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Autore Discussione: Perché una SANITA' da sogno costerebbe (molto) meno. Scritto da Luca Foresti  (Letto 6023 volte)
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« inserito:: Febbraio 15, 2009, 02:59:50 pm »

«Userò la mia esperienza nella società civile. Ora penso a mia moglie»

Englaro: in campo, ma non in politica

Beppino oggi torna dal Friuli a Lecco: la politica mi ha deluso, non ci entrerò mai


DAL NOSTRO INVIATO

UDINE — Un po' frastornato, come dice lui, ma sempre in piedi. A Paluzza, nella casa di famiglia, papà Beppino si fa coccolare da amici e parenti. Ma non trascura quello che succede oltre i monti dell'amata Carnia. Ignazio Marino propone un referendum sul testamento biologico? «Sì, l'ho sentito. Ma dico io, perché la politica non prende atto di come stanno le cose? Il mondo della medicina considera terapia la nutrizione artificiale: perché negarlo? Comunque se la legge dovesse passare senza ammettere la possibilità di sospendere alimentazione e idratazione artificiali, sarà necessario un referendum, e io lo sosterrei».

Dopo quasi una settimana di black-out, papà Beppino torna nel dibattito sui temi di fine vita. Ancora una volta in veste di testimone. Ma presto il suo ruolo sarà ben definito. Non in politica, «mi ha deluso, tranne alcune eccezioni, non ci entrerò mai», ma come presidente nella fondazione che porterà il nome di Eluana (nascerà dall'associazione di volontari che lo ha aiutato a eseguire la sentenza): «Non posso lasciarmi alle spalle quello che ho passato, spero di valorizzare la mia esperienza come patrimonio a disposizione della società civile». Sarà il suo futuro, forse anche il nuovo senso della vita di Beppino Englaro: con il ricavato delle cause per risarcimento del danno che i suoi avvocati hanno annunciato sarà finanziata un'attività di ampio respiro: proseguire il confronto sulle tematiche al confine tra la vita e la morte, promuovere la ricerca anche con borse di studio, organizzare tavole rotonde a livello internazionale.

Per adesso Beppino vive alla giornata. «Sto cercando di capire come tornare alla normalità dopo anni e anni in cui io e la mia famiglia ci siamo sentiti violentati». Il pensiero non va solo a quella «figlia inerme, per 17 anni ostaggio di mani altrui», ma anche a Sati, moglie e compagna di vita: «Il dramma di Elu l'ha consumata, Sati si è distrutta a starle accanto al letto». Ci riflette, poi dice: «Siamo sempre stati diversi: io, aggressivo sempre pronto a buttare fuori il mio dolore; lei in silenzio, disposta a mandar giù ogni boccone amaro. Per questo il nostro primo avvocato la voleva come tutrice di Elu. Purtroppo la malattia non glielo ha permesso ».

Non dimentica papà Beppino, neppure un istante del tempo trascorso a lottare «per dare voce alla figlia». In quel passato di attacchi personali, anche un'isola felice: «Tornerò a trovare suor Rosangela nella casa di cura di Lecco perché abbiamo sempre parlato umanamente: ognuno con le sue idee, certo, ma con rispetto reciproco ».

Il presente, invece, è ancora a Paluzza, con il fratello Armando. Ma non per molto: «È vero che qui ci sono le mie radici, e ora anche la tomba di Eluana, ma mi sento cittadino del mondo, ho lasciato la Carnia in gioventù e non penso di voler tornare a viverci. Sentirò vicino mia figlia ovunque sarò». Oggi pomeriggio il rientro a Lecco con una scorta dei carabinieri: «Li chiamo i miei angeli custodi, gli uomini che mi proteggono. Ma spero che non vada avanti per molto. Preferisco che mi sparino piuttosto che non essere libero». Una pausa. Poi spiega: «La libertà per me è la prima cosa. Altrimenti in nome di cosa avrei lottato finora?».


Grazia Maria Mottola
15 febbraio 2009

da corriere.it
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 09, 2017, 05:38:04 pm »

Categoria: Res Publica   

Perché una sanità da sogno costerebbe (molto) meno.
Spiegato in breve scritto da Luca Foresti il 21 Ottobre 2016



Una delle ragioni per cui i sistemi sanitari hanno problemi è la distanza che si è venuta a creare tra la catena del valore alla produzione generata da chi gestisce il sistema (chi lo governa, chi paga, chi eroga) e i cittadini che ne devono fruire.

Quale sarebbe una catena del valore a misura di paziente? E quanto costerebbe averla?

