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Autore Discussione: Fiorenza SARZANINI.  (Letto 194365 volte)
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« Risposta #75 inserito:: Settembre 07, 2010, 12:28:40 pm »

Immigrazione - Il Viminale teme che i rom mandati via da Parigi arrivino in Italia

«Vanno espulsi dall'Italia i comunitari non in regola»

Maroni rilancia la linea francese: l'Europa agisca unita


PARIGI - Evita accuratamente di pronunciare la parola rom e lo stesso fa il suo collega francese Eric Besson. Ma il ministro dell'Interno Roberto Maroni, volato in Francia per un seminario sul tema dell'immigrazione, sa bene che è proprio questo il tema in discussione. E non si sottrae, anzi rilancia la linea già attuata da Parigi: «Bisogna espellere i cittadini comunitari che non rispettano la direttiva europea sul soggiorno nei Paesi membri».

Posizione forte che certamente non mancherà di provocare nuove polemiche proprio perché è ai nomadi che i titolari dell'Interno - all'incontro partecipano anche i colleghi di Germania, Grecia, Gran Bretagna, Belgio e Canada, tutti in cima alla lista delle richieste d'asilo - pensano quando annunciano di voler formalizzare la richiesta nella riunione a Bruxelles la prossima settimana. E perché questa mattina il titolare del Viminale affronterà la questione con il sindaco di Roma Gianni Alemanno che ha già reso note le sue proposte: «Obbligare i Paesi di origine a fornire i precedenti penali creando una sorta di casellario europeo e introdurre il divieto di reingresso per i cittadini che hanno già subito un'espulsione».

Il documento cui si riferisce Maroni è la disposizione europea numero 38 del 2004 «che stabilisce la libera circolazione delle persone all'interno dell'Unione e regola in 3 mesi la permanenza di un cittadino comunitario all'interno di un altro stato membro». Ed ecco il problema posto dal ministro: «Chi non rispetta queste regole di fatto rimane impunito perché gli Stati non hanno gli strumenti per disporre l'allontanamento. Per questo ho già chiesto alla commissaria europea di prevedere sanzioni che servano a far rispettare le regole». In realtà la sanzione è solo una e Maroni la esplicita subito dopo: «Espulsione e rimpatrio». Vale a dire applicare il procedimento che già è previsto per gli extracomunitari.

Non a caso il titolare dell'Interno cita l'esempio della Libia «perché grazie all'accordo che abbiamo fatto con quel Paese siamo riusciti di fatto ad azzerare gli sbarchi» e quando un giornalista straniero gli chiede se intenda minacciare la Romania perché sono i suoi cittadini a non rispettare la direttiva risponde: «Noi non minacciamo nessuno, noi firmiamo trattati. Per questo ci appelliamo all'Unione europea affinché si arrivi ad una legislazione comune fra tutti gli Stati membri».

Maroni ha difeso energicamente le iniziative di Francia e Italia sostenendo di aver «incoraggiato l'esodo volontario di alcuni cittadini comunitari verso i loro Paesi dando loro una somma di denaro per consentire il rientro».

Non sfugge la scelta di procedere su una linea unitaria, anche per prevenire quelle che appaiono conseguenze inevitabili quando la linea dura viene messa in atto soltanto da alcuni Stati: migrazione verso il Paese confinante o comunque quello che ha una legislazione favorevole. Il timore neanche troppo velato è che i rom mandati via da Parigi possano decidere di trasferirsi in Italia. Besson assicura che «non c'è stata alcuna espulsione collettiva, ma è stato sempre rispettato il diritto francese e quello comunitario», però conferma la linea della fermezza. Tanto basta a far dilagare le proteste e le prese di posizione di chi ricorda che in passato l'allora commissario dell a Ue Jacques Barrot abbia già respinto analoghe richieste di sanzioni. L'asse italo-francese - con l'appoggio sicuro di Germania e Grecia - non sembra disposto ad arretrare.

Fiorenza Sarzanini

07 settembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/10_settembre_07/vanno-espulsi-dall-italia-sarzanini_5016aec0-ba4d-11df-a688-00144f02aabe.shtml
 
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« Risposta #76 inserito:: Settembre 11, 2010, 05:10:43 pm »

LE INCHIESTE GRANDI EVENTI

Consulenze e sprechi, i conti di Balducci

Giancarlo Bravi, il nuovo coordinatore dei Grandi Eventi, revoca tutti gli incarichi


ROMA - All'avvocato Sergio Lupinacci, legale del provveditore Angelo Balducci, era stata assegnata una consulenza da 100 mila euro l'anno. Cifra molto più consistente era stata concessa a un altro legale, quell'Edgardo Azzopardi che avrebbe fatto da tramite tra i componenti della «cricca» e l'ex procuratore aggiunto Achille Toro, ora accusato di aver «soffiato» notizie sull'indagine in corso: 200 mila euro per due contratti. Anche il figlio del magistrato era stato inserito nella lista e ricompensato con 50 mila euro ogni dodici mesi. Eccoli i professionisti beneficiati dai funzionari che gestivano i «Grandi Eventi». Ecco l'elenco di chi - spesso senza aver ricevuto alcun incarico specifico - è riuscito ad assicurarsi un lauto stipendio. Variano le cifre, ma nessuno scende sotto ai 1.000 euro al mese. E non è finita. Perché nell'elenco degli sprechi ci sono anche numerose «voci» per la realizzazione delle opere per le celebrazioni dei 150 anni dall'Unità d'Italia e i 9 milioni di euro di spese fuori bilancio per i Mondiali di Nuoto. A fare i conti - scoprendo un esborso di almeno un milione di euro l'anno tra retribuzioni personali e oneri per lo Stato - è stato Giancarlo Bravi, il nuovo responsabile della struttura che ha revocato tutti i contratti ai professionisti e adesso sta riesaminando i progetti già approvati. Lavoro arduo, che comincia però a dare risultati concreti anche in vista dei chiarimenti che potranno essere richiesti dalla Corte dei Conti. Da tempo i magistrati contabili hanno avviato accertamenti sugli affari conclusi grazie alla procedura d'urgenza e in particolare sulle procedure seguite alla «Ferratella», il Dipartimento affidato a Balducci che dipende dalla presidenza del Consiglio. E adesso dovranno verificare in base a quali criteri siano stati scelti.

Quattro studi legali ma senza incarichi
Nonostante la schiera di legali a disposizione, si era evidentemente deciso di non poter fare a meno di validi professionisti esterni. Il problema è che nei loro contratti, oltre a una generica assegnazione di incarichi, non è specificata alcuna mansione specifica. Ed è stata proprio questa circostanza a convincere Bravi sull'opportunità di revocare gli incarichi. Qualche mese fa, quando il suo nome finì negli atti processuali per alcune conversazioni intercettate, l'avvocato Lupinacci, calabrese, 44 anni, mise le mani avanti: «È vero, il 5 gennaio scorso sono stato nominato esperto del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Ma lui lo conosco da appena due o tre mesi, lo stimo, c'è una buona confidenza tra noi, che c'è di male? Io, però, non sono mai stato raccomandato da nessuno, non ho padrini, sono solo un avvocato che, modestia a parte, in tanti anni ha acquisito grande esperienza in tema di opere pubbliche e gestione trasparente degli appalti. Però attenzione: incarico gratuito, anche se prestigioso e al servizio di una grande istituzione dello Stato». Non era proprio così. In realtà Lupinacci aveva ottenuto un compenso da 100 mila euro. Un incarico da 50 mila euro per sei mesi, automaticamente rinnovabile, era stato affidato invece all'avvocatessa Alessia Menocci, nata a Cecina ma residente nella capitale. Quando le è stata comunicata la revoca ha deciso di rivolgersi a un giudice, ma ha avuto torto. E anche il suo rapporto professionale è stato interrotto. Via dalla Ferratella Stefano Toro e via l'avvocato Federico Vecchio che aveva pattuito un compenso di 40 mila euro. «Era inevitabile - chiarisce Bravi - proprio perché non c'era un motivo reale che giustificasse la concessione di questi soldi a professionisti esterni».

Niente progetti per architetti e ingegneri
Lavorare dove si progettano opere pubbliche poteva essere una buona occasione. Ma nessuno ha mai provveduto ad assegnare loro alcun incarico. E così pure questi contratti sono stati tagliati. Del resto la «causale» era del tutto generica: «supporto al Rup», il Responsabile unico del procedimento, senza nessun altra spiegazione. Revoca per Attilio De Fazi che aveva pattuito una consulenza di 40 mila euro e annullamento del contratto per Francesco Buzzomanno che avrebbe dovuto avere 50 mila euro l'anno ma non ha mai preso neanche un centesimo. L'architetto Luciano Paperini dovrà rinunciare a 35 mila euro, mentre Damiano De Propris esperto nella bonifica delle aree ne perde 20 mila. Poco più di Francesco Fiorentino che doveva averne 15 mila. Ben più remunerativo - 30 mila euro - il contratto dell'ingegner Agostino Elefante, anche lui da poco revocato. I giudici contabili - che hanno già avviato la procedura di addebito ritenendo che sia il G8 organizzato a L'Aquila, sia la Louis Vitton Cup a La Maddalena abbiano provocato un danno erariale - dovranno adesso analizzare la procedura per l'affidamento delle consulenze e stabilire se l'esborso fosse giustificato. I provvedimenti di revoca firmati da Bravi saranno acquisiti anche dai pubblici ministeri che indagano sulla concessione di incarichi e appalti proprio per verificare se nella scelta dei consulenti Balducci e gli altri funzionari che collaboravano con lui abbiamo abusato del proprio ruolo.

Per i Mondiali di Nuoto debito da 9 milioni
Tagliare gli incarichi esterni non è bastato a far quadrare i «bilanci». Per questo si è deciso di ricontrollare tutte le spese dei Grandi Eventi. Si è così scoperto che per l'organizzazione dei Mondiali di Nuoto è rimasto un «buco» di 9 milioni di euro mentre la previsione di spesa per le celebrazioni dell'Unità d'Italia «sfora» di circa 90 milioni di euro. «Nel primo caso - spiega Bravi - potremo onorare i debiti soltanto se saranno messi a disposizione i fondi, perché l'evento è finito l'anno scorso e su quanto è stato fatto non si può tornare indietro. Ben diverso è il discorso che riguarda le opere per i 150 anni dell'Unità d'Italia. Grazie all'impegno dei commissari di Venezia e Firenze stiamo cercando di ridurre i costi e altri tagli li faremo in altre città. Il mio obiettivo è una riduzione drastica dei costi per poter ridurre l'aggravio a soli 40 milioni di euro, almeno per quanto riguarda lo stanziamento dello Stato». Per comprendere che cosa sia accaduto durante la precedente gestione basti pensare che l'area scelta per il nuovo palazzo del cinema di Venezia - esborso previsto 100 milioni di euro - deve essere completamente bonificata. Un problema che nessuno aveva sollevato quando si è trattato di dare il via libera. E adesso l'aggravio di spesa rischia di superare i 20 milioni di euro. Prezzi lievitati anche a Firenze: da un preventivo iniziale di 40 milioni si è già arrivati a oltre 100. Ma Bravi è categorico: «L'impegno è preso, si dovrà riuscire a terminare i lavori con i soldi che abbiamo».

