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Autore Discussione: "Il problema di Frattini? Purtroppo è un fifone"  (Letto 4398 volte)
Admin
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« inserito:: Gennaio 01, 2009, 10:42:42 am »

Quando il politico è in vacanza (in tuta)

Consigli per un guardaroba (doppio)

Lettera aperta al ministro Frattini: «Chieda in prestito a Chantal un po' di cipria per smorzare l'abbronzatura»
 
 
Caro ministro, perché un bel signore dall'aria avvenente ed elegante come lei, con un perfetto phisique du role per fare il ministro degli Esteri si ostina a danneggiare la sua immagine? So che le ferie sono un diritto. Anche per un rappresentante del governo. Anche quando nel mondo scoppiano guerre e crisi terribili. Va bene. Ma dato che la diplomazia mondiale non riesce a rispettare i suoi tempi di vacanza, le vorrei dare qualche consiglio per attrezzarsi alle emergenze. Non è difficile, basta saper fare le valigie. Prendiamo il caso della Georgia. Durante la crisi con la Russia, in un momento così delicato e difficile per i ministri degli Esteri di tutti i Paesi del mondo, lei si è fatto sorprendere in mutande da bagno alle Maldive. Non si è immediatamente infilato dei pantaloni ed è corso con il primo aereo alla Farnesina perché l'Italia potesse dire la sua, ma si è limitato a cambiare costume da bagno e, fra una nuotata e l'altra, ha lavorato, pare, in conference call.

L'evento imponeva di scegliere dalla valigia un completo giacca-pantaloni non troppo estivo e non troppo chiaro, abbinarlo con camicia e cravatta, mettersi alle spalle una bella carta geografica con Russia e Georgia in evidenza e, in piedi accanto alla carta, spiegare scenari e mosse diplomatiche dell'Italia. Veniamo a Gaza. Dal suo chalet di montagna intutato, sponsorizzato, abbronzato e dichiaratamente in vacanza lei si è limitato a fare un commento per i telespettatori. Le vacanze natalizie, si sa, sono sacre. Ma bastavano solo due minuti per togliere la tuta con marchio, indossare camicia, cardigan scuro e allontanarsi dalle travi di legno della baita, farsi prestare una bella scrivania e piazzarci sopra un mappamondo. E, magari, chiedere anche in prestito a Chantal, la sua compagna, un po' di cipria per smorzare l'abbronzatura. Troppo sole fa male, non è elegante e non trasmette sicurezza a meno che uno non faccia il ministro del Turismo. Lei che ha il phisique du role che tanti suoi colleghi di governo le invidiano, nel 2009 non ci deluda. Visto che ha la responsabilità degli Esteri abbia sempre pronta una faccia da estero-dramma, dato che parla di cose importanti e drammatiche quando parte porti sempre dietro due guardaroba, uno per le vacanze e uno per lavoro.

Quando comunica agli italiani esibisca quello professionale, si faccia vedere consapevole anche nel vestire delle parole che sta dicendo. Basta poco, in fondo. La prossima crisi, forse della Cecenia, potrebbe sorprenderla mentre è a cavallo in Mongolia. Nessun problema, l'importante è metter via in fretta pantaloni da cavallerizzo, frustino e cavallo. E prendere dalla valigia una camicia, un golf di colore non sgargiante, lei è tipo da cravatta, se ne porti sempre dietro una. A noi il ministro degli Esteri piace anche con la giacca. E poi, dato che viviamo nel tempo dell'immagine, pensi anche alla scenografia: una carta geografica, un mappamondo, un quadro. In modo che lei non compaia sempre inquadrato con un mare turchese o con vette bianche di neve. Caro ministro, dopodomani è un altro anno. Non ci deluda.

Lina Sotis

31 dicembre 2008
da corriere.it
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 01, 2009, 10:18:49 pm »

L'intervento dopo la lettera di Lina Sotis sul corriere

Frattini e la tuta da neve al Tg1

Il ministro risponde su Facebook

Il responsabile della Farnesina: «Forse non è stato appropriato, ma la realtà è stata falsificata»


MILANO - Indossare quella tuta, in quel momento, «non è stato forse appropriato e rispettoso, ma comunque non insincero». Franco Frattini risponde, via Facebook, alla lettera di Lina Sotis sul Corriere della Sera ("Consigli per un guardaroba doppio"), pubblicata dopo le dichiarazioni sulla crisi di Gaza rilasciate dal ministro degli Esteri al Tg1 in tuta da sci. «Dal suo chalet di montagna intutato, sponsorizzato, abbronzato e dichiaratamente in vacanza - scriveva la Sotis - lei si è limitato a fare un commento per i telespettatori. Le vacanze natalizie, si sa, sono sacre. Ma bastavano solo due minuti per togliere la tuta con marchio, indossare camicia, cardigan scuro e allontanarsi dalle travi di legno della baita, farsi prestare una bella scrivania e piazzarci sopra un mappamondo».