Primo anello di questa catena ideale è l’informazione. Tutto quello che può essere pubblicato online deve essere pubblicato online. Qualsiasi limitazione a questo principio viene interpretato come incapacità da parte del sistema di andare incontro al paziente. Foto dei medici, loro curriculum vitae, le loro statistiche cliniche, le loro agende, la spiegazione delle prestazioni che erogano, le opinioni dei pazienti su di loro, la possibilità di prenotare online una prestazione. Si tratta di informazioni che un cittadino di questa epoca si aspetta di avere dal sistema sanitario. Ovviamente avendo le informazioni online una parte consistente delle domande e dei dubbi che oggi si riversano nei call-center o sui desk scomparirebbero. I moduli non verrebbero più stampati ma si potrebbero scaricare e gestire in modo digitale, abbassando i costi sia per il sistema sanitario che per i pazienti.

Altro anello della catena del valore: il tempo. Ogni attesa “inutile” viene vissuta negativamente. Liste di attesa, code, lunghi tempi di anticamera fuori dagli studi, lungaggini per avere un referto. Oggi quasi tutto al di fuori della sanità avviene in tempo reale e queste attese sono incomprensibili ai più. Poiché l’attesa produce una parte consistente dei cosiddetti no-show (il paziente non si presenta all’appuntamento) dovuti al fatto che nel frattempo il problema o è passato o è stato gestito in altro modo, si libererebbero spazi e diminuirebbe il costo della gestione delle agende.

Poi c’è il costo: ci si aspetta di pagare una cifra appropriata rispetto alla prestazione erogata. Per cui ormai non è più considerata accettabile la mega-parcella per i 10 minuti del luminare. Questo ragionamento vale per la parte privata della sanità, mentre quella pubblica vede oggi una quantità di ticket pagati dai pazienti che è una piccola frazione del costo sanitario complessivo per lo Stato.

I luoghi: le persone cercano luoghi belli, curati, con odori, colori, rumori piacevoli. Sedie comode, wifi attivi, giornali freschi di giornata. Si tratta di aspetti quasi irrilevanti in termini di investimenti e di costi di gestione rispetto ai costi del personale, elettromedicali e infrastrutture.

Le persone: ci si aspetta di avere a che fare con persone gentili, che ascoltano e sanno aiutarci ad affrontare i nostri problemi di salute e anche di ansia sulla nostra salute. Ci aspettiamo di avere a che fare con persone equilibrate che sanno raccogliere e gestire le nostre difficoltà psicologiche, a volte strutturali e a volte causati dallo stato di salute in cui versiamo in quel momento. Nessuna spesa maggiore, ma formazione e controllo degli operatori da parte della struttura erogativa. Ovviamente persone così preparate produrrebbero meno reclami e problemi nella relazione con i pazienti e quindi risparmi per la struttura.

Poi c’è la qualità clinica: ci presentiamo al sistema con un problema. Ci aspettiamo che il sistema accolga il nostro problema e cerchi di affrontarlo, al meglio delle conoscenze scientifiche esistenti. Quindi ci aspettiamo che gli operatori sanitari siano preparati e sappiano dirci la verità su ciò che si può o non si può fare. E che ci mettano nelle condizioni di capire non solo la diagnosi ma soprattutto la prognosi. Vogliamo sapere che ne sarà di noi da quel momento in avanti. Vogliamo essere presi in carico fino a che non saremo giudicati fuori dal problema. E se il problema diventasse cronico, vogliamo che ci vengano ben spiegati tutti gli aspetti che possono migliorare la qualità della nostra vita. La gran parte dei problemi di cattiva gestione clinica deriva dal poco ascolto del paziente e dal poco tempo dedicato alla spiegazione di cosa fare. Il risultato di queste mancanze sono: medicinali, diagnostiche e terapie inutili prescritte. Ovviamente con costi maggiori per il sistema sanitario.

La tecnologia: tutto ciò che può essere fatto dalla tecnologia a minori costi e migliore qualità deve essere fatto in quel modo. Non vogliamo ripetere le stesse operazioni 100 volte. Non vogliamo portarci dietro tonnellate di referti da presentare all’ennesimo medico che per l’ennesima volta non sa nulla di noi e in 10 minuti deve sia capire tutta la nostra storia che capire cosa fare. Database unificati, sistemi informatici che si parlano tra loro. Anche qui, a meno di una quota di investimenti iniziali, oggi piuttosto limitata grazie a strumenti quali il cloud computing e il SaaS (Software as a Service) business model, i costi successivi si abbasserebbero sensibilmente, come tutti i processi di digitalizzazione dei servizi dimostrano.

