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Autore Discussione: Bruno Ugolini Precari, quando l'ansia finisce sui libri  (Letto 2330 volte)
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« inserito:: Gennaio 12, 2009, 05:23:58 pm »

Precari, quando l'ansia finisce sui libri

di Bruno Ugolini


È un bel romanzo dei nostri tempi,ma è anche un documento importante. Descrive, con attenzione e partecipazione, altalenanti esperienze di lavoro. La protagonista, Francesca, è una delle tante figure del mondo intellettuale precario. Ossessionate dai ritmi di una rincorsa infinita. Con due lauree (Storia dell'Arte Medievale e Conservazione dei Beni Culturali)inutilizzate. Il titolo del libro è “Ansia da prestazione”. Il sottotitolo ironico recita “Il lavoro somministrato senza ricetta medica”. L’autrice è Alessandra Delogu Santangela (Editore Aletti). Ha raccontato se stessa anche se ha usato altri nomi.

Ha rivissuto sedici anni con dodici prestazioni occasionali, due borse di studio, otto collaborazioni coordinate e continuative, una collaborazione a progetto e tre assunzioni a tempo determinato. È, insomma, l’autobiografia di una flessibile, amara ed ironica. Scrive a premessa: “Alcuni ex sessantottini, riposto l’eskimo e diventati per magia riformisti, ti ripetono che la società è in continua trasformazione e chi non sa adattarsi ai cambiamenti in corso è destinato a rimanere fuori dal nuovo, moderno, libero, competitivo mercato del lavoro”.

La moderna società del lavoro in cui Francesca precipita è fatta di ripetute sorprese. Come quando va al colloquio convinta di poter diventare collaboratrice di una casa editrice e si vede offrire una specie di “porta a porta” per la vendita di enciclopedie. O come quando le offrono di partecipare a sfilate per parrucchieri oppure di diventare la segretaria molto particolare di un preside. Poi diventa venditrice di oggetti preziosi per una galleria d’arte e la redattrice di un sito web. Esperienze di lavoro instabili. Fino al passaggio ad un posto pubblico, sia pure con contratto a tempo determinato. Pare una conquista rassicurante: “Il momento comunque più indimenticabile di quel primo giorno fu la consegna del cartellino. Per i comuni mortali un’anonima tesserina magnetica in tutto simile a un bancomat, per il variegato universo dei precari il simbolo dello scalino più alto nella piramide del lavoro a termine, il sogno proibito che improvvisamente si materializza”.

Certo anche qui esperienze umilianti, come il rito della “colazione”, con una durata diseguale: “Una variabile che tracciava un solco netto tra personale assunto a tempo indeterminato e personale precario”. Francesca però “Non poteva e non oveva lamentarsi… L’epoca del lavoro- hobby, piacevolissimo, estremamente gratificante, ma sottopagato e privo totalmente di tutele, era ormai ben lontana dai suoi pensieri… Rinnovo dopo rinnovo, prima o poi l’assunzione a tempo indeterminato sarebbe arrivata…A quasi quarant’anni non era più possibile scorgere orizzonti diversi”. E invece alla fine anche qui cala la ghigliottina: Francesca deve lasciare. L’ansia da prestazione ricomincia….



12 gennaio 2009
da unita.it
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