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Autore Discussione: MATTEO RENZI  (Letto 141736 volte)
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« Risposta #105 inserito:: Giugno 25, 2015, 10:31:15 am »

La maggioranza salva Castiglione: no alla sfiducia di M5s, Lega e Sel
Bocciate tutte le mozioni delle opposizioni, con il voto contrario di Pd, Ncd, Sc e Forza Italia

23 giugno 2015
   
ROMA - L'aula della Camera ha respinto le tre mozioni di M5S, Sel e Lega Nord che chiedevano le dimissioni del sottosegretario alle Politiche agricole Giuseppe Castiglione. I voti favorevoli alla mozione dei grillini stati 108, quelli contrari 304 e gli astenuti 2 astenuti. Quella di Sel ha ottenuto 92 voti favorevoli e 303 contrari, e infine quella del Carroccio 86 sì e 306 no. Contro le mozioni hanno votato Pd, Fi, Scelta civica e Ncd. A favore M5s, Lega e Sel.

Giuseppe Castiglione (Ncd) è indagato per vicende legate all'indagine su Mafia Capitale, e più in particolare per presunte tangenti nella gestione del centro di accoglienza dei profughi di Mineo, in Sicilia. Quello di Castiglione è solo uno dei due casi giudiziari che hanno investito esponenti di Ncd e di conseguenza il Parlamento. L'altro è il deputato Antonio Azzollini (anche lui Ncd), per il quale la procura di Trani ha richiesto l'arresto nell'inchiesta sul crac della clinica Divina provvidenza di Trani. In quella vicenda, il presidente del Pd Matteo Orfini ha detto che "sembra inevitabile un sì all'arresto da parte del Partito democratico".

Il Pd ha spiegato in aula, attraverso le parole del deputato Andrea Romano, il perché del suo no alle mozioni: "La posizione della mera notizia dell'esistenza di indagini non può essere motivo di sfiducia. Oggi - ha detto Romano - non siamo chiamati a esprimere un verdetto giudiziario, né un giudizio di moralità, né un giudizio sul curriculum del collega. La valutazione del Pd è di non frapporre alcun ostacolo al lavoro della magistratura e di valutare se le funzioni di sottosegretario siano indebolite dallo svolgimento dell'indagine. Ci troviamo a discutere e valutare l'esistenza di limiti che possono rendere inefficace l'operato di Castiglione nel governo". Limiti, a detta del Pd, attualmente inesistenti.

Romano rivendica anche l'operato del suo partito dopo lo scandalo che ha travolto la politica capitolina. "Il Pd - ha affermato - ha fatto qualcosa in più che rispettare il lavoro della magistratura: si è messo a disposizione, ha azzerato l'organizzazione del Pd a Roma, si è guardato allo specchio e ha affidato il compito di ricostruire un'organizzazione di partito che non ha mai dichiarato indenne da questi fatti. Se altri partiti avessero fatto lo stesso, io credo ne avrebbe beneficiato tutto lo stato di salute della politica. Su questa faccenda il Pd non ha nulla da nascondere né tantomeno deve chiedere scusa a nessuno", perché "siamo stati i primi a dire che qualcosa andava fatto".

Polemiche invece le opposizioni: “Il Pd salva Castiglione per salvare il Governo - attacca il capogruppo di Sel alla Camera, Arturo Scotto - e lo fa ignorando il lavoro della magistratura che sta squarciando il velo di un sistema affaristico sull'utilizzo criminale di risorse pubbliche destinate all'accoglienza dei richiedenti asilo". Continua Scotto: "Una vergogna che contribuirà ulteriormente a rafforzare il populismo di chi specula sulla pelle dei migranti e dei richiedenti asilo. Tutto questo perchè il partito di Alfano, di cui Castiglione è il plenipotenziario per la Sicilia, è uno degli azionisti di maggioranza del governo Renzi".

Critiche anche dal M5s, attraverso un tweet di Alessandro Di Battista, membro del direttorio grillino.

© Riproduzione riservata
23 giugno 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/06/23/news/la_maggioranza_salva_castiglione_non_alla_sfiducia_di_m5s_lega_e_sel-117542939/?ref=HREC1-6
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« Risposta #106 inserito:: Luglio 01, 2015, 05:40:10 pm »

Grecia, Matteo Renzi stronca Alexis Tsipras: "Non pensi di essere più furbo degli altri"

Sole 24 Ore
Pubblicato: 30/06/2015 08:26 CEST Aggiornato: 30/06/2015 08:26 CEST

Se c'erano dubbi sulla posizione di Matteo Renzi sulla crisi greca, è arrivato il momento di fugarli. Il premier italiano si schiera con Angela Merkel e stronca il suo collega greco. In una lunga intervista al direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano, Renzi bacchetta a più riprese il premier greco: "Una cosa è chiedere flessibilità nel rispetto delle regole. Un'altra è pensare di essere il più furbo di tutti, essere cioè quello che le regole non le rispetta". La presa di posizione è chiara.

"I negoziati li ha interrotti Varoufakis, purtroppo - dice Renzi - Il problema non è su chi ha sbagliato per primo, questo non è l'asilo. Il punto è che la Grecia può ottenere condizioni diverse ma deve rispettare le regole. Altrimenti non c'è più una comunità. Scusi, noi abbiamo fatto la riforma delle pensioni: ma non è che abbiamo tolto le baby pensioni agli italiani per lasciarle ai greci eh! Noi abbiamo fatto la riforma del lavoro, ma non è che con i nostri soldi alcuni armatori greci possono continuare a non pagare le tasse. Potrei continuare".

"Aggiungo che se c'è il tana libera tutti sulle regole, che succede in Spagna a ottobre? E in Francia tra un anno e mezzo? Una cosa è chiedere flessibilità nel rispetto delle regole. Un'altra è pensare di essere il più furbo di tutti, essere cioè quello che le regole non le rispetta. Noi vogliamo salvare la Grecia, ma devono volerlo anche i greci. Altrimenti non funziona". Per questo, il "no di Alexis e dei suoi mi è sembrato inutilmente ostinato", dice il premier Renzi.

    Dare la colpa alla Germania di ciò che sta avvenendo in Grecia è un comodo alibi che non corrisponde alla realtà. Dare sempre la colpa ai tedeschi non può essere una politica. Può tirare su il morale, ma non tira su l'economia. La Merkel ha provato davvero a trovare una soluzione. Credo che la mossa del referendum l'abbia spiazzata. Lei era in prima fila in Germania per fare un accordo anche contro la sua opinione pubblica. Ma adesso il rischio è che il referendum si trasformi in Merkel contro Tsipras. Sarebbe un errore ed è quello che vuole Alexis.

ITALICUM. "Cambiare l’Italicum? Non esiste". Risponde così il premier Renzi sulla nuova legge elettorale nell'intervista al Sole24Ore. "Abbiamo impiegato anni per avere una legge elettorale che garantisca governabilità e adesso che ce l'abbiamo rimettiamo tutto in discussione? L' Italicum funziona bene perché permetterà a chi vincerà di governare cinque anni".

ECONOMIA ITALIANA. L'Italia è già fuori dalla linea del fuoco dei rischi di un eventuale default greco, assicura il premier. "Abbiamo iniziato un percorso coraggioso di riforme strutturali, l’economia sta tornando alla crescita e l’ombrello della Bce ci mette al riparo". Per quanto riguarda invece il ruolo nella trattativa sulla crisi greca, Germania e Francia, sottolinea Renzi, sono in prima linea perché "hanno una consolidata relazione da sempre", ma "che poi queste proposte funzionino o meno lo dirà il tempo".

"Noi - aggiunge - ce li ricordiamo nel sorrisino di Cannes di Sarkozy quando sul banco degli imputati avevano messo noi. Qual è il nostro posto? Il nostro posto in passato era tra i problemi, adesso è tra quelli che provano a risolvere i problemi". Quanto ai "vertici ristretti", dice Renzi, "non ho mai partecipato, nonostante gli inviti a farlo. E non inizierò adesso. I luoghi dove si fanno le trattative non sono quelli a favore di telecamere".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/06/30/renzi-stronca-tsipras_n_7693496.html?1435645604&utm_hp_ref=italy
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« Risposta #107 inserito:: Luglio 04, 2015, 10:16:49 am »

Cari compagni e amici del PD, da domani l'Unità torna in edicola.
Era un mio impegno personale, oggi è una promessa mantenuta.


Ha poco senso oggi piangere sul latte versato (e sui tanti denari versati).
Purtroppo le vicende del passato non si possono sistemare. Ma il futuro è nelle nostre mani. E allora abbiamo lavorato con passione – grazie innanzitutto al tesoriere del PD Francesco Bonifazi, alla proprietà, al direttore Erasmo d'Angelis – per riportare in edicola questa testata gloriosa. Per darle un futuro. Perché la nostalgia è un sentimento nobile, ma costruire la speranza è ancora più bello.


Non sarà solo l'Unità cartacea. Ma anche il sito, la web-tv (Unità TV prende il posto di YouDem), le feste che già dallo scorso anno sono tornate a chiamarsi Festa dell'Unità. Abbiamo bisogno di un partito che rafforzi i suoi ideali ma anche la sua organizzazione. La discussione partito liquido-partito solido non ha senso: ormai la differenza è tra un partito organizzato bene e uno organizzato male. E noi dobbiamo migliorare a Roma, come in ciascuno dei circoli.

Ho chiesto che l'Unità sia uno spazio di libertà, di confronto, di discussione. Che ci aiuti a raccontare l'Italia bella, quella che non si arrende, quella dei tantissimi circoli che fanno iniziative di livello, quella del volontariato e dell'associazionismo. L'Unità che vuol bene all'Italia.