Ultimo anello della catena del valore è la trasparenza: ci aspettiamo la massima trasparenza su tutto quello che riguarda la nostra salute. La trasparenza è un vincolo al comportamento degli operatori, che quindi devono stare particolarmente attenti a gestire in modo adeguato tutte le attività sotto la loro responsabilità

Questa è la catena del valore dei pazienti. Solo soddisfacendola creeremo un sistema migliore. E spenderemmo molto di meno rispetto ad oggi. Perché non provare a farlo?

Twitter @lforesti

Da - http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2016/10/21/perche-una-sanita-da-sogno-costerebbe-molto-meno-spiegato-in-breve/
« Ultima modifica: Febbraio 25, 2018, 11:30:16 am da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #2 inserito:: Dicembre 08, 2017, 10:37:08 am »

Ridateci i medici che sanno fare diagnosi: oggi per il paziente è via crucis tra gli specialisti
Nella medicina moderna sembra sparito lo sguardo d’insieme e ormai chi sta male viene spedito da mille diversi esperti per capire cosa ha. E forse anche per questo si moltiplicano i santoni e le cure fai-da-te

DI ALESSANDRO GILIOLI   
07 dicembre 2017

Il dottore ideale, quello dei nostri sogni, è un/una rassicurante professionista di mezza età che prima ascolta pazientemente le tue lamentazioni, quindi ti osserva 
la lingua, ti misura la pressione, ti ausculta il torace, magari smartella un attimo
le ginocchia e infine decide che malattia hai: imbroccandola, naturalmente. 
Due ricette rosse, una visita in farmacia e tre settimane dopo stai bene come prima.

Questo medico non esiste - se non nei nostri sogni appunto - e dobbiamo farcene una ragione.
Purtroppo però esiste sempre di più il suo opposto esatto: il medico che sbadiglia o risponde al cellulare mentre gli spieghi i tuoi sintomi, se fuori dallo studio c’è un po’ di coda nemmeno ti visita, poi ti guarda un po’ scocciato e rapidamente ti prescrive un decathlon di esami diagnostici specialistici, senza spiegartene le ragioni.

A questo punto il mondo (dei pazienti) si divide in due: quelli che rassegnatamente si trascinano alla più vicina Asl e prenotano appuntamenti per tutti i mesi a venire, dopo essersi dotati di agende anche degli anni successivi; e quelli, più benestanti 
o coperti da assicurazione, che si recano in un centro privato per affrontare i test a batteria, uno via l’altro, un giorno nel tubo della Rmn e il mattino dopo a farsi punzecchiare con l’elettromiografia.

Abbandoniamo cinicamente i primi (i meno abbienti) al loro destino: probabilmente non riusciranno a completare l’inventario degli esami prescritti prima di quello autoptico.

La medicina è ormai un prodotto di consumo e siamo bombardati da notizie sull'ultima miracolosa cura di turno. Così negli ultimi anni anche le persone sane sono state trasformate in potenziali malati per vendergli qualche pillola

Prendiamo in considerazione invece i più fortunati secondi, che mettendo mano al portafogli collezionano una decina di chili di referti e poi iniziano a farsi ricevere negli studi con boiserie degli specialisti. Sembrerà strano, ma è a questo punto che per il/la paziente inizia il gioco più divertente, basato - un po’ come il biliardo - sul principio del rimbalzo con traiettorie più o meno prevedibili. Ad esempio, il cardiologo ti manda dal gastroenterologo che ti consiglia una visita dal neurologo, il quale viste le carte ti spedisce dall’epatologo, che però scuote la testa, prescrive nuovi test 
e ti inoltra dall’ematologo, e così via con qualche picco da brivido (la sala d’attesa dell’oncologo è tra le meno ambite) e talvolta un finale dall’otorino, il quale non avendo capito perché ti hanno mandato lì, già che c’è ti stura l’orecchio col siringone, per dare un senso all’incontro. E così alla fine di tutto il circo non è che ti senti meglio, ma almeno ci senti meglio.