Fiorenza Sarzanini

11 settembre 2010
http://www.corriere.it/cronache/10_settembre_11/consulenza-sprechi-balducci_32ab592a-bd6e-11df-bf84-00144f02aabe.shtml
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« Risposta #77 inserito:: Settembre 24, 2010, 04:51:04 pm »

La vicenda

L'altro cronista abitò in Centroamerica e fu consigliere della moglie di Dini

Il «sudamericano» e quelle ombre sugli 007

L'imprenditore accompagnò Berlusconi in Brasile e organizzò una serata con ballerine


Non era mai accaduto che il vertice dei servizi segreti fosse costretto a diramare due comunicati di smentita in meno di una settimana. E invece le note con le quali il Dis, il Dipartimento informazioni per la sicurezza guidato dal prefetto Gianni De Gennaro, ha «ribadito l'assoluta infondatezza delle notizie su presunte iniziative svolte in Italia all'estero in merito all'immobile di Montecarlo», consentono di percepire quale sia il clima che si respira negli apparati.

Una fibrillazione che nelle ultime ore ha raggiunto livelli altissimi dopo le rivelazioni che arrivano dai parlamentari più vicini a Gianfranco Fini per dimostrare che la lettera pubblicata due giorni fa è un clamoroso falso. Si tratta del documento con cui il ministro della Giustizia di Saint Lucia spiegava al suo premier che dietro le società off shore proprietarie della casa del Principato ci sarebbe in realtà Giancarlo Tulliani, cognato del presidente della Camera. La guerra che si sta consumando tra il capo del governo Silvio Berlusconi e lo stesso Fini rischia di indebolire l'attività dell'intelligence. La espone anche a livello internazionale minandone la credibilità, nel momento in cui le strutture vengono tirate in ballo come protagoniste di questa vicenda. Sia da chi sospetta che abbiano partecipato alla fabbricazione di dossier, sia da chi gli attribuisce indagini per accreditare l'attendibilità delle proprie ricostruzioni. Sono stati gli stessi organi di informazione vicini al premier a rilanciare le voci che agenti segreti e ufficiali della Guardia di Finanza fossero ai Caraibi per investigare sulla vicenda. Mentre Carmelo Briguglio, componente finiano del Comitato di controllo sugli 007 da giorni parla di «servizi deviati» in azione. E di uomini contigui ad alcuni settori dell'intelligence ha parlato in televisione anche Italo Bocchino, che di Fini è uno dei fedelissimi. Poi ha fatto i nomi di chi avrebbe contribuito «a fabbricare la "patacca"».

E così ha coinvolto in maniera diretta lo stesso Berlusconi attribuendo un ruolo in questa vicenda a Valter Lavitola. Perché si tratta di un imprenditore che il premier - sfidando la contrarietà del ministro dell'Economia Giulio Tremonti e di quello degli Esteri Franco Frattini - ha recentemente nominato delegato in Brasile e a Panama, ma soprattutto ha coinvolto in numerose iniziative. E perché, come dichiara lo stesso Bocchino, «il primo a veicolare la notizia che i servizi erano partiti per i Caraibi è stato il 15 settembre Vittorugo Mangiavillani de "Il Velino", agenzia di stampa fino a poco tempo fa diretta dal portavoce del pdl Daniele Capezzone e a rilanciarla, due giorni dopo è stato un articolo pubblicato da Il Giornale». Un'unica strategia che, dunque, si sarebbe mossa sul doppio binario: creare falsi documenti e veicolare notizie inventate. E sarebbe stata affidata a uomini che in Centroamerica si muovono agevolmente. Lavitola era sull'aereo che alla fine dello scorso giugno portò a San Paolo del Brasile una delegazione guidata da Berlusconi. E proprio lui avrebbe allestito la festa con sei ballerine per allietare la serata del premier il 28 giugno. «Professioniste di lapdance portate in una suite di lusso dell'Hotel Tivoli São Paulo Mofarrej», raccontò il quotidiano «O Estado de São Paulo» pubblicando anche una foto del premier accanto a una splendida miss. Versione smentita da palazzo Chigi che in una nota parlò di uno «spettacolo di folclore tipico di alcuni artisti brasiliani», non negando comunque che ad organizzarlo fosse stato un imprenditore. Editore del quotidiano "L'Avanti", nel 2004 Lavitola fu inserito da Fabrizio Cicchitto nelle liste per le Europee ma non riuscì a farsi eleggere. Decise allora di seguire il percorso politico del suo amico Sergio De Gregorio, il parlamentare eletto con la lista di Di Pietro e poi passato nelle file berlusconiane.

Anche Mangiavillani conosce bene il Centroamerica per esserci vissuto alla fine degli anni 80 quando era il consigliere per l'informazione della signora Donatella Zingone, già sposata con Lamberto Dini. Poi tornò in Italia e fu nominato portavoce del Siulp, il sindacato più rappresentativo della polizia. Con alcuni agenti non ha mai interrotto i rapporti, all'epoca della scoperta dell'archivio di via Nazionale del Sismi fu accreditata una sua amicizia con Pio Pompa che di quell'ufficio era il custode. Sono loro, secondo l'entourage di Fini, ad essersi mossi dietro le quinte di questo affare. Al momento nessuna prova è stata esibita, ma è bastato l'accostamento con «i Servizi» a spingere il presidente del comitato parlamentare di controllo Massimo D'Alema a decidere di intervenire per richiamare lo stesso Dis alla vigilanza. E così cercare di mettere al riparo le strutture di intelligence da sospetti e accuse che avvelenano ulteriormente uno scontro istituzionale che non ha precedenti.

Fiorenza Sarzanini

24 settembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/10_settembre_24/sudamericano-ombre-007-sarzanini_a26d1f3c-c79b-11df-9bef-00144f02aabe.shtml
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« Risposta #78 inserito:: Settembre 26, 2010, 11:22:29 am »

Il confronto con Giancarlo Tulliani, che attacca: siete pazzi a dubitare di me

«Devi dire che il proprietario non sono io» Ma Fini frena il cognato: mancano le carte

Prima un vertice tra la Bongiorno e gli avvocati del fratello di Elisabetta Tulliani.

Poi il presidente della Camera si è riunito con i suoi per mettere a punto il testo

   
ROMA - Alle 20 di venerdì sera quando l'avvocato Giulia Bongiorno varca il portone di casa di Gianfranco Fini, non immagina che non basterà un'intera notte per mettere a punto il videomessaggio del presidente della Camera. E invece quel testo diventa oggetto di una discussione approfondita, a tratti aspra e addirittura drammatica. Perché alla riunione partecipa anche Giancarlo Tulliani con i suoi avvocati Carlo Guglielmo e Adriano Izzo e alla fine è proprio lui a lanciare la sfida: «Devi dire che hai la certezza che io non sono il proprietario di quella casa, perché questa è la verità». La risposta di Fini è lapidaria: «Non posso farlo fino a che non avrò a disposizione tutte le carte per dimostrarlo. Per questo dirò che non lo so». Il cognato insiste, come del resto ha già fatto in passato: «Se avete dubbi su di me siete pazzi, e allora d'ora in poi lasciatemi stare. Io non posso darvi i documenti perché non li ho, visto che non ho nulla a che fare con quelle società. Ma vi ho detto la verità e non potete continuare a mettermi in mezzo: l'appartamento di Montecarlo non è mio».

Bongiorno tenta di mediare, sa che il momento è delicato, non si può sbagliare. Ma soprattutto bisogna usare parole convincenti perché sia chiaro quello che Fini ha in testa. Lui lo ha detto chiaramente: «Voglio far capire che io e Berlusconi siamo diversi. Lui, se ha un problema, chiama Ghedini e fa cambiare la legge. Io, se ho un problema, chiamo te e mi spiego pubblicamente e poi, se necessario, con la magistratura». Elisabetta Tulliani non perde una parola, è sempre presente. Da una parte c'è suo fratello, dall'altra il suo amato compagno, il padre delle sue due bambine. Partecipa, suggerisce, cerca di intervenire quando salgono i toni del confronto fino a sfiorare la lite. Poi, quando si entra nella parte più tecnica sono gli avvocati a confrontarsi. Izzo vorrebbe parole nette sull'estraneità di Tulliani, Bongiorno tiene duro. Qualche giorno fa, quando Il Giornale ha pubblicato un documento con due firme uguali per proprietario e affittuario affermando che si trattava del contratto di locazione, Tulliani non si era fatto trovare. La procura di Roma aveva poi smentito, spiegando che si trattava semplicemente di un certificato dell'ufficio del registro. E a quel punto, di fronte alla richiesta di Fini di avere spiegazioni, il cognato era sbottato: «Lo sapevo, certo che ho quel contratto. Però voi credete ai giornali anziché a me, quindi fate come volete ma io non sono tenuto a darvi nulla».

Fini adesso vuole ricostruire nuovamente le fasi della vicenda, così decide di mostrare anche la perizia sul valore dell'immobile di rue Princesse Charlotte già acquisita dalla procura di Roma per ribadire che il prezzo di vendita è stato «congruo». All'alba il testo è scritto, almeno per quanto riguarda la parte tecnica. Ora bisogna affrontare quella politica. Insieme alla Bongiorno si trasferisce nel suo ufficio a Montecitorio con i parlamentari che gli sono più fedeli: Italo Bocchino, Flavia Perina, Benedetto Della Vedova. Ci sono ancora troppe domande su quanto è accaduto negli ultimi giorni. Ci si interroga sull'atteggiamento di Valter Lavitola, accusato da Bocchino di aver fabbricato un documento falso, che prima della conferenza stampa del ministro di Santa Lucia aveva dichiarato «domani chiarirò tutto» e poi si è limitato a dire di «aver fatto il giornalista». Alle 12.30 sono ancora tutti insieme quando agenzie di stampa e siti Internet rilanciano le dichiarazioni dell'avvocato Renato Ellero che rivendica a un suo cliente la proprietà delle società off shore.