LA RISPOSTA - «Un personaggio pubblico - scrive Frattini a un utente di Facebook - deve abituarsi anche ad essere comunque criticato. Il giornalismo usa ormai con disinvoltura una certa "falsificazione" della realtà, del contesto e anche del tempo, per rendere persuasivi i meccanismi con i quali rappresenta appunto una realtà semplificata. Nella lettera garbata della Signora Sotis, ad esempio, per far passare il messaggio che io non saprei "fare le valigie" (nel senso di mettere una bella giacca accanto agli indumenti da vacanze: il costume al mare, la tuta da sci in montagna) si richiamano interviste televisive estive o immagini di dichiarazioni in costume che nessuno ha mai visto, solo per rendere più credibile e persuasiva la critica all'intervista tv sul Tg1, questa volta sì in tuta, in montagna. Per dimostrare in questo modo una continuità nell'errore che in realtà non c'è stata. Tra parentesi: Obama in short e maglietta sportiva alle Hawaii, nelle stesse drammatiche ore, non ha suscitato alcuna curiosità. Più sottile il meccanismo di ripetere la critica il giorno dopo, quando non ero più in vacanza (ammesso che lo sia mai stato, dal momento che il giorno prima nel breve volgere di tre ore – e dopo numerosi contatti, come è facile immaginare, e come documentato da note della Farnesina - sono state convocate in sequenza la Commissione Esteri del Parlamento italiano e a seguire la riunione dei ministri degli Esteri Europei, a Parigi, riunione che tanto ha irritato la Presidenza ceca dell’Unione). Si è trattato di voler proiettare consapevolmente una critica di costume – è il caso di dirlo - su di una presenza e posizione politica, peraltro largamente condivisa».

AL TELEFONO - «Quanto al discorso della tuta - ammette Frattini - è vero, non è stato forse appropriato e rispettoso, ma comunque non insincero, indossarla in quel momento. La saggia alternativa non sarebbe peraltro stata quella di girare con costumi e oggetti "artificiali" – una location sembrerebbe di capire nelle parole divertite della Signora Sotis – ma più semplicemente di parlare al telefono. Proprio come feci dalle Maldive».


01 gennaio 2009

da corriere.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #2 inserito:: Gennaio 05, 2009, 10:52:30 am »

5/1/2009 (7:27) - INTERVISTA

"Il problema di Frattini? Purtroppo è un fifone"
 
Martino, fondatore di Forza Italia, ex ministro della Difesa

Antonio Martino: "Ci vorrebbe più coraggio, Hamas minaccia tutti noi"

JACOPO IACOBONI
ROMA


«Il nostro amico (Frattini, nda) sa quale problema ha?»

Quale, professor Martino?
«Ha tante qualità, è un brav’uomo, ma ha un unico grande difetto: è un fifone. Non ha coraggio, in questa crisi a Gaza; e quando uno non ha coraggio non può darselo. Solo che in politica l’assenza di coraggio è il difetto peggiore. Non avendo coraggio, Frattini è attanagliato dal terrore di sembrare troppo aggressivo con i palestinesi, il risultato è che avalla l’idea, sciaguratamente sbagliata, che sia in corso un attacco di Hamas contro Israele. No! Hamas attacca l’Occidente tutto, attacca anche noi! E ci dovremmo difendere come si difende Israele».

A Gaza c’è l’offensiva di terra, Israele avanza, muoiono molti civili palestinesi, Hamas però continua a scavare tunnel, e in Italia si discute se trattarci o no. Il solito scenario da paese surreale?
«Vede, il dialogo è molto utile quando entrambe le parti hanno interesse a dialogare, altrimenti è inutile».

È il dibattito che dilania la sinistra. Ma lasciamo stare la sinistra. Non dovrebbe innanzitutto il governo esser tenuto a dar prova, se non di un’iniziativa ferma per il cessate il fuoco, almeno di una chiara visione sulla questione?
«Le dirò volentieri anche del governo, ma prima vorrei chiarire un punto. La crisi in corso non è un’ulteriore fase del conflitto israelo-palestinese. Quella fase è finita sette anni fa, quando, nonostante Ariel Sharon avesse fatto rilevanti concessioni territoriali, anche a costo di dividere il Likud, Gaza venne presa con un colpo di mano da Hamas, che la trasformò nella base logistica dei suoi attacchi terroristi. Ecco perché dico che questo non è più il conflitto israelo-palestinese. È, viceversa, una delle tante aggressioni dell’islamismo fondamentalista all’Occidente, spalleggiate a Nord, in Libano, dalla Siria, e a Sud, a Gaza, dall’Iran. La regia di tutto è a Teheran. Il programma - che è peraltro nello statuto di Hamas - è quello delineato da Ahmadinejad: l’annientamento di Israele, il Grande Satana, simbolo, tra parentesi, di tutto l’Occidente democratico».