Vorrei che gli iscritti e i circoli la sentissero come loro patrimonio. Non solo dando una mano sia negli abbonamenti che nella diffusione alle feste. Ma anche partecipando. Scrivendo, commentando, criticando, proponendo.

L'abbiamo riportata in edicola. Adesso tocca a tutti noi averne cura.

Conto, come sempre, sul vostro impegno

Grazie,
Matteo

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« Risposta #108 inserito:: Luglio 04, 2015, 10:31:50 am »

RINASCE L'UNITA'... Bene!

Si spera di leggerla (gratis) e senza gli schizzi fastidiosi della Sinistra-sinistra da sempre con i piedi negli anni 20 (del 900) e il cervello cloroformizzato dall'ideologia marxista strumentalizzata, per arrivare al potere attraverso le falsità, gli inganni e gli attacchi personali, usati sino ad ora per ottenere una non meritata riscossa comunista.

Le ideologie sarebbero utili per guidare un consenso meritato, ma quella di sinistra deve essere rivista e corretta dalle fondamenta.

Studiare le tesi uliviste aggiornandole potrebbe essere utile.

ciaooo
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« Risposta #109 inserito:: Luglio 09, 2015, 07:18:18 pm »

Grecia, Renzi: "Costruire Europa politica, non solo economica"
Il premier in visita al Cern prima dell'Eurogruppo: "Problema più grave è che tipo di Ue vogliamo, c'è bisogno di tutta la nostra intelligenza". Mozione di Sel, Fassina e D'Attorre per "impegnare il governo a sostenere le ragioni della Grecia". Grillo e Salvini: "Torniamo alla Lira"

07 luglio 2015

PRIMA di arrivare all'Eurosummit di Bruxelles che si preannuncia cruciale per risolvere lo scottante dossier della Grecia, reso ancora più complicato dall'esito del referendum di domenica che ha bocciato le proposte dei creditori, il premier Matteo Renzi è passato per il Cern di Ginevra dove ha incontrato la direttrice Fabiola Giannotti e ha visitato i laboratori dell'Istituto di ricerca europeo.

"Sto per andare a Bruxelles in un ennesimo dibattito sull'Europa. Ma c'è un problema più grande dell'emergenza Grecia, il problema di che tipo di Europa vogliamo per il futuro" e per costruire "un'Europa politica, non solo economica, c'è bisogno di tutta la nostra intelligenza", ha affermato il presidente del Consiglio, in parte riprendendo concetti già espressi ieri quando aveva detto: "Europa cambi o è finita".

"L'Europa che dobbiamo costruire oggi  - ha aggiunto il premier - ha bisogno di tutta la nostra intelligenza, forza, passione, e deve essere non solo economica, non solo basata sull'austerity, parametri e numeri, ma deve essere valori, presidio di libertà e di pace, un continente nel quale si è felici dell'innovazione e della scoperta del domani".

Il premier su Facebook ha parlato del Cern come esempio dell'Europa che funziona: "Il futuro del nostro continente è sempre più nella ricerca, nella cultura, nei laboratori e sempre meno nelle burocrazie noiose e stanche".

Oltre all'Eurosummit, l'appuntamento del giorno è quello dell'Eurogruppo, sempre a Bruxelles, dove è giunto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan: "Siamo qui con spirito costruttivo per cercare di trovare un accordo, naturalmente molto dipenderà da come si porrà il governo greco, io spero si ponga con spirito costruttivo", ha affermato il titolare dell'Economia, che si augura che ora "si cominci a discutere concretamente di come accelerare l'integrazione dell'Unione monetaria".

Il referendum greco ha riaperto in Italia e in Europa il dibattito sul futuro della moneta unica e ha galvanizzato il fronte dei critici delle politiche di austerity portate avanti da Bruxelles. Gli esponenti di sinistra che compongono questo fronte, che va dall'ex Pd Stefano Fassina, ai capigruppo di Sel al Senato e alla Camera, Loredana De Petris e Arturo Scotto, fino ad Alfredo D'Attore (minoranza Pd) e Francesco Campanella (senatore ex M5s), hanno presentato a Montecitorio una mozione che "impegna il governo ad aiutare la Grecia e a sostenere le sue ragioni in tutte le sedi europee" e far sì che si svolga una "conferenza sul debito" e si avvii "un processo di riforma dei trattati europei". Sel ha chiesto che il governo riferisca in tempi rapidi all'indomani del vertice di oggi. Secondo Fassina "il referendum greco rimette sul tavolo l'opportunità di fare una 'operazione verità'. Molto semplice: riconoscere che l'Eurozona dentro l'agenda mercantilistica orientata dall'interesse nazionale tedesco porta al naufragio".

Le posizioni antieuro sono state ribadite oggi da Beppe Grillo in un'intervista rilasciata alla Cnbc: "Prima o poi la Grecia dovrà affrontare l'eventualità di un'uscita dall'euro". Il leader del Movimento Cinque Stelle auspica per l'Italia un ritorno alla lira: "Sì" con una Banca Centrale "che tenga sotto controllo i cambi. La Bce potrebbe farlo. Ogni Paese potrebbe tenere la propria valuta, con la Bce che vigila sulle fluttuazioni dei tassi di cambio". "Io non sono un economista - ha concluso Grillo - ma molti economisti, come Stiglitz e Krugman lo dicono: questo sistema non sta più in piedi. Ma da anni ormai, io lo dico con un senso della commedia: siamo in una situazione psichiatrica, non finanziaria".

Sulla stessa lunghezza d'onda di Grillo il leader del Carroccio Matteo Salvini: "Meglio la Russia di Putin dell'Europa" e "anche di Matteo Renzi" afferma il segretario della Lega Nord Matteo Salvini che rilancia sulla necessità di abbandonare l'euro: "E' stato un errore. L'Italia dovrebbe uscire subito: un'uscita coordinata, concordata. Non c'è nulla di irreversibile". E ancora: "Con la Lira eravamo la quinta potenza mondiale. Si stava meglio, questo lo dicono i numeri: nel 2002 la disoccupazione era al 9, ora al 12.4, Il debito era di 1300 miliardi di euro, ora è di 2200".

Anche il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta, ha rilanciato questa mattina dalle colonne di Repubblica l'ipotesi di un referendum sull'Europa simile a quello greco anche in Italia: "Adesso che la Grecia ha rimesso in discussione questa Europa della burocrazia e del rigore, tutto è possibile".

© Riproduzione riservata
07 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/07/07/news/grecia_renzi_costruire_europa_politica_non_solo_economica_-118547429/?ref=HREA-1
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« Risposta #110 inserito:: Luglio 09, 2015, 07:23:14 pm »

FINANZA PUBBLICA
Renzi: in autunno è in arrivo una manovra da 20 miliardi
Intervista del premier al Sole 24 Ore. Verso l’eliminazione della tassa sugli imbullonati.
E per rilanciare l’edilizia il governo intende sbloccare cantieri per un valore di 20 miliardi

Di Redazione Economia

Mettere a punto una manovra da 20 miliardi. Questo il compito per le vacanze dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi. Il premier è stato intervistato oggi sul Sole 24 ore. Di questi 20 miliardi 16 sono necessari per evitare l’aumento dell’Iva previsto da una clausola di salvaguardia, 500-600 milioni servono all’adeguamento delle pensioni, 800 per la reverse charge e 1,6 miliardi per il rinnovo del contratto del pubblico impiego. Renzi scommette comunque su una riduzione del carico fiscale nel 2016 (oggi al 43,5%).

Ora decidano i greci
Al settore dell’edilizia il premier promette lo sblocco di cantieri per venti miliardi nei prossimi 18 mesi. In materia fiscale, via la tassa sugli imbullonati dal prossimo anno. Per quanto riguarda la crisi greca, Renzi dice che «il no di Alexis» (Tsipras, ndr;) gli è sembrato «inutilmente ostinato». Per il presidente del Consiglio «il punto è che la Grecia può ottenere condizioni diverse ma deve rispettare le regole». A questo punto tocca ai greci decidere. «Democrazia è una parola inventata da Atene – chiude l’argomento Renzi –. Bruxelles la deve rispettare. Dal canto loro i greci devono avere chiare le conseguenze della loro scelta».

30 giugno 2015 | 02:00
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/economia/15_giugno_30/renzi-autunno-arrivo-manovra-20-miliardi-05119e22-1f19-11e5-be56-a3991da50b56.shtml
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« Risposta #111 inserito:: Agosto 09, 2015, 11:06:41 am »

Il piano di Matteo Renzi per il Sud: forse un ministero ad hoc.
Delrio: "Vogliamo una Grande Officina per il Meridione"

Andrea Carugati, L'Huffington Post
Pubblicato: 01/08/2015 20:49 CEST Aggiornato: 2 ore fa

Tra i parlamentari Pd più sensibili al tema già si sogna un “Piano Marshall” per il Sud. In grado di mettere insieme i fondi europei e i cofinanziamenti, sfuggendo anche agli angusti limiti del Patto di Stabilità. Di certo, la decisione di Matteo Renzi di convocare una direzione Pd il 7 agosto interamente dedicata all’agonia del Mezzogiorno ha sorpreso un po’ tutti. Compresi quei 70 parlamentari che dopo il tragico rapporto Svimez avevano fatto pressione sul premier-segretario affinché la questione meridionale entrasse finalmente nell’agenda del governo e del partito.