Bocchino è categorico: «È una trappola, vogliono che commentiamo per poi dire che siamo andati dietro a una bufala». Fini impone la linea, parte una raffica di messaggi sms per tutti gli appartenenti al Fli: «Nessuno deve rilasciare dichiarazioni». Si sparge la voce che Ellero sia buon amico di Niccolò Ghedini e di Pietro Longo, i legali del premier. L'interessato non smentisce, anzi: «Certo che lo sono, ma Longo non lo vedo da un anno e mezzo». In ogni caso si prende tempo e la messa in onda del videomessaggio prevista inizialmente per le 13 slitta al pomeriggio. Alle 13.30 l'onorevole Giorgio Conte, che vive a Vicenza ed è un finiano di ferro, incontra Ellero. Gli chiede il nome di questo cliente o quantomeno la prova che la storia abbia un fondamento. Non ottiene nulla e lo riferisce al presidente. In quel momento Fini è già rientrato a casa per parlare con la compagna e avvisarla che la sua decisione è confermata: «Non sposerò la tesi di tuo fratello. Dirò che mi dimetto se scoprirò che la casa è sua». Due ore dopo è nella redazione di «FareFuturo», di fronte alla telecamera. Bongiorno è lì davanti, segue il testo, controlla che tutto proceda come stabilito. Dieci minuti e il videomessaggio è registrato. Fini non arretra, ma sa che la partita è ancora tutta da giocare.

Fiorenza Sarzanini

26 settembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/10_settembre_26/devi-dire-che-il-proprietario-non-sono-io-ma-il-leader-frena-il-cognato-mancano-le-carte-sarzanini_7d9dd4f0-c93d-11df-9f01-00144f02aabe.shtml
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« Risposta #79 inserito:: Settembre 27, 2010, 09:44:41 am »

Giancarlo Tulliani chiama Elisabetta e poi decide: parlano i miei legali

Fini, la Bongiorno impone la linea

Tulliani e la telefonata alla sorella

L'avvocato del presidente della Camera: meglio dire solo quello che si sa con certezza


ROMA - Una telefonata con la sorella Elisabetta dopo la lettura dei giornali, poi la scelta di diramare una nota ufficiale. Accade anche questo nell'incredibile storia della casa di Montecarlo che ormai da due mesi tiene in fibrillazione governo e maggioranza. Esterna attraverso i suoi legali Giancarlo Tulliani. Dopo aver ricevuto offerte da milioni di euro per rilasciare un'intervista attraverso telefonate, lettere, pedinamenti, il cognato più famoso d'Italia mette le mani avanti: «Qualora venissero pubblicati dei virgolettati, non sono a me attribuibili». In realtà le uniche dichiarazioni filtrate fino a questo momento sono quelle ribadite due notti fa al presidente della Camera che gli chiedeva nuovamente la verità sulla proprietà dell'appartamento di boulevard Princesse Charlotte: «Non sono il propietario».

Nega Tulliani, ma sono troppe le circostanze che rifiuta di spiegare. «Devi dirmi che rapporti hai con tutte queste persone che operano a Santa Lucia. Io devo fare un discorso pubblico e dunque voglio la verità sui contatti che ancora tieni aperti», gli ha intimato Gianfranco Fini durante la riunione con gli avvocati convocata per preparare il videomessaggio poi trasmesso sabato pomeriggio. In queste settimane Tulliani ha fatto riferimento anche a James Walfenzao, personaggio chiave della vicenda che aveva già curato la costituzione di «offshore» per altri personaggi vicini ad Alleanza nazionale. L'11 luglio del 2008, giorno del rogito per la vendita della dimora di Montecarlo, era proprio lui a rappresentare la società Printemps. Sempre lui, tre mesi dopo, ne trasferì la proprietà alla Timara e l'affittò al giovane. «Non sono in affari con lui», ha risposto lapidario Tulliani.

Secondo le informazioni raccolte in queste ore dagli avvocati che stanno seguendo ogni fase dell'affare, soltanto le autorità di Santa Lucia oppure il legittimo proprietario potranno rivelare chi c'è davvero dietro le due società. La titolarità delle «offshore» si può dimostrare infatti esibendo i documenti originali del passaggio delle azioni che sono nella disponibilità di chi le ha trattate. E in ogni caso bisogna verificare la corrispondenza delle date perché si tratta di «titoli al portatore» che possono essere ceduti anche attraverso trattative private.

Giulia Bongiorno, che da quest'estate segue Fini come un'ombra e con lui pianifica ogni mossa, lo ha spiegato chiaramente durante l'incontro di venerdì notte. Tulliani e i suoi legali insistevano affinché il presidente dicesse con chiarezza che l'appartamento non era suo. Lei si è opposta: «Dobbiamo dichiarare soltanto quello che sappiamo. E la verità è che sull'effettiva proprietà delle due società potremo non avere mai certezze». Anche la compagna Elisabetta avrebbe forse preferito un atteggiamento più netto. Ma poi si è lasciata convincere, ha compreso che non si possono fare altri passi falsi fornendo versioni non verificate, soprattutto per non rischiare di fomentare nuove e più pesanti tensioni familiari. Del resto Fini era stato categorico sin dall'inizio: «Voglio fare chiarezza, perché voglio marcare la differenza tra me e Berlusconi».

Sfumata la possibilità di riuscire ad avere qualche elemento utile dall'avvocato Renato Ellero - che ha sostenuto di avere tra i clienti il vero proprietario della Timara, un italiano che vive in Svizzera - i fedelissimi stanno comunque cercando di raccogliere altri elementi. Secondo Giuseppe Consolo, parlamentare di Fli, «la stessa lettera del ministro della Giustizia locale dimostra che le due società Timara e Printemps non sono società registrate a Santa Lucia, dove hanno la Corporate Agent come società registrata che agisce per loro, quindi non è possibile materialmente indagare da parte di quelle autorità. Inoltre il ministro Francis è un avvocato che allo stesso indirizzo della società Timara e Printemps ha il suo studio legale. Studio legale che vive con le società offshore». Si verificherà anche questo, pur sapendo che questi dettagli non sono comunque sufficienti a chiudere la storia.

Fiorenza Sarzanini

27 settembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/10_settembre_27/sarzanini-telefonata-tulliani-parlano-solo-legali_2e36584c-c9fb-11df-9db5-00144f02aabe.shtml
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« Risposta #80 inserito:: Ottobre 03, 2010, 12:10:58 pm »

L'intervista

«Diamoci tre settimane per capire O il governo va o si stacca la spina»

Maroni: un incubo per gli italiani finire come l'esecutivo Prodi, non ci sto


ROMA - «Ci diamo tre settimane di tempo per vedere se questa maggioranza ha davvero la forza di sostenere l'azione del governo.
Se così non è, meglio staccare la spina subito».

Non arretra il ministro dell'Interno Roberto Maroni e con lui tutta la Lega. Anzi, rilancia il programma di governo e detta condizioni chiare sulla tenuta dell'esecutivo.

Dunque si vota a marzo?
«Noi avremmo preferito farlo subito e l'abbiamo detto a Berlusconi. Andiamo alle urne a novembre, vinciamo e da dicembre siamo molto più forti, pronti a fare le riforme».

E invece?
«Il presidente del Consiglio ha voluto testare la maggioranza e noi abbiamo deciso di sostenerlo lealmente, ma è difficile che così possa durare».

Non si fida dell'appoggio dei finiani?
«Non è una questione di fiducia. Il vero problema è che se si dovrà trattare su ogni cosa, mediare, stare attenti agli equilibri, rischiamo di fare la fine del governo Prodi che era sospeso su ogni votazione. Un incubo per noi e per gli italiani, che non è accettabile».

Perché concedete tre settimane?
«Entro quel termine devono essere nominati i nuovi presidenti delle commissioni parlamentari e quello sarà il primo vero banco di prova.
In quella sede potremo misurare la lealtà del gruppo di "Futuro e Libertà". E capiremo pure, se si formerà davvero un nuovo partito, in che modo hanno intenzione di restare all'interno della maggioranza».

Intanto i ministri di Fli sono rimasti nel governo.
«Ho grande stima di tutti i colleghi di governo e non vorrei mai che prevalesse il metodo doroteo dello "sto dentro però sono pronto a uscire, denuncio però rimango". Se fosse così sarebbe più serio comportarsi come fece Fausto Bertinotti che, contrario alla linea del governo, lo fece cadere».

Con l'apertura della crisi il presidente della Repubblica potrebbe anche esplorare l'ipotesi di un governo tecnico per la riforma elettorale.
«È un'ipotesi che non esiste visto che al Senato abbiamo la maggioranza anche senza Fli».

Se ne potrebbe creare una cosiddetta di larghe intese.
«Per favore, parliamo di cose serie. Sorrido all'idea di vedere insieme Bocchino, Bersani, Casini e Di Pietro. Però faccio loro i miei auguri, pur sapendo che durerebbero mezza giornata».

Nel centrosinistra dicono la stessa cosa di voi, dopo che Fini ha accusato il presidente del Consiglio di aver compiuto attività di dossieraggio e ha parlato di infamie contro la sua famiglia.
«Proprio per questo motivo noi non eravamo favorevoli a tenere insieme la maggioranza. La nostra azione ha bisogno di un mandato forte. Finora abbiamo avuto successo perché abbiamo mostrato decisione e caparbietà. Così rischiamo di mostrarci deboli anche nel contrasto alla criminalità e non possiamo consentircelo».

Non ritiene altrettanto grave accusare i magistrati di essere un'associazione per delinquere come ha fatto il presidente Berlusconi?
«Io credo che come governo dovremmo evitare di continuare a stuzzicare la magistratura annunciando riforme che poi non si fanno e invece procedere. Continuare a parlarne genera solo tensioni. Comunque si tratta di cose che Berlusconi ha già detto riferendosi a quella parte della magistratura che usa la toga per fare lotta politica. Per me conta solo quanto ha sostenuto in Parlamento».

Però tutto questo contribuisce ad alimentare il «clima d'odio» che viene poi denunciato quando ci sono episodi come quelli che hanno coinvolto il direttore di «Libero» Maurizio Belpietro.
«Sul caso specifico non mi pronuncio fino alla fine dell'indagine. Certamente ci sono stati una serie di episodi - penso agli attacchi contro Pietro Ichino e Raffaele Bonanni durante la festa del Pd - e le notizie che abbiamo di possibili infiltrazioni della rete no global nelle prossime manifestazioni sindacali, che provocano grande inquietudine».

Davvero teme altri episodi?
«Il rischio esiste con l'arrivo dell'autunno e i problemi economici che coinvolgono moltissime aziende. Per questo nei prossimi giorni incontrerò i leader sindacali e i rappresentanti delle istituzioni delle Regioni che maggiormente subiscono gli effetti di questa crisi».

