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« inserito:: Dicembre 12, 2008, 11:49:19 am » |
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12/12/2008 - FIERA DEL LIBRO Il ritorno dell'io ANTONIO SCURATI
«Io, gli altri», questo il tema della fiera del libro di Torino 2009. «Io è un altro», proclamava nel tardo Ottocento il Rimbaud di Una stagione all'inferno. «L’inferno sono gli altri», lo parafrasava quasi, ma chiosando per antitesi, Jean-Paul Sartre soltanto cinquant’anni più tardi. Da allora, per tutto il secondo dopoguerra, è parso che l’Io fosse divenuto l’inferno e «gli altri» il paradiso (o, quantomeno, il purgatorio). Nella seconda metà del Novecento, infatti, la cultura intellettuale europea si è impegnata a fondo in una duplice mossa.
Sminuire l’Io per un verso e, per altro verso, magnificare gli «altri». Se da un lato il presunto nucleo solido dell’identità individuale è stato sottoposto ad analisi - in primis a psico-analisi - a critica, a revoca di ogni autorevolezza, è stato cioè prima sminuzzato, decostruito, demistificato, poi destituito di ogni facoltà, potere, diritto, dall’altro lato la detronizzazione dell’Io ha comportato la celebrazione della dimensione collettiva, l’esaltazione delle «energie sociali», la glorificazione della sfera dell'agire politico, l’afflato verso le comunità, i popoli, le masse, le moltitudini.
Ora, d’improvviso, tramontato «il sol dell’avvenire» - che si sarebbe potuto levare soltanto sulla terra degli uomini presi nel loro insieme - l’Io sembra aver riacquisito diritto di cittadinanza culturale. Lo testimonia, non ultima, la voga della cosiddetta autofiction, cioè di quella letteratura in cui il personaggio dell’autore si rende protagonista del racconto ma a condizione di essere trattato alla stregua di personaggio fittizio, sottoposto a un’opera d’invenzione in cui, come scrive Siti, «gli avvenimenti veri sono inseriti in un flusso che li falsifica», oppure, come fa Saviano, a condizione che gli elementi finzionali siano inseriti in un flusso che gli conferisce verità testimoniale. Accanto a questa vena feconda, ma apparentemente agli antipodi, la scena letteraria presenta poi il fiorire di un nuovo massimalismo - sbocciato proprio dal congedo risoluto da ogni avvitamento narcisistico, da ogni ripiegamento sull’interiorità - il tentativo coraggioso di tornare a ingaggiare battaglia con la Storia, e di farlo attraverso narrazioni di grande respiro (è questo l’orientamento che Wu Ming ha battezzato Nuova Epica Italiana).
Si tratta di due correnti antitetiche solo in apparenza: sono, in verità, i due poli di oscillazione di un medesimo pendolo. È un movimento nuovo, che si svolge in due fasi distinte ma non separate, in un’oscillazione tra estremi. Segnala l'impossibilità momentanea di comporre i due termini, di saldare in una storia comune l'Io e gli altri. Ma annuncia anche che ci si è rimessi in cammino lungo quella strada. Per ora, rimaniamo al palo di quel segno d’interpunzione. Ci tocca una virgola che non congiunge e non disgiunge ma giustappone. Io, gli altri, per l’appunto. Bisogna, però, perseverare, avere pazienza: la virgola è il segno di pausa più breve. Corrisponde nella lettura a un minutissimo intervallo della voce. da lastampa.it
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