Tutto questo è parodia, s’intende. O quasi. In ogni caso forse un problema ce l’ha, 
la medicina contemporanea così iperspecializzata e iperfondata sulle più evolute macchine diagnostiche. E il problema è che quasi nessuno ti guarda più per intero, dai piedi alla testa, dall’anima all’unghia. Sembra che ciascuno di noi non sia più una cosa sola e totalmente interconnessa al suo interno, bensì un’addizione 
di componenti meccaniche, pistoni, giunti, cuscinetti a sfera, assali. Tu stai male 
e vai dal medico di base, che ti spedisce dallo specialista dei pistoni, il quale 
ti assicura il funzionamento del pistone quindi lui non c’entra e ti assegna al tecnico dei cuscinetti a sfera, proviamo un po’ a vedere che dice lui, eccetera.

E a questo punto al sottoscritto - rigidamente razionalista, illuminista, scientista, cartesiano e kantiano - viene tuttavia un dubbio: non è che oggi hanno tanto successo i bufalari della salute, on line o meno, perché la medicina vera sbaglia qualcosa, almeno nell’approccio al paziente?
© Riproduzione riservata 07 dicembre 2017

Da - http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/11/29/news/i-medici-che-sanno-fare-diagnosi-sono-estinti-per-il-paziente-e-via-crucis-tra-gli-specialisti-1.315123?ref=HEF_RULLO
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« Risposta #3 inserito:: Dicembre 15, 2017, 09:37:12 am »

Eutanasia

Di Demetrio Neri - Dizionario di Medicina (2010)

I diversi approcci all'eutanasia nel mondo

Il tema dell’eutanasia è legato alle complesse questioni etico-filosofiche e antropologiche del senso stesso della vita e della morte come segno dell’umana finitezza e fragilità, della disponibilità o indisponibilità della vita sia da parte di altri, sia da parte del soggetto stesso, e quindi, sul piano morale e sul piano giuridico, del divieto di uccidere e della liceità del ‘suicidio razionale’. La letteratura in proposito è immensa e si può ben dire che, sul tema, la filosofia e le religioni hanno già detto tutto quel che si poteva dire, sia a favore sia contro.
Le novità del dibattito corrente. Dagli anni Settanta del 20° sec. in poi, con la nascita e lo sviluppo della bioetica, questo antico dibattito ha ripreso forza perché sono emersi nuovi aspetti del tema della fine della vita umana, legati ai mutamenti strutturali delle condizioni del morire nell’epoca della medicina tecnologica: oggi siamo in grado di salvare molte più vite che in passato, ma in alcuni casi questo si traduce nel procrastinare il momento della morte in condizioni che le persone possono considerare non rispettose della loro dignità. Non sempre è facile stabilire se stiamo aggiungendo vita ai giorni o solo giorni alla vita. Sono state introdotte nuove nozioni, come la distinzione tra la vita intesa in senso meramente biologico e la vita intesa in senso biografico, e ci si è chiesti se, a salvaguardia della dignità della persona nelle fasi finali della vita, debba contare di più la sua durata o la sua qualità. Il dibattito si è quindi spostato dal terreno etico-filosofico a quello giuridico: non si discute più soltanto delle ragioni per le quali singoli atti di eutanasia possono essere giustificati o meno sul piano morale, quanto dell’opportunità di modificare il modo in cui tali atti sono qualificati sul piano giuridico, e cioè in termini di divieto sanzionato da pene severe, ma quasi mai applicate nella pratica giudiziaria. Da un lato, ci si chiede perché continuare a qualificare come criminale un atto che, una volta portato all’attenzione del giudice, non viene considerato meritevole di punizione: non sarebbe opportuno modificare le norme giuridiche per renderle più adeguate a un diffuso mutamento (stando a numerose inchieste) della sensibilità sociale in tema di fine della vita umana? Dall’altro lato, vi è chi avanza il timore che un’eventuale attenuazione del rigore delle norme poste a protezione della vita umana potrebbe avere effetti indesiderabili in termini di erosione del rispetto dovuto alla vita, giungendo infine a giustificare la soppressione di tutti coloro che non sono utili alla società (argomento del «pendio scivoloso»). Il dibattito è tuttora in corso e, pur con differenze connesse alla peculiarità dei vari ordinamenti giuridici, si possono individuare almeno tre orientamenti.
Eutanasia attiva. L’approccio largamente dominante resta fermo al carattere antigiuridico dell’eutanasia, talvolta prevista come specifica ipotesi di reato (in genere con pene leggere, fino ad arrivare alla non punibilità), ma più spesso ricondotta, come nel nostro codice penale, al reato di omicidio (art. 475), di omicidio del consenziente (art. 579) e di aiuto al suicidio (art. 580). Il primo Paese a legalizzare l’eutanasia è stato il Northern Territory of Australia, con una legge del 16 giugno 1995, poi abrogata dal Parlamento federale australiano il 25 marzo 1997. Dal 1º apr. 2002 l’eutanasia attiva è legale in Olanda, in base a una legge approvata a seguito di un vasto dibattito iniziato già negli anni Settanta, e dopo circa un decennio di sperimentazione di una forma di ‘non punibilità’ di atti di eutanasia su richiesta del paziente, eseguiti in accordo a un protocollo redatto dall’Associazione medica olandese. L’esempio olandese è stato seguito dal Belgio (con una legge del 16 maggio 2002) e dal Lussemburgo (con una legge del 19 febbr. 2008). In altri Paesi se ne discute: per es. in Colombia, a seguito di una nota sentenza della Corte costituzionale del 20 maggio 1997 che ha reso di fatto legittimo ‘l’omicidio pietoso’ su richiesta del paziente.
Assistenza medica al suicidio. È una modalità legalmente possibile in tutti gli Stati il cui ordinamento non preveda il reato di aiuto al suicidio (come Germania, Francia, Finlandia, Svezia, Canada). Gli esempi più noti sono la Svizzera, dove esistono centri privati nei quali i pazienti vengono aiutati a morire, e l’Oregon (USA) che, con una legge dell’8 nov. 1994, poi confermata da un referendum del 27 ott. 1997, consente ai medici di prescrivere ai pazienti che lo richiedano la dose appropriata di farmaco, purché i pazienti compiano da sé l’ultimo gesto. Sulla stessa linea, più recentemente, si è collocato lo Stato di Washington (2008).
Forme passive. Si identificano come forme passive di eutanasia quelle condotte che ‘lasciano accadere’ l’evento morte attraverso la non attivazione o l’interruzione dei trattamenti che tengono in vita il paziente, accompagnate dall’apprestamento di cure palliative idonee a controllare la sofferenza terminale. È l’approccio più diffuso nel mondo, in conseguenza della sempre maggiore affermazione e accettazione del principio di autodeterminazione nei confronti dei trattamenti sanitari, e per effetto di note sentenze giudiziarie (come negli Stati Uniti) o dell’interpretazione evolutiva di norme già esistenti (come in Italia, a partire dagli artt. 13 e 32 della Cost.), o di specifiche leggi organiche concernenti il consenso informato ai trattamenti sanitari e i diritti del paziente (di solito con l’estensione anche agli stati di incapacità decisionale per mezzo del cosiddetto testamento biologico). Quest’ultima strada è stata seguita dalla Danimarca con la legge sullo «statuto giuridico del paziente» (1998), dalla Spagna con una legge del 2002 «sui diritti dei pazienti», dalla Francia con una legge del 2005 relativa ai «diritti del malato e alla fine della vita».