C'è anche la polemica, fortissima, con il Vaticano dopo la bestemmia pronunciata da Berlusconi.
«Su questo non commento».

In questo clima di contrapposizione i finiani hanno accusato «i servizi segreti deviati» di aver alimentato la campagna contro il presidente della Camera.
«Da ministro dell'Interno, conoscendo bene i vertici e in particolare il prefetto Gianni De Gennaro, posso garantire sull'operato dell'intelligence. Ma voglio anche essere più chiaro: chi si permette di parlare a sproposito dei nostri Servizi dovrebbe rendersi conto del danno che fa a loro e al Paese. Queste strutture sono affidabili sulla scena internazionale quanto più operano nella riservatezza. Metterle alla berlina significa esporci soprattutto sul fronte dell'antiterrorismo».

Dagli Stati Uniti arrivano allerta precisi su possibili attacchi in Europa. Quanto rischia l'Italia?
«Siamo attrezzati, ma come dimostra quanto accaduto l'anno scorso a Milano quando uno straniero si fece esplodere di fronte alla caserma, il quadro è complicato. Anche per questo dobbiamo lasciare stare i Servizi e la loro attività, tenerli lontani dalle beghe immobiliari».

Sabato scorso, dopo aver visto il videomessaggio del presidente della Camera, avrebbe scommesso sul voto di fiducia di Fli?
«Proprio in quel momento ho capito che avrebbero sostenuto il governo. Mi ha provocato una profonda tristezza vedere Gianfranco Fini costretto ad ammettere che sulla casa di Montecarlo non conosce la verità che aveva promesso di rivelare».

Lei parla di debolezza, però i numeri alla Camera dimostrano che senza il Fli voi non avete la maggioranza.
«Non a caso La Lega voleva votare subito. Le urne forniranno un dato certo su chi ha il consenso».

Berlusconi vuole prima l'intesa sulla giustizia. Anche voi ritenete così urgente approvare uno scudo per il presidente del Consiglio?
«Pensiamo che debba avere la garanzia di poter governare, almeno fino a che lo vogliono gli italiani. Per questo dico: facciamo un "reset" sulle polemiche e decidiamo in tempi rapidi qual è la nostra proposta di riforma della giustizia. Alla Camera i finiani hanno votato la fiducia. Se in tre settimane gettiamo le basi bene, altrimenti la legislatura è finita».

La scorsa settimana lei e il sindaco Moratti vi siete divisi su come affrontare l'emergenza campi nomadi.
«Non vorrei che si enfatizzasse ancora una normale discussione. Io credo soltanto che non si debba dare neanche l'impressione che i milanesi vengano discriminati a favore degli stranieri e per questo ho chiesto al prefetto di trovare una soluzione che possa soddisfare l'esigenza di tutti».

Sarà lei il candidato sindaco di Milano per il centrodestra?
«Ne sarei lusingato, ma visti gli avversari messi in campo dalla sinistra credo che chiunque possa batterli».

Fiorenza Sarzanini

03 ottobre 2010
http://www.corriere.it/politica/10_ottobre_03/sarzanini-maroni-intervista_f32006c2-ceb4-11df-92c2-00144f02aabe.shtml
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« Risposta #81 inserito:: Ottobre 30, 2010, 12:32:16 am »

I funzionari della Questura saranno interrogati.

I riscontri sulle feste ad Arcore Berlusconi chiamò la polizia e la minorenne fu lasciata libera

Il ruolo della ex igienista dentale Minetti. E spunta un nuovo «reclutatore»

Berlusconi e il caso Ruby: io persona di cuore


ROMA - La nota della Questura di Milano diramata ieri sera per assicurare di non aver concesso a Ruby «alcun privilegio o trattamento di favore dopo la telefonata della presidenza del Consiglio», evidenzia in maniera chiara la fibrillazione di queste ore. Perché quella notte del 27 maggio scorso, mentre la giovane marocchina veniva fotosegnalata in seguito a un'accusa di furto, fu un uomo della scorta del presidente del Consiglio a contattare il gabinetto del questore per chiederne il rilascio e l'affidamento a una persona che era già arrivata negli uffici di polizia. E poi passò l'apparecchio allo stesso Silvio Berlusconi che parlò per qualche minuto con l'alto funzionario. Il capo del governo decise dunque di esporsi personalmente, probabilmente consapevole che in anticamera c'era già Nicole Minetti, l'igienista dentale che gli era stata presentata un anno prima dal direttore di Publitalia 80 Luigi Ciardiello.

Poco dopo la ragazza fu effettivamente lasciata libera. E adesso che i suoi racconti sull'amicizia con il premier e sulla frequentazione della villa di Arcore sono alla base di un'inchiesta sullo sfruttamento della prostituzione, quella telefonata diventa uno snodo cruciale per le indagini. Ma anche per il clima politico tornato incandescente visto che la giovane parla di «festini» ai quali erano invitati parlamentari ed esponenti del governo e il tema centrale del dibattito torna ad essere la ricattabilità del presidente del Consiglio, la sua vita privata che si trasforma in un'arma da utilizzare per il suo ruolo pubblico. E da brandire sulla scena internazionale, visto che al funzionario fu detto che Ruby era la nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak.

Nella relazione trasmessa dal gabinetto della Questura al ministro dell'Interno Roberto Maroni viene sottolineato che la ragazza «fu rilasciata al termine della procedura, d'intesa con il pubblico ministero di turno presso il tribunale dei minori» e si assicura che «dal punto di vista formale non c'è stata alcuna irregolarità». Così come si evidenzia che di fronte alla scelta di trasferirla in una comunità oppure affidarla a una persona che aveva manifestato l'intenzione di ospitarla, «si preferì optare per questa seconda ipotesi». Ma adesso si dovranno ricostruire le varie fasi dei controlli effettuati, compresa quella che portò all'entrata in scena della Minetti. E per farlo saranno interrogati proprio i poliziotti che quella sera gestirono la vicenda.

Sinora il racconto di Ruby ha trovato conferma nei riscontri effettuati attraverso l'analisi dei tabulati telefonici, ma anche con l'acquisizione delle relazioni di servizio degli uomini di scorta alle personalità. In particolare quella sera del 14 febbraio 2009, quando la giovane racconta di aver varcato per la prima volta il cancello di Arcore a bordo dell'auto di Emilio Fede. La macchina sarebbe stata fatta passare da un cancello secondario, esattamente come risulta negli atti, e preceduta da un'altra a fare da «battistrada» prima dell'arrivo. Un «sistema» collaudato e utilizzato anche in altre occasioni proprio per cercare di mimetizzare alcune ospiti.
Sono questi dettagli a far comprendere quanto avvelenato sia il clima. Perché gli accertamenti disposti dai magistrati coinvolgono inevitabilmente gli uomini chiamati a proteggere le autorità, che dovranno probabilmente essere convocati in procura a ricostruire nei dettagli una vicenda che già tiene moltissime persone con il fiato sospeso. Ci sono numerose foto che circolano su quella festa e su altre occasioni mondane quando la villa di Arcore si affollava di giovani donne e dopo la cena poche prescelte venivano invitate a rimanere e trasferirsi nella camera da letto, proprio come già risultava dai racconti di chi partecipava alle serate organizzate a palazzo Grazioli.
All'epoca a soddisfare le richieste di Berlusconi c'era Gianpaolo Tarantini, rampante imprenditore barese poi finito agli arresti per aver versato tangenti ai politici che lo agevolavano negli affari e spacciato droga proprio alle giovani che pagava per avere incontri con il premier e con altri personaggi disposti ad aiutarlo. Nell'ultimo periodo, altri l'avrebbero sostituito nel reclutamento di ragazze da portare nelle sue residenze. Lele Mora, Emilio Fede, ma non solo.

Nicole Minetti è stata presentata a Berlusconi da Luigi Ciardiello, il direttore di Publitalia 80 che la reclutò come hostess del suo stand prima di farla approdare tra le ballerine della trasmissione di Italia1 Colorado Cafè. Lei gli è rimasta amica anche dopo l'elezione alla Regione nel listino di Roberto Formigoni. Non è l'unica. Perché di Ciardiello, che ha 48 anni, si racconta sia sempre circondato da donne bellissime e spesso ospitato dal presidente. Rapporto forte, come quello che Berlusconi ha con il ministro Paolo Romani, l'ex manager di Telelombardia ora diventato responsabile dello Sviluppo Economico, indicato tra i frequentatori assidui delle serate.
Una girandola di incontri che adesso si trasformano in un nuovo scandalo e tornano a coinvolgere gli apparati di sicurezza, proprio come avvenne quando l'obiettivo di Antonello Zappadu rivelò quanto avveniva nei saloni e nei giardini di Villa Certosa in Sardegna e il racconto di Patrizia D'Addario rivelò le notti bollenti di palazzo Grazioli.

E forse non è un caso che la scorsa estate, quando le indiscrezioni già raccontavano di altri possibili scandali in arrivo, uno degli uomini della scorta del presidente, certamente tra i più fidati, abbia chiesto di essere trasferito ad altro incarico. Del resto già all'epoca, durante le riunioni riservate con i vertici dell'intelligence, era stata raccomandata la selezione degli ospiti proprio nel timore che ragazze in cerca di fortuna potessero decidere di ricattare il presidente con racconti e fotografie compromettenti. Una cautela che evidentemente non si è ritenuto di dover utilizzare e adesso il timore forte di numerosi ministri è lo «scacco al re».


Fiorenza Sarzanini

29 ottobre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/10_ottobre_29/berlusconi-polizia-minorenne-feste-arcore_67212d14-e31c-11df-b688-00144f02aabc.shtml
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« Risposta #82 inserito:: Novembre 17, 2010, 06:24:42 pm »

Lo scontro con Saviano

Il ministro: svelerò le sue falsità

E tratta con altri tre conduttori

«La proposta di Ruffini? Irricevibile. Serve un faccia a faccia»

   
ROMA - I contatti con i componenti in quota Pdl del Consiglio di amministrazione della Rai, soprattutto quelli con Giovanna Bianchi Clerici che è in quota leghista, vanno avanti per tutta la giornata. Perché Roberto Maroni è già in trattativa con tre conduttori televisivi che si sono dichiarati pronti ad ospitarlo per replicare al monologo di Roberto Saviano.

