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Autore Discussione: INTERVISTA AL VIROLOGO LUC MONTAGNIER  (Letto 3839 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Giugno 08, 2007, 04:40:39 pm »

NEWS

8/6/2007 - INTERVISTA AL VIROLOGO LUC MONTAGNIER
 
"Salveremo il mondo con la papaya"
 
 
 
CHIARA BERIA DI ARGENTINE
 
MILANO
So bene che molti medici non credono agli effetti benefici dell’estratto di papaya fermentata. Io invece non solo ci credo ma penso che bisognerebbe studiare anche le proprietà di molte altre piante. Certo, occorrono serie ricerche e, quindi, molti soldi. Il problema è che le grandi case farmaceutiche non sono interessate perché si tratta di prodotti naturali». A promuovere con tanto entusiasmo l’uso della papaya per aiutare l’organismo a corto di difese immunitarie e per contrastare l’invecchiamento celebrale, quindi malattie degenerative sempre più diffuse come il Parkinson e l’Alzheimer, non è uno sciamano da quattro soldi ma uno dei più illustri «cacciatori di virus», il professor Luc Montagnier, presidente della Fondazione mondiale per la ricerca e prevenzione dell’Aids, lo scienziato che nel 1983, scoprì il virus Hiv e, nel 1985, isolò l’Hiv 2.

Settantaquattro anni portati alla grande Montagnier che interviene stamani al convegno «Milano Checkup» (il professor Umberto Veronesi presiede il comitato scientifico) è da anni impegnato anche in prima linea nella battaglia contro l’Aids. E in tutti i suoi risvolti. «Liberatele!», ripete con foga l’appello per le infermiere bulgare in prigione in Libia con «la falsa accusa» di aver infettato 400 bambini. Quanto alla strada da seguire per sconfiggere il terribile virus non ha dubbi: «Tutti da Bill Gates in giù parlano di vaccino preventivo ma io credo in una via ben più creativa: un vaccino terapeutico è il vero primo passo per arrivare a sradicare l’epidemia».

Professor Montagnier, come mai lei- uno scienziato tanto illustre quanto impegnato anche sul campo- propaganda con tanta convinzione l’uso dell’estratto di papaya? Ha forse, sia sincero, degli interessi economici?
«Non sono un uomo ricco, sono uno scienziato che lavora da 50 anni sui virus; cerco soldi per poter continuare i miei studi. Per ogni confezione di estratto di papaya fermentata (parlo di estratto non del frutto) prodotta dalla giapponese Osato, la Fondazione, una Ong creata nel 1993 sotto la tutela dell’Unesco (nel nostro centro pilota in Camerun lavoriamo per combattere la trasmissione del virus ai neonati in un Continente dove ogni anno ci sono 2 milioni di donne sieropositive incinte e nascono 720 mila neonati infetti) riceve 1 solo euro. La papaya fermentata - è bene sottolinearlo - non è una medicina è un integratore da associare ai farmaci utilissimo perché stimola le difese immunitarie e ha forti proprietà antiossidanti. Sono arrivato a queste conclusioni proprio somministrando l’estratto ai malati di Aids in associazione alla tri-terapia (un cocktail di farmaci). Mi spiego: di Aids non si guarisce ma, grazie ai farmaci, che hanno però pesanti effetti collaterali, oggi possiamo garantire la soppravvivenza al 90% dei malati o meglio a coloro - in Africa sono solo il 25,28% su 3 milioni di malati - che hanno accesso ai farmaci. Ormai 25 studi molto seri, come la ricerca condotta in Israele su bambini talassemici, ha dimostrato che somministrando l’estratto si riesce a diminuire lo stress ossidativo causato dall’infezione virale e, quindi, si aumentano le risposte immunitarie. La papaya serve anche per malattie ben più banali: appena ho un po’ di mal di gola o di raffreddore io prendo una bustina di estratto».

Tra tanti suoi illustri pazienti, come rivelò «Le Monde», convinse anche Papa Wojtyla a prendere la papaya. Come fece?
«Non sono stato io a parlarne. Nel 2002 il Papa voleva essere informato sulla situazione dell’Aids, in particolare in Africa. Fui ricevuto in Vaticano, parlammo per mezz’ora. Durante l’udienza notai le condizioni molto precarie del Papa, soffriva - è noto - di Parkinson. Dopo l’attentato non solo aveva subito una delicatissima operazione all’intestino ma, facendo delle trasfusioni, aveva contratto il citomegalovirus. Stress ossidativo, immunodepressione... Gli dissi che, sicuramente, era molto ben seguito dai suoi medici di fiducia e che gli consigliavo, senza interrompere le cure, di assumere l’estratto di papaya. In più - non l’ho mai rivelato a nessuno - di prendere anche del glutatione. È un antiossidante molto potente, uno dei più importanti tra quelli che l’organismo è in grado di produrre, solo che invecchiando se ne produce sempre di meno e allora va integrato. Come integratore per ora, c’è solo una fabbrica Usa che lo vende. Io lo prendo sempre, è davvero magico».

Professore, a quasi 25 anni dalla scoperta del Hiv qual è oggi il suo sogno?
«Non faccio sogni, studio. Seguo questa mia strada creativa e sono sempre più ottimista: un giorno anche l’Aids sarà una malattia curabile come tante altre e avremo infine sdradicato l’epidemia».

da lastampa.it
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