Admin
Utente non iscritto
|
|
« inserito:: Gennaio 04, 2009, 11:51:05 pm » |
|
La ricerca ecco come in Italia e negli altri Paesi, si immaginano i prossimi dodici mesi
Pessimismo, record italiano
Un 2009 «nero» per il 47%: mai così male in dieci anni
Sei su 10 si aspettano difficoltà economiche
Un annus horribilis il 2008? Il 2009 sarà anche peggio. Lo pensano gli italiani, ma non solo, che hanno risposto al tradizionale sondaggio di fine anno condotto da Doxa, per l'Italia, e da Gallup International Voice of the People nel resto del mondo. Un sentimento comune in molti altri Paesi (il sondaggio raffronta la situazione italiana con quella di Gran Bretagna, Giappone, India e Argentina), ma è da noi che il pessimismo dilaga. Non è una sorpresa e non farà felice il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. che da mesi si prodiga nella sua personalissima e instancabile missione di diffondere ottimismo. La fiorettista Valentina Vezzali: «Per carattere vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Così ho vinto a Pechino» (Reuters) Missione inutile a leggere le risposte date da uomini e donne dai 15 anni in su (campione di 1.022 italiani) a precise domande riguardanti: aspettative personali per l'anno appena iniziato, previsioni per economia e disoccupazione, sicurezza del proprio lavoro, conflitti sindacali e conflitti internazionali.
Prendiamo le aspettative personali per il 2009, termometro principale del grado di felicità e speranza in ogni Paese. Gli italiani stabiliscono un nuovo record con il 47 per cento di pessimisti (la media internazionale di chi vede nero per i prossimi dodici mesi è del 35 per cento) e solo il 15 per cento degli intervistati prevede che l'anno appena iniziato sarà migliore di quello passato. Ci battono solo gli inglesi con il 52 per cento di pessimisti. Rispetto a un anno fa sono aumentati del 32 per cento i britannici che pensano che il 2009 non porterà nulla di buono. Un dato significativo se raffrontato al periodo 2001-05 quando, rispondendo alle stesse domande, la percentuale di pessimisti era pari a quella degli ottimisti. «Il risultato di queste nuove interviste non ci ha colto di sorpresa — dice Vilma Scarpino, amministratore delegato di Doxa —. Negli ultimi mesi si è parlato molto di crisi e le risposte ricevute sono in linea con il clima di questo periodo. I numeri espressi dal sondaggio sono importanti, rappresentano un trend negativo in crescita dal 2000, segno che la sostanza del problema esiste».
Rincara la dose Domenico De Masi, professore di Sociologia del Lavoro alla Sapienza di Roma: «Data l'attuale congiuntura economica, l'ottimismo è un segno di incoscienza. Il pessimismo è un segno di saggezza. La diagnosi per i primi mesi del 2009 è che ci sarà minore ricchezza. Non è obbligatorio che sia un male, può essere la via a un nuovo modello meno dedito al consumismo». In un mare di pensieri foschi, per trovare un'isola felice bisogna andare fino in India dove l'ottimismo resiste anche se è in caduta libera: dal 31% al 21% rispetto a un anno fa. Se dalle aspettative personali si passa alle previsioni su economia e disoccupazione, il sentimento degli italiani, se possibile, è ancor più buio. A fronte di un 3 per cento di inguaribili ottimisti che prevedono «prosperità economica» per il 2009, ben il 62 per cento degli intervistati attende «difficoltà economiche» dal nuovo anno (52 per cento è la media dei pessimisti negli altri Paesi). Quanto al tasso di disoccupazione, il 55 per cento degli italiani è convinto che crescerà ancora.
E chi un lavoro ce l'ha si preoccupa e molto. Perché se sulla stabilità dell'occupazione il 60 per cento degli italiani ritiene «sicuro il proprio posto di lavoro» (in Gran Bretagna il 45 per cento è certo che, in caso di perdita del lavoro, farebbe fatica a trovare una nuova occupazione), il 31 per cento degli intervistati pensa di essere esposto al rischio disoccupazione. «Un numero importante, però è sbagliato generalizzare pur prendendo con la massima serietà i risultati del sondaggio — avverte Gioia Di Cristofaro Longo, ordinaria di antropologia culturale alla Sapienza di Roma —. La situazione dell'Italia è a macchia di leopardo con delle macchie più nere delle altre. Una di queste è il lavoro dei giovani. Il precariato è ormai una piaga. E non mi riferisco solo al lavoro ma alle prospettive di vita». Ecco l'analisi dell'antropologa: «I giovani non si pongono più progetti a lungo termine. È la vita nella sua interezza ad essere diventata precaria, si va avanti giorno per giorno. Chi si pone obiettivi normali per un essere umano, come sposarsi e fare dei figli, si sente frustrato». Per invertire la tendenza al pessimismo cosmico c'è una sola soluzione: «Stabilità, perché la nostra società si sta autocondannando a vivere a livelli sempre più bassi», dice Di Cristofaro Longo. «L'Italia — aggiunge — non investe più nella crescita, nella ricerca, nella cultura. Un'operazione suicida. Nel nostro Paese c'è ricchezza ma è mal distribuita. Come avviene in una famiglia, lo Stato deve decidere come e dove investire il denaro. Al momento lo sta facendo nel modo sbagliato».
Forse è meglio fare come i giapponesi, che dimostrano più tranquillità. Anche perché la maggior parte di quelli che hanno partecipato al sondaggio si sono astenuti da fare previsioni su questo argomento. Se dai dati Doxa-Gallup emerge anche la convinzione che durante il 2009 aumenteranno le vertenze sindacali (lo prevede il 54 per cento), la situazione non migliora quando gli italiani mettono il naso fuori dai confini. «Sarà un anno tormentato» dice il 50 per cento alla domanda sui conflitti internazionali. Risposte date prima dello scoppio del nuovo conflitto in Medio Oriente che dimostrano una certa lungimiranza. Vero che oggi c'è più ottimismo rispetto al 2003 quando i pessimisti erano addirittura il 72 per cento (all'epoca si faceva ancora sentire l'onda lunga dell'11 settembre 2001), ma anche qui noi italiani rimaniano i meno predisposti a guardare con fiducia al futuro (pure gli inglesi non hanno grandi speranze). «Mi avrebbe sorpreso leggere che gli italiani sono ottimisti — dice Giuseppe De Rita, presidente Censis —. A parte Berlusconi, l'italiano medio è consapevole che questa è la crisi più grave degli ultimi 80 anni. Anche se per me si tratta soprattutto di una crisi mediatica dove tv e stampa hanno avuto un ruolo importante. Dopo mesi di notizie che raccontano di crisi finanziaria e miliardi bruciati in Borsa come si fa ad essere ottimisti?». Dunque, tutta colpa dei media? «Fino ad oggi la crisi è stata più vissuta sui media che nella vita reale. Per adesso, quello che è successo è che la Borsa ha perso metà dei suoi capitali e alcune grandi banche Usa sono fallite. Una bolla finanziaria che interessa il 10% degli italiani. Persone potenti, che fanno opinione in grado di influenzare l'opinione pubblica. Ma il nostro è ancora un Paese molto liquido, i soldi ci sono. Il fatto è che rimangono fermi».
Roberto Rizzo 03 gennaio 2009
da corriere.it
|