Ma il ministro dell'Interno è consapevole che nessuno potrà mai eguagliare l'audience di Vieni via con me. E dunque è lì che vuole andare «anche perché voglio proprio vedere se Saviano accetterà il contradditorio, oppure, come credo, alla fine cercherà in ogni modo di sottrarsi». Una convinzione che ribadisce in serata dopo la proposta del direttore di Rai3, Ruffini, di inviare un video o uno scritto: «Ridicola e per questo irricevibile». La campagna elettorale è di fatto iniziata, Maroni sa quali conseguenze può avere in termini di consenso da parte dei cittadini l'accostamento tra la Lega e la 'ndrangheta. Soprattutto nel Nord Italia. L'estate scorsa, quando l'indagine condotta dai magistrati di Milano e Reggio Calabria sulle infiltrazioni dei clan nelle istituzioni locali e nell'imprenditoria del Nord portò a decine di arresti, fu categorico: «Gli amministratori pubblici, se si accerterà che sapevano di trovarsi in un circuito mafioso, vanno puniti con grande severità». Poi scoppiò il caso del consigliere regionale del Carroccio Angelo Coccia fotografato mentre era insieme al boss Pino Neri e all'interno del partito si andò allo scontro, alla ricerca di chi lo aveva sponsorizzato e fatto eleggere. Una ferita che brucia ancora. «Ma certamente - attacca Maroni - non si può utilizzare questa vicenda per lanciare accuse tanto infamanti, soprattutto se si tiene conto che Coccia non è stato neanche indagato». La scelta di reagire in maniera così forte e esplicita la prende di prima mattina, quando arriva la conferma del successo strepitoso della trasmissione di Fabio Fazio con oltre 9 milioni di telespettatori. Il ministro sferra il primo attacco e quando l'agenzia Ansa rende nota la sua reazione forte e l'istanza di replica già comunicata al Cda alla Rai, sono in molti a farsi avanti.

Piovono richieste di intervista all'ufficio stampa. Bruno Vespa si mette a disposizione, pronto ad organizzare subito una puntata di Porta a Porta interamente dedicata alla vicenda. Anche Lucia Annunziata si dice «naturalmente disponibile a dedicare In mezz'ora al ministro Maroni e magari si potesse avere da noi il contraddittorio con Saviano». Sulla scia di quanto era già accaduto con Gianfranco Fini che aveva scelto il telegiornale de La7 per parlare della vicenda dell'appartamento di Montecarlo, offre la platea in continua ascesa di audience del suo Tg su La7 pure Enrico Mentana. Maroni prende tempo. Attende le decisioni che prenderà oggi il consiglio di amministrazione e si dice certo che la terza rete dovrà essere obbligata a farlo intervenire lunedì prossimo a Vieni via con me. «Perché - dice ai suoi - qui non c'è il problema di smentire o querelare. Io voglio spiegare che Saviano ha detto falsità e voglio farlo davanti a lui, voglio che mi risponda direttamente, che dimostri di sapere ribattere al fatto che ha preso un clamoroso abbaglio». Si capisce che a far montare ulteriormente la sua ira è stato il rifiuto ad invitarlo del capostruttura Loris Mazzetti. Tanto che all'interno della Lega c'è già chi reagisce quasi sfidando il Cda e ricordando che «veniamo accusati di aver occupato la televisione di Stato e invece sono questi i risultati». Due anni fa, quando Saviano aveva paventato la possibilità di lasciare l'Italia, Maroni aveva ricordato che «la lotta alla camorra la fanno forze dell'ordine, magistrati e imprenditori in prima linea; lui è un simbolo, non il simbolo». Parole che avevano suscitato polemiche aspre, tanto da convincere il titolare del Viminale sulla necessità di correggere il tiro spiegando di «essere stato frainteso perché volevo dire che non spetta a lui farsi carico della battaglia contro i clan». Questa volta nessuno dei due pare intenzionato a fare marcia indietro. E in vista delle elezioni, il dibattito si arricchisce su questa nuova disputa.

Fiorenza Sarzanini

17 novembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/10_novembre_17/sarzanini-ministro-svelo-falsita_cc6a7d10-f212-11df-a59d-00144f02aabc.shtml
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« Risposta #83 inserito:: Novembre 18, 2010, 05:16:03 pm »

A che punto sono le grandi inchieste

Dalla Puglia al riciclaggio

Che fine hanno fatto le indagini su appalti e politica

   
ROMA - Oltre 500 milioni di euro per decine di lavori assegnati con la procedura di urgenza prevista per i Grandi Eventi. L'inchiesta di Perugia entra nella fase finale con l'esame delle posizioni degli indagati. E intreccia nuovi accertamenti disposti a Firenze sugli appalti concessi in Toscana. Hanno tempi e scadenze diverse le istruttorie avviate nell'ultimo anno che riguardano i rapporti tra pubblico e privato coinvolgendo spesso politici di livello nazionale. Ma in molti casi l'impianto ha già retto al primo vaglio dei giudici, consentendo ai pubblici ministeri di proseguire le verifiche. Proprio come accaduto per l'indagine sulla «combriccola» messa insieme dal faccendiere Flavio Carboni e dal suo amico Pasquale Lombardi, capaci secondo l'accusa - riconfermata ieri dal tribunale del Riesame di Roma - di orientare nomine e decisioni. Oppure come sta accadendo per i controlli sulle «commesse» gestite da Finmeccanica con la decisione di alcuni protagonisti di collaborare con i magistrati o quantomeno fornire indicazioni utili alla ricostruzione dei legami tra aziende diverse, unite dall'obiettivo comune di spartirsi gli affari.

Il gruppo di Mokbel
Il processo è cominciato il 2 novembre. Alla sbarra ci sono Gennaro Mokbel un passato neofascista e un presente come anello di congiunzione tra il potere criminale della 'ndrangheta e quello imprenditoriale della telefonia, accusato di aver riciclato soldi sporchi anche grazie al traffico di diamanti. Con lui, il fondatore di Fastweb Silvio Scaglia, l'ex consigliere di amministrazione Mario Rossetti e gli ex dirigenti Giuseppe Crudele e Bruno Zito. E, per Telecom Italia Sparkle, l'ex amministratore delegato Stefano Mazzitelli, gli ex manager Massimo Comito e Antonio Catanzariti. Niente dibattimento per l'ex senatore pdl Nicola Di Girolamo, che dopo aver confessato il proprio ruolo nell'organizzazione ha scelto di patteggiare una pena a cinque anni di carcere con l'impegno a restituire quattro milioni e 700 mila euro. Soldi che erano stati depositati in conti correnti sequestrati in Svizzera, a Hong Kong e a Singapore.

Gli affari di Finmeccanica
Proprio in questi Paesi, paradisi fiscali spesso inaccessibili per chi insegue le tracce di fondi «neri», i magistrati hanno trovato le provviste finanziarie di Lorenzo Cola, superconsulente di Finmeccanica finito in carcere perché sospettato di aver riciclato denaro consentendo proprio al gruppo Mokbel di acquisire la società Digint. Da qualche settimana Cola - ritenuto di fatto l'uomo più vicino al presidente Pierfrancesco Guarguaglini - ha accettato di rispondere agli interrogatori. E ha consegnato un memoriale che sta facendo tremare i vertici dell'azienda. Le sue affermazioni si incrociano con quelle del commercialista Marco Iannilli, che ha accettato di svelare ai magistrati i retroscena di numerosi affari fornendo dettagli utili a ricostruire i legami tra i personaggi e alcune operazioni sulla cessione di rami d'azienda e la concessione di commesse. Indaga la procura di Roma e indaga soprattutto quella di Napoli che si concentra sugli appalti per la costruzione della cittadella della polizia - in realtà mai realizzata - dove ebbe certamente un ruolo di dominio la Elsag Datamax. Si tratta di un'azienda controllata dalla Selex, inserita in Finmeccanica e guidata da Marina Grossi, potente manager e moglie di Guarguaglini. Le verifiche effettuate nelle ultime settimane avrebbero consentito di ottenere elementi per dimostrare non soltanto la turbativa d'asta, ma anche l'occultamento di una parte dei fondi stanziati e ora l'indagine si concentra sulla valutazione delle posizioni degli indagati. Nell'elenco figurano il vicecapo della polizia Nicola Izzo, il prefetto de L'Aquila Giovanna Maria Iurato, il viceprefetto Castrese de Rosa e alcuni imprenditori interessati all'affare.

L'Agcom di Innocenzi
È ancora all'esame del tribunale dei ministri di Roma l'inchiesta sui rapporti tra Silvio Berlusconi e Giancarlo Innocenzi, componente dell'Autorità di controllo sulle comunicazioni. Le telefonate intercettate su disposizione del giudice di Trani hanno svelato le «pressioni» esercitate dal premier affinché il Garante si adoperasse per far chiudere trasmissioni a lui sgradite come Annozero di Michele Santoro e Parla con me di Serena Dandini. Richieste continue che hanno portato i magistrati a iscriverlo sul registro degli indagati per concussione e minacce. Alla fine di marzo il fascicolo è stato trasferito per competenza nella Capitale, ma da allora non è accaduto nulla e nei corridoi di piazzale Clodio si dà per scontato che finisca in archivio. Anche perché appare difficile che il vertice dell'ufficio decida di chiedere al Parlamento l'utilizzo delle telefonate dello stesso presidente del Consiglio.

I Grandi Eventi
Si chiude il filone di indagine sugli affari conclusi dal costruttore Diego Anemone grazie al suo rapporto privilegiato con il provveditore Angelo Balducci e gli altri funzionari pubblici delegati all'assegnazione dei lavori come Fabio De Santis e Mauro Della Giovampaola e appare scontata la richiesta di rinvio a giudizio. Dopo la decisione della Camera che ha negato l'autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi, accusato di corruzione, i pubblici ministeri dovranno decidere se rinnovare l'istanza trasmettendo la documentazione che riguarda i coindagati come aveva chiesto il Parlamento, oppure procedere soltanto nei confronti dell'arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe, che deve rispondere dello stesso reato nella sua veste di responsabile di Propaganda Fide. E una decisione dovrà essere presa anche riguardo alla posizione dell'ex capo della protezione civile Guido Bertolaso, pure lui sospettato degli stessi reati proprio per i rapporti con Anemone, dell'ex commissario per i mondiali di Nuoto Claudio Rinaldi; dell'architetto Angelo Zampolini, del commercialista Stefano Gazzani. Resta invece all'attenzione dei magistrati fiorentini la posizione di Denis Verdini, il coordinatore del Pdl finito sotto indagine per la gestione del suo Credito cooperativo fiorentino e i rapporti con il patron della società Btp Riccardo Fusi.

La ricostruzione dopo il terremoto
Legame antico, quello fra il politico e l'imprenditore, che si ritrova nelle carte processuali finite alla procura de L'Aquila. Perché l'impresa di Fusi fa parte del consorzio Federico II e i magistrati stanno verificando quanto abbiano pesato gli «appoggi» politici nella concessione di alcuni lavori al sodalizio di aziende che prima di unirsi parteciparono a una riunione nell'ufficio a Palazzo Chigi del sottosegretario Gianni Letta. Verdini e Fusi hanno ricevuto un avviso a comparire per abuso d'ufficio in cui viene contestato il concorso nel reato anche al presidente del consorzio Ettore Barattelli.

