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Autore Discussione: Guglielmo Epifani Sapremo rispondere  (Letto 2324 volte)
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« inserito:: Gennaio 25, 2009, 04:42:20 pm »

Industriali e governo hanno voluto colpirci.

Sapremo rispondere

di Felicia Masocco


Il j’accuse di Guglielmo Epifani arriva al termine di una riunione fiume con i segretari delle categorie e quelli dei territori. E ce n’è per tutti.
Per il governo, che ha «deliberatamente cercato la rottura», per la Confindustria che «ha una responsabilità diretta ed esplicita», per Cisl e Uil «perché mai la Cgil avrebbe firmato un accordo sulle regole senza di loro. Mai».

Invece Cisl e Uil e tutti gli altri hanno firmato. Perché la Cgil no?
«Perché è stato un prendere o lasciare su un testo che non può essere condiviso. Restringe la contrattazione, quella nazionale è fortemente depotenziata in tutti i suoi aspetti; quella aziendale non viene estesa. Il testo contiene un principio di derogabilità ai principi generali che può rendere inesigibili le norme del contratto nazionale. A livello nazionale si procede, strutturalmente, a una riduzione del potere d’acquisto. E non abbiamo firmato perché c’è una norma sul diritto di sciopero assolutamente inaccettabile in quanto le parti dovrebbero stabilire che solo chi rappresenta la maggioranza ha la possibilità di proclamare gli scioperi. Messo così non è un tema delle parti sociali, il diritto di sciopero è garantito dalla Costituzione. È un terreno improprio e pericoloso, una forzatura voluta dal ministro Sacconi. C’è poi l’estensione abnorme della bilateralità.

Lei ha parlato della nascita di una casta...
«Estesa impropriamente la bilateralità rischia di creare una casta di burocrati, del sindacato e delle imprese».

Si aspettava questa accelerazione?
«Doveva essere una riunione per discutere dei provvedimenti contro la crisi, invece contro la crisi non è stato proposto nulla ed è finita con un accordo separato sui contratti. È il segno di una scelta deliberata, profondamente sbagliata e che porterà un sacco di problemi».

La presidente di Confindustria dice che la porta è sempre aperta.
«Ho letto dichiarazioni di Emma Marcegaglia assolutamente incomprensibili. Voglio dire che non è stata la Confindustria a tentare di convincere la Cgil, ma è stata la Cgil a fare l’estremo tentativo chiedendo alla Marcegaglia una disponibilità a discutere sui punti di disaccordo. È stato un senso di responsabilità mantenuto fino all’ultimo dalla Cgil e che si è scontrato con il no della Marcegaglia, la quale ha una responsabilità diretta ed esplicita in questa vicenda, cosa che mai mi sarei aspettato. Come le ho detto la Cgil e Confindustria sono i soggetti fondamentali, anche se non unici, del sistema delle relazioni industriali del Paese e dovrebbero avere tra di loro attenzione e responsabilità reciproca. Cosa che non ho trovato».

Forse perché Confindustria con l’accordo porta a casa un bel po’ di cose.
«Porta a casa un credito verso il governo, un indebolimento del sindacato, una restrizione degli spazi collettivi di contrattazione, una bassa politica salariale del contratto nazionale. Ma non la cosa più importante: regole condivise. Questa assenza determinerà incertezza permanente nei rapporti, a tutti i livelli. E creerà un problema in più alle imprese, dappertutto».

La leader degli industriali dice che lei, Epifani, pensa ad altro, alle elezioni europee. Che cosa risponde?
«Che dovrebbe chiedere scusa se è una persona onesta. Anzi, avrebbe già dovuto farlo».

Al movimento sindacale restano invece un bel po’ di cocci.
«Cocci, esattamente. Resta soprattutto un punto, che per noi questa volta è risolutivo nei rapporti con Cisl e Uil, perché la Cgil non avrebbe mai firmato un accordo sulle regole generali senza Cisl e Uil, mai. Non lo avrebbe concepito. Com’è possibile che quello che per la Cgil è impensabile per gli altri lo è? Non mi si dica che c’è un problema di merito perché c’è sempre un problema di merito tra tre organizzazioni».

Ora che cosa farà la Cgil?
«Sono problemi grandi e destinati a durare quindi faremo ponderatamente le nostre scelte. Apriremo discussioni nei luoghi di lavoro e chiediamo di farlo unitariamente, e chiederemo ai lavoratori di esprimersi democraticamente. Lo facemmo anche nel ‘93. E una sfida democratica cui nessuno può sottrarsi, se no vuol dire che si ha paura di quello che si è firmato. E risponderemo con una iniziativa di lotta specifica che deciderà il direttivo, ferme restando le iniziative programmate».

Il Pd si è diviso, solo una parte vi sostiene. L’amareggia?
«Abbiamo provato fino all’ultimo a fare l’accordo, non si è voluto trovarlo per responsabilità di governo e Confindustria. È evidente che un partito che ha dentro di sé diverse anime e culture possa avere opinioni diverse. Mi piacerebbe che tutto il Pd chiedesse a tutto il sindacato di affrontare un percorso democratico affidando la risoluzione al voto dei lavoratori. Sarebbe un messaggio verso la direzione giusta».
fmasocco@unita.it

24 gennaio 2009
da unita.it
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