LA-U dell'OLIVO
Novembre 01, 2024, 01:00:58 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Genchi "Usato come capro espiatorio"  (Letto 3250 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Gennaio 25, 2009, 04:59:01 pm »

«L’Italia si è assuefatta alla corruzione»

di Natalia Lombardo


«Dal 1970 in poi il sistema si è degradato fino a creare una palude. E la politica ha una responsabilità fondamentale: sull’interesse generale favorisce l’interesse di parte. Il guaio è che ci siamo assuefatti, nessuno si vergogna più»: Pier Luigi Celli è uno che conosce bene i meccanismi del potere, tanto da scriverci un libro: «Comandare è fottere. Manuale politicamente scorretto per aspiranti carrieristi di successo», edito con Mondadori.

Una lunga carriera: al momento è direttore generale dell’Università Luiss e membro dei Cda di Unipol, Illy e Messaggerie Libri. È stato direttore generale della Rai dal 1998 al 2001, prima ha svolto incarichi all’Eni e all’Enel, ha partecipato allo start-up di Omnitel e Wind, è stato presidente di Ipse 2000 e altro.

In tanti luoghi di potere ha ricevuto delle richieste dai politici, dei bigliettini di raccomandazione?
«Io non ho mai avuto bigliettini perché non ho un buon carattere. Nessuno aveva il coraggio, con i politici ho fatto delle litigate e hanno imparato.

Ci hanno provato, quindi?
«I politici? Fa parte anche del loro mestiere. Chiedono tutti anche quelli di sinistra. Magari a destra hanno una maggiore propensione, a sinistra sono più goffi».

Si riferisce a ciò che è accaduto nelle amministrazioni?
«Il problema è che è cambiato il clima: siamo diventati tutti più tolleranti, ci siamo assuefatti alla piccola corruzione. La corruzione più grande non è quella che passa attraverso i soldi, è quella delle teste. C’è una corrosione dei modelli mentali, che, dall’alto, giustificano, tollerano o persino esaltano certi comportamenti, e la gente li segue. Alcune cose una volta non si facevano perché ci si vergognava, oggi invece non ci si vergogna più di niente, non ci sono più criteri morali o valori di riferimento».

Un modello che sembra somigliare a Berlusconi, o no?
«No, è un modello generalizzato, purtroppo, che parte dall’alto. Il conflitto d’interessi non è più solo quello di Berlusconi, passa dappertutto, nessuno più si vergogna. Quando le imprese sono nel Cda delle banche, perché le banche dovrebbero negare un credito a quelle imprese? Oppure: tu sei nel Cda dei grandi giornali, è pensabile che poi il giornale ti tratti male? No».

Dopo il grande scandalo sui furbetti del quartierino è finito tutto. Anche questo fa parte dell’assuefazione?
«Ma sì, la gente ormai non si scandalizza più di niente. Al massimo esce qualche trafiletto di spalla sui giornali. Perché il Paese è tornato ad arrangiarsi».

Quando colloca nel tempo questo decadimento?
«C’è stata prima la corruzione dell’impresa pubblica, negli anni 70 e 80, poi una pausa con Tangentopoli, ma le cose sono ricominciate allo stesso modo. Quando le carriere pubbliche sono fatte per cooptazione, che vuoi fare? È come la legge elettorale».

Nel senso delle liste bloccate?
«Sì, trasmette un modello negativo. Non c’è libertà di scelta, è tutto precostituito, promuovere chi è più coerente con il modello generale comporta che la gente tenderà a farsi cooptare secondo il modello prevalente».

Perché il Paese è tornato ad arrangiarsi?
«Perché altri criteri di promozione o mobilità sociale non ci sono. Il merito? Quasi non esiste. Viene richiamato in modo retorico, ma quando devi fare carriera nel pubblico, ancor di più nel privato, interviene un criterio amicale e familistico contrario al merito. Le nostre imprese, che lavorano su mercati protetti o connessi alla politica, hanno bisogno dell’intervento politico, locale o no. È un intreccio che condiziona molto anche l’economia. A quel punto, perché non devo fare un favore a quello che poi mi aiuta? Questo è il meccanismo».

Nel suo libro «Comandare è fottere» lei ha scritto che «nascere bene aiuta». Cosa succede a chi non «nasce bene»?
«Sto cercando di insegnarlo ai miei ragazzi all’università: la vera sfida è farsi valere per quello che si è. Però ci vuole molto coraggio, soprattutto in certi contesti dove è più semplice accodarsi. Nell’ultimo capitolo sono stato duro, ma ho concluso: se volete rovinarvi la vita fate così... rischiate di esservi fottuti da soli».