La sanità pugliese
È stata invece frazionata in svariati fascicoli l'inchiesta sulla sanità pugliese che aveva come fulcro l'attività di distribuzione di tangenti e favori sessuali di Gianpaolo Tarantini, rampante manager diventato famoso per aver portato ragazze a pagamento nelle residenze di Silvio Berlusconi. La scelta dei magistrati è stata quella di avviare un'indagine su ogni appalto pur nella consapevolezza che la strategia di Tarantini era quella di accaparrarsi il fiume di soldi pubblici erogato da Asl e ospedali con la complicità di direttori sanitari, medici e politici disposti a favorire le sue aziende in cambio di regali, donne e cocaina. E dunque bisognerà decidere tra l'altro il destino giudiziario dell'ex vicepresidente della Regione Sandro Frisullo e degli amministratori locali che lo avrebbero favorito.

Fiorenza Sarzanini

18 novembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/cronache/10_novembre_18/a-che-punto-sono-le-grandi-inchieste-fiorenza-sarzanini_030159c8-f2dd-11df-8691-00144f02aabc.shtml
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« Risposta #84 inserito:: Novembre 26, 2010, 05:24:33 pm »

LE INDAGINI

Inchiesta Finmeccanica, in corso perquisizioni anche all'Enav

Le indagini riguardano gli appalti tra Selex Sistemi Integrati e l'Enav, oltre al controllo dei bilanci


ROMA - Dall'alba finanzieri e carabinieri del Ros sono entrati in aziende legate al gruppo Finmeccanica e nella sede dell'Enav di via Salaria a Roma per acquisire documentazione così come disposto dalla Procura della Capitale. Le indagini riguardano gli appalti, in particolare quelli tra Selex Sistemi Integrati e l'Enav, oltre al controllo dei bilanci di numerose aziende del gruppo specializzato in sistemi di difesa. L'inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e condotta dai sostituti Rodolfo Sabelli e Paolo Ielo.

Le perquisizioni riguardano, tra gli altri, l'ingenger Marina Grossi, moglie del presidente di Finmeccanica PierFrancesco Guarguaglini e amministratore di Selex.

Fiorenza Sarzanini

26 novembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/economia/10_novembre_26/inchiesta_finmeccanica_perquisizioni_Enav_5181da84-f939-11df-a6ac-00144f02aabc.shtml
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« Risposta #85 inserito:: Novembre 27, 2010, 04:39:44 pm »

L'INCHIESTA FINMECCANICA

L'accusa: «Dieci milioni di fondi neri per versare mazzette a politici e manager»

Il consulente Cola e gli appalti: «Me dovevano paga' e pure gli altri»



ROMA - «Se le ditte volevano lavorare me dovevano paga'. E pure gli altri». È in questa frase pronunciata davanti ai magistrati da Lorenzo Cola, consulente di Finmeccanica, l'essenza del sistema messo in piedi per la spartizione degli appalti. E per l'accantonamento di fondi occulti che sarebbero serviti a versare tangenti a manager e politici. I provvedimenti eseguiti all'alba di ieri dalla Guardia di finanza e dai carabinieri del Ros svelano come siano state proprio le sue dichiarazioni e quelle del commercialista Marco Iannilli a rivelare il percorso dei soldi, le fatture per operazioni inesistenti, le commesse «gonfiate». Il meccanismo - così come è stato ricostruito nelle indagini - prevedeva che gli appalti di Enav venissero affidati alla Selex Sistemi Integrati, azienda controllata da Finmeccanica e amministrata dall'ingegner Marina Grossi, moglie del presidente della holding di Pier Francesco Guarguaglini. A sua volta Selex li girava a Techno Sky, che invece è controllata da Enav. Un doppio passaggio che, dice l'accusa, serviva appunto a far lievitare i costi e così avere una riserva finanziaria extrabilancio. Ma anche a spartirsi i subappalti che venivano affidati a imprese indicate dagli stessi alti funzionari. «Segnalazioni» che venivano poi lautamente ricompensate.

La contabilità della manager
Marina Grossi è accusata di «corruzione in relazione agli affidamenti dei lavori Enav poi conferiti alla Print System e alla Arc Trade», la società riconducibile a Iannilli, che «ha acquistato un sistema lidar doppler inserito nel programma italiano per il monitoraggio del Wind Shear gestito da Enav, per installarlo nell'aeroporto di Palermo». Ma all'amministratore di Selex vengono contestate anche violazioni fiscali. In particolare, così come scritto nel capo di imputazione «in accordo con Lorenzo Cola, con il condirettore generale Letizia Colucci e con il direttore responsabile Manlio Fiore, emetteva fatture relative a operazioni in tutto o in parte inesistenti per un valore non inferiore ai dieci milioni di euro nel 2009, al fine di consentire a Enav l'evasione delle imposte dirette e indirette; avvalendosi di fatture relative ad operazioni in tutto o in parte inesistenti, indicava nelle dichiarazioni dei redditi presentate per conto di Selex in relazione agli anni 2008 e 2009, elementi passivi fittizi».
Agli investigatori è stato chiesto di sequestrare la documentazione relativa agli appalti proprio per verificare «l'assenza di gare nelle prassi di assegnazione dei lavori e delle opere, in violazione della legge del 2006». È stato Cola a parlarne, raccontando come durante alcuni consigli di amministrazione dell'Enav alcuni componenti abbiano chiesto di verbalizzare la propria opposizione. Una circostanza «confermata dalla presentazione spontanea di Guido Pugliesi», l'amministratore di Enav anche lui indagato per corruzione e violazioni fiscali.

I flussi finanziari verso l'estero
Oltre a Pugliesi, tra gli inquisiti c'è il presidente dell'Ente di assistenza al volo Luigi Martini che risponde soltanto di concorso nelle violazioni fiscali. Entrambi, «nelle dichiarazioni del 2009 indicavano elementi passivi fittizi, al fine di consentire l'evasione di imposte dirette e indirette di Enav». Proprio per questo motivo il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e i sostituti Paolo Ielo e Rodolfo Sabelli hanno chiesto l'acquisizione «della documentazione extracontabile eventualmente rinvenibile presso gli uffici amministrativi idonea a evidenziare rapporti tra il personale Enav e personale delle società Print System e Arc Trade, ma anche le agende, le rubriche, i documenti informativi o cartacei per verificare l'esistenza e la natura di questi rapporti». Un accertamento che sarà effettuato esaminando pure «la registrazione degli ingressi a partire dal 1 settembre 2010 in Selex e in Enav». Controlli che serviranno da riscontro a quanto Cola ha raccontato circa le sue visite e quelle di altri manager negli uffici delle due aziende.
Il consulente ha parlato ampiamente del trasferimento di capitali e non a caso nel provvedimento di sequestro si dispone di acquisire «la documentazione che attesti l'esistenza di relazioni bancarie in Italia e all'estero su cui è possibile, in relazione agli indagati di corruzione, siano pervenuti flussi finanziari come corrispettivo degli atti contrari ai doveri d'ufficio». Linguaggio burocratico che in realtà si riferisce alle «mazzette» che i manager avrebbero ricevuto in cambio della concessione degli appalti.

I contanti per Borgogni
Proprio in questo quadro vengono inserite le quattro società «riferibili alle attività di Lorenzo Borgogni», il capo delle relazioni esterne di Finmeccanica, che si sono aggiudicate lavori. Si tratta della Renco Spa, la Simav - sistemi di manutenzione avanzati Spa, la Aicom, la Chorus Services e Architecture. Secondo i magistrati Borgogni avrebbe ottenuto circa 300 mila euro in contanti e altre utilità proprio per averle agevolate nell'aggiudicazione delle commesse. Ad assegnarle era la Selex e adesso dovranno essere analizzati i documenti relativi ad ogni gara proprio per quantificare l'accantonamento dei fondi extrabilancio.

Nel corso dei loro interrogatori prima Iannilli e poi Cola hanno affermato come il sistema per l'erogazione di soldi ai consulenti non prevedesse una percentuale fissa su ogni appalto, ma una sorta di pagamento periodico che poteva avvenire ogni sei mesi o addirittura un anno. Una somma complessiva versata a titolo di ricompensa per aver indicato alle capofila le società alle quali affidare i subappalti. Una traccia di questi affari illeciti potrebbe essere contenuta in alcuni atti interni. Non a caso i pubblici ministeri hanno acquisito la documentazione relativa a «inchieste interne e audit in ordine alla regolarità dell'assegnazione dei lavori, nonché copia dell'organigramma e delle relative modifiche dei dirigenti di Enav e Selex negli ultimi cinque anni, per la ricostruzione dei singoli procedimenti». Nello scorso luglio i vertici dell'Ente di assistenza al volo, al termine di un audit, decisero di sostituire il consiglio di amministrazione e il management di Techno Sky contestando «irregolarità gestionali e procedurali». L'analisi di queste carte potrebbe dunque fornire ulteriori elementi per comprendere i ruoli avuti dai manager ed eventuali altri illeciti commessi da chi è stato poi costretto a lasciare le aziende.

Fiorenza Sarzanini

27 novembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/economia/10_novembre_27/dieci-milioni-di-fondi-neri-per-versare-mazzette-a-politici-e-manager-fiorenza-sarzanini_37fcf8e4-f9f9-11df-9c9e-00144f02aabc.shtml?fr=box_primopiano
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« Risposta #86 inserito:: Dicembre 01, 2010, 06:12:00 pm »

L'Inchiesta

Finmeccanica, sospetti di depistaggio

Secondo i pm gli indagati avrebbero tentato di sfruttare un intervento della Finanza.

Il tentativo di boicottaggio


ROMA - Nelle scorse settimane alcuni indagati avrebbero cercato di fermare l'inchiesta su Finmeccanica. Il tentativo, smascherato da intercettazioni telefoniche, è adesso al centro di un'indagine avviata dalla Procura di Perugia. E ha per protagonisti gli stessi alti funzionari che i magistrati romani accusano di aver creato una contabilità occulta attraverso fatture false e appalti gonfiati per pagare tangenti a manager e politici. Spiccano i nomi del presidente dell'Enav Luigi Martini e del capo delle relazioni esterne della holding Lorenzo Borgogni, che i magistrati romani accusano di essere uno dei terminali del sistema di corruzione. Ieri è stato interrogato per oltre due ore e nei prossimi giorni dovrebbe essere convocato lo stesso Martini. Ma prima era già stato ascoltato come parte lesa il procuratore aggiunto della capitale Giancarlo Capaldo, il titolare del fascicolo.

