia. La battaglia che abbiamo intrapreso in questi mesi non è funzionale al piano interno, come sostiene qualcuno. Altri dicono che faccia aumentare i consensi. Non so, non mi fido dei sondaggi, sbagliano quasi sempre.

Se avessi ascoltato i sondaggi, non avrei mai accettato la sfida di dare un futuro a questa legislatura, imponendo un percorso di riforme al quale non credeva più nessuno.

Se avessi ascoltato i sondaggi, non avrei mai caricato su di me la sfida delle Europee 2014. Eppure abbiamo vinto, anzi stravinto.

Se avessimo ascoltato i sondaggi, non avremmo mai qualificato la nostra politica sui temi delle migrazioni, a cominciare dalle missioni in Africa, dalla Tunisia al Ghana, dalla Nigeria al Senegal, dal Congo all'Angola. Eppure è giusto farlo.

Penso che il compito di un politico non sia inseguire i sondaggi. Uno diventa leader se ha la forza di cambiare ciò che dicono i sondaggi. Se convince i cittadini.

L'Italia non fa polemiche in Europa perché ha un problema di consenso interno. Voteremo in Italia dopo il referendum inglese, dopo il nuovo governo spagnolo, dopo le elezioni in Francia, Germania, Olanda, Austria. Siamo - può sembrare un paradosso - il Paese con maggiore stabilità in Europa. Dunque, non abbiamo problemi in questo senso.

Noi abbiamo a cuore l'Europa.

Però dobbiamo cambiare anche noi italiani. Da un lato ci sono i demagoghi. Quelli che vorrebbero uscire dall'Euro, leghisti e pentastellati. Dall'altro quelli che pensano che ciò che dice Bruxelles è sempre e comunque la verità, a prescindere. E che il nostro compito sia solo obbedire alle decisioni prese altrove. Sbagliano, gli uni e gli altri.

Noi italiani dobbiamo avere consapevolezza che l'Europa è la nostra radice, il nostro futuro. E che se l'Italia non fa sentire la propria voce, questo è un male per tutti. Dunque se qualcuno di noi a Bruxelles chiede più attenzione al sociale, alla crescita, al servizio civile europeo, all'innovazione digitale, alla semplificazione burocratica, non è uno sfasciacarrozze isolato.

L'Italia ha avanzato e continuerà ad avanzare dettagliate proposte sui singoli dossier, su alcuni dei quali stanno, tra l'altro, lavorando in queste ore vari uffici coordinati da Pier Carlo Padoan. Ma il punto chiave è se, davanti alla crisi di rappresentanza che in numerosi paesi sta mettendo in crisi i partiti tradizionali, l'Europa sarà o meno in grado di ritrovare la strada della politica.

Significa una strategia globale sull'immigrazione, fatta di cooperazione internazionale più che di filo spinato.

Significa una visione unitaria del sistema finanziario, specie in questo periodo di grande turbolenza anche di qualche banca tedesca.

Significa impostare regole comuni sulla selezione dei candidati alla guida dell'Europa, a cominciare dalle primarie per la presidenza della Commissione.

Qualche giorno fa ho visitato un luogo simbolo; l'isola di Ventotene. E ho visto con dolore come anni di degrado abbiano ridotto il carcere di Santo Stefano a un rudere. Ma in quel rudere hanno sofferto i padri della patria, i paladini della Resistenza. Ho visto la cella di Sandro Pertini, i luoghi delle discussioni tra Spinelli, Rossi e Colorni (posso ricordare anche Ursula Hirschman?). Insieme al ministro Franceschini e al presidente Zingaretti abbiamo scelto di rilanciare una grande iniziativa per l'Europa, per formare i suoi giovani, per educarne le future classi dirigenti. Da Ventotene partì il sogno europeo. Oggi che sembra destinato a infrangersi sugli scogli dell'egoismo e sulle barriere della paura torniamo all'ideale, torniamo all'orizzonte, alla visione. Il Governo italiano ospiterà programmi di formazione per questa nuova generazione di leader europei. Perché l'unico modo per far vivere la memoria è tramandarla.

Dalla crescita alle primarie, dalla formazione per i nuovi europei alla direzione della politica economica, dall'Europa sociale alla lotta contro gli egoismi e le paure nazionali, l'Italia c'è. Ed è in prima fila, a fare la sua parte, giorno per giorno. In prima fila senza timidezza, con la forza delle idee; in prima fila per la potenza — me lo permetterà, in questo caso — della nostra identità culturale ed economica.

In prima fila non per prendere tre voti in più alle elezioni, ma per dare un futuro ai nostri figli.
E questo, in fin dei conti, è ciò che vale davvero.

