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Autore Discussione: Sorpresa, Conan il Barbaro è di sinistra  (Letto 2752 volte)
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« inserito:: Luglio 29, 2007, 06:55:27 pm »

Sorpresa, Conan il Barbaro è di sinistra

Alberto Crespi


Si farà il surf a Santa Marinella? Temiamo che le onde del Tirreno non siano sufficienti per questa disciplina più simile alla filosofia Zen che allo sport «dopato» di questi tempi, ma certo questa sera, al Santa Marinella Film Festival, la voglia verrà a molti: John Milius presenterà una proiezione-omaggio di Un mercoledì da leoni, il suo capolavoro del 1978 sui surfisti di Malibu. Milius, per i pochi che non lo sapessero, è il grande regista di Conan, di Il vento e il leone, di Alba rossa, nonché lo sceneggiatore di sciocchezzuole come Apocalypse Now e Corvo rosso non avrai il mio scalpo.

Ma Milius, sempre per i pochi che non lo sapessero, è stato anche un surfista di grande valore, e nella comunità del surf californiano è considerato «uno dei vecchi della tribù» - e il concetto di «tribù» è una cosa importante, per lui e per chiunque abbia cavalcato le onde in equilibrio su una tavola.

Incontriamo Milius alle terme di Stigliano, un´oasi dell´alto Lazio equidistante fra Santa Marinella - dove si svolge il festival - e Roma. «Vorrei tanto rivedere Roma, non ci vado da molti anni - dice -. Da quando ho lavorato alla serie tv Rome potrei disegnare a occhi chiusi la mappa della Roma della tarda repubblica, ma non conosco altrettanto bene la Roma moderna e mi piacerebbe vedere cosa è rimasto dei tempi di Cesare». Rome è la famosa serie tv della Hbo che in Italia ha suscitato polemiche per l´eccesso di sesso & violenza. Milius l´ha creata e ha scritto alcuni episodi, soprattutto i primi tre: altri registi l´hanno realizzata, ed è l´ultimo lavoro concreto al quale Milius ha potuto dedicarsi. «L´idea era nata per un film, ma a Hollywood mi odiano, sono sulla lista nera». Per la cronaca questo grande regista non dirige un film per le sale dal 1991 (L´ultimo attacco). In seguito, solo un´ottima miniserie tv (Rough Riders, 1997) e qualche sceneggiatura.

Roma è sempre stata al centro del suo «Immaginario»: «Se osservate i miei film si parla sempre delle stesse cose: l´antica Roma, i mongoli di Gengis Khan, la bomba atomica, la vita militare, gli Apaches. Sono sicuro di essere stato, in una vita precedente, un legionario romano: spero di aver militato nella X legione, quella che era con Cesare al Rubicone. Credo di essere stato anche un guerriero Apache, o spero di diventarlo in una prossima vita. Amo gli Apaches. Sai che quando un bianco veniva fatto prigioniero dagli Apaches, e stava con loro uno o due anni, non poteva più ritornare fra i bianchi? Se lo riportavano nella cosiddetta "civiltà", fuggiva per tornare fra gli Apaches. La loro vita tribale era forte, solidale, affascinante. Il surf è molto simile. Il surf è stata la mia tribù: qualunque cosa io sia o possa diventare, prima di tutto sono un surfer. Sai qual è il bello del surf? Che è uno sport, ma non ci sono gare, né record. Non si vince né si perde, non si gareggia contro gli altri, ma con se stessi: si attende l´onda, la si cavalca e quando l´onda si infrange a riva tutto è finito e tocca attendere un´altra onda. È come ballare: quando finisce la musica, finisce la danza. Noi surfisti degli anni 60 e 70 eravamo come una tribù di Apaches: solidali e individualisti al tempo stesso, e con un fortissimo senso della gerarchia. I vecchi surfisti sono rispettati, fra di noi. Io mi emoziono molto di più quando incontro Gerry Lopez (un grande campione degli anni 70, ndr) che quando vedo, che so, un divo di Hollywood o un leader politico. E sono molto orgoglioso di esser considerato, anche grazie a Un mercoledì da leoni, uno dei "vecchi" della tribù».