Demetrio Neri

Da treccani.it

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« Risposta #4 inserito:: Febbraio 25, 2018, 11:26:27 am »

Sanità, partiti divisi sul ruolo del privato

Centrosinistra e Liberi e Uguali difendono il pubblico, il centrodestra vorrebbe più competizione

Pubblicato il 18/02/2018

A CURA DI PAOLO RUSSO

La sanità rischia di esplodere come una polveriera, stretta tra invecchiamento della popolazione e costi dell’innovazione che ne minano la sostenibilità economica. Nonostante questo i programmi dei partiti si limitano a proposte vaghe, tant’è che è servito interpellare i responsabili sanità dei partiti per metterle a confronto, che in tutti gli schieramenti puntano ad aumentare le risorse per il servizio pubblico, ad assumere personale per arginare la desertificazione di corsie e studi medici, a tagliare i super-ticket.  

Le coperture finanziarie? Quasi sempre un optional o centrate su generiche spending review. Partiti divisi invece sul ruolo del privato, con centrosinistra e Leu a stretta difesa del pubblico e centrodestra che ne rafforza il peso proponendo più competizione con il pubblico, anche se a parità di qualità e di rispetto dei costi standard. Sui vaccini si conferma il fronte comune Lega-Cinquestelle, che ne difendono l’utilità ma chiedono un passo indietro sull’obbligo.

