«Impedire le intercettazioni significa favorire l’Italia dell’impunità»
di Saverio Lodato
Chiediamo a Giancarlo Caselli, da qualche mese a capo della Procura di Torino, di diradare, nei limiti del possibile, il gran polverone sollevato in materia di intercettazioni telefoniche. Una questione apparentemente semplice e che dovrebbe essere pacificamente affrontata – è infatti risaputo che le intercettazioni servono per combattere diverse forme di delinquenza organizzata – è invece diventata un vero e proprio tormentone politico, quasi fosse un problema che toglie il sonno agli italiani. Ma si intuisce che dietro questo gran parlare si nascondono interessi che con il reale funzionamento della giustizia non c’entrano granché.
Caselli, saprebbe spiegare in parole semplici e all’uomo della strada, bombardato dai media,in cosa consiste la proposta di legge del governo?
«L’iter legislativo è ormai lungo: all’inizio, otto mesi fa, un progetto di legge venne approvato dal consiglio dei ministri; in quel testo le intercettazioni erano vietate anche per reati gravissimi, quali, a esempio, il sequestro di persona, estorsioni, rapine, associazione per delinquere, bancarotta e stupro. Ben presto, però, il presidente del consiglio cominciò a ripetere che le intercettazioni dovevano limitarsi a delitti di mafia e terrorismo. Nel frattempo, grazie al dibattito politico, anche interno alla maggioranza, l’elenco dei reati intercettabili veniva significativamente allungato».
Oggi a che punto siamo?
«Alcuni giorni fa il governo ha presentato alcuni emendamenti che in sostanza accolgono la linea del premier. Mentre per mafia e terrorismo le intercettazioni richiedono “sufficienti indizi di reato”, per tutti gli altri delitti, dalla rapina all’omicidio, dal traffico di droga allo stupro, dalla corruzione all’aggiotaggio, eccetera, occorrono “gravi indizi di colpevolezza”».
Quindi si teorizza un doppio binario a seconda del reato da scoprire e da punire?
«È così. Per mafia e terrorismo le intercettazioni hanno ancora un certo spazio; invece, negli altri casi, anche gravissimi, disporre di “gravi indizi di colpevolezza” significa che l’inchiesta è già finita o arrivata a un punto tale da consentire la cattura dei colpevoli. Come si vede, il magistrato è già arrivato ad uno stadio che rende le intercettazioni superflue o inutili. C’è di più: poiché l’emendamento dice che l’intercettazione deve essere “assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini” è evidente che l’intercettazione, in pratica, non sarà mai concessa».
Mi par di capire che, fatta eccezione per mafia e terrorismo, in tutti gli altri casi l’intercettazione viene di fatto impedita.
«E sono chiari i rischi per la sicurezza dei cittadini, per la loro tutela dalle aggressioni anche dei più pericolosi delinquenti».
Ma torniamo a mafia e terrorismo. Le cose restano esattamente come erano prima?
«C’è un rischio per le intercettazioni ambientali, quelle più efficaci. Nel senso che si progetta di non consentirle nei luoghi in cui non si svolgono materialmente attività criminali. Vale a dire che se il magistrato sa che due boss stanno per incontrarsi in un bar per parlare di “cose loro”, siccome in un bar si va a prendere il caffè e non per commettervi reati, non si può intercettare».
Resta il fatto che, in Italia, a finire pubblicate sui giornali non sono solo intercettazioni che attengono a profili criminali. In molti casi infatti la violazione della privacy altrui è stata evidente.
«A questo proposito i progetti di riforma vanno nel senso giusto. Le intercettazioni sono uno strumento particolarmente invasivo. Devono essere utilizzabili esclusivamente nell’ambito penale al fine di accertare la verità processuale. In altre parole bisogna impedire utilizzazione e pubblicazione delle intercettazioni riguardanti fatti non pertinenti all’inchiesta o soggetti estranei al processo. Questi limiti devono essere tassativi e rigorosi. Ma oltre questi limiti, impedire le intercettazioni equivale a preferire rispetto all’Italia delle regole, l’Italia delle impunità. E a rimetterci sono i cittadini onesti».
saverio.lodato@virgilio.it05 febbraio 2009
da unita.it