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Autore Discussione: Il signor B. è in difficoltà? Subito la sinistra corre in aiuto...  (Letto 2427 volte)
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« inserito:: Febbraio 16, 2009, 09:34:27 am »

ECONOMIA     

Il sindacato di Epifani propone di applicare il prelievo a chi guadagna più di 150 mila euro l'anno.

Sì del Pd. Gli industriali: "Inutile, scatena lotta di classe"

La Cgil: "Tassare i redditi alti" E' scontro con Confindustria

di LUISA GRION
 

ROMA - Servono soldi? Chiediamoli a chi ne ha di più. Guglielmo Epifani ne aveva già parlato due giorni fa dal palco di piazza San Giovanni, teatro della manifestazione di statali e metalmeccanici Cgil contro la politica economica del governo e la riforma della contrattazione. Ora il primo sindacato d'Italia torna, con più forza, a proporlo. In tempi di crisi nera, come questa, chi più ha più dà: dunque si potrebbe aumentare, temporaneamente, la tassazione sui redditi superiori ai 150 mila euro annui. Le entrate così recuperate potrebbero essere spese a favore di chi sta peggio e dei giovani precari: una sorta di tassa di solidarietà.

Ieri, la proposta è stata rilanciata negli studi di "Domenica in" da Agostino Megale, segretario confederale Cgil, ottenendo un "sì" di massima dal Pd (sia dalla componente Ds che dalla componente Margherita) e un "no" deciso da Confindustria. "La crisi richiede uno sforzo eccezionale - ha spiegato Megale - negli ultimi 7-8 anni i redditi dei lavoratori dipendenti solo aumentati in media dello 0,5 per cento, vale a dire, 4.500 euro, quelli dei dirigenti dell'8, cioè 25.000, quelli dei primi cento top manager di 830.000 euro: ognuno di loro guadagna quanto cento operai o cento impiegati". L'intervento cui pensa il sindacato è una tassazione extra per due anni che - rifacendosi a provvedimento già approvato in Gran Bretagna - aumenti del 5 per cento (dal 43 al 48 per cento) l'aliquota per i redditi oltre i 150 mila euro (215 mila contribuenti secondo la Cgil, 115 mila per il fisco) ottenendo un miliardo e mezzo di gettito aggiuntivo.

L'idea non piace affatto a Confindustria: "Un'operazione del genere alimenterebbe solo una lotta di classe superata da anni e porterebbe ben poco nelle casse dello Stato" ha commentato Alberto Bombassei, vicepresidente dell'associazione. "La crisi è difficile, serve altro: non saranno quei 70-80 supermanager italiani a fare la differenza con le loro tasse". Dello stesso parere Fabio Cerchiai, presidente dell'Ania, l'associazione delle assicurazioni che boccia la proposta come "negativa".

Non la pensa così, invece, il Pd, che considera fattibile, anche se non risolutiva la proposta della Cgil. "Una soluzione del genere l'aveva applicata anche il governo Prodi, che per un anno aveva sterilizzato l'indicizzazione delle pensioni alte - commenta l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano - ma le misure temporanee di scopo non portano gettiti rilevanti. Questa soluzione potrebbe contribuire assieme ad altre a definire un piano d'intervento di spirito collaborativo, ma per fare questo bisognerebbe aprire un tavolo di concertazione e mi pare che il governo non abbia alcuna intenzione a riguardo".

La tassazione extra piace anche ad Enrico Letta che ricorda come lui stesso abbia proposto - poco tempo fa - di finanziare le protezioni per i parasubordinati senza rinnovo attraverso un contributo straordinario dei redditi alti: dai parlamentari in su. Sempre guardando a sinistra plaude alla Cgil anche Rifondazione, partito che poco più di due anni fa aveva lanciato la campagna "Anche i ricchi piangano" proponendo tassazioni extra sui redditi alti e rendite. "Una scelta del genere metterebbe finalmente mano all'enorme problema della mancata redistribuzione del reddito - dice Paolo Ferrero - Meno male che ci ha pensato la Cgil visto nel piano anti-crisi del Pd non c'era nulla a riguardo. Invece se non si parte da lì, dalla crisi non si esce".

(16 febbraio 2009)

da repubblica.it
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Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Febbraio 16, 2009, 11:47:41 pm »

Per solidarietà, perché ciascuno faccia la sua parte»

di Laura Matteucci


«L’idea è questa: una tassa di solidarietà temporanea, della durata di due anni, perchè nei momenti di crisi ognuno faccia la sua parte. Consapevoli dei carichi di responsabilità e lavoro che hanno gli alti dirigenti, ma anche delle enormi difficoltà di chi guadagna mille euro al mese, o nemmeno quelli». Una tassa per chi guadagna oltre 150mila euro l’anno, che in due anni si tradurrebbe in un totale di circa 3 miliardi. Il segretario confederale Agostino Megale spiega la proposta della Cgil a sostegno di precari e disoccupati, nata da una ricerca dell’Ires sull’evoluzione degli stipendi, la conferma di una forbice sempre più allargata tra impiegati e manager. E avvalorata sia da un intervento analogo in Gran Bretagna, sia dalle parole del governatore di Bankitalia Draghi, che al G7 ha invitato ad «agire con efficacia per gli stipendi dei manager».

Partiamo dai dati: qual è la dinamica dei redditi?
«Tra il 2001 e il 2008 i redditi lordi di operai e impiegati, al netto dell’inflazione, sono cresciuti solo lo 0,5%, 4mila e 500 euro. Nello stesso periodo la paga dei dirigenti è aumentata dell’8,3%, oltre 25mila euro. E nella classifica dei primi 100 top manager abbiamo un aumento del 23%, oltre 830mila euro in cifra assoluta. Questa analisi giustifica e rafforza la necessità di una vera e propria tassa di solidarietà».

Come si calcola in concreto?
«Abbiamo immaginato un aumento dell’aliquota del 5%, portandola dal 43 al 48%, sulle classi di reddito sopra i 150mila euro annui (215mila contribuenti, ndr). Si potrebbero ricavare circa 3 miliardi in due anni, da destinare ai giovani precari, ai disoccupati, a chi è più colpito dalla crisi».

Sarebbero sufficienti?
«Potrebbero contribuire. Affiancherebbero la quota per gli ammortizzatori sociali stanziata attraverso il piano congiunto Regioni-governo. Che tra l’altro presenta alcuni svantaggi: distoglie risorse dal Mezzogiorno, e entrerà in vigore solo tra alcuni mesi. Un’altra misura auspicabile, poi, sarebbe di ridurre di 50 euro le tasse su lavoro e pensioni.

E, comunque, tutte le iniziative dovrebbero venire affiancate da una rigorosa lotta all’evasione fiscale, quella che Vincenzo Visco aveva impostato e che questo governo ha sostanzialmente abolito. Il punto è uno solo: per far fronte alla crisi ci vogliono soldi freschi, bisogna investire».

Tremonti ha paura della lievitazione del debito.
«Se non investiremo ci ritroveremo ultimi in Europa come capacità produttive e competitività, e con un debito comunque alto. Noi stiamo investendo solo lo 0,2% del pil, gli altri paesi tra l’1 e l’1,5%».

Brunetta è favorevole a mettere un tetto agli stipendi pubblici.
«Non è la nostra proposta, però forse significa che non sarà animato da furore ideologico nei nostri confronti».

lmatteucci@unita.it


16 febbraio 2009
da unita.it
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