Centrosinistra, Più risorse per infermieri, medici e farmaci innovativi  
Come larga parte dei partiti in corsa anche il Pd e i suoi alleati propongono «un progressivo aumento del Fondo sanitario nazionale», quantificato in 5 miliardi in 5 anni. Risorse in più da investire prima di tutto per l’assunzione di personale. Dei ticket il programma il Pd non parla, ma c’è Civica Popolare della Lorenzin che ne propone la riforma con l’abrogazione di quello “super” da 10 euro su visite e analisi. Per ridurre le liste d’attesa si propone di promuovere su scala nazionale le migliori esperienze regionali, che in questi anni hanno puntato a vietare la libera professione ai medici quando i tempi di attesa superano i limiti fissati per legge o a riorganizzare il lavoro in modo da effettuare esami e accertamenti fino a sera.  

Per la non autosufficienza proposto un aumento dell’indennità di accompagnamento di 2 miliardi e un bonus per l’acquisto di servizi, badanti incluse. Sui farmaci vanno rivisti i tetti di spesa, con più risorse per quelli innovativi. Consegna per via telematica dei referti medici, aumento dei fondi per i farmaci oncologici in particolare, inserimento nel lavoro per le persone autistiche, incentivi all’industria che fa ricerca sulle malattie rare, promozione della sanità integrativa nel settore pubblico completano il programma.

Centrodestra, Riforma del sistema dei ticket. Eliminati per tutti gli over 65  
Punto centrale del programma del centro destra è il nuovo modello di competitività tra pubblico e privato, dove il pubblico è responsabile della qualità, del costo e dell’appropriatezza delle prestazioni, erogate indifferentemente dal pubblico stesso o dal privato. Il gestore pubblico indirizza i finanziamenti e il cittadino esercita la libera scelta. La gara tra i due settori per lo schieramento di centro destra deve però avvenire con regole e standard di qualità omogenei, sia riguardo le dotazioni di personale e strumentazioni, che della capacità di farsi carico delle prestazioni più complesse e meno remunerative, come servizi di emergenza e di terapia intensiva.

Riguardo i ticket se ne propone la riforma in modo da ridurre il peso eccessivo che grava soprattutto su visite specialistiche e accertamenti diagnostici. Vanno comunque eliminati quelli sul pronto soccorso e tutti gli over 65 devono considerati esenti dai ticket, compresi quelli sui farmaci. Sui vaccini lo schieramento si divide, con Forza Italia favorevole all’obbligo, la Lega contraria ma favorevole a campagne di informazione pro-vax. Sui fondi integrativi la linea è premiare fiscalmente quelli in grado di dimostrare una effettiva funzione complementare. Avanti tutta, infine, con il federalismo sanitario.

Movimento 5 Stelle, Via libera a 10mila assunzioni e liste d’attesa digitalizzate  
Il Movimento 5 Stelle sposa il modello sanitario universalistico pubblico, ma promette di investire nel Fondo sanitario nazionale 12,5 miliardi di euro in più in 5 anni, in modo da raggiungere il 6,7% del Pil. Via libera anche a un piano di 10mila assunzioni, soprattutto infermieri, oggi sotto la media Ue come dotazione per numero di abitanti. Fondi e assicurazioni sanitarie devono garantire in particolare le prestazioni sociali per non autosufficienti e vanno incentivati fiscalmente solo quando effettivamente integrativi, con controlli rigidi sulla qualità dell’assistenza erogata. Via i ticket sui farmaci (la copertura verrebbe da sconti sui medicinali biotecnologici e migliore contrattazione dei prezzi degli altri) e il super ticket da 10 euro su visite e analisi, coperto con misure di spending review.  

Per le liste d’attesa nuovo Piano con digitalizzazione di prenotazioni e obbligo di indicare nelle prescrizioni i codici di priorità per garantire le prestazioni urgenti. L’attività privata dei medici non deve superare il 50% di quella svolta nel pubblico. I medici di famiglia andrebbero invece remunerati più in base ai risultati conseguiti che a singolo paziente in carico. Sui vaccini via il decreto Lorenzin che li ha resi obbligatori ma clausola di salvaguardia, che ne ripristina l’obbligo in caso di rischio epidemico.

Liberi e uguali, Incentivare le nuove tecnologie, edilizia e medicinali generici  
In termini di finanziamento la nostra sanità sta scivolando verso i paesi dell’Est, mentre Leu propone di riallineare la spesa ai valori dell’Ovest Europa, garantendo investimenti pubblici per il rinnovamento tecnologico e l’edilizia sanitaria da finanziare con 5 miliardi in 5 anni. Più soldi serviranno per assumere «almeno 40mila medici e operatori sanitari». Leu punta a riformare il sistema dei ticket, che ad esempio oggi non prevede tetti di reddito per le esenzioni per patologia. Ma intanto punta direttamente all’abolizione del super-ticket da 10 euro per visite e accertamenti diagnostici.  