«Arriva la botta»
Il caso nasce la scorsa estate. Gli accertamenti sull'affare Digint e sull'esistenza di «fondi neri» sono in una fase cruciale con Capaldo e i carabinieri del Ros che hanno rintracciato svariati conti esteri e molti milioni di euro riconducibili a consulenti e funzionari che hanno effettuato l'operazione di compravendita della società e stanno effettuando rogatorie in Medio Oriente e in altri paradisi fiscali. I vertici di Finmeccanica sono evidentemente in agitazione. Viene captata una telefonata tra Martini e Borgogni che commentano gli ultimi sviluppi. «Stai tranquillo - afferma il primo - perché ora arriva una "botta" della finanza che gli farà perdere l'inchiesta». Capaldo capisce che è lui l'obiettivo, ma inizialmente si decide di non dare un peso specifico alla conversazione che potrebbe anche essere una millanteria. Si vigila comunque su eventuali interferenze che potrebbero essere messe in atto per depotenziare le indagini o addirittura per far cambiare mano al fascicolo. Nulla accade fino agli inizi di ottobre scorso, quando il nucleo di polizia tributaria della capitale trasmette ai magistrati una informativa sugli affari di Enav e sui sospetti che riguardano un giro di false fatture. Il capo dell'ufficio delega il pubblico ministero Paolo Ielo che dispone nuove verifiche. Procede ipotizzando il reato di corruzione nei confronti dei vertici dell'Ente e quando il quadro delle presunte responsabilità appare delineato informa i capi dell'ufficio che intende eseguire perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni degli indagati.

Si cerca la «talpa»
In quel momento la trama dei sospetti viene così svelata, Ielo viene informato dell'esistenza dell'intercettazione tra Martini e Borgogni. Si valuta la possibilità che la «botta» di cui parlavano sia proprio quell'informativa consegnata dai finanzieri. Si cerca di capire chi possa aver informato i due manager che effettivamente la Guardia di finanza avesse avviato verifiche sull'Enav. Si scopre così che lo spunto per gli investigatori del nucleo di polizia tributaria è stato fornito da una denuncia su irregolarità fiscali che però è arrivata in forma anonima. Agli inizi della scorsa settimana l'accordo tra magistrati è raggiunto. Il fascicolo su Finmeccanica - che intanto si è arricchito grazie alla scelta di collaborare presa da Lorenzo Cola, il consulente del presidente Pier Francesco Guarguaglini, e dal suo commercialista Marco Iannilli - e quello su Enav rimangono separati. Ma i titolari delle indagini avranno una delega comune e lavoreranno insieme. I magistrati sono convinti che questa soluzione servirà a proteggere entrambe le inchieste da possibili fughe di notizie che possano agevolare gli indagati, almeno sino a che non sarà individuata la «talpa» che ha informato Martini dell'iniziativa delle Fiamme Gialle e che, questo è il timore, avrebbe potuto continuare a passare informazioni. E così venerdì scorso - quando scattano le perquisizioni nelle sedi di Selex Sistemi Integrati e di Enav, negli uffici delle società che hanno ottenuto gli appalti e i subappalti, nelle abitazioni dei vertici aziendali - si decide di trasmettere copia dell'intercettazione alla Procura di Perugia, competente a indagare sui magistrati della capitale sia quando sono indagati sia quando sono parte lesa. E adesso spetterà proprio agli inquirenti umbri individuare la fonte che ha cercato di fermare l'attività di Capaldo, o quantomeno di conoscere il contenuto del suo fascicolo.

Cola indica i «pagatori»
Non è un mistero che l'indagine sia ormai entrata in una fase estremamente delicata. Nei provvedimenti di perquisizione e sequestro eseguiti la scorsa settimana - notificati all'amministratore di Selex Marina Grossi e di quello di Enav Guido Pugliesi per corruzione e frode fiscale, al presidente dell'Ente di assistenza al volo Luigi Martini, al suo predecessore Bruno Nieddu, al componente del consiglio di amministrazione dello stesso Ente Ilario Floresta, al capo delle relazioni esterne di Finmeccanica Lorenzo Borgogni, ai dirigenti di Selex Letizia Colucci e Manlio Fiore, all'ex amministratore di Techno Sky Paolo Prudente, oltre a numerosi imprenditori - è ben spiegato il meccanismo che consentiva di creare i «fondi neri». Enav passava gli appalti a Selex, che a sua volta individuava le ditte per i subappalti. La maggior parte venivano affidati a Techno Sky, a sua volta controllata da Enav. Gli altri finivano a pochi privilegiati scelti a trattativa privata che così ricevevano un fiume di denaro. È stato Cola a raccontarlo, ma ha aggiunto altri preziosi dettagli. E così le sue rivelazioni sono state così descritte nel decreto firmato dai pubblici ministeri: «Risulta che per un verso Paolo Prudente pagava gli amministratori Enav per l'assegnazione dei lavori a Selex, per altro verso l'esistenza di un concorso di Lorenzo Borgogni, con società che a lui si riferivano (Renco, Auxilium, Simav - sistemi integrati, Aicon e Corus) nell'emissione di fatture sovradimensionate nei confronti di Selex». Cola assegna a Borgogni una posizione chiave e afferma che ottenne come ricompensa almeno 300 mila euro in contanti, oltre alle commesse per le sue aziende. Oggi è previsto un nuovo interrogatorio del consulente.

Fiorenza Sarzanini

01 dicembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/economia/10_dicembre_01/sarzanini_boicottaggio-finmeccanica_1b9cd724-fd13-11df-a940-00144f02aabc.shtml
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« Risposta #87 inserito:: Dicembre 20, 2010, 02:47:51 pm »

Retroscena - Malumori nei sindacati di polizia. Il questore riconferma la «zona rossa»

Preoccupazione al Viminale: parole che aizzano la protesta

Al ministero l'intervento è considerato «una provocazione»


ROMA - Adesso i responsabili della sicurezza sono preoccupati davvero. Perché a due giorni dall'inizio della mobilitazione contro la riforma Gelmini, la dichiarazione del capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri che evoca gli anni di piombo e propone arresti preventivi, viene letta ai piani alti del Viminale come una vera e propria «provocazione che serve a eccitare gli animi in un momento già molto delicato».

Una presa di posizione che rischia di far fallire definitivamente i già difficili tentativi di avviare un dialogo con l'ala più estrema degli studenti pronti alla protesta. Del resto si tratta di una misura inapplicabile nel nostro ordinamento e dunque si è consapevoli che la scelta di inserirla nel dibattito di questi giorni «ha come unico risultato quello di aizzare la piazza».
Il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha convocato per oggi pomeriggio una riunione con il capo della polizia e con gli addetti ai servizi di ordine pubblico per mettere a punto un piano di prevenzione in vista delle manifestazioni che cominceranno domani in tutta Italia e confluiranno nel corteo previsto per mercoledì a Roma, quando nell'Aula di palazzo Madama è previsto il voto definitivo sul disegno di legge. Il questore Francesco Tagliente ha confermato la scelta di ripristinare la «zona rossa» per il controllo dei palazzi delle istituzioni, aggiungendo i «nuclei mobili» per monitorare le altre aree nel tentativo di bloccare eventuali assalti di gruppi sparsi per la città. Ma le strutture investigative e di prevenzione cercano anche una mediazione con chi scenderà in piazza, con un mandato specifico che lo stesso Tagliente ha affidato al dirigente della Digos. È il dialogo più volte invocato e adesso messo a rischio dal clima di contrapposizione forte causato dalla sortita di Gasparri.

Nei giorni scorsi i sindacati di polizia si sono ritrovati insieme a protestare davanti alla villa di Berlusconi ad Arcore contro i tagli che «ci umiliano e mettono seriamente a rischio la nostra capacità di garantire la sicurezza dei cittadini». Sono nuovamente compatti ora nel rispondere a chi, come sottolinea il segretario del Siulp Felice Romano, «pensa di farci giocare alla guerra e a chi si arma di più. Con i giovani bisogna parlare, discutere e non mostrare i muscoli. In particolare chi rappresenta un gruppo parlamentare dovrebbe avere senso di responsabilità e comprendere che solo il dialogo serio può farci uscire da questa situazione».

Quando gli viene letta l'esternazione del senatore pdl, Enzo Letizia, segretario dell'Associazione Funzionari di polizia, rimane stupefatto perché «da un legislatore si pretende senso di responsabilità e capacità di dialogo, oltre che di ascolto. Mentre dal governo nel suo complesso le forze dell'ordine esigono di essere messe in grado di garantire l'ordine pubblico tenendo a bada le frange di violenti, dotandole di strumenti adeguati a consegnare alla magistratura prove inconfutabili per una condanna certa e rapida». Più volte i rappresentanti di categoria hanno chiesto di poter utilizzare «microtelecamere sui caschi, proiettili con vernice indelebile e spray urticanti a lunga gittata per evitare lo scontro fisico», ma si tratta di dispositivi che non possono essere introdotti senza una misura che renda riconoscibili i poliziotti, i carabinieri e i finanzieri, ad esempio con un numero di matricola sui caschi.

Nicola Tanzi, rappresentante nazionale del sindacato autonomo Sap, mette sullo stesso piano «poliziotti e studenti che vivono il disagio di trovarsi di fronte a un governo sordo alle loro richieste». E aggiunge: «Lo Stato deve garantire la sicurezza e l'ordine pubblico attraverso la legislazione ordinaria, non con provvedimenti d'urgenza comunque inapplicabili. Discutiamo davvero sulla possibilità di vietare a chi è già stato condannato di partecipare a cortei e sit-in in modo da isolare i violenti». Di proposta «illegittima e pericolosa per il sistema democratico» parla il segretario del Silp Cgil Claudio Giardullo, secondo il quale «sicurezza e diritto di manifestare non sono inconciliabili, soprattutto di fronte a forzature come le misure restrittive ipotizzate dal senatore Gasparri che fanno a pugni con la Costituzione. In questo modo si crea un clima di rottura sociale che non serve al Paese. Un'idea del genere non fu presa in considerazione neanche dopo il G8 di Genova».


