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Autore Discussione: G8 di Genova, le motivazioni della sentenza  (Letto 2763 volte)
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« inserito:: Febbraio 11, 2009, 12:40:06 am »

G8 di Genova, le motivazioni della sentenza

«Scuola Diaz, violenze disumane nella certezza dell'impunità»

I giudici: «Nessun complotto, ma quello che avvenne non può avere nessuna giustificazione»


GENOVA - «Quanto accadde all'interno della scuola Diaz Pertini fu al di fuori di ogni principio di umanità, oltre che di ogni regola ed ogni previsione normativa, anche se fu disposta in presenza dei presupposti di legge». Il presidente della terza sezione del Tribunale penale di Genova, Gabrio Barone, e i due giudici a latere hanno messo nero su bianco, in 400 pagine, le motivazioni della sentenza sui reati commessi nell'irruzione alla scuola Diaz accaduti durante il G8 del luglio 2001 a Genova.

La sentenza aveva fatto discutere: 13 condanne su 29 imputati, comminati 36 anni e 7 mesi di reclusione rispetto alla richiesta di oltre 100 anni da parte dei Pm. In pratica la Corte aveva ritenuto provate solo le violenze attribuite al reparto mobile della Polizia condannando tutti i suoi componenti identificati. Per i restanti aveva fatto premio il dubbio: impossibile il riconoscimento dei tanti poliziotti con casco o fazzoletto sul viso, impossibile attribuire a ogni singolo imputato fatti specifici. «Quanto avvenuto in tutti i piani dell'edificio scolastico con numerosi feriti di cui diversi anche gravi tale da indurre lo stesso imputato Fournier a paragonare la situazione ad 'una macelleria messicana' - si legge ancora nel documento - appare di notevole gravità sia sotto il profilo umano che legale. In uno stato di diritto non è accettabile che proprio coloro che dovrebbero essere i tutori dell'ordine e della legalità pongano in essere azioni lesive di tali entità, anche se in situazioni di particolare stress»


NESSUN COMPLOTTO - Le violenze alla Diaz, si legge ancora, non furono però frutto di «un complotto in danno degli occupanti» della scuola, né ebbero carattere «di spedizione punitiva» o di «rappresaglia». «A parte la carenza di prove concrete - scrivono i giudici - appare assai difficile che un simile progetto possa essere stato organizzato e portato a compimento con l'accordo di un numero così rilevante di dirigenti, funzionari e operatori della polizia». Piuttosto si ritiene «che i dirigenti fossero convinti che l'operazione avrebbe avuto un rilevante successo e si sarebbe conclusa con l'arresto dei responsabili delle violenze e delle devastazioni dei giorni precedenti», anche perché «ben difficilmente La Barbera, Luperi e Gratteri avrebbero avvisato i giornalisti di quanto si stava compiendo».


INGIUSTIFICATE - In ogni caso, l'esplodere della violenza all'interno della scuola non può «trovare giustificazione se non nella consapevolezza di poter agire senza alcuna conseguenza e quindi nella certezza dell'impunità». «Se dunque non può escludersi che le violenze abbiano avuto un inizio spontaneo da parte di alcuni - si prosegue nel documento - è invece certo che la loro propagazione così diffusa e pressoché contemporanea presupponga la consapevolezza da parte degli operatori di agire in accordo con i loro superiori che comunque non li avrebbero denunciati». I giudici osservano inoltre come «non sia del tutto incredibile che l'inconsulta esplosione di violenza all'interno della Diaz abbia avuto un'origine spontanea e si sia quindi propagata per un effetto attrattivo e per suggestione tanto da provocare, anche per il forte rancore sino ad allora represso, il libero sfogo all'istinto determinando il superamento di ogni blocco psichico e morale, nonché dell'addestramento ricevuto».


MOLOTOV - Per quanto riguarda il falso ritrovamento delle molotov all'interno della scuola, scrivono ancora i giudici, non ci sono prove certe «ma semplici indizi non univoci» circa la consapevolezza da parte dei vertici della polizia, Giovanni Luperi (ex vicedirettore Ucigos) e Francesco Gratteri (ex direttore dello Sco). «Se è vero che gli elementi indicati dall'accusa possano da un lato determinare il sospetto circa la consapevolezza da parte dei citati imputati della falsità del ritrovamento delle bottiglie molotov all'interno della scuola - si legge nel documento - è anche vero dall'altro che non possono valere a provarla con la dovuta certezza trattandosi di semplici indizi non univoci».


COMITATO VERITÀ E GIUSTIZIA - Dopo aver conosciuto le motivazioni dei giudici il Comitato Verità e Giustizia per Genova torna a chiedere «le immediate dimissioni dei dirigenti che parteciparono all'operazione» nella scuola Diaz: «Sono stati assolti sul piano penale - si afferma in una nota di commento alle motivazioni della sentenza, depositate martedì - ma sono pienamente responsabili sul piano etico e professionale: non si accorsero dei falsi, non fermarono le violenze, non hanno nemmeno partecipato alla ricerca della verità, disertando tutte le udienze del processo e avvalendosi della facoltà di non rispondere alle domande dei pm. Anche il capo di una polizia che agisce in modo disumano contro cittadini inermi non può restare al suo posto».


10 febbraio 2009
da corriere.it
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Admin
Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Febbraio 14, 2009, 12:05:24 pm »

Una serena inchiesta su Genova

di Carlo Lucarelli


Ritorno sulle motivazioni delle sentenze, che sono importantissime al di là delle assoluzioni o degli anni di galera che distribuiscono. Perché le motivazioni stabiliscono dei fatti, accertano delle verità e soprattutto offrono spunti di riflessione che chiedono risposte più profonde.

Che qualcuno che se lo merita vada dietro le sbarre è importante ma non cambia le cose, le cose cambiano se la storia, l'etica e la politica se ne occupano in maniera efficace.

Sono state pubblicate da poco le motivazioni del terzo grande processo - anche questo ancora di primo grado - sui fatti del G8 di Genova. Questo riguardava il massacro della scuola Diaz e si era concluso con molte assoluzioni piuttosto discusse, che però, adesso, non ci interessano. Ci interessa una parte delle motivazioni che riconosce che molti agenti agirono in modo violento avendo avuto la promessa da parte dei superiori dell'impunità.

Ci sono anche tante altre cose nelle motivazioni, ma per ora ci basta questa, da aggiungere alla colpevole «disorganizzazione» dell'ordine pubblico evidenziata dalla sentenza sui saccheggi di quei giorni e anche al sapore di «tortura» emerso dalle motivazioni della sentenza sui fatti della casema Bolzaneto.

Ce n'è abbastanza, di inquietanti spunti di riflessione, per mobilitare, appunto, la storia, l'etica e soprattutto la politica con una serie di domande su perché sia successo quello che è succeso e come si possa evitare in futuro. La magistratura, a queste domande, non può e non deve rispondere.
La società civile sì. La politica sì. Magari con una serena, obbiettiva ed efficace commissione parlamentare d'inchiesta.


13 febbraio 2009
da unita.it
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