Dietrofront su quanto fin qui fatto per sostenere mutue e assicurazioni sanitarie «ponendo freno alla diffusione delle polizze sanitarie nei contratti integrativi, evitando di sostenerle con la fiscalità generale». Per le persone non autosufficienti il partito di Grasso propone un Piano sociosanitario nazionale, centrato sull’assistenza domiciliare e articolato in funzione del grado di bisogno. Per racimolare risorse utili a finanziare i costosi farmaci innovativi si punta invece a incentivare maggiormente i medicinali generici, quelli fuori brevetto, venduti con il nome del principio attivo ma a metà prezzo. Proposta anche la riforma del sistema di governo della spesa farmaceutica e dell’Agenzia italiana del farmaco.

 Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.

Da - http://www.lastampa.it/2018/02/18/italia/politica/sanit-partiti-divisi-sul-ruolo-del-privato-33tAGJ35dp3cygGlDPEpyO/pagina.html
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« Risposta #5 inserito:: Febbraio 25, 2018, 11:36:20 am »

L'Italia a due velocità, a Napoli si vive 4 anni in meno rispetto a Firenze e Rimini

I dati del rapporto dell'Osservatorio nazionale della salute nelle regioni italiane.

A Caserta e Napoli speranza di vita di oltre 2 anni inferiore a quella media nazionale.

Un unico Servizio sanitario, ma troppe differenze. Conta anche il livello di istruzione

Di VALERIA PINI
19 febbraio 2018

UN PAESE 'spezzato', a due velocità.  In Italia si vive più a lungo a seconda del luogo di residenza o del livello d’istruzione. E a farne le spese sono le regioni del Sud dove le persone hanno una speranza di vita più bassa e questo accade in particolare in Campania. Se a Napoli l'aspettativa di vita è 80,6 anni a Rimini e a Firenze si arriva a 84. Fra gli italiani più longevi ci sono inoltre quelli più istruiti, mentre godono di peggiori condizioni di salute coloro che non raggiungono la laurea. Disuguaglianze acuite inoltre dalle difficoltà di accesso ai servizi sanitari che penalizzano la popolazione di livello sociale più basso con un impatto significativo sulla capacità di prevenire o di diagnosticare rapidamente le patologie.  Insomma il Servizio sanitario nazionale assicura la longevità degli italiani, ma non l’equità sociale e territoriale. L'allarme arriva dai dati dell'Osservatorio nazionale della salute nelle regioni italiane, un progetto dell'Università Cattolica, e ideato dal professor Walter Ricciardi.

• DIFFERENZE TRA NORD E SUD
"Il Servizio sanitario nazionale oltre che tutelare la salute, nasce con l’obiettivo di superare gli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese. Ma su questo fronte i dati testimoniano il sostanziale fallimento delle politiche. Troppe e troppo marcate le differenze regionali e sociali, sia per quanto riguarda l’aspettativa di vita sia per la presenza di malattie croniche", commenta Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio.
 
Le evidenze infatti testimoniano che in Campania nel 2017 gli uomini vivono mediamente 78,9 anni e le donne 83,3; nella Provincia Autonoma di Trento 81,6 gli uomini e 86,3 anni le donne. In generale, la maggiore sopravvivenza si registra nelle regioni del Nord-est, dove la speranza di vita per gli uomini è 81,2 anni e per le donne 85,6; decisamente inferiore nelle regioni del Mezzogiorno, nelle quali si attesta a 79,8 anni per gli uomini e 84,1 per le donne.

Scendendo nel dettaglio territoriale, il dato sulla sopravvivenza mette in luce l’enorme svantaggio delle province di Caserta e Napoli che hanno una speranza di vita di oltre 2 anni inferiore a quella media nazionale, seguite da Caltanissetta e Siracusa che palesano uno svantaggio di sopravvivenza di 1,6 e 1,4 anni rispettivamente. Le Province più longeve sono quelle di Firenze, con 84,1 anni di aspettativa di vita, 1,3 anni in più della media nazionale, seguite da Monza e Treviso con poco più di un anno di vantaggio su un italiano medio.


• QUANTO CONTA L'ISTRUZIONE
Colpisce anche la minor aspettative di vita che hanno le persone meno istruite, perché anche la laurea può fare la differenza. In Italia, un cittadino può sperare di vivere 77 anni se ha un livello di istruzione basso e 82 anni se possiede almeno una laurea. Tra le donne la differenza è minore, ma sempre significativa: 83 anni per le meno istruite, circa 86 per le laureate.