L'autore è Presidente del Consiglio italiano

© Riproduzione riservata
11 febbraio 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/02/11/news/renzi_lettera_a_repubblica_ue-133162994/?ref=HREC1-2
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« Risposta #130 inserito:: Febbraio 13, 2016, 04:40:17 pm »

Renzi incontra Schulz: "Vogliamo che Ue si muova"
Il presidente del Consiglio rilancia su meno austerità e più crescita.
Il presidente dell'Europarlamento: "Serve un vento nuovo"


12 febbraio 2016
   
ROMA - Ue, crescita, austerità e le mille polemiche che oppongono l'Italia a Bruxelles. Di questo hanno discusso a Palazzo Chigi Matteo Renzi e il presidente dell'Europarlamento Martin Schulz trovando per altro un sostanziale punto di vista convergente sui problemi sul tavolo. Punto di vista che si può riassumere in una frase: "L'austerità non basta più, serve la crescita".

Il leader socialista tedesco è chiaro: "Su tutti i punti c'è intesa di vedute per quanto riguarda la situazione internazionale. In una situazione fragile come oggi, l'Europa deve svolgere un ruolo centrale. L'Italia non è solo un Paese fondatore, è un pilastro, il sostegno dell'Europa. E' il paese con il governo più stabile e io voglio rendere atto al governo di tutti gli sforzi che fa". In Europa, sostiene il presidente del Parlamento Europeo, "abbiamo bisogno di stabilità e di crescita", perché l'Unione si basa su "il patto che si chiama di stabilità e di crescita: non si può puntare solo sulla stabilità, lo si deve fare anche sulla crescita, sono due facce della stessa medaglia. Certo, dobbiamo rispettare le regole, ma le regole devono permettere la crescita".

"Renzi ha ragione a suonare la campana d'allarme" in Europa. A dirlo è il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz, secondo il quale "il rigore da solo non porta da nessuna parte". Renzi "L'Europa ha bisogno di uno slancio in avanti perché lo statu quo non é sostenibile - dice Schulz in un'intervista a Repubblica, in occasione del suo incontro oggi a Roma con il premier -. A volte, per avanzare, più che di piccoli passi ha bisogno di una spinta. Renzi chiede all'Europa maggiore ambizione? Non posso che essere d'accordo"

Poi tocca a Renzi che rilancia: "L'Italia è convinta dell'importanza dell'Europa ma occorre cambiare la direzione di politica sociale ed economica. L'Europa deve occuparsi un po' meno delle regole sulle banche e un po' di più di lavoro e famiglie". Per il presidente del Consiglio serve "un'Europa più sociale e meno finanziaria".

Già in mattinata, a Radio Anch'io, il premier aveva orgogliosamente ribadito che "l'Italia sta facendo molto e non sono d'accordo su chi dice che ha fatto poco. Noi non siamo più l'epicentro della crisi, se c'è una banca tedesca in crisi mi dispiace, ormai abbiamo un sistema in cui le banche di tutta Europa stanno insieme". "L'Italia deve mettersi a lavoro pensando che il sistema è solido. L'Europa in questi anni ha sbagliato la politica economica. A fronte di questo, il mio obiettivo non è avere più flessibilità per l'Italia, non sto proponendo di non rispettare le regole, dico che l'Europa non sia solo un mondo di regole a Bruxelles" perché, continua, "noi italiani non siamo gli sfasciacarrozze, non siamo più i malati di Europa, ora c'è un problema di tensione internazionale - ha aggiunto Renzi - noi dobbiamo fare le riforme, consolidare il sistema bancario, ci sono state troppe banche in Italia, e rilanciare il sistema".

© Riproduzione riservata
12 febbraio 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/02/12/news/renzi_spread_draghi_schulz-133241498/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_12-02-2016
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« Risposta #131 inserito:: Febbraio 27, 2016, 05:42:14 pm »

Due anni di Renzi: "Serve accordo su adozioni. Italia solida, ma ancora tanto da fare"
Il presidente del Consiglio: "No a bambini di serie A e serie B, la legge si deve chiudere velocemente". E annuncia: "Il 22 dicembre inaugurazione della Salerno-Reggio Calabria".
Poi lancia un sondaggio: "Siamo a metà del cammino. Qual è prossima priorità?"

Di PIERA MATTEUCCI
22 febbraio 2016

ROMA - È tempo di bilanci per Matteo Renzi, a due anni dall'incarico di guidare il governo. Tanta strada è stata fatta, ma molta resta da fare. E su Facebook si rivolge agli italiani con un sondaggio: "Qual è la prossima priorità"?

Il premier, incontrando la stampa estera, sintetizza il lavoro fatto: "L'Italia non è più il problema d'Europa. L'Italia c'è, è forte e solida, ma ci sono ancora tante cose da fare: ho la stessa fame del primo giorno". Il presidente del Consiglio ha sottolineato, ancora una volta gli obbiettivi raggiunti dall'esecutivo: "Mai sono state fatte così tante riforme in così poco tempo, ma siamo ancora affamati perché ci sono ancora troppe persone senza lavoro", ha aggiunto, senza dimenticare, però, che "il futuro è tornato di casa in questo Paese, il passato c'è sempre stato, lo sapete, ma la vera sfida è portare il futuro ad avere residenza in Italia e solo la politica può farlo".