Renzi ha deciso secondo il suo stile. Di sabato mattina, 1 agosto, dopo aver letto la lettera appello di Roberto Saviano su Repubblica che gli ricordava come “lei ha il dovere di intervenire e prima ancora ammettere che nulla è stato fatto”. Un messaggio durissimo, quello dell’autore di Gomorra. Ma anche dentro il partito il tema stava diventando incandescente: con una interpellanza alla Camera in cui i due leader della minoranza Speranza e Cuperlo parlavano di un’attenzione “marginale” del governo verso il meridione, di una spesa dei fondi Ue “ancora al palo” e di “promesse disattese”.

Così Renzi ha telefonato al presidente dem Matteo Orfini e i due hanno deciso di convocare la direzione nel pomeriggio del 7 agosto. Quando ormai tutti i parlamentari Pd pensavano di poter essere in partenza per le vacanze. Una scelta “alla Renzi” anche per quanto riguarda la logistica, dunque. E anche perché l’inizio della settimana sarà occupato quasi integralmente dalle decisioni sui nuovi vertici Rai.

Il premier-segretario sa bene però che il tema è assai delicato. E dunque ha intenzione di arrivare all’appuntamento della direzione con alcune parole chiave molto chiare, con una serie di proposte da concretizzare alla ripresa autunnale. Magari con un Consiglio dei ministri ad hoc gli ultimi giorni di agosto. Ma un segnale va dato immediatamente. Per questo il premier ha intenzione di annunciare già venerdì la nascita di un ministero per il Mezzogiorno, tutto dedicato al rilancio occupazionale e industriale. E di battersi in sede europea per ottenere il risultato che finora ha mancato, e cioè slegare il cofinanziamento del piano 2014-2020 dai paletti del Patto di Stabilità, almeno per quanto riguarda gli investimenti delle regioni.

Alla direzione si faranno sentire anche i parlamentari e i governatori del Sud, a partire dai pugliesi. Dario Ginefra, primi firmatario dell’appello firmato da una settantina di parlamentari Pd di tutte le aree per convocare una direzione sul Sud, si rallegra della decisione di Renzi e spiega: “Il Pd governa in questa fase tutte le regioni del meridione, si tratta di una occasione storica che non può essere sprecata.

Occorre avviare una seria riflessione che porti all'immediata apertura di un tavolo di lavoro che veda protagonisti i governatori del mezzogiorno e l'intera classe dirigente del Pd e che metta al centro lo sviluppo del Sud come priorità economica e sociale dell'intero Paese”. Ancora più netto il governatore della Puglia Michele Emiliano: “Le regioni del Sud devono scatenare l’inferno, dopo il primo governo Prodi nessun esecutivo ha più inciso realmente sullo sviluppo del mezzogiorno. Non si capisce perché investire su una terza variante di valico o sulla Tav quando Matera non è neppure raggiunta dalla ferrovia”.

In termini operativi, gran parte del lavoro cadrà sulle spalle del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio che parla della nascita di una “Grande Officina del Sud” e spiega che “il governo ha una chiara strategia: puntiamo su agricoltura, turismo, industria specializzata”. Opere infrastrutturali, a partire da una “cura del ferro” che vede in primo piano l’Alta velocità in Sicilia e la ferrovia Napoli-Bari-Taranto, ma anche investimenti sulle autostrade A3 e Jonica, e ai collegamenti marittimi con lo sviluppo dei porti di Palermo, Catania, Taranto e Napoli. “Il piano c’è già”, spiega ad Huffpost il ministro Delrio,” abbiamo già fatto un accordo quadro con Bruxelles sul completamento dei corridoi europei”. Per quanto riguarda il capitolo risorse, Delrio parla di “40 miliardi di fondi europei più30 miliardi di fondi italiani del Fondo di sviluppo e coesione, destinati a colmare ilo gap infrastrutturale tra Nord e Sud”. “Il piano c’è già, ora bisogna solo attuarlo”, sostiene il ministro.

Difficile che una manovra di questa portata possa essere pronta tra 6 giorni: la direzione però servirà a lanciare un segnale di marcia. E soprattutto, spiegano al Nazareno, a spostare la discussione dentro il Pd dalla lotta tra renziani e minoranza a un tema concreto: “Basta parlarsi addosso tra correnti, dobbiamo confrontarci sul merito sulle vere emergenze del Paese”, è il messaggio che Renzi ha recapitato ai suoi stretti collaboratori. Un tentativo che appare in salita, visto che dopo il voto sul canone Rai il clima dentro il partito resta incandescente. Il deputato prodiano Franco Monaco arriva addirittura ad ipotizzare una “separazione consensuale” dentro il Pd, con il ritorno a due partiti simili a Ds e Margherita.

Vannino Chiti attacca: “Minacciare elezioni anticipate è un’arma spuntata, irresponsabile e arrogante. Spuntata perché spetta al presidente della repubblica decidere sulle elezioni politiche. Irresponsabile perché non guarda alle condizioni del Paese”. Il bersaniano Davide Zoggia parla del Pd come di “un’esperienza che segna il passo, visto che lo spirito ulivista si è smarrito”. Ma boccia l’ipotesi di Monaco: “Noi non intendiamo tornare a Ds e Margherita, lavoriamo perché il progetto del Pd non muoia”. In questo quadro, l’” operazione Sud”, si sussurra al Nazareno, potrebbe avere anche altri risvolti positivi: e cioè quello di rafforzare l’asse con un partito sudista come Ncd e di attrarre altri parlamentari del mezzogiorno in uscita dal centrodestra, a partire dai senatori del gruppo Gal.

Nei piani di Renzi, dunque, l’operazione dovrebbe servire a sedare la guerra in corso nel Pd e anche ad allargare la maggioranza. Due obiettivi decisamente ambiziosi. Anche perché la figura dell’eventuale nuovo ministro (Quagliariello?) e le sue deleghe sono tutte da definire, a partire dalla gestione dei fondi Ue che ora sono in capo a palazzo Chigi. Ma dopo il rapporto Svimez e la lettera di Saviano il rottamatore non poteva restare fermo.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/08/01/piano-renzi-sud_n_7918110.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #112 inserito:: Settembre 01, 2015, 04:41:31 pm »

IL COLLOQUIO CON IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Intervista a Matteo Renzi: «L’Italia cresce, in arrivo nuovi dati positivi. Le unioni civili si faranno»
«Flessibilità Ue da 17 miliardi, così tagliamo le tasse. Al Senato il governo non rischia e ci sono i numeri per forzare»

Di Aldo Cazzullo

Presidente Renzi, il Paese appare ancora fermo. Tassi ai minimi, euro più debole, prezzo del petrolio basso: eppure la ripresa è ancora fiacca. È sicuro che ci siano le condizioni per predicare ottimismo?
«Ho una lettura diversa. Il Paese non mi sembra fermo e al contrario vedo tanta energia. Dopo anni di palude, il Parlamento approva le riforme. L’Expo è una scommessa vinta contro il parere di molti. Gli indici di fiducia e i consumi tornano a crescere. Il turismo tira, in particolare al Sud. Si respira un clima di ripartenza. Dopo anni di segno negativo torniamo a crescere».

Cresciamo poco.
«Vero. Non mi accontento dello zero virgola, ma vorrei ricordare che i precedenti governi avevano un netto segno “meno”. Adesso siamo al “più”. Cresciamo all’incirca come Francia e Germania: poco, ma finalmente come loro. Negli ultimi anni, invece, mentre loro crescevano noi perdevamo posizioni. In un anno abbiamo fatto legge elettorale, riforma del lavoro e della pubblica amministrazione, della scuola, delle banche popolari: una riforma che era nell’agenda del governo D’Alema, ministro del Tesoro Ciampi, direttore generale Draghi; allora furono costretti a fermarsi, noi non ci siamo fermati. Abbiamo rinnovato i vertici di Cdp e Rai, risolto 43 crisi aziendali, riaperto fabbriche da Taranto a Terni, approvato la responsabilità civile e il divorzio breve. E finisco qui altrimenti addormento subito i lettori. L’Italia è in movimento, altro che ferma. Con buona pace di Salvini che organizza manifestazioni per “bloccare l’Italia”: sono vent’anni che siamo bloccati, ora è il momento di correre. Voglio proprio vedere quanti imprenditori del Nord-Est fermeranno le aziende per la serrata della Lega».

Sui nuovi contratti a tempo indeterminato avete fatto una magra figura. Cos’ha detto al ministro Poletti quando per sbaglio ne ha raddoppiato il numero?
«Non gli ho detto nulla, io. Ma avrei voluto essere una mosca per sentire quello che Poletti ha detto ai suoi, magari in slang imolese: spero gliene abbia cantate quattro. Comunque i numeri dei contratti a tempo indeterminato sono buoni, anche dopo la correzione. Gli occupati crescono, i cassintegrati scendono, la ripresa c’è. Non è la prima volta che si fa confusione sui numeri, spero sia l’ultima».

Prodi le dice che non si abbassano le tasse su Twitter. Tutti le chiedono dove trova i soldi.
«Io le tasse le ho abbassate sul serio. Mi riferisco innanzitutto agli 80 euro; Prodi forse non lo ricorda perché non rientra nella categoria, ma chi guadagna meno di 1.500 euro al mese se n’è accorto eccome. Mi riferisco poi alle misure sul lavoro, dall’Irap agli sgravi contributivi per i neoassunti. Adesso la casa con l’azzeramento di Tasi e Imu, quindi l’Ires per le aziende nel 2017 e l’Irpef nel 2018. Non ci sarà nessun taglio alla sanità per non far pagare il ricco. Magari nella sanità ci sarà qualche poltrona Asl in meno e qualche costo standard in più. Ma sono tagli agli sprechi, non alla sanità».

