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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 27, 2009, 10:07:45 am » |
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L'Ingegnere scende dal palco finisce un'epoca.
di Rinaldo Gianola
Che Carlo De Benedetti si ritiri a vita privata rinunciando alla battaglia imprenditoriale e alla sfida politica è una di quelle notizie alle quali è difficili credere. L’Ingegnere percorre, avanti e indietro, tra successi e fischi, il palco dell’industria e della finanza italiana da mezzo secolo.
La sua figura, la sua azione, la sua filosofia imprenditoriale hanno sempre evocato un’originalità al limite della provocazione per l’establishment del capitalismo e un èlan vital senza limiti, scriverebbe Bergson, perchè lui, l’Ingegnere, coltivava la missione di realizzare nello spazio di una generazione quanto altre dinastie industriali avevano costruito in un tempo assai più lungo. Può un uomo del genere ritirarsi? Passare le giornate tra le opulente e inutili nevi di Sankt Moritz? Può l’imprenditore più bulimico della storia del dopoguerra, che voleva l’Olivetti, la Sme, la Buitoni, il Credito Romagnolo, il Banco Ambrosiano, la Mondadori, l’Espresso e ci ha provato pure con la Fiat, andare in pensione? Sì, è l’ora.
L’anagrafe, in novembre De Benedetti avrà 75 anni, pare sia il motivo di questo addio, anche se non mancheranno congetture su altre cause. Ma per rispetto di un valoroso industriale, che ne ha combinate di tutti i colori e ha dato a noi giornalisti tanto lavoro, eviteremo il retroscena e il gossip che in certi giornali, anche in quelli dell’Ingegnere, è assurto purtroppo a stile giornalistico.
Chi è De Benedetti? «Dico che mi piace fare il capitalista e che sono fiero di esserlo» spiegò nel 1984 in un bel libro di Alberto Statera. Ma l’Ingegnere è un capitalista con una visione estremamente personale del mercato e delle regole. Sfugge al modello renano o a quello anglosassone, teorizza l’«azionista di riferimento» quando ancora i grandi gruppi famigliari difendono la soglia magica del 51%. Ma con la maturità, e dopo tante legnate come la sconfitta della Sgb e soprattutto quella per la Mondadori passata nelle mani dell’impresentabile Berlusconi, anche l’Ingegnere si è convertito a formule più tradizionali nel controllo delle imprese.
Le battaglie Raramente nel panorama dell’imprenditoria italiana è comparsa una figura tanto discussa e contrastata, anche per le sue relazioni con la politica. Per Bettino Craxi l’Ingegnere era «il capo della Nuova Destra» o del «partito trasversale». Per Eugenio Scalfari «De Benedetti è innamorato della politica come attività dello spirito, è un imprenditore che sarebbe piaciuto a Ernesto Rossi». Paolo Volponi nello splendido romanzo «Le mosche del Capitale» lo identifica con il tremendo manager Sommersi Cocchi che non guarda in faccia a nessuno pur di raggiungere profitti e successo. Il nostro Fortebraccio lo descriveva così sull’<CF161>Unità</CF>: «Quando uno ha sopra di sè solo Visentini, può dire di aver ottenuto già tutto dalla vita, a meno che non lo eleggano Papa».
Nella realtà, trascurando le agiografie di comodo e le cattiverie inutili, De Benedetti è stato un industriale e un uomo di potere che ha combattuto duramente le sue battaglie, con i suoi alleati e con tutti i suoi mezzi compresi, ovviamente, i giornali: molte battaglie le ha perse, altre le ha vinte. Le «colpe» della politica, denunciate ieri dall’Ingegnere, per l’Ambrosiano, la Sme e la Mondadori ci sono, ma è difficile oggi pensare a De Benedetti come a una vittima del potere. L’Ingegnere con i suoi interessi, le sue aziende, i suoi giornali, le sue ambizioni, è stato dentro la battaglia politica, anche se, a ben vedere, la sua passione si è spesso concentrata su cavalli - dai repubblicani al centrosinistra - che alla fine si sono rivelati dei poveri ronzini, anzichè dei purosangue.
L’Ingegnere scende dal palco e mantiene un potere, quello di nominare i direttori di Repubblica-l’Espresso. Anche Eugenio Scalfari, al momento della cessione dell’Espresso all’Ingegnere, fece lo stesso. De Benedetti si ritira, finisce un’epoca.
27 gennaio 2009 da unita.it
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