Quante ne ha viste alla Rai, dove il sistema di favori è una malattia congenita?
«È un sistema compromesso, dove le mani della politica sono così pressanti che spesso l’interesse pubblico diventa un interesse di partito. Sotto il manto del servizio pubblico si fa un servizio di parte».

Ancora adesso?
«Io sono fuori da anni. Quando ero dentro ho provato a svincolarla».

La tv commerciale ha favorito questo impoverimento di valori e il sistema di corruzione legata alla politica?
«No, la tv commerciale può esser fatta anche bene. Si è allargata però la platea di chi aveva il diritto di mettere le mani. E si è complicato tutto».

I partiti premono sempre anche se stanno esplodendo?
«Sì, ma le consorterie, le corti, ci sono tutte».

Lei vede uno spiraglio in qualche ambito?
«I giovani. Vale la pena lavorarci, sono gli unici che possono fermare questo processo, se i modelli predominanti non infettano anche loro, perché il sistema immunitario è depresso. C’è un deficit crescente di valori che va colmato».
nlombardo@unita.it


23 gennaio 2009
da unita.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Gennaio 26, 2009, 10:01:32 pm »

Di Pietro: Bufale da Berlusconi.

Il Cavaliere: Io in archivio? Il problema non è questo

Intercettazioni, Genchi si difende

Il Copasir potrebbe ascoltare il premier

Fonti parlamentari: «Previste audizioni eccellenti».

Il consulente di De Magistris: «Vili attacchi»
 
 
MILANO - Polemica sulle intercettazioni all'indomani delle dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi a proposito dell'archivio Genchi (Gioacchino Genchi, consulente dell'ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris a detta del presidente del Consiglio «ha messo sotto controllo 350 mila persone»). «Esploderà il più grande scandalo della nostra storia» aveva detto sabato Berlusconi. E il premier è tornato sulla questione spiegando di non essere preoccupato da un'ipotetica presenza del suo nome nell'archivio Genchi. «Non me ne importa nulla, non c'entro io, c'entrano tutti - spiega il premier - c'entra ogni cittadino, non c'entra che sia Berlusconi o un altro. Bisogna tutelare la privacy di tutti i cittadini». Intanto da fonti parlamentari si apprende che il Copasir potrebbe ascoltare anche Silvio Berlusconi. In questi giorni il presidente del Comitato parlamentare per i servizi segreti, Francesco Rutelli, avrebbe mantenuto i contatti con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. I due avrebbero concordato sulla necessità di andare a fondo sulla vicenda che ha portato alla "scoperta" dell'archivio contenenti migliaia di tabulati telefonici di esponenti politici e delle istituzioni. Per questo motivo potrebbero essere sentiti di nuovo i capi dei servizi, oltre a Genghi e De Magistris. E per questo motivo il Copasir potrebbe valutare di sentire anche Cavaliere. Quel che è certo è che per far luce sull'archivio Genchi acquisito dal Copasir, «saranno ascoltati - riferiscono fonti ben informate - esponenti ai massimi livelli».

«VILI AGGRESSIONI» - Lo stesso Genchi è intervenuto nella vicenda. «Il mio ruolo ed il dovere di riservatezza connesso alle mie funzioni non mi consentono di replicare alle vili aggressioni che sto subendo, soltanto per avere fatto bene il mio dovere, con scrupolo, onestà ed indipendenza, solo a servizio della giustizia» ha spiegato l'uomo che ha svolto per l'ex pm De Magistris consulenze su tabulati telefonici che sono ora al centro di polemiche politiche. «Di una giustizia che oltre al rigore della legge - ha detto Genchi - sapesse affermare i principi costituzionali di uguaglianza. Purtroppo ho dovuto prendere atto che da un certo tempo a questa parte in Italia la legge non è più uguale per tutti». Parafrasando un romanzo di Andrea Camilleri, La concessione del telefono, Genchi ha aggiunto: «Consiglio a Berlusconi, Cicchitto, Rutelli, Gasparri ed a quanti altri in questi giorni parlano a sproposito di me di leggere La concessione del telefono di Camilleri. Lì c'è la mia storia ed uno spaccato di quanto sta accadendo oggi in Italia».

DI PIETRO: «BUFALA DEL PREMIER» - Per il leader dell'Idv Antonio Di Pietro «l'allarme intercettazioni rilanciato da Berlusconi è una bufala». Quella del premier, ha scritto l'ex pm sul suo blog, è «una furbata bella e buona per confondere le idee all'opinione pubblica. Egli sta giocando d'anticipo per smorzare l'indignazione che potrebbe causare l'imminente legge che si accinge a varare sulla limitazione dell'uso delle intercettazioni da parte dei magistrati». Secondo Di Pietro, infatti, «non è vero che Gioacchino Genchi ha messo sotto controllo 350.000 persone, né è vero che ci siano mai state intercettazioni telefoniche o acquisizioni di tabulati telefonici avvenute abusivamente o in modo non consentito dalla legge o nei riguardi di persone che, per il loro ruolo di parlamentari o agenti segreti, non potevano essere intercettati».