Ed è convinto di proseguire fino al 2018: "La legislatura terminerà nel febbraio del 2018, quindi siamo esattamente a metà. In due anni molte delle iniziative che il governo aveva scelto di realizzare stanno andando avanti: legge elettorale, scuola, pubblica amministrazione. L'Italia aveva il segno meno su Pil e occupazione, ora abbiamo il più. Non è ancora chiusa la partita sulla riforma costituzionale, ma è la prima volta in Occidente che un ramo del Parlamento vota per il suo superamento", ha ribadito ancora il premier.

Ecco com'è andata
Riforme - Lavoro - Tasse - Conti pubblici   Spending review - Banda larga

Unioni civili. Immancabile una domanda sulle unioni civili, la cui discussione riprende mercoledì al Senato: "Speriamo di chiudere entro qualche giorno", ha detto il presidente del Consiglio. "Via via che gli altri si sfilano, l'accordo" sulle unioni civili "lo facciamo con chi ci sta", ha detto, riferendosi al passo indietro fatto dal Movimento 5 stelle. "Oggi il problema che abbiamo è che non si vada avanti da nessuna parte, che il dibattito sia bloccato, che sia la strada di un emendamento di governo o un accordo parlamentare la certezza è che questa legge si faccia". Il Pd, ha proseguito ha 112 voti: "Occorre arrivare a 161 - ha precisato -. Occorre trovarne altri 49 o 50. Di conseguenza serve l'accordo di qualcun altro e non basta un solo partito. C'era una prova d'intesa col M5s che venti minuti prima di votare l'emendamento Marcucci si è tirato indietro. Si dice che cambiare idea è segno di intelligenza, allora loro sono dei geni assoluti, perché hanno cambiato idea costantemente". Una cosa è certa: non si può più aspettare. "C'è solo una cosa su cui dare certezza: che questa legge si faccia davvero senza che la strategia del rinvio colpisca ancora...Non possono esserci bambini di serie A e di serie B, noi pensiamo sia arrivato il momento di mettere la parola fine a questo lungo rinvio sulla legge sulle unioni civili e nei fatti c'è stato un ostruzionismo. Siamo dell'idea che si deve chiudere velocemente".

Ue. "Credo che il referendum non sarà una passeggiata per nessuno. Cameron l'ha detto con franchezza", ha risposto il presidente del Consiglio a una domanda sulla Brexit. Il referendum sull'uscita del Regno Unito dall'Unione europea "sarà su una certa idea di Europa - ha aggiunto - sarà una campagna molto difficile". "Se l’U.K. esce dall'Europa il problema principale è per l’U.K., per le sue aziende e per i suoi cittadini. Restare dentro l'Ue è utile in particolar modo per loro". Renzi ha sottolineato che "siamo a un bivio, o l'Europa cambia oppure rischia di vanificare la più grande operazione di costruzione politica mai fatta". E ha ribadito la sua visione dell'Unione europea, affermando che "L'Italia lavora per questo, non per ottenere qualche briciola di compensazione ma per l'ideale europeo".

Migranti. "Con la Germania, con l'opinione pubblica tedesca, ci sono stati problemi rispetto al passato per il fatto che c'erano mani larghe nel controllo degli arrivi. La preoccupazione era che l'Italia non facesse i controlli per tutti: questo è stato parzialmente vero in passato, non ho problemi ad ammettere che non sempre i controlli sono stati impeccabili. Adesso però la situazione è rovesciata e siamo al 100% dei controlli, con le impronte digitali e i rilevamenti. Anche perché si è unita all'esigenza umanitaria anche quella della sicurezza", ha detto Renzi, che ha rivendicato che sulla politica dell'immigrazione "se c'è un Paese che non ha cambiato idea, quello è l'Italia".

Niente solidarietà a senso unico. Ancora una volta, Renzi ha sottolineato l'impegno dell'Italia: "Noi ogni anno mettiamo 20 miliardi e ne riprendiamo 12 in fondi europei, noi siamo contributori attivi. A questo punto: o fai come Thatcher 'voglio indietro i miei soldi' o, come noi, sei disponibile a mettere più soldi se c'è un ideale comunitario. La solidarietà in Europa non deve essere a senso unico e la mia opinione molto chiara è che quando si dovrà discutere della programmazione dei fondi, non potremo non tener conto che qualcuno immagina la solidarietà a senso unico". E ha proseguito: "Ho detto al tavolo Ue molto chiaramente che al momento di discutere della programmazione dei fondi non possiamo non tenere conto che qualcuno non è solidale sull'immigrazione. A quel punto è legittimo che i paesi più grandi possano non essere solidali sui fondi". E ha osservato che "se avessimo utilizzato il principio dell'egoismo, oggi non avremmo l'Europa a 28" visto che "sono saltati dei governi in nome dell'allargamento della Ue".