Ci saranno interventi sulle pensioni più alte?
«No, non sono all’ordine del giorno».

Non è che i soldi li troverete facendo altro deficit? Come sono davvero i rapporti con la Merkel? Pensa di convincerla ad allentare i vincoli di bilancio?
«Con la cancelliera Merkel il rapporto è buono e la preoccupazione comune è quella di evitare il declino dell’ideale europeo. Su questo c’è sintonia di vedute. Rispetto al bilancio, lei non è la nostra giudice. Anzi! Anche la Germania deve cambiare, stimolando la domanda interna e facendo a sua volta riforme strutturali nei settori in cui è più indietro. Ci sono delle regole nell’Unione. E il nostro semestre ha cercato di mitigare il rigore con la flessibilità. Per la prima volta, grazie al lavoro di tutti a partire da Padoan, abbiamo ottenuto la possibilità di uno spazio di patto di circa l’1%, 17 miliardi di euro. Cercheremo di usare parte di quello. Quanto al deficit: siamo tra i pochi Paesi europei che rispettano la soglia del 3%, continueremo a farlo».

Abolire la tassa sulla prima casa è una battaglia berlusconiana. O no?
«Abolire la tassa sulla prima casa significa mettere fine a un tormentone decennale. E in un Paese che ha l’81% di proprietari di prima casa è anche un fatto di equità, non è certo un favore ai super ricchi. Se poi ora ripartirà l’edilizia - anche solo per un fatto psicologico - per noi sarà tutto di guadagnato. Lo aveva proposto Berlusconi? Certo. Che male c’è? Questo approccio per cui se una cosa l’ha proposta Berlusconi allora è sbagliata è figlio di una visione ideologica».

Lei ha detto che il Paese è rimasto bloccato per vent’anni dallo scontro tra berlusconismo e antiberlusconismo. Sono due attitudini che si possono mettere sullo stesso piano?
«Il berlusconismo è ciò che, piaccia o non piaccia, resterà nei libri di scuola di questo ventennio. Berlusconi è stato il leader più longevo della storia repubblicana. Ma ha sciupato questa occasione, perdendo la chance di modernizzare il Paese, sostituendo l’interesse nazionale con il suo. In questo senso il berlusconismo ha bloccato l’Italia. E l’antiberlusconismo - che è cosa molto diversa dall’Ulivo - ne è l’altra faccia: un movimento culturale e politico che non si preoccupava di definire una strategia coerente per il futuro, ma semplicemente di abbattere Berlusconi. Una grande coalizione contro una persona».

Quindi lei non si sente antiberlusconiano?
«Io non mi definisco contro qualcuno, mai. Non sono contro Berlusconi, ma per l’Italia: ero per l’Ulivo, non contro gli altri. Certo, oggi siamo al paradosso che chi a sinistra ha ucciso l’Ulivo, segandone i rami e promuovendo convegni come Gargonza per rilevarne l’insufficienza, si erga a paladino dell’ulivismo. Comunque non è un caso se nessun governo del centrosinistra in quegli anni abbia avuto la forza di durare una legislatura. Perché? Perché stavano insieme contro qualcuno, non per qualcosa. Alla prova del governo la sinistra ha fatto nettamente meglio della destra, per me. Ma se il governo D’Alema avesse avuto la forza di fare quello che hanno fatto Blair e Schröder sul mondo del lavoro avremmo avuto il Jobs act vent’anni prima».

Sulla riforma del Senato c’è il rischio di una crisi di governo? E se cade il suo governo si va al voto anticipato?
«Non vedo nessun rischio».

Come fa a esserne così certo?
«Se vogliamo fare una forzatura sul testo uscito dalla Camera, i numeri ci sono, come sempre ci sono stati. Chi ci dice che mancano i numeri sono gli stessi che dicevano che mancavano i voti sulla legge elettorale, sulla scuola, sulla Rai, sul Quirinale. Se vogliamo forzare possiamo farlo. Ma noi fino alla fine cerchiamo, come sempre, un punto d’incontro».

Se i voti ci sono, ci sono anche grazie a Verdini. Non la imbarazza?
«E perché? Il gruppo di Verdini ha già votato le riforme al primo giro. Mi stupirei del contrario. La mia minoranza firma gli emendamenti con Calderoli e Salvini, Grillo e Brunetta; e dovrei imbarazzarmi per il voto di chi già ha sostenuto questa riforma? Dovrei chiedergli: scusa, Verdini, stavolta puoi votare contro se no quelli della mia minoranza ci rimangono male?».

La sinistra Pd chiede il Senato elettivo. Cosa risponde?
«L’elettività diretta presenta due problemi. Uno è politico: il Senato non dà la fiducia al governo; in questi casi l’esperienza internazionale ci mostra preferibile l’elezione indiretta. Uno è tecnico: l’elezione diretta è già stata esclusa con doppio voto di Camera e Senato. Rivotare una cosa già votata due volte sarebbe un colpo incredibile a un principio che vige da decenni. Ma non è il passaggio più delicato della riforma: una soluzione si può trovare. Non abbiamo mai fatto le barricate su nulla, se non sul principio di superare il bicameralismo paritario: vedremo. Basta che non sia la scusa per ricominciare sempre da capo».

D’Alema è appena tornato alla carica, Bersani l’aveva fatto nel giorno delle amministrative. Non sarebbe meglio per tutti una scissione nel Pd, piuttosto che continuare con uno scontro infinito?
«Non credo che D’Alema e Bersani preparino una scissione. Credo si stiano preparando al congresso del 2017».

Per candidare Letta contro di lei?
«Non mi risulta, magari lei ha informazioni migliori. Per me sarebbe molto divertente. Potremmo confrontare i risultati dei rispettivi governi, discutere del modello di Europa per il quale ci siamo battuti, riflettere sui risultati ottenuti quando abbiamo avuto responsabilità nel partito. Del resto sia Enrico che io abbiamo già avuto esperienze di primarie. Mi piacerebbe ma è prematuro. Il congresso sarà nel 2017. E la nostra gente è stanca della polemica continua. L’alternativa al Pd si chiama Matteo ma di cognome fa Salvini. L’alternativa a questo governo e a questo Pd non è un’improbabile coalizione a sinistra, non è un Lafontaine italiano, un Varoufakis, un Corbyn; l’alternativa è il populismo».

Con Forza Italia sul Senato tratterà?
«Non credo, a meno che non si chiariscano le idee tra di loro. Brunetta ci ha dato dei fascisti perché abbiamo votato la stessa legge che hanno votato anche i senatori di Forza Italia: fermo restando che sentirsi dare del fascista per me è infamante, come la mettiamo? Sono fascisti anche loro? Berlusconi è altalenante: un giorno segue Salvini, il giorno dopo cura i rientri a casa, da Balotelli alla De Girolamo. Un giorno vuole il Nazareno Bis, un giorno le elezioni anticipate. Da quelle parti hanno poche idee, ma confuse. Se le chiariscono e vogliono confrontarsi siamo qui. Altrimenti bye bye. Berlusconi è circondato da molti consiglieri. Alcuni gli suggeriscono di fare una guerra senza frontiere al governo e al sottoscritto. Auguri! Noi andiamo avanti con determinazione e libertà. Il mio faro è il bene comune, nient’altro».

Cosa aspetta a lanciare un grande piano di tagli ai costi della politica? Abolizione di tutti i vitalizi, dimezzamento delle indennità?
«Abbiamo fatto molto, dal finanziamento ai partiti alla cancellazione di quasi 4 mila poltrone nelle Province. Siamo intervenuti sulle auto blu. Abbiamo messo un tetto ai dirigenti pubblici, con uno stipendio che può arrivare al massimo all’indennità del capo dello Stato, 240 mila euro. Se passerà la riforma della Costituzione come l’abbiamo scritta un consigliere regionale non potrà prendere più del sindaco del comune capoluogo. Ma di cosa parliamo ancora? Oggi un politico prende meno non solo di un tecnico o di un giornalista...».

Magari...
«Se vuole facciamo un confronto all’americana tra la mia dichiarazione dei redditi e quella di un qualsiasi direttore a sua scelta. E io non mi lamento, sia chiaro. Oggi la vera sfida è ridurre il numero dei politici, come abbiamo fatto con le Province e come vogliamo fare col Senato. E controllarli di più».

Marino è stato commissariato. Prima o poi dovrà dimettersi?
«Nessun commissariamento. Roma ha ottenuto ciò che ha chiesto per il Giubileo e anche un sostegno per combattere la corruzione con Gabrielli e Cantone. Il sindaco sa che deve solo lavorare nell’interesse dei cittadini. Punto. Tutto il resto è il consueto Truman Show politico-mediatico».

La riforma della scuola doveva essere un suo punto di forza, con centomila nuove assunzioni. Come mai allora gli insegnanti sono così arrabbiati?
«Me lo chiedo spesso anche io...».

Non sarà che avete sbagliato qualcosa?
«Sicuramente abbiamo sbagliato qualcosa noi. Altrettanto certamente esiste un pregiudizio di parte del mondo docente. Quello di cui sono certo è che la Buona Scuola non è la riforma. È solo l’inizio. La riforma passa dall’edilizia scolastica e dai 1.673 cantieri che questa estate abbiamo aperto. La riforma passa da parole come merito, valutazione, qualità, autonomia, che necessitano di tempo ancora per essere impiantate nel mondo scolastico. Mi fischino pure, mi contestino, mi insultino; ma se ci sono centomila italiani che anziché zigzagare come precari diventano insegnanti, be’, io ne sono fiero».