«IL CASO APPRODI IN PARLAMENTO» - Dura la replica di Maurizio Gasparri alle parole del leader dell'Italia dei Valori. «Il coniglio Di Pietro, che fugge da un confronto serio sulle malefatte sue del figlio e del gruppo che ha radunato attorno a sé, come era prevedibile difende la allucinante opera di Genchi& Co. che hanno illegalmente schedato, spiato e intercettato centinaia di migliaia di persone». Il capogruppo del Pdl al Senato ha chiesto che della vicenda si occupi il Parlamento. «È forse tempo che lo scandalo Genchi-De Magistris esca dal Copasir e approdi in Parlamento e in Procura» ha detto Gasparri.

25 gennaio 2009
da corriere.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #2 inserito:: Gennaio 27, 2009, 09:52:37 am »

27/1/2009 (7:52) - LO SCANDALO DEL MAXI ARCHIVIO DI TABULATI TELEFONICI

Genchi "Usato come capro espiatorio"

Veleni dell'ex consulente sui Ros: sono loro che manovrano la fuga di notizie


FRANCESCO GRIGNETTI
ROMA

«Il frutto della mia onestà intellettuale e della mia assoluta e totale indipendenza: forse proprio questa onestà è l’unica cosa che oggi fa paura». Così parla del suo lavoro Gioacchino Genchi, l’uomo del giorno, il titolare di un archivio informatico che spaventa la politica e che raccoglie migliaia di tabulati telefonici. Non intercettazioni, perché non è questa la specialità di Genchi, consulente di tante procure e da ultimo di Luigi De Magistris, bensì bollette di traffico telefonico: chi parla con chi, quando, quanto. Proprio per colpa del lavoro di Genchi, il giovane magistrato sta per finire nuovamente davanti alla commissione Disciplinare. Due le principali contestazioni: avere conferito a Genchi compiti di valutazione che non rientrano nelle mansioni di un consulente; avere acquisito tabulati telefonici intestati all’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella senza chiedere l’autorizzazione della Camera. Epperò la storia dell’archivio Genchi resta un gran mistero.

«Dopo aver colpito il giudice De Magistris - dice l’esperto, intervistato da Sky Tg24 - avergli tolto le indagini e averlo trasferito da Catanzaro revocandogli l’incarico, io sono solo il capro espiatorio». Per fare luce sull’archivio del mistero, si sta muovendo la commissione di controllo sui servizi segreti, presieduta da Francesco Rutelli. Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl, insiste su una specifica commissione d’inchiesta. «La cosa grave - reagisce Genchi - è che vengono agitati uomini e fatti a casaccio, vengono tirate in ballo persone che non c’entrano niente con quei tabulati, da Berlusconi a Prodi a Rutelli, mentre i veri nomi di soggetti ben precisi, compreso anche qualche magistrato, non vengono fuori: siamo in presenza di una gravissima mistificazione». Quale mistificazione? «La fuga di notizie in cui sono stati inseriti ad arte certi nomi, per esempio... Inserire in quell’elenco il dottor Armando Spataro, procuratore aggiunto di Milano, significava chiudere al dottor De Magistris il rapporto che si era instaurato con la procura di Milano e schierargli contro tre quarti della magistratura italiana, per quello che è il peso e la levatura carismatica del dottor Spataro». E’ convinto di avere dei nemici personali, Genchi. E che questi sono dietro le sue disgrazie. Ne parla per allusioni. Lascia intendere che certi uomini politici sono stati ingannati sul suo conto.

«Sono stati avvicinati, ammaliati, dai “pupari” che stanno dietro le quinte. Da lì è iniziata una serie di reazioni a catena. Si tratta di soggetti ben precisi, quelli che stanno dietro le quinte, che sopravvivono ai governi di destra e di sinistra, che a volte determinano la stessa caduta di un governo. Si tratta di “sirene” che agiscono alle spalle della politica e, anche per il condizionamento dei media, la delegittimano agli occhi dei cittadini». Chi siano questi «pupari» non lo dice. Ma si sa, perché l’ha sostenuto altre volte, che ritiene il Ros dei carabinieri essere un reparto «deviato». Non ha affatto gradito che siano stati i carabinieri a mettergli sottosopra lo studio e che poi abbiano sostenuto l’accusa contro di lui, ossia di avere proceduto nell’indagine su Mastella nonostante avesse ben capito che un certo cellulare era del ministro.

da lastampa.it
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!