Austerità. Il nostro Paese ha fatto i compiti a casa, ha detto il premier: "È evidente che abbiamo un Pil più basso di altri Paesi, perché stiamo facendo tagli da cura da cavallo e la spesa pubblica fa Pil". Ma, ha precisato, "credo che anche se scende più piano di quanto prevede il fiscal compact, è un fatto positivo. L'importante è che scenda. L'Italia ha fatto spending per 25 miliardi. Cottarelli ne aveva chiesti 20. Il deficit era al 3,7 con Monti e oggi è al 2,5. Ma rifiuto di accettare l'austerità come fine a se stessa perché uccide il paziente, però sto dentro le regole europee - ha tenuto a precisare Renzi -. Non ho mai violato le regole europee e ho chiesto alla Commissione di stare dentro un percorso di flessibilità, ma sto dentro le politiche europee". E ha precisato: "Il deficit è il più basso degli ultimi 10 anni. Se avessi fatto il 3%, avrei 10 miliardi di tasse da abbassare".

Ai tavoli internazionali da protagonisti. Il panorama internazionale è cambiato, ha ribadito il presidente del Consiglio, e anche il ruolo del nostro Paese: "Al prossimo G7 che si terrà a Firenze nel 2017 io voglio che l'Italia non sia più ultima al tavolo per gli aiuti ai paesi in via di sviluppo". E ancora: "Sulla Siria la posizione italiana è la stessa della comunità internazionale. In passato l'Italia ha perso qualche occasione, ma adesso è tornata con una presenza in politica estera da protagonista. Ora non solo siamo ai tavoli internazionali, ma vogliamo starci da protagonisti con i nostri partner perché per anni si è fatto credere che l'Italia era talmente in difficoltà da non poter giocare la sua partita". Sulla Siria, ha aggiunto il premier, "siamo impegnati con grande determinazione perché gli accordi siano raggiunti e si possa faticosamente arrivare alla transizione".

A marzo negli Usa..."Saremo a marzo al vertice promosso da Obama sul nucleare che si tiene a Washington. Tema su cui l’Italia ha carte da spendere sia in termini politici che industriali per lo smaltimento", ha annunciato ufficialmente il premier. Il vertice si terrà il 30 e 31 marzo, ma "prima di quella data saremo forse in Nevada, Illinois e Massachusetts per una missione", ha precisato. Per quanto riguarda le prossime elezioni Usa, Renzi tifa Clinton: "Da presidente del Consiglio dico che lavoreremo con chiunque sarà il presidente Usa, evidentemente. Da segretario del Pd nel rispetto della democrazia Usa faccio il tifo per Hillary Clinton".

...ad aprile a Teheran... Dopo aver ricevuto il presidente Rohani a Roma, Matteo Renzi ha annunciato di avere in programma un viaggio in Iran: "Sarò ad aprile a Teheran. Al tavolo di Ginevra sull'Iran - ha ricordato Renzi - l'Italia non c'era perché i miei predecessori scelsero di non starci, il che suona stravagante se si considerano i rapporti storici tra Italia e Iran".

...e il 18 giugno a San Pietroburgo. Ma non è finita: "Il 18 giugno sarò a San Pietroburgo su invito di Putin che ho già incontrato al Cremlino a marzo 2015", ha detto poi il premier, rispondendo a una domanda sul forum economico in programma a giugno in Russia. Rispondendo a una domanda sulle sanzioni alla Russia, Renzi ha dichiarato: "Spero si possa chiudere la fase sanzionatoria al più presto, ovviamente con l'implementazione dell'accordo di Minsk. È assurdo - ha aggiunto - non coinvolgere tutte le forze e i Paesi di buona volontà contro l'Is, che è di gravità inaudita. Continuo a pensare sia necessaria una grande convergenza internazionale e il ruolo della Russia sia molto importante, ma deve rispettare i principi di indipendenza e sovranità Ucraina".

Sinistra Ue è in difficoltà. "Il contenitore dei socialisti europei ha bisogno di ripensare se stesso", ha detto Renzi, evidenziando che "la sinistra europea è molto in difficoltà, è inutile fare giri strani. Nel Pse sull'immigrazione ci sono posizioni più vicine ad Orban che a Merkel, banalmente è così". E ancora: "Io mi sento di sinistra nel senso di Clinton e Obama, non di una certa sinistra massimalista che non vince neanche le elezioni del condominio. Chi cambia è di sinistra, chi non vuole cambiare è di destra". Infine, parlando della Grecia, ha aggiunto: "Lo sforzo di Tsipras di cambiare la Grecia è serio e sostanziale e l'Italia farà tutto quello che è nelle sue possibilità per dare una mano. L'Europa senza la Grecia perderebbe un patrimonio strepitoso e ideale. I miei rapporti con Alexis Tsipras sono molto buoni Io sto dalla parte di Tsipras. Spero che lui accetti di entrare a far parte del Pse".

Salerno-Reggio Calabria: inaugurazione il 22 dicembre. C'è stato, poi, un ulteriore annuncio. Sfidando lo scetticismo dei giornalisti della stampa estera, il premier ha detto: "Tenetevi forte, so che non ci crederete ma così come sembrava impossibile la Variante di valico, il 22 dicembre inauguriamo la Salerno-Reggio Calabria. E a tutti quelli che hanno fatto un 'oohhhh' di stupore gli faremo fare un pezzo di strada e guido io".

La prossima riforma. Il premier affida anche alla Rete una sintesi, postando su Facebook le tradizionali slide e chiedendo ai cittadini di indicare la prossima priorità: "Buongiorno. Qui trovate ventiquattro slide sui primi ventiquattro mesi di governo. Siamo a metà del cammino, mancano ancora due anni. Qual è per voi la priorità? Qual è secondo voi la riforma più urgente, adesso?". Così il presidente del consiglio, Matteo Renzi, interpella gli utenti che lo seguono su facebook nel giorno in cui il suo governo compie due anni.

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22 febbraio 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/02/22/news/due_anni_di_renzi_il_premier_su_fb_qual_e_la_prossima_priorita_-133957389/?ref=HREA-1
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« Risposta #132 inserito:: Marzo 13, 2016, 06:19:01 pm »

Matteo Renzi attacca Massimo D'Alema e la minoranza Pd. Il premier traccia la linea dello scontro finale

Pubblicato: 12/03/2016 21:35 CET Aggiornato: 12/03/2016 21:35 CET

“Adesso dovete scegliere: o con me o con D’Alema”. Renzi non lo dice in modo così esplicito, ma il senso di due ore di intervento davanti ai giovani della scuola di formazione Pd è questo: un ultima chiamata a “Bersani & compagni”, con il premier segretario che parla di “partito come comunità”, loda la lealtà di Cuperlo sulle primarie e avverte: “Fate bene a combattermi da dentro il Pd, ma il campo di gioco è il congresso del 2017, non le comunali”.

In base alle reazioni della minoranza, il premier calibrerà il documento da mettere ai voti nella direzione Pd del 21 marzo. Potrebbe essere molto duro, una sorta di “prendere o lasciare”. O più sfumato, se a prevalere fosse la linea più prudente di Cuperlo.

Alla domanda di un giovane dem, che gli chiede una “riforma del partito per farla finita con tutti questi litigi”, Renzi risponde ecumenico: “Non esiste riforma che possa impedire il legittimo dissenso. E io credo che sia impossibile pensare di sopprimerlo…”. E tuttavia, in due ore di “lezione”, il premier-segretario si leva molti sassolini dalle scarpe. E strapazza la minoranza riunita nelle stesse ore a Perugia. Il primo fendente è per Massimo D’Alema, teorico della scissione a sinistra e nemico giurato: “Non accetto lezioni da chi ha distrutto l’Ulivo e ha consegnato per vent’anni l’Italia a Berlusconi.

Durante i governi del centrosinistra, dal primo giorno era tutto un litigio, un bombardamento contro chi guidava la macchina. Questa storia è finita”. Il leader Pd sembra quasi disegnare un nuovo perimetro del partito: cita più volte Reichlin e la sua idea di partito della Nazione (“è la mia stessa idea”) loda Cuperlo per le sue parole di lealtà sui candidati che hanno vinto le primarie nelle città. Agli altri, quelli di Bersani e Speranza, manda un ultimo segnale: “Alle amministrative si scelgono i sindaci. Chi pensa di mandarmi a casa dopo le comunali ha sbagliato campo di gioco. Per quello c’è il congresso e si farà nel 2017. Io se perdo resterò nel Pd a dare una mano, e pretendo lo stesso comportamento dagli altri. Come alle primarie del 2012: ho perso e sono rimasto, non ho portato via il pallone come ha fatto Cofferati in Liguria”. L’unico passaggio benevolo verso la minoranza è quando dice che “chi vuole mandarmi a casa fa bene a fare questa battaglia dentro il partito”. Per il resto sono mazzate.

Dalle infrastrutture alla buona scuola, dal Jobs Act agli 80 euro al taglio di Irap e Imu, in due ore il premier rivendica per sé l’idea di sinistra. “Siamo noi che facciamo cose di sinistra, come abbassare le tasse e creare posti di lavoro”. Duella verbalmente con Michela, giovane sindacalista Uil, che gli chiede conto delle tasse aumentate per alcuni cittadini che hanno ricevuto gli 80 euro. Lei gli ricorda che non è stato eletto. E lui prende la palla al balzo: “Il governo Letta era bloccato, è stato il Pd a chiedere al segretario di metterci la faccia. Nessun golpe di palazzo, la Costituzione prevede che il premier e il governo abbiano la fiducia del Parlamento”.

E’ un Renzi show, nella sala seminterrata di un albergo vicino a via Nazionale. Il premier scherza con i ragazzi, li invita a fare la “rottamazione nelle loro città”, “fate come ho fatto io, anche se è dura”. Rivendica ancora una volta il suo 40% alle europee, “mai in Italia si era visto uno stacco così forte dal 25% dell’anno prima”. Ribadisce che se ne andrà se perderà il referendum sulla riforma Boschi: “Basta con quelli che dicono ‘ho non vinto’ e poi restano sempre lì. Io se perdo lascio la politica”. E alla minoranza manda a dire: "Alcuni di quelli che mi accusano di volere una coalizione con la destra e con il mostro Verdini sono gli stessi che non volevano il premio alla lista". “Ma fin quando ci sarà il premio alla lista, che ho proposto io, il Pd sarà il partito a vocazione maggioritaria immaginato da Veltroni nel 2007”. Applausi dei giovani in sala. “Se invece ci fosse il premio alla coalizione ci sarebbe il problema delle alleanze, a sinistra o a al centro. Quelli che mi accusano di volere un partito con Verdini sono gli stessi che non hanno votato la fiducia all’Italicum perché non c’era il premio alla coalizione…”.

Il premier entra anche nel merito della polemica sulle primarie. Le difende, giocando coi paragoni con i click di Casaleggio e il caos del centrodestra. “Sono laico su possibili modifiche, vogliamo togliere il pagamento di un euro? Fare un albo degli elettori? Discutiamone. Ma sono un presidio della democrazia. Esiste un disegno per screditare lo strumento delle primarie. Per cui chi le perde se ne va. È accaduto a Genova con Sergio Cofferati e per colpa sua abbiamo perso le regionali. Ma così si mette in discussione il partito. E l’alternativa alle primarie sono i capibastone…”.

Le parole di D’Alema, simbolo dei rottamati fin dalle prime uscite dell’allora sindaco di Firenze, sembrano quasi avergli messo benzina nel motore. E tuttavia, fuori dal giglio magico, sono in tanti a suggerirgli prudenza verso la minoranza. Tra i renziani circola un certo ottimismo sui prossimi giorni. “Prima del 21 marzo la tempesta è destinata a placarsi”, spiega un fedelissimo. Ma il punto è che Renzi, dopo aver deciso questo intervento fiume per oscurare la kermesse di Bersani & C, non ha ancora deciso cosa scrivere in quel documento.

E c’è un punto che lo preoccupa più di tutti: togliere dai giornali le discussioni interne al Pd. “Il mondo fuori da qui non è interessato alle nostre discussioni. Vuole sapere se può avere risposte sull’Italia, non possiamo discutere della realtà parallela del Pd, dobbiamo stare sui fatti”. Per questo i primi 40 minuti della “lezione” alla classe dem sono molto sul merito, dalle strade in Sicilia alla scuola al lavoro. Poi però il premier scaglia il primo fendente contro D’Alema e da lì in poi è tutto un alternarsi tra la rivendicazione delle cose fatte (“Nessuno credeva che avremmo coperto gli 80 euro, l’Expo e chiuso la Variante di valico”) e le botte contro i dissidenti che “portano via il pallone”. “Io sono rimasto nel Pd nel 2012 quando ho perso, mi dicevano che qualcosa non andava, ho chiesto i verbali di una regione ma li avevano bruciati…ma il punto è che avevo perso e l’ho accettato.

E quando a Venezia ha vinto Casson che è molto distante da me sono andato a dargli una mano”. Su Roma ribadisce il sostegno a Giachetti, su Napoli la prende larga, parla di “evidenti irregolarità”, e invita a “valutare tutti i ricorsi”. “Ma dal giorno dopo dobbiamo stare tutti insieme a fianco di Valeria Valente, se sarà confermata vincitrice”. Cita più volte il governatore De Luca, lo loda, parla dei progetti per Napoli, da Bagnoli alla Apple. “Dobbiamo restituire una speranza di cambiamento ad una città che sicuramente non passa il tempo a discutere delle questioni del Pd".