• LE CONDIZIONI DI SALUTE
Anche le condizioni di salute, legate alla presenza di cronicità, mettono in evidenza differenze sociali. Fra i 25 e i 44 anni la prevalenza di persone con almeno una cronica grave è del 5,8% tra coloro che hanno un titolo di studio basso e del 3,2% tra i laureati. Questo divario aumenta con l’età, nella classe 45-64 anni, è il 23,2% tra le persone con la licenza elementare e l’11,5% tra i laureati.

• GLI ALTRI PAESI EUROPEI
Dai dati dell'Osservatorio nazionale della salute nelle regioni italiane, emerge anche un confronto con alcuni altri Paesi dell'Unione Europea. Le disuguaglianze maggiori rispetto al livello di istruzione si riscontrano per i sistemi sanitari di tipo mutualistico, dove si osserva che la quota di persone che sono in cattive condizioni di salute
è di quasi 15 punti percentuali più elevata tra coloro che hanno titoli di studio più bassi. Il nostro Paese è quello che ha il livello di disuguaglianza minore dopo la Svezia, avendo 6,6 punti percentuali di differenza tra i meno e i più istruiti.
 
© Riproduzione riservata 19 febbraio 2018

Da - http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2018/02/19/news/l_italia_a_due_velocita_chi_abita_al_sud_vive_meno_a_lungo-189217095/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1
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« Risposta #6 inserito:: Aprile 10, 2018, 12:35:08 pm »

Tangenti sanità, sei arresti a Milano: coinvolti quattro primari degli ospedali Pini e

Ai domiciliari anche un direttore sanitario e un imprenditore del settore apparecchiature. Ricostruite le assegnazioni di forniture in cambio di regali e denaro

Di SANDRO DE RICCARDIS
10 aprile 2018

Quattro primari (due dell'ospedale Galeazzi e due del Pini), un direttore sanitario e un imprenditore sono stati arrestati dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza nell’ultima inchiesta milanese su un giro di tangenti nella sanità.

L'imprenditore titolare di una ditta specializzata nel settore delle apparecchiature sanitarie è finito in cella, i medici, invece, sono agli arresti domiciliari, l’inchiesta è dei procuratori aggiunti Maria Letizia Mannella ed Eugenio Fusco e nasce dall’indagine che lo scorso anno ha portato in carcere il primario del Pini, Norberto Confalonieri che è stato rinviato a giudizio il 19 marzo scorso con l'accusa di avere favorito due multinazionali nella fornitura di protesi in cambio di soldi e altre utilità e di avere effettuato interventi inutili per assecondare gli interessi delle due aziende.

Nell'ordinanza di custodia cautelare che riguarda i sei nuovi arresti, invece, il gip Teresa De Pascale ricostruisce le assegnazioni di forniture di protesi ortopediche e apparecchiature mediche in cambio di tangenti e regali.

© Riproduzione riservata 10 aprile 2018

Da - http://milano.repubblica.it/cronaca/2018/04/10/news/tangenti_sanita_arresti_milano_ospedali_pini_e_galeazzi-193468530/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1
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« Risposta #7 inserito:: Aprile 10, 2018, 12:37:40 pm »

Brutto vedere nei fatti che avevo ragione, nel ripeterlo da anni: il Sistema Sanitario Regional-Nazionale deve essere messo sotto inchiesta!

Perché maltratta i malati (chiedere anche il parere dei medici di famiglia, massacrati dai ragionieri regional-sanitari).

Perché rimane un covo di malfattori che vivono: tra corruzione, servizi di assistenza ai malati peggiorati per incapacità o mancanza di personale (chiedere a infermieri e infermiere, ma “quelli capaci nella professione” e non ruffiani).

Per la cattiva organizzazione, spesso manovrata in mala fede, (malati trattati come palline da ping-pong sbattuti per mesi da uno specialista ad un altro, spesso indolenti e superficiali.

Ritardi biblici nelle prestazioni diagnostiche che si sospetta siano orientate a favorire le prestazioni a pagamento, che per sovrappiù, nelle prestazioni private in libera professione sono, molto spesso, saldate in nero (senza fattura). 

Il tutto (ma ci sarà altro che emergerà da una inchiesta ormai urgente) immerso in un pantano di costosi sprechi e di falsi risparmi, nella convinzione, tipica delle caste, che al Cittadino si possa raccontare tutto e il contrario di tutto per ingannarlo … come avviene in politica.

ciaooo
da Fb del 10/04/2018
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