L’emergenza migranti si fa di giorno in giorno più drammatica. Non ha nulla da rimproverarsi su come è stata gestita finora?
«Credo stia emergendo la verità sui migranti: non è un problema italiano su cui speculare per mezzo punto di sondaggio, ma una grande crisi mondiale e europea da affrontare a Bruxelles, non a Lampedusa. Questa è stata la prima battaglia del mio governo: chiedere l’internazionalizzazione di questa crisi. Mare Nostrum aveva caricato tutte le questioni sull’Italia: noi abbiamo chiesto solidarietà e coinvolgimento. Dopo la strage di aprile e il vertice straordinario che ne è seguito sono arrivati i primi provvedimenti. Ancora pochi, spesso miopi, frammentati. Ma le drammatiche immagini di quei bambini asfissiati nel Tir, di quei bambini uccisi nelle stive delle navi ci dicono che l’Europa deve cercare una strategia».

Cosa farete in concreto?
«Non dobbiamo solo tamponare l’emergenza, ma anche avere un ruolo maggiore in Africa e in Medio Oriente. Investire di più sulla cooperazione internazionale. Agevolare i rimpatri. E bloccare i trafficanti di uomini, per sempre. Questo è il momento giusto per lanciare un’offensiva politica e diplomatica. L’Europa deve smettere di commuoversi e iniziare a muoversi. È finito il tempo dei minuti di silenzio: si scelga finalmente di superare Dublino e di avere una politica di immigrazione europea, con un diritto d’asilo europeo. Questa sarà la battaglia dei prossimi mesi».

Cosa cambierebbe?
«Ci vorrebbero mesi, ma avremmo un’unica politica europea di asilo, non tante politiche quanti sono i vari Paesi. Andremmo negli Stati di provenienza per valutare le richieste di asilo, evitando i viaggi della morte. Gestiremmo insieme anche i rimpatri».

E interverrete in Libia e in Siria, per fermare vergogne come quella di Palmira?
«Obama ha convocato un vertice su questi temi a fine mese proprio a margine dell’assemblea Onu».

Il cardinale Bagnasco si è espresso contro le unioni civili.
«Le unioni civili si faranno. Punto. Anche qui: usciamo da vent’anni di scontri ideologici. Anche qui: ci sono i numeri per una forzatura, ma spero di trovare un punto d’intesa ampio. Il richiamo alla famiglia tuttavia non è in contraddizione con le unioni civili ed è un richiamo molto corretto, secondo me. Nella legge di Stabilità va inserito un piano famiglia, dagli asili nido fino agli interventi per i bambini poveri e le famiglie numerose».

Nei mesi scorsi sono uscite sue intercettazioni che mostravano uno stile di una certa spavalderia, ai limiti della ribalderia.
«La rivoluzione non è un pranzo di gala, no?».
Dall’altra parte, lei ha parlato di un Renzi 1, che va nelle scuole e nelle fabbriche, e un Renzi 2, inviluppato nell’agenda, nei vertici europei, nelle riunioni di partito.

Qual è il vero Renzi?
«Io sono sempre lo stesso. Un ragazzo di provincia che a meno di quarant’anni è stato chiamato - con altri - a cambiare il sistema politico considerato più gerontocratico nell’intero Occidente. Non è questione di Renzi 1, Renzi 2, intercettazioni. È che il sogno di un percorso di cambiamento, iniziato dalla Leopolda cinque anni fa, sta diventando realtà. E ci riusciremo, senza guardare in faccia nessuno, senza rispondere a potentati o gruppi di interesse. Qualcuno dice che siamo maleducati o spavaldi? Lo pensino pure. Il mio obiettivo non è stare simpatico. È lasciare una macchina pubblica capace finalmente di funzionare. Tutto il resto è fuffa. Mi chiedono: ma fai il bravo con i giornalisti, frequenta di più i sindacati, non scontentare gli imprenditori, preoccupati della minoranza del Pd. Tutto giusto, per carità. Ma io devo preoccuparmi soprattutto della maggioranza degli italiani. So che fanno il tifo per noi anche persone che magari non mi voteranno mai. Ma sanno che lo sforzo di questo governo è lo sforzo di un Paese intero. E quindi ci danno una mano. L’Italia sta tornando. Non sprecheremo questa opportunità» .

30 agosto 2015 (modifica il 30 agosto 2015 | 20:02)
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Da - http://www.corriere.it/politica/15_agosto_30/intervista-matteo-renzi-l-italia-cresce-arrivo-nuovi-dati-positivi-unioni-civili-si-faranno-6909d258-4ed7-11e5-ad01-b0aa98932a57.shtml
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« Risposta #113 inserito:: Settembre 06, 2015, 12:06:21 pm »

Renzi, prima volta a Cernobbio: "Vogliamo maglia rosa Ue. Ora giù le tasse"
Il premier rivendica l'aumento di posti di lavoro: "Ma ancora non basta". "In Europa non siamo più un problema"


Di LUCA PAGNI
05 settembre 2015
   
CERNOBBIO - Matteo Renzi ama le metafore popolar-sportive. E anche a Cernobbio, per la sua prima volta sul palco della piccola Davos italiana davanti a economisti, manager e imprenditori, non ha deluso. "L'Italia non è un più un problema per l'economia europea e mondiale. Siamo come un ciclista che si era staccato, aveva accumulato ritardo ma è riuscito a rientrare in gruppo. Ma non ci basta, non ci possiamo accontentare, anche perché il gruppo stava andando piano".

Soltanto un anno fa, Renzi aveva snobbato il tradizionale Workshop Ambrosetti di fine estate nel lussuoso scenario di Villa d'Este sul lago di Como, a due passi dalla villa di proprietà di George Clooney. Lo aveva fatto di proposito, preferendo andare all'inaugurazione di una fabbrica nella bergamasca: "Vado dove si lavora, non dove si chiacchiera".

Un anno dopo, trova un modo diplomatico per spiegare perché ha cambiato idea accettando l'invito: "Se un anno fa, fossi venuto e avessi detto che in pochi mesi avremmo fatto la riforma del lavoro in quanti mi avrebbero creduto. Invece in un anno abbiamo approvato il Jobs act, e l'articolo 18 non è più un problema. La stessa riforma per cui la Germania ha impiegato tre anni. Abbiamo recuperato solo un terzo dei posti di lavoro perduti, ma il fatto che la maggior parte siano al sud ci fa capire che siamo sulla strada giusta".

Renzi ha poi sottolineato altri due temi, uno di estrema attualità, l'altro di grande interesse per la platea di Cernobbio: l'emergenza migranti e la riduzione delle tasse. "L'Italia sarà l'unica nazione che si potrà presentare al prossimo vertice sull'immigrazione senza dover cambiare posizione. Quando dicevamo che il problema andava affrontato dall'Unione europea, tutti insieme, non lo dicevamo per un problema di tre navi da portare in salvo. Si tratta di una emergenza che deve diventare una occasione in cui l'Europa dimostra la sua unità di intenti".

Altrettanto delicato il tema delle tasse. Renzi, con tutta probabilità, non ha soddisfatto in pieno le attese degli imprenditori, i quali avevano già detto nel primo giorno che il "funerale delle tasse" non avrebbe potuto limitarsi alla sola Tasi. Renzi se l'è cavata non facendo promesse a breve ma di medio periodo: "La riduzione delle tasse è un programma sui cinque anni. Abbiamo cominciato nel 2014 con gli 80 euro: molti economisti non sono d'accordo ma uno studio Bankitalia e uno della Bocconi dicono che sono serviti a riattivare i consumi. Nel 2015 è stata la volta dell'Irap. Il prossimo anno tocca alla tassa sulla prima casa. Nel 2017 e nel 2018 passeremo anno la riforma dell'Ires e poi dell'Irpef".

Il capo del governo ha poi ripetuto quanto detto già in precedenza sulle lobby che negli anni passati hanno bloccato il paese. Ha criticato il sindacato ma si è pure rivolto alla platea dei presenti: "Sono finiti i tempi dei salotti buoni, dei patti di sindacato, degli anno l'amicizia degli amici". Sono finiti perché ci sono stati sette anni di cessione, ma detto da queste parti fa sempre la sua impressione.
 
© Riproduzione riservata
05 settembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/09/05/news/renzi_prima_volta_a_cernobbio_vogliamo_maglia_rosa_ue_ora_giu_le_tasse_-122285782/?ref=HRER1-1
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« Risposta #114 inserito:: Settembre 06, 2015, 12:09:12 pm »

Matteo Renzi seduce Cernobbio: disco verde da Ghizzoni, Gros Pietro, Polegato... Ma a porte chiuse molte domande sono "morbide"

Di Gianni Del Vecchio e Andrea Carugati, l'Huffingtonpost
Pubblicato: 05/09/2015 20:26 CEST Aggiornato: 4 ore fa

Il feeling è scoccato. Quasi una luna di miele a scoppio ritardato quella di Matteo Renzi con la platea di Cernobbio. “Positivo, concreto ed energico, ha conquistato la platea”, commenta all’uscita l’ad di Unicredit Federico Ghizzoni. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente di Telecom Giuseppe Recchi: “Ha portato velocità di azione, che in Italia è una cosa nuova. I dati economici sono superiori alle attese e gli imprenditori sono vogliosi di dare supporto all’azione al governo”. Addirittura entusiasta il patron di Brembo e deputato di Scelta civica, Pietro Bombassei: “Se si votasse domani, tutti qui sceglierebbero Renzi”. Un successo inaspettato. E la conferma arriva anche da un acerrimo avversario del premier, Renato Brunetta, che era in platea: “Niente da dire. Purtroppo lo spot ha funzionato perfettamente”.

