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« inserito:: Dicembre 11, 2008, 11:04:41 am » |
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11/12/2008 Hillary e i suoi due mariti GUIDO CERONETTI
Un pesante, inevitabile pagamento di debito di gratitudine: e Obama l’ha nominata, la temibile potente signora, nientemeno che al governo del Dipartimento di Stato, il sistema circolatorio che porta al cuore operato convalescente di un potere che dà le vertigini il sangue del mondo.
La questione del nome che la signora Hillary si è tenuta in politica mi disturba. Del tutto col presidente eletto non può essere, perché ne è stata concorrente e c’erano incompatibilità e dissonanze. Delusa per la nomina mancata, ribalta tutto e invece di riposarsi in penombra rieccola sotto i riflettori. Mi domando, poiché il suo status coniugale è di moglie e collaboratrice di un ex presidente, quanto possa contare per la sua parte di autonomia, nel suo operare futuro, essere una, anzi la, Clinton: a sua volta ex Lady N.1 nello stesso luogo dove ora entrerà ministro; quanto possa essere causa di sbandamenti o mutamenti di rotta l’intimità coniugale con uno che tra 1993 e 2001 fu il sapientemente frisé macchinista di un simile treno Atlantic-Pacific storico e metastorico. Incontrandosi, parleranno esclusivamente di affari di famiglia? Come noi diciamo: hai comprato le banane? Ti piace Baricco? Stasera vediamoci Gomorra! Lascia perdere, dormiamo adesso...?
Ela sera dopo, dover essere a Bagdad, a Gerusalemme, un po’ stordita ancora dall’insonnia inevitabