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Autore Discussione: Imre Kertész, proclamato vincitore, ieri pomeriggio a Palazzo Reale, del ...  (Letto 2350 volte)
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« inserito:: Gennaio 25, 2009, 04:39:47 pm »

25/1/2009 (8:23) - L'EVENTO

Il Grinzane a Kertész voce scomoda della Shoah
 
Imre Kertész, proclamato vincitore, ieri pomeriggio a Palazzo Reale, del «Premio per lettura», nell’ambito del 28° Grinzane Cavour

ALBERTO PAPUZZI
TORINO


Andiamo a salutarlo, e Imre Kertész, proclamato vincitore, ieri pomeriggio a Palazzo Reale, del «Premio per lettura», nell’ambito del 28° Grinzane Cavour, si sforza di mettere insieme qualche parola in italiano: «L’ho studiato - ci dice - quarant’anni fa, perché l’unico giornale libero che si poteva leggere a Budapest era Paese Sera». Ebreo ungherese, vittima dei totalitarismi sia nei lager nazisti sia nei gulag staliniani, Nobel 2002, autore di sedici libri, la metà tradotti in italiano, mostra nel volto segnato dal tempo un’aria mite, accentuata da un disagio alla gamba destra che lo fa camminare inclinato e claudicante. Forse è un caso o forse è un segnale che mentre Israele è messa sotto accusa torni protagonista questo scrittore considerato un testimone scomodo dello sterminio. Nel suo primo romanzo, Essere senza destino, racconta la storia, in parte autobiografica, di un quindicenne deportato a Auschwitz e Buchenwald, mostrando nel lager un mondo dove anche l’arbitrio trova giustificazione ed è persino possibile una felicità esistenziale.

Il libro venne rifiutato dagli editori, quindi ignorato, con l’autore messo al bando fino al crollo del Muro. Ieri ci ha detto: «Il valore principale, nei lager e nei gulag, era sopravvivere. Ma per sopravvivere bisognava collaborare. Perciò i superstiti hanno dovuto dimenticare se stessi». L’impotenza di esprimere tutto ciò che, di fronte alle tragedie della vita e della storia, si vorrebbe esprimere, è stato il filo rosso che ha collegato la poetica di Kertész e la drammatica esperienza di Ingrid Betancourt, la donna ostaggio per sei anni dei guerriglieri colombiani, insignita di un premio speciale alla tolleranza. Diventata simbolo della lotta per la libertà, è arrivata a Palazzo Reale assediata da cameramen e fotografi. Vestita di una giacca di velluto blu, gli splenddi occhi mai fermi, si è intrattenuta amichevolmente con Mercedes Bresso e Sergio Chiamparino, e ricevuto il premio si è concessa un lungo e suggestivo intervento. Ha parlato della letteratura come filtro per lottare per una causa, citando l’influenza esercitata su di lei dallo scrittore uruguayano Eduardo Galeano.

Ha detto che ci sono diversi modi di vivere il dolore, una parte dei quali esige un certo grado di silenzio: «Io - ha detto - ho bisogno di silenzio». Ha confessato lo sgomento per quel mondo giovanile, compresi i suoi carcerieri, che non riesce a capire: «Perché giustificano con travestimenti ideologici e con acrobazie intellettuali esiti barbari dei comportamenti umani». Ha additato la libertà come grande irrinunciabile valore: «Senza libertà - ha detto - non c’è dignità». Quindi ha aggiunto, quasi in un mormorio con se stessa: «E senza dignità la vita non vale la pena». L’intervento si è concluso con l’annuncio di un accordo fra la Fondazione Betancourt e la Fondazione Grinzane per un progetto giovani. Mentre la Fondazione Crt, sponsor dei premi per la tolleranza e per la lettura, ha promesso di sostenerli anche in futuro. Un riconoscimento per la traduzione è andato all’anglista Alessandro Serpieri. Quanto a Kertész, arriva un nuovo libro, Dottor K.,in cui lo scrittore intervista se stesso. Già uscito in Germania, è stato definito su Die Zeit «profondamente commovente».

da lastampa.it
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