Il premier arriva in elicottero e si trattiene a Villa D’Este molto più del previsto. Dopo la mezzora di discorso ufficiale aperto al pubblico, passa un’altra ora e mezza a porte chiuse con industriali e banchieri per la grande quantità di domande che gli vengono poste, una trentina. Ad alcune risponde in inglese, nonostante lo sguardo torvo del moderatore Gianni Riotta, che lo sconsiglia. Ma alla fine il messaggio arriva, nonostante quello che Renzi definisce “il mio pessimo inglese”. Il premier si mostra ferrato sui tanti dossier che gli vengono sottoposto, dalle tasse all’Europa, dalle riforme istituzionali all’immigrazione. Meno spavaldo e più concentrato sui temi, anche per compensare il gap di età che lo separa dalla gran parte dei presenti, tutti con più primavere all’attivo. Solo in pochi casi delega i dettagli tecnici ai ministri Padoan e Madia, che saranno al Forum domenica mattina.

Un Renzi istituzionale, ma anche molto distante dal cliché del leader del partito che affonda le radici nel Pci. “Oggi l’articolo 18 non c’è più, ve l’avevo detto e l’ho realizzato in pochi mesi”, è l’esordio del suo intervento. E questa corrispondenza tra impegni e risultati è uno degli elementi che più pesano nel rapporto con questa platea abituata a un certo pragmatismo. “E’ una persona che si è assunta la responsabilità di delegare a se stesso le decisioni principali”, spiega Mario Moretti Polegato, proprietario di Geox. “Il suo merito è quello di avere restituito credibilità al sistema Italia all’estero e solo per questo gli darei un 9. Ora per diventare più competitivi serve più flessibilità sul mercato del lavoro e interventi sulla burocrazia e la giustizia. Il Jobs Act? E’ un primo passo nella direzione giusta”.

“E’ proprio bravo”, commenta seduto a un tavolino con alcuni amici Gian Maria Gros Pietro, presidente del Consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo. “Mi ha colpito per le riforme che ha fatto e per l’elenco di quelle che intende fare. Condivido l’impostazione ma soprattutto credo che lui sia in grado di portare a termine questi dossier”. “E’ il premier giusto per un’Italia che vuole cambiare”, spiega Carlo Salvatori, presidente di Allianz. Anche il banchiere Cesare Castelbarco Albani, presidente dell’istituto genovese Carige, è rimasto soddisfatto dalle due ore passate col premier: “Questi primi 18 mesi sono stati positivi, le riforme sono state fatte e i dati economici rivelano un’inversione di tendenza. Quest’anno a Cernobbio si respira un clima di maggiore fiducia e ottimismo rispetto agli anni scorsi”.

Il premier quindi sembra aver sfangato la graticola del popolo di Cernobbio. Anche se, a onor del vero, le domande sono tutt’altro che “cattive”. Alcune sembrano assist, anche perché arrivano da manager di aziende pubbliche nominati da questo governo, come Emma Marcegaglia (Eni) e Patrizia Grieco di Enel. Renzi non si lascia sfuggire l’occasione per un nuovo annuncio: “Il mio governo ha portato le donne alla presidenza delle società, ora è il momento di indicare donne anche per il ruolo di amministratore delegato”. Sul taglio della tasse sulla casa, interviene l’ex governatore del Friuli Riccardo Illy, che avanza alcuni dubbi. Il premier però non ha esitazioni: “Dobbiamo levare di mezzo una volta per tutte Imu e Tasi, che sono percepite dai cittadini come tasse non giuste. Poi faremo gli altri interventi su Ires e Irpef che abbiamo in cantiere”. Sull’Europa ricorda come la Germania abbia potuto sforare il rapporto del 3% per fare le riforme: “Noi non chiederemo di sforare, ma pretendiamo giusti margini di flessibilità”. Sulla spending review avverte: “Non sempre i risultati contabili dei tagli si possono vedere l’anno successivo”. Un modo per mettere le mani avanti nel caso in cui i risultati dei tagli non fossero subito visibili.

Quanto all’accorpamento dei numeri di emergenza (112, 113 e altri), dalla platea interviene il governatore lombardo Roberto Maroni: “Noi l’abbiamo già fatto in Regione…”. Renzi la prende sullo scherzo: “Ma tu sei il gemello di quello che faceva il ministro con Berlusconi?”. Il clima tra i due è disteso, quasi scherzoso. Quasi una replica del duetto andato in scena la settimana scorsa alla festa dell’Unità di Milano tra Maroni e il numero due di palazzo Chigi, Claudio De Vincenti. Alla fine il premier, dopo aver ribadito che la riforma del Senato passerà “senza modificare l’articolo 2” (l’ipotesi resta quella di un listino ad hoc di consiglieri regionali destinati a fare anche i senatori), lancia una provocazione all’amico leghista: “Sono sicuro che gli italiani al referendum approveranno la nostra riforma e anche Maroni voterà sì…”.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/09/05/renzi-cernobbio-disco-verde-imprenditori_n_8093808.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #115 inserito:: Settembre 06, 2015, 05:35:52 pm »

Renzi a Festa dell'Unità, bagno di folla con i militanti
Gli attivisti del Pd hanno accolto il presidente del Consiglio con applausi e ovazioni.
Strette di mano, autografi e selfie prima dell'intervento dal palco


06 settembre 2015

MILANO - È stato accolto da un bagno di folla il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, all'arrivo alla Festa nazionale dell'Unità in corso ai giardini pubblici Indro Montanelli di Milano. Renzi ha salutato i militanti e il pubblico assiepato sotto al palco in attesa del suo intervento. Molte le richieste di strette di mano, selfie, autografi ("Ti devo firmare la costituzione", ha chiesto divertito Renzi a un militante che gli porgeva una copia della Carta) e perfino tweet a sostegno di qualche iniziativa.

Non solo applausi. A fare eco all'ovazione che ha accompagnato l'ingresso del segretario Pd, una piccola contestazione organizzata da attivisti e lavoratori dell'Unione sindacale di base, che hanno legato del filo spinato e il fil di ferro da un lato all'altro di corso Venezia, angolo viale Palestro, creando un 'muro' per impedire l'accesso delle auto blu su cui doveva arrivare il premier. Non sono però riusciti, bloccati dalla polizia in tenuta antisommossa, a forzare uno dei cancelli del parco, decidendo quindi di tentare a realizzare un muro bloccando la circolazione da una parte all'altra della strada.


© Riproduzione riservata
06 settembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/09/06/news/renzi_a_festa_unita_bagno_di_folla_con_militanti-122329061/?ref=HRER3-1
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« Risposta #116 inserito:: Settembre 08, 2015, 04:40:17 pm »

Migranti, Renzi: siamo umani e non bestie. E striglia il Pd: «Parliamo di problemi veri»
Il premier invita a smettere con discussioni sterili e invita i “compagni” del partito a non mettere veti sulle riforme costituzionali.
E sulle tasse: «Sono troppe alte»


«Questa è l’Italia vera solida e solidale», quella «che dice si. In un’Italia dominata da chi dice no orgoglioso che il Pd dica sì». Così inizia il discorso del premier Matteo Renzi, che dopo aver assistito al Gran Premio di Monza, domenica si è recato alla festa dell’Unità a Milano, per il discorso di chiusura. Poi il premier spazia, come suo solito, su tutti gli argomenti di attualità, dai migranti alle tasse, dal Jobs act alle unioni civili. Bacchettando anche il suo partito: «Se si usa la riforma costituzionale per dire no, per ripartire da capo, si sappia che la forza di chi dice si è più grande. Si discuta, si dialoghi ma il Pd è questo. Non accetteremo veti».
Ma subito arriva l’omaggio a Milano, ricordando anche i volontari che hanno ripulito le vetrine del centro dopo la devastazione dei black bloc nel giorno di apertura di Expo: «Milano è una città operosa, dinamica, ricca di valori economici, è la capitale economica dell’Italia, ma è una città che tiene insieme le aziende e i centri culturali, è la città capitale del Terzo Settore e del volontariato». Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, chiudendo la Festa Nazionale del Pd a Milano. «Quando chiuderemo la festa del 2016 dovremmo aver portato a termine la riforma del Terzo settore» ha aggiunto Renzi».

L’Expo e i gufi
L’Expo domina la prima parte del discorso di Renzi, soprattutto contro chi ha “gufato” per la buona riuscita dell’evento: «Un successo che è dell’Italia tutta, Italia produttrice di bellezza, entusiasmo e valori. L’Italia non è l’elenco delle cose che non vanno che fanno i talk show della sera. Certo, c’è ancora molto da fare, ma intanto un abbraccio affettuosissimo di solidarietà ai gufi laureati che contestano ancora il successo di Expo. Sembrava per alcuni che l’Expo fosse peggio di una malattia, ma noi abbiamo deciso di metterci la faccia. Expo è diventata una straordinaria opportunità per l’Italia».

A Pisapia: «Sempre al tuo fianco»
C’è anche il saluto al sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che ha annunciato di non volersi ricandidare. «Caro Giuliano deciderai tu cosa farai da grande, noi saremo al tuo fianco qualsiasi sarà la tua decisione, come abbiamo fatto in questi anni, partendo dalla rivoluzione arancione».