Le domande dei ragazzi sono tante, Renzi li esorta “veloci veloci”, fa battute, bacchetta una giovane che gli ha dato del “lei”. Poi, sul finire, si concede un diversivo: "Abbiamo deciso che a chi arriva a 18 anni diamo un bonus di 500 euro. Per fare cosa? Per comprare solo libri? Se avessimo fatto così, il primo 18enne a cui davamo i 500 euro, si comprava il Kamasutra e lo pubblicava su Facebook dicendo ‘Renzi grazie di tutto'…”. Poi prende in giro Andrea De Maria, responsabile Formazione del Pd, unico cuperliano in segreteria: “La prossima volta farà lui una lezione di educazione sessuale. Mi raccomando non portare slide o video…”. Risate in sala.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/03/12/renzi-linea-pd_n_9447070.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #133 inserito:: Marzo 19, 2016, 04:46:56 pm »

Flessibilità, Matteo Renzi cambia tattica: non più richiesta italiana, ma rete europea.
Per restare al governo fino al 2018


Pubblicato: 18/03/2016 20:39 CET
Aggiornato: 18/03/2016 20:39 CET

Matteo Renzi considera accordati i 16 miliardi di euro di flessibilità chiesti nella legge di stabilità 2016. Il premier ne ha parlato in questi termini mercoledì nell’informativa al Parlamento prima del Consiglio europeo. Potrà mancare qualcosina al totale, ma il grosso è fatto, gli hanno detto informalmente dall’Ue. Ora l’obiettivo del premier è ottenere flessibilità nei conti pubblici anche per il 2017 e per il 2018. Per Renzi è la battaglia della vita (politica). Sono i due anni immediatamente precedenti alle elezioni: più il capo del governo riuscirà a “cambiare le politiche europee in senso anti-austerity” per “ridurre le tasse”, più aumentano le possibilità che venga rispettata la scadenza naturale della legislatura nel 2018, prevedono nella sua cerchia. E’ per questo che a Bruxelles, a margine di un Consiglio Ue che discute di Turchia e migranti, Renzi comincia a stendere la sua nuova strategia in politica economica.

Non più richieste italiane. “Anzi non sono nemmeno state citate nell’incontro di questa mattina”, precisa Renzi parlando della riunione mattutina al Parlamento Europeo con il presidente Martin Schulz, il commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici (che martedì sarà da Renzi a Palazzo Chigi), il segretario del Pse, il bulgaro Sergej Stanishev. Presente anche il nuovo ambasciatore italiano per l’Ue Carlo Calenda che ufficialmente prende servizio a Bruxelles lunedì. L’obiettivo è fare rete con i socialisti per “proporre prossimamente metodi per una nuova politica economica europea”. Il “gruppo di lavoro” di stamattina sviluppa i temi del vertice socialista di sabato scorso a Parigi, non a caso allargato all’altro alfiere dell’anti-rigore, Alexis Tsipras, ormai habituè delle riunioni con il Pse: c’era anche ieri al pre-vertice all’Albert Hall di Bruxelles.

Insomma, la flessibilità non deve più essere una gentile concessione delle Cancellerie europee ma un indirizzo di politica economica da non mettere in discussione ogni volta. “C’è stato il piano Juncker per gli investimenti – dice Renzi - e poi la comunicazione della commissione Ue sulla flessibilità. Ma non basta: bisogna continuare a spingere”. Da qui il cambio di tattica: nessuna richiesta italiana, ma costruire una rete europea su esigenze sempre più comuni di spesa per rilanciare la crescita.

“Ne ho parlato anche con Angela Merkel”, dice Renzi. Nel bilaterale di oggi con la Cancelliera, Renzi ha riproposto l’idea di cui aveva già parlato ieri sera alla cena dei 28 leader Ue: lo scorporo dei co-finanziamenti nazionali ai fondi europei. Roba da 7 miliardi l’anno per l’Italia. “E’ un’ipotesi”, spiega oggi. “E poi c’è il tema dei soldi per l’immigrazione…”, aggiunge, in riferimento ai 3 miliardi di euro già varati dall’Ue per la Turchia e gli altri 3 miliardi chiesti da Ankara. “Insomma gli Eurobond sono un tema tutt’altro che tramontato”, continua Renzi riprendendo un argomento caro all’ex ministro dell’economia, ex berlusconiano Giulio Tremonti.

Il punto è sempre lo stesso: sganciare un po’ di risorse dal Fiscal Compact che a Renzi continua a piacere sempre meno. “Io sono stupito dal Fiscal Compact ma purtroppo c’è ed è stato votato dal Parlamento italiano dagli stessi che mi dicono che sono nelle mani delle lobby”. E continua: “Ben venga la politica monetaria di Draghi ma serve anche una politica economica per risolvere il problema della deflazione e rilanciare la crescita”. Per Renzi il tema è collegato a quello delle sofferenze bancarie, tema che finalmente non nega trincerandosi dietro la solita frase che “il sistema bancario italiano è solido”. Oggi invece dice: “E’ normale che ci siano i ‘non performing loans’ perché dopo tre anni di crisi la gente non riesce a pagare i debiti, anche se c’è da dire che dagli 89 miliardi di euro di non performing loans di dicembre 2015, siamo passati a 83 miliardi a gennaio 2016”. Ad ogni modo, “il 2016 dovrà essere l’anno in cui l’Italia sistema la questione bancaria”. Con gli strumenti già in atto, specificano i suoi, e sperando in una improbabile modifica dei meccanismi europei del ‘bail-in’.