Fiorenza Sarzanini

20 dicembre 2010
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« Risposta #88 inserito:: Gennaio 12, 2011, 06:49:20 pm »

I nuovi nomi della lista Falciani. Stilisti, attrici e imprenditori

Ecco chi aveva i soldi in Svizzera. Da Valentino alle Sandrelli, C'è anche Telespazio

   
ROMA - Ci sono stilisti e imprenditori, attrici e gioiellieri, commercianti e dirigenti d'azienda, ma anche illustri sconosciuti che hanno evidentemente deciso di tenere all'estero i propri risparmi. Oltre settecento persone che adesso sono sotto inchiesta a Roma per omessa o incompleta dichiarazione fiscale. Tutte finite nell'ormai famosa «lista Falciani» che prende il nome da Hervé Falciani, il dipendente infedele della sede di Ginevra dalla banca inglese Hsbc scappato con l'elenco dei clienti di mezzo mondo che poi ha ceduto alle autorità francesi. Per l'Italia ci sono 6.963 «posizioni finanziarie» per un totale di depositi che supera i sei miliardi e nove milioni di dollari relativi al biennio 2005-2007.

I documenti contabili ottenuti dalla procura di Torino e dalla Guardia di Finanza sono stati trasmessi per competenza alle varie Procure e nella capitale sono stati avviati gli accertamenti. Gli interessati dovranno infatti essere interrogati dal procuratore aggiunto Pier Filippo Laviani e dal suo sostituto Paolo Ielo, soprattutto per verificare se abbiano usufruito dello scudo fiscale e abbiano così sanato eventuali irregolarità.

ATTRICI E MANAGER - Aveva trasferito parte dei suoi risparmi in Svizzera l'attrice Stefania Sandrelli, che poi ha deciso di usufruire dello scudo e dunque dovrebbe evitare possibili conseguenze penali. Nella lista c'è anche sua figlia Amanda e adesso si dovrà stabilire se sia beneficiaria del deposito della madre o se abbia invece una posizione autonoma. Nulla si sa ancora sull'entità degli importi accreditati sui vari conti correnti: saranno le Fiamme Gialle a dover ricostruire la movimentazione fino a stabilire la cifra portata all'estero. Nella lista consegnata alla Procura c'è poi Elisabetta Gregoraci, la soubrette diventata famosa anche per essere diventata la moglie di Flavio Briatore. Il regista Sergio Leone risulta nell'elenco, ma è scomparso nel 1989 e dunque dovranno essere i suoi eredi a dover fornire chiarimenti ai magistrati.

STILISTI E GIOIELLIERI - Il più noto è certamente Valentino Garavani, seguito a ruota da Renato Balestra. Entrambi, secondo le carte acquisite a Parigi e poi inviate nel nostro Paese, avrebbero depositato capitali presso la banca inglese. Nell'elenco c'è anche Pino Lancetti, il famoso sarto umbro morto nel 2007, che viene inserito insieme alla sorella Edda. E poi le due società che fanno capo a Gianni Bulgari, maestro di gioielleria con la sua "Gianni Bulgari srl" e la "Bulgari International". Gli inquirenti ritengono che anche Pietro Hausmann sia uno dei componenti della famosa gioielleria di Roma. Il Bolaffi che spicca nella lista dovrebbe appartenere alla dinastia nota per la numismatica mentre Sandro Ferrone è certamente lo stilista noto per i negozi sparsi in tutta la città che hanno come testimonial l'attrice Manuela Arcuri.

IMPRENDITORI E MANAGER - Telespazio è la società di Finmeccanica che si occupa di sistemi satellitari e i magistrati vogliono scoprire per quale motivo avesse un conto presso la Hsbc. Sarà soltanto una coincidenza, ma nella stessa lista compare Camilla Crociani, moglie di Carlo di Borbone e figlia di Camillo, che del colosso specializzato in armamenti e sistemi di difesa è stato presidente per diciotto anni prima di essere coinvolto nello scandalo Lockheed. Nella lista c'è anche il presidente della Confcommercio Roma Cesare Pambianchi, insieme a Carlo Mazzieri, commercialista che risulta socio nella sua attività professionale privata. Nel settembre scorso lo studio è stato perquisito nell'ambito di un'altra inchiesta della magistratura romana che riguarda il trasferimento all'estero, in particolare in Bulgaria e in Gran Bretagna, di società in stato prefallimentare al fine di evitare i procedimenti di bancarotta fraudolenta. Nome noto è pure quello di Mario Salabè, l'ingegnere coinvolto negli anni 90 nelle indagini sui finanziamenti al Pci-Pds con la sua società "Sapri Broker", fratello dell'architetto Adolfo Salabè che invece fu accusato di peculato nell'inchiesta sui «fondi neri» del Sisde quando al Viminale c'era Oscar Luigi Scalfaro del quale Salabè era amico attraverso la figlia Marianna. Risulta invece essere un professore universitario Francesco D'Ovidio Lefevre.

ILLUSTRI SCONOSCIUTI - I ricchi ma non famosi sono la maggior parte. Molte casalinghe, svariati professionisti, titolari di negozi del centro della città con un considerevole fatturato. Si va da Cinzia Campanile a Michele Della Valle, da Carmelo Molinari a Giovanni Pugliese da Mario Chessa a Roberto D'Antona. E ancora nell'elenco: Gabriella e Giorgio Greco; Gianfranco Graziadei; Adriano Biagiotti; Cinzia Santori; Marina Valdoni; Piero Dall'Oglio; Andrea Rosati; Eleonora Sermoneta; Stefania Vento; Giordana Zarfati; Eliane Rostagni; Fabrizia Aragona Pignatelli. La scorsa estate la Guardia di Finanza aveva avviato accertamenti su 25 persone che avevano esportato in Svizzera un totale di 8 milioni e 299 mila dollari, scelte in base ai «canoni di pericolosità fiscale» perché risulta che non hanno presentato denuncia dei redditi, oppure perché la loro dichiarazione è stata ritenuta «incongrua» rispetto alle somme movimentate. Tra loro, l'ambasciatore Giuseppe Maria Borga, la pittrice Donatella Marchini, il marchese Hermann Targiani.

Fiorenza Sarzanini

12 gennaio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/economia/11_gennaio_12/stilisti-attrici-e-imprenditori-ecco-chi-aveva-i-soldi-in-svizzera_c8745daa-1e15-11e0-8f93-00144f02aabc.shtml
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« Risposta #89 inserito:: Gennaio 13, 2011, 06:27:26 pm »

L'inchiesta. L'ipotesi dell'evasione per centinaia di nomi. In campo l'antimafia

Il tennista e il patron della radio nella lista dei conti all'estero

Panatta jr e Montefusco nella «Falciani». E c'è anche un banchiere

L'inchiesta. L'ipotesi dell'evasione per centinaia di nomi. In campo l'antimafia


ROMA - Tennisti, stilisti, banchieri, imprenditori: si concentra su nuovi nomi l'indagine sugli italiani titolari di un conto presso la filiale di Ginevra della banca britannica Hsbc. Persone che avevano occultato parte dei propri beni al fisco e si sono ritrovate nella famigerata «lista Falciani», l'elenco dei clienti ceduto dal responsabile informatico dell'Istituto di credito Hervé Falciani, 38 anni, alle autorità francesi. Migliaia e migliaia di correntisti di mezzo mondo tra i quali ci sono, appunto, 6.963 nostri connazionali che hanno trasferito oltre confine oltre sei miliardi e nove milioni di dollari. Su di loro indagano adesso Procure e Guardia di Finanza per ricostruire la movimentazione e verificare quanti abbiano scelto di usufruire dello «scudo» e così evitare conseguenze penali.

I beni mafiosi
Si procede per omessa o infedele dichiarazione, ma in alcuni casi si valutano reati ben più gravi come il riciclaggio. Il sospetto degli inquirenti è che dietro alcune «posizioni» si nascondano in realtà prestanome o titolari di società incaricate di ripulire fondi provenienti da operazioni illecite. Una copia della lista è stata inviata alla Procura nazionale antimafia per stabilire eventuali collegamenti con organizzazioni criminali.

Sportivi e imprenditori
Claudio Panatta è meno noto del fratello Adriano, ma ha seguito la sua passione tennistica fino ad arrivare nella squadra di coppa Davis. Il suo nome è inserito nell'elenco acquisito dai pubblici ministeri capitolini Pier Filippo Laviani e Paolo Ielo. Proprio come Eduardo Montefusco, l'imprenditore diventato famoso per aver trasformato Rds, la radio della capitale, in uno dei network più ascoltati. Entrambi dovranno essere convocati per verificare se abbiano avuto accesso a possibili sanatorie. Saranno invece gli eredi dello stilista Egon Von Furstenberg, morto all'ospedale Spallanzani nel 2004 dopo una vita dedicata alla moda, a dover dichiarare se il deposito sia ancora attivo ed indicare gli eventuali beneficiari. Chiarimenti saranno chiesti anche Claudio Cavazza, 77 anni, presidente dell'industria farmaceutica Sigma-Tau e vicepresidente di Farmindustria, nominato nel 1987 cavaliere del lavoro. L'anno successivo la stessa onorificenza è stata assegnata al conte Giovanni Auletta Armenise, azionista della Banca Nazionale dell'Agricoltura di cui fu presidente fino al 1985: anche lui è titolare di un conto presso la Hsbc. Proprio come la nobildonna Maria Cristina Saint Just di Teulada.

Attrici e registi
Stefania Sandrelli aveva circa 400 mila euro e ha già consegnato la documentazione che prova la scelta di «scudare» la cifra. Adesso bisognerà verificare se sua figlia Amanda, a sua volta titolare di un conto, abbia preso la stessa decisione. Tre milioni di euro sono stati lasciati dal regista Sergio Leone e un importo identico risulta riconducibile a suo figlio Andrea. Gli analisti della Guardia di Finanza dovranno adesso stabilire se si tratti di due depositi uguali o se invece ci sia stato un passaggio ereditario dopo la morte del maestro del cinema. I primi accertamenti hanno consentito di stabilire come la metà dei conti intestati agli italiani abbia un saldo pari a zero e questo ha fatto partire nuove verifiche su eventuali spostamenti in altre banche. Le prime stime assicurano infatti che soltanto un terzo degli intestatari avrebbe usufruito dello scudo fiscale.

Gli industriali del Nord
Almeno la metà dei nomi trasmessi alla procura di Milano riguardano proprietari di fabbriche - molti mobilieri - del Comasco, della Brianza e della provincia di Varese. L'elenco comprende anche moltissimi nuclei familiari e questo fa presumere che si tratti dei soggetti che rientrano nei cosiddetti «canoni di pericolosità fiscale», vale a dire coloro che non hanno mai presentato una denuncia dei redditi o comunque che avevano una dichiarazione «non congrua» rispetto al proprio tenore di vita.

Fiorenza Sarzanini

13 gennaio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/cronache/11_gennaio_13/sarzanini-evasione-fiscale-vip_6376ce20-1ee1-11e0-bc88-00144f02aabc.shtml
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