Sui migranti: «Non esiste Pd contro destra»
Il premier si infiamma quando parla di immigrazione. «Basta con le discussioni interne sterili che allontanano anche i nostri, parliamo dei problemi veri, come quelli sull’immigrazione», dice. E poi: l’Italia ha bisogno di valori, avverte mostrando la foto di Aylan, il bambino siriano morto sulle spiagge turche. Poi mostra anche quella del bambino vivo con il suo fratellino. «È giusto non vedere questa foto? Vi consola vedere i bambini sorridenti?». Renzi attacca divisioni ideologiche e discorsi populisti che hanno scosso l’Italia in queste settimane di emergenza. «In queste immagini non c’è il Pd contro la destra. Ci sono gli umani contro le bestie. Anche la Merkel, leader della destra tedesca, apre le porte contro il massacro. Anche noi dobbiamo tornare a essere umani prima di dire che apparteniamo a un partito», dice. Poi Renzi prende l’impegno davanti al parterre della Festa dell’Unità di Milano per garantire un diverso ruolo dell’Italia nella cooperazione internazionale, non più ultima ma da leader. E conclude: «La politica estera è una cosa seria: non significa stringere mani a qualche dittatore della Corea del Nord» o scrivere «su un blog (quello di Grillo, ndr) che il modello è Orban», leader ungherese: «Se il modello è Orban noi siamo orgogliosamente un’altra cosa. Nessuno di noi ha ceduto allo smottamento culturale. Diciamo no all’iperbuonismo ma non rinunceremo mai a cercare di salvare una vita umana e a essere noi stessi e se perderemo un punto nei sondaggi non ci interessa». E mostra la foto di un piccolo siriano che arriva in Germania con la bandiera dell’Europa avvolta intorno alle spalle: «Un bambino che ci rende orgogliosi», commenta Renzi.

Tasse, caporalato, lavoro e unioni civili
Dopo l’annuncio sul taglio delle tasse sul mattone, il premier ribadisce il concetto dal palco milanese: «A casa nostra le tasse sono troppo alte: dobbiamo avere il coraggio di dirlo anche alla sinistra che sono troppo alte. In passato abbiamo detto che le tasse sono bellissime, forse in un altro Paese», dice il premier. «La risposta all’antipolitica - aggiunge poi Renzi - non è tecnocrazia, ma la buona politica del Pd che in questi mesi ha visto cambiare il Paese».

Poi una sfida ai sindacati: «Non basta una legge contro il caporalato, dobbiamo prenderci un impegno: nell’Italia del 2015 il caporalato sia disintegrato. Ai sindacati chiedo di fare un’iniziativa insieme, su questo punto». Poi promette: «Sono fiero che avremo una legge sulle unioni civili, dopo anni di rinvii, voglio garantire a tutti che lo facciamo per noi, per la dignità del nostro paese».

Il lavoro è ancora al centro dell’attenzione del premier: «Nel Jobs act ci sono cose di cui vorrei fossimo orgogliosi. Dopo 8 anni è il nostro governo che ha rimesso un principio di civiltà, non è possibile far firmare a una donna un contratto di dimissioni in bianco condizionando la sua gravidanza al posto di lavoro». «Siamo orgogliosi che anche grazie al Jobs act - ha aggiunto - abbiamo il 36% di lavoratori che hanno un contratto stabile» e a chi dice che il Jobs act «semplicemente» trasforma un contratto di lavoro precario in stabile, Renzi replica: «Semplicemente? la mia generazione è stata presa ceffate dalla politica sul precariato, è stata costretta non alla flessibilità ma a un precariato senza garanzie, senza paracadute».

6 settembre 2015 (modifica il 6 settembre 2015 | 20:16)
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Da - http://www.corriere.it/politica/15_settembre_06/renzi-festa-dell-unita-torniamo-uniti-torniamo-essere-umani-cd619902-54a9-11e5-b241-eccff60fea73.shtml
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« Risposta #117 inserito:: Settembre 08, 2015, 04:53:50 pm »

I messaggi di Renzi a Grillo, Salvini e D’Alema
Festa de l'Unità   
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi interviene alla Festa Nazionale de L'Unità,


Milano, 06 Settembre 2015.
Attacco ai “gufi” sull’expo, alla destra sui migranti e alla minoranza dem su riforme e partito: i tre momenti chiave dell’intervento di Renzi a Milano
Expo, un grande successo e un’opportunità straordinaria.
Un abbraccio a chi puntava sul fallimento

“L’expo è diventata una straordinaria opportunità per l’Italia, nonostante ci fosse gente che addirittura sperava nel maltempo perché andasse male. Qua non si tratta di essere pro o contro il governo, si tratta di essere pro o contro l’Italia. A tutti quelli che puntavano contro il fallimento di expo, mandiamo un grande abbraccio di solidarietà. L’Italia è produttrice di bellezza nel mondo, di entusiasmo e di valori. L’Italia non è l’elenco delle cose che non vanno su cui costruiscono i talk show la sera”.

Migranti, non si può arrivare a strumentalizzare la vita delle persone
“C’è un limite di umanità sotto il quale non si può andare. Ci sono politici che sono arrivati a strumentalizzare la vita delle persone, dei bambini, pur di attaccare il Pd. Qui non è un discorso di destra e sinistra. In Germania Angela Merkel, che è la destra tedesca, ha aperto le porte del suo Paese ai profughi. E noi cosa dovremmo fare, andare dietro i talk show? Qui non è il Pd contro la destra, sono gli umani contro le bestie”.

Pd, persa la connessione sentimentale con il Paese?
Tenetevi i sondaggi, noi prendiamo i dati del 2×1000

“Se qualcuno pensa di usare la questione delle riforme costituzionali per bloccare tutto e tornare indietro, ha sbagliato a capire. Non accetteremo veti. Nelle ultime settimane è partito un racconto falso su quello che siamo. Abbiamo perso le elezioni regionali? Governiamo in tutte le regioni tranne che in Liguria, Lombardia e Veneto. Se questo è perdere, propongo di perdere sempre così. A chi parla di mancanza di connessione sentimentale con il Paese lascio i sondaggi, noi ci teniamo i dati entusiasmanti del 2×100: abbiamo abolito il finanziamento pubblico, abbiamo vinto la sfida”.

Da - http://www.unita.tv/focus/messaggi-di-renzi-grillo-salvini-dalema/
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« Risposta #118 inserito:: Settembre 11, 2015, 11:05:13 am »

L'Europa è a un bivio. Non può più voltare le spalle o le sue ragioni spariranno
La lettera del premier a Repubblica: "Superare gli egoismi nazionali"


Di MATTEO RENZI
11 settembre 2015

CARO Direttore, all'improvviso tutti, proprio tutti, si sono accorti di ciò che stava accadendo. E davanti alla tragedia hanno capito che non c'era più modo di girarsi dall'altra parte. Non so se è stato un singolo evento: il tunnel di Calais, il TIR in Austria, la foto spezzacuore del piccolo Aylan in Turchia. So che nel giro di qualche giorno è cambiato tutto.

Per noi italiani è stato come quando stai guardando un film sull'iPad. Solo che hai le cuffie. E, dunque, soltanto tu stai vedendo e sentendo ciò che passa sullo schermo. All'improvviso ti staccano le cuffie. Tutta la stanza è improvvisamente invasa dal rumore. Non sei più solo. Ma questo non è un film. Sono donne, bambini, anziani. Uccisi; affogati dai trafficanti di uomini. Ne abbiamo visti a decine morire nel Mediterraneo. E ne abbiamo salvate a migliaia di vite con la Marina Militare, la Guardia Costiera, il nostro volontariato.

Vite come quella di Khalif. Sua madre ha 24 anni, si chiama Ester. E' partita due anni fa dalla Nigeria insieme al marito. Ha attraversato il deserto per raggiungere la Libia, dove è stata picchiata e imprigionata. Finalmente è riuscita a fuggire, imbarcandosi da sola per la Sicilia in una di queste carrette della morte. Sola, perché suo marito non aveva i soldi per due biglietti da pagare ai nuovi schiavisti. E quando è stata salvata da una motovedetta italiana, Ester ha partorito nel mezzo del Mediterraneo. Khalif ora è salvo, sano e vivo. Suo padre è ancora in Libia e sta mettendo da parte i soldi per sfidare la morte. Per raggiungere la vita.

Caro Direttore, l'Italia è orgogliosa dei propri figli che lottano contro le onde per salvare vite umane. Ma l'Italia sa anche che non basta commuoversi, bisogna muoversi. Le emozioni sono importanti, ma le azioni oggi servono di più. Che nessuno immagini di cavarsela con il solito rito del minuto di silenzio. Occorre più visione nella politica estera. Diciamo le cose come stanno: la comunità internazionale, e l'Europa, hanno sottovalutato il peso delle proprie iniziative in Libia e Siria. E sopravvalutato la propria capacità di costruire un futuro in quei territori. Non basta cacciare un dittatore o bombardare un nemico se poi non si vince la sfida educativa, culturale, economica, in quei paesi; e dunque la sfida politica.

In Medio Oriente, certo. Ma anche in Libia, ad esempio. Occorre maggiore attenzione all'Africa. E' il cuore del nostro futuro, ha straordinarie opportunità di crescita, è la miniera di una nuova speranza per chi crede negli ideali di un mondo globale. L'Europa si è concentrata negli ultimi anni molto sull'allargamento a Est, ottenendo risultati altalenanti. Personalmente credo che oggi sia un dovere morale proseguire nell'allargamento, cominciando con Serbia e Albania. Ma è anche arrivato il momento per l'Europa di fare un focus sul Mediterraneo, utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione (cooperazione internazionale, aiuti allo sviluppo, moral suasion) a cominciare dal prossimo summit a Malta dell'11 e 12 novembre fra i paesi dell'Unione e africani.