Lo statuto di Hamas ha effettivamente un punto che esorta a dare la caccia agli ebrei ovunque siano, fino alla morte. Tuttavia si dice: è comunque la forza votata dal sessanta per cento dei palestinesi. Se non loro, chi può interloquire?
«Il tentativo di dialogo farebbe la stessa fine di Chamberlain, del dialogo con Hitler. Il XX secolo ci lascia questa eredità: i fondamentalisti quando dicono una cosa, spesso la fanno. Dinanzi a tutto questo l'Europa è politicamente assente, e demograficamente moribonda. Nell’Unione ci sono trenta Paesi con un tasso di nascite pari all’1,5, l’Italia è al 212° posto nel mondo... E spendiamo per la difesa neanche l’1 per cento del nostro bilancio, quando lo standard Nato prevede almeno il 2... La verità è che pensiamo che la pace ci tocchi come un dono per sempre, che non dobbiamo fare nulla per difenderci, che vogliamo, appunto, solo essere lasciati in pace. Se gli inglesi avessero ascoltato Churchill, che voleva riarmare la Gran Bretagna, magari anche la storia cruenta della seconda guerra mondiale sarebbe stata diversa».

La Farnesina si sta muovendo bene, a suo giudizio? O potrebbe fare qualcosa di più, magari per stimolare un’azione europea comune?
«Il nostro amico Frattini è un fifone, ed è anche colpa del nostro governo se si ha l’impressione che l’unica politica estera europea sia quella incarnata da Sarkozy».

Presidente di un Paese tradizionalmente assai vicino ai palestinesi, in diplomazia, e talora esplicitamente anti-israeliano.
«Anti-israeliano? Dica pura antisemita! Le parole vanno usate, i francesi antisemiti lo sono da sempre».

Lei pensa che l’Italia dovrebbe essere su quel teatro con dei suoi soldati, se si profilasse l’eventualità?
«Ma che ce li mandiamo a fare, gli infermieri? Abbiamo i migliori soldati del mondo ma non possono sparare. Che li teniamo a fare in Libano, ad aspettare che un razzo di Hezbollah gli cada in testa? Li mandiamo a condizione che non combattano...».

Il Berlusconi degli esordi era su queste posizioni. E ora?
«Sa, le cose sono complesse; ma il coraggio scarseggia, quando invece in politica bisognerebbe anche assumere dei rischi».

da lastampa.it
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« Risposta #3 inserito:: Gennaio 17, 2009, 11:27:50 pm »

Alla cerimonia di insediamento nessun membro dell'esecutivo

Il segretario Pd: "Dove sono i ministri che affollano ogni sera i talk show?"

Obama day, Veltroni attacca il governo "Nessuno ci rappresenta a Washington"

 

ROMA - I ministri che non perdono occasione per partecipare a programmi televisivi ma che non saranno a Washington, martedì 20, a rappresentare l'Italia nel giorno dell'insediamento di Barack Obama alla casa Bianca. E' contro di essi che punta l'indice il segretario del Pd, Walter Veltroni. "E' possibile che il governo italiano non sia in grado di farsi rappresentare alla cerimonia da nessuno dei suoi ministri - si chiede - gli stessi che affollano ogni sera i talk show e che non perdono occasione per andare in tv?".

Veltroni esprime "la massima stima" per l'ambasciatore italiano a Washington, la sua presenza, dice, "è certamente autorevole", ma "la rappresentanza del governo è del tutto assente".

Un'assenza alla quale, osserva il leader dei Democratici, "si sommano le gaffe che il premier continua a fare quando si parla di Obama: tutto il mondo ricorda la definizione di abbronzato. Così come la frase con cui ha giustificato che non sarà alla cerimonia, perché non vuol essere una 'comparsa', non sarà certamente piaciuta ai capi di stato e di governo che invece parteciperanno".

Proprio per questi motivi, aggiunge il leader Pd, "essere a Washington in un momento così importante, all'avvio di una presidenza che in molti considerano storica, è importante per l'Italia e per i suoi rapporti con gli Stati Uniti".

(17 gennaio 2009)
da repubblica.it
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