Una cosa è chiara: il promesso taglio dell’Ires per il 2017 e quello dell’Irpef per il 2018 (se non prima) dipende dalla riuscita di questa nuova tattica. Se va in porto, “Renzi continua a governare, dimostrando di poter tagliare le tasse e rispettando la scadenza del voto nel 2018”, dice una fonte renziana ben informata. Se invece tutto salta, allora l’ipotesi del voto anticipato nel 2017 si ripropone con tanto di campagna elettorale infarcita di scontro con l’Ue e vittoria al referendum sulle riforme costituzionali (è la speranza renziana). Ma quest’ultima ipotesi sembra tramontata nell’ultimo mese. Renzi scommette sul cambio di linea in Ue: “Perché la crisi riguarda tutti, non solo l’Italia”, ripete ai suoi.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/03/18/flessibilita-matteo-renzi_n_9500116.html
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« Risposta #134 inserito:: Aprile 08, 2016, 08:59:18 pm »

La nota
Per il premier l’incognita delle reazioni europee
Renzi insiste: non siamo come gli altri.
Se viene omologato, la sua stagione «rivoluzionaria» è chiusa.
Sarebbe un dramma la credibilità internazionale



La frase-chiave è quella in cui Matteo Renzi rivendica: «Noi non siamo uguali agli altri: sia stampato in testa a chiunque abbia dubbi». Dicendolo alla direzione del Pd, ieri pomeriggio, il premier ha evocato il tarlo che rischia di corrodere la credibilità dell’esecutivo. Il fatto che abbia sentito il bisogno di sottolinearlo è la conferma di una difficoltà. Fino a qualche settimana fa, la novità della fase apertasi nel febbraio del 2014 era scontata. Oggi non più: al punto che è lo stesso presidente del Consiglio a doverla ricordare.

La vicenda travalica ciò che è emerso dalle intercettazioni
Con il pasticcio, e con l’inchiesta giudiziaria, del petrolio in Lucania e le dimissioni del ministro Federica Guidi, evidentemente a qualcuno sono venuti dei «dubbi». Ed è chiaro che la vicenda travalica la magagna scoperta dalle intercettazioni. Con la difesa a oltranza di quanto è stato deciso, Renzi accredita una scelta utile al Paese, sbloccando lavori fermi da anni. «Se questo è un reato, ho commesso un reato», ha detto lunedì al Pd con un’iperbole mentre i magistrati di Potenza finivano di interrogare come «persona informata dei fatti» il ministro Maria Elena Boschi.

Sindrome da accerchiamento?
La sfida parallela agli inquirenti, che invita ad arrivare presto alle sentenze, e agli oppositori sottolinea un’irritazione e, secondo i critici, una sindrome da accerchiamento. La minaccia di trascinare in tribunale chi accusa il Pd di essere pagato dai petrolieri segnala un’esasperazione. Mostra un partito che si sente messo ingiustamente nell’angolo. L’operazione è rischiosa, non tanto per le mozioni di sfiducia del M5S e del centrodestra, o per la fronda incattivita della minoranza del Pd. Il tema sono le Amministrative di giugno e il referendum istituzionale in autunno.

Se viene omologato, la sua stagione «rivoluzionaria» è chiusa
Quello di metà aprile sulle trivellazioni, per quanto forse rianimato dal caso Guidi, continua a essere liquidato da Renzi ribadendo la giustezza dell’astensione. Le bordate delle opposizioni contro Palazzo Chigi e la Boschi, strumentali ma certo logoranti, puntano a indebolire l’esecutivo in vista delle prime due scadenze. Martellano sull’aumento delle tasse che, dicono citando l’Istat, dipende anche dai contributi alle quattro banche locali «salvate», già causa di tensioni. Per questo Renzi avverte: non siamo come gli altri. Se viene omologato, la sua stagione «rivoluzionaria» è chiusa.
Sarebbe un dramma per l’Italia e la sua credibilità internazionale
Sarebbe un dramma per l’Italia e la sua credibilità internazionale. L’immagine del Paese è già sgualcita dalla vicenda della Basilicata: nelle cancellerie europee e tra gli investitori ci si chiede dove approderà. Finché i «dubbi» a cui ha accennato Renzi riguardano pezzi della sinistra o dell’elettorato, rimangono una questione interna. Se però sfiorano quanti all’estero hanno scommesso sulla cesura col passato, sarebbe un guaio. L’ombra dell’affarismo oscurerebbe il confine tra vecchia e nuova classe dirigente. E restituirebbe l’idea nefasta di un’Italia incapace di rinnovarsi.

4 aprile 2016 (modifica il 5 aprile 2016 | 08:04)
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Da - http://www.corriere.it/politica/16_aprile_05/per-premier-renzi-incognita-reazioni-europee-pd-caso-guidi-f7a48e1c-fa9f-11e5-9ffb-8df96003b436.shtml
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