Occorre, infine, superare la logica dell'egoismo nazionale. E dunque superare Dublino. Giusto che gli hotspot siano gestiti a livello europeo, ma ciò sarà possibile solo se ogni Paese accoglierà un certo numero di ospiti (quote) e i rimpatri per chi non ha diritto di asilo verranno organizzati dall'Unione Europea, e non dai singoli Stati. L'Europa, del resto, è ad un bivio, e non lo dicono solo i giornali o la politica, è sotto gli occhi di ognuno di noi ogni giorno. O ritrova le ragioni, ideali, del proprio stare insieme. Oppure diventa un noioso condominio di regole astratte e sterili. Regole quasi sempre economiche, e per di più molto spesso sbagliate.

Chi ha studiato la storia della fine delle grandi civiltà, a cominciare dalla decadenza dell'Impero Romano, sa che il declino non inizia da un dato economico, ma culturale. Spirituale, vorrei dire, nel senso laico del termine.
L'Europa deve scegliere se continuare a voltare le spalle alla realtà o affrontarla. Con tutte le sue complessità. Con schiena dritta e sguardo visionario. Con coraggio e intelligenza, Direttore, come chiede lei e i suoi colleghi europei. Dopo mesi in cui noi italiani ci siamo sentiti soli a fronteggiare l'emergenza, non solo in mare, ma anche soprattutto ai tavoli di Bruxelles, oggi tutto sembra cambiato.

Sono molto fiero dei passi in avanti economici dell'Italia. Siamo finalmente fuori dalla crisi, il Pil torna a crescere e grazie alla riforma del Jobs Act aumentano i posti di lavoro stabili, di qualità. Tuttavia, so perfettamente che la storia non giudicherà la mia generazione dallo spread o dalle riforme. Ma dal modo con il quale avremmo tutelato e difeso la dignità delle persone. E noi siamo fieri e orgogliosi del modo con il quale in Austria, in Germania, e altrove, i nostri connazionali europei, i nostri fratelli europei, hanno accolto i fratelli rifugiati.

Noi lo stiamo facendo da mesi ormai. E non ci siamo stancati, e non ci stancheremo di salvare tutti coloro che guardano alla nostra Europa non più soltanto come a una bella storia del passato, ma come un futuro possibile. Insieme.

© Riproduzione riservata
11 settembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/09/11/news/l_europa_e_a_un_bivio_non_puo_piu_voltare_le_spalle_o_le_sue_ragioni_spariranno-122632224/?ref=HREA-1
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« Risposta #119 inserito:: Settembre 11, 2015, 11:43:58 am »

Taglio tasse casa, Renzi bocciato dal consigliere della Merkel: “Irragionevole. Ha paura dei suoi elettori?”
Lars Feld a ilfattoquotidiano.it: "Se il governo italiano persevera, è probabile che Bruxelles chieda nuovi tagli della spesa a copertura della cancellazione delle tasse.
Jobs act? Insufficiente"


Di F. Baraggino e G. Scacciavillani | 4 settembre 2015

Lars Feld, l’economista più influente della Germania, non ha dubbi. Mentre secondo Pier Carlo Padoan il funerale delle tasse sulla casa annunciato da Matteo Renzi per il prossimo dicembre si farà e sarà seguito dalla scomparsa di molte altre imposizioni fiscali, per l’ascoltatissimo consigliere di Angela Merkel, quella del premier italiano è una scelta irragionevole e molto probabilmente dettata da esigenze elettorali. E il motivo della sua valutazione non sta in un teutonico no alla violazione delle regole comunitarie, bensì nella semplice constatazione del fatto che la cancellazione di Imu, Tasi e affini non avrà alcun impatto sulla crescita italiana. E per di più potrebbe costarci nuovi tagli della spesa pubblica già fresca di poderose sforbiciate a colonne portanti del welfare come la sanità.

“Non credo che sia una scelta ragionevole. Penso che la pressione fiscale in Italia sia molto alta, ma se Renzi vuole spingere la crescita, deve migliorare le condizioni di investimento – spiega a ilfattoquotidiano.it il professore dell’Università di Friburgo nel corso di un’intervista a margine del Forum The European House Ambrosetti -. Questo significa che le tasse sugli utili delle imprese e quelle sui redditi individuali sono molto più importanti delle imposte sulla proprietà o delle tasse sulla casa. E vuol dire che se Renzi vuole attenuare la pressione fiscale, deve ragionare su altri tipi di tassazione, non su quelle sulla casa”.

Proprio come suggerisce Bruxelles e, va riconosciuto, come sarebbe effettivamente ragionevole nonché utile a spingere investimenti e consumi. Ma come mai allora il presidente del Consiglio italiano insiste nell’andare nella direzione opposta? “Non saprei. Forse ha paura che gli elettori sarebbero scontenti se le tasse sulla casa dovessero rimanere alte mentre vengono tagliate delle altre imposte”, commenta senza mezzi termini l’economista che siede nel Consiglio Tedesco degli Esperti Economici, ammettendo che la politica fiscale è sempre una “scelta politica“, dato che “c’è sempre una sorta di ridistribuzione in base alla tipologia di tasse sulle quali si decide di agire”.

Da Bruxelles, in ogni caso, è probabile che non arriveranno “conseguenze troppo pesanti”, a condizione chiaramente che il taglio delle tasse sulla casa non comporti uno “sforamento del tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil. Quello che questa nuova scelta fiscale farà, è modificare le misure di prevenzione contenute nel patto di stabilità e crescita e le stime sulla capacità del Paese di ridurre il rapporto debito/Pil”. Naturale quindi ritenere che “la Commissione chiederà delle compensazioni, forse sul fronte dei tagli“. Cioè ulteriori coperture attraverso una riduzione della spesa pubblica. Un conto che potrebbe essere salato viste le cifre in gioco, nonostante gli effetti positivi sulla crescita della cancellazione di Tasi e Imu siano ancora tutti da dimostrare. “Non credo ci sarà alcun effetto sulla crescita. La speranza è che i consumi aumentino in seguito al taglio delle tasse sulla casa, ma non è il problema principale dell’economia italiana, che invece riguarda le condizioni di investimento troppo sfavorevoli per gli investitori e questo deve essere migliorato”.

Il riferimento è ancora una volta alle imposte sugli utili delle imprese “che in Italia sono alte in confronto al resto d’Europa e del mondo e che quindi andrebbero abbassate”. Ma non solo: “Ci sono cose oltre alle tasse che frenano gli investitori, principalmente le condizioni del mercato del lavoro “, aggiunge. Una doccia fredda per Renzi che non più tardi di 20 giorni fa nel corso della visita della Merkel all’Expo meneghina aveva tessuto le lodi della sua riforma del lavoro, sottolineando che i dati Inps sull’occupazione a tempo indeterminato “dimostrano come il Jobs Act stia funzionando molto bene”. Evidentemente Berlino, nonostante gli elogi espressi a Roma quando la riforma era appena stata approvata, non la pensa esattamente così.

Cosa non va nel Jobs act? “Innanzitutto manca l’implementazione: avete fatto la riforma, ma il sistema giuridico ha ancora un forte peso sul reale impatto della regolamentazione. Se per esempio si confrontano le leggi sul licenziamento e le decisioni dei tribunali sui licenziamenti individuali, non è cambiato molto. Il successo della riforma del lavoro italiana è legato alla riforma del sistema giuridico e non credo che questo possa essere raggiunto facilmente. Avrei preferito una riduzione dell’impatto delle decisioni del sistema giuridico sulla regolamentazione del mercato del lavoro”. Anche perché “avere una chiara indicazione su quanto ti costerà licenziare qualcuno è molto importante per chi investe”.

Quanto alla relazione tra le performance dei singoli Paesi Ue e le rispettive bilance commerciali, Feld nega che il surplus tedesco nell’export possa tradursi in un ostacolo per i partner europei. “Le bilance commerciali sono il risultato dalle decisioni individuali di consumatori e imprese dei singoli Paesi. Non appena le diverse economie diventeranno più competitive la bilancia cambierà. In particolare se guardiamo ai dati più recenti possiamo dire che la bilancia commerciale bilaterale tra la Germania e i partner della zona euro è cambiata diventando più equilibrata. Paese a parte è la Francia, non l’Italia. Quindi la bilancia commerciale non è più un problema nell’unione monetaria se non per i francesi. L’abbondante surplus che la Germania sta realizzando arriva da Paesi esterni alla Ue, principalmente dagli Usa, che stanno diventando il più importante partner commerciale al posto della Francia, e dall’altro lato dai Paesi emergenti come la Cina“. Insomma, niente illusioni: “Riequilibrare la bilancia commerciale tedesca attraverso uno stimolo della domanda interna non è al momento un obiettivo del governo di Angela Merkel”.

La parola d’ordine rimane sempre la stessa: competitività. Ma non si tratta di pianificare la produzione industriale o di sterzare sul mercato dei servizi. Feld si fida del mercato: “Sono un economista liberale, per questo sostengo che anche in Italia si debba semplicemente aiutare gli investitori e loro troveranno da soli i prodotti che vendono. Sono sempre rimasto impressionato dalla capacità delle imprese italiane di vendere prodotti di alta qualità all’estero nonostante le molte “restrizioni” che subiscono dal lato politico. Ma adesso le “restrizioni” per loro sono troppo forti, al punto che non saranno in grado di innovare come hanno fatto finora. Parliamoci chiaro: ormai molte aziende italiane investono all’estero. E una delle imprese leader, la Fiat, non è più un’azienda italiana”.

di F. Baraggino e G. Scacciavillani | 4 settembre 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/04/taglio-tasse-casa-renzi-bocciato-dal-consigliere-della-merkel-irragionevole-ha-paura-dei-suoi-elettori/2008430/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-09-05
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