La tribù è ancora viva? O, come molte tribù, è diventata solo uno specchietto per allodole per attirare nuovi consumatori? «Odio dirlo perché sono stato un individualista convinto, ma aveva ragione Marx. Il capitalismo succhia le tribù, le omologa, le trasforma in gadgets. Il capitalismo ha raggiunto il suo apice e non è mai stato peggio di oggi. Ha provocato una malattia che dovrebbe esser curata come la peste o la schizofrenia: il narcisismo. Una volta solo gli attori erano narcisi. Oggi lo sono tutti. Viviamo in una società vuota dove gli unici valori sono il denaro, la bellezza, la fama e in ultima analisi il potere, che li riassume tutti. Che modelli hanno i nostri giovani? Sfigati come Bill Gates, ragazze famose solo in quanto ricche come Paris Hilton, uomini di potere come Dick Cheney… voglio dire, persino uno come Dick Cheney è narciso, che cavolo di mondo è? L´America è come l´antica Roma: e siccome io ho studiato l´antica Roma, so benissimo che quell´impero è crollato e che quindi, prima o poi, crolleremo anche noi. Spesso mi chiedo: chi saranno i nuovi Visigoti? Non ho una risposta… ma attenzione: nel 409 d.C. nessuno sapeva chi fossero i Visigoti, e già nel 410 tutti lo sapevano fin troppo bene. Le invasioni arrivano senza preavviso. La storia va in fretta, e poi, sostanzialmente, gli imperi si distruggono da soli e l´America avrà ciò che si merita. Il processo è in corso: l´America delle multinazionali è oppressiva come la vecchia Urss, gli impiegati di queste multinazionali non sono più liberi dei burocrati di Breznev. I veri ribelli, come noi vecchi surfisti, sono "out", esclusi, fottuti. Anche la ribellione è in vendita: chiunque può comprarsi una t-shirt di Che Guevara». John Milius si sente un ribelle, dice, per motivi ancestrali: «Alcuni miei avi hanno militato con il generale Quantrill dopo la guerra di Secessione. Erano sudisti che non volevano deporre le armi». Gli chiediamo se oggi esistano ancora ribelli autentici, in America, e la risposta è sorprendente: «I veri ribelli sono i marines che servono in Iraq, per difendere una società - quella americana - che se ne frega di loro. Non rispetto chi li ha mandati là, non condivido la politica estera del mio paese: rispetto però quei ragazzi e il loro valore militare. Sono come le legioni di Cesare». Ma non pensa che quei ragazzi siano strumenti di quella politica estera che lei stesso non apprezza? «Certo. Lo erano anche i legionari. Ma io apprezzo il valore militare in sé, il senso dell´onore, della lealtà, della disciplina. Lo so, tutto ciò sembra in contraddizione con altre cose che ho detto. Ma sono uno sceneggiatore, le contraddizioni sono la mia vita». Salutiamo Milius non prima di avergli chiesto quali film italiani apprezzi. La sua lista è assai diversa da quella di Quentin Tarantino, che pure gli è simpatico: «Prima di tutto Sergio Leone. Poi La dolce vita, Le 4 giornate di Napoli, Mafioso di Lattuada, Nuovo cinema Paradiso, Django… e La battaglia di Algeri, ho rubato a Pontecorvo tutto ciò che ho fatto nella mia carriera. Vi sembra strano? Rivedetevi Alba rossa, è praticamente un remake della Battaglia di Algeri».

I siti internet gli accreditano un progetto per un nuovo film intitolato Jornada del muerto. Milius conferma: «È un western moderno su gang di motociclisti e dovrei girarlo in New Mexico, nelle terre degli Apaches dove si tennero gli esperimenti per costruire la bomba atomica. Oggi quelle terre, non chiedetemi perché, appartengono per lo più a Ted Turner. Spero che gli Apaches prima o poi lo becchino…»

Pubblicato il: 29.07.07
Modificato il: 29.07.07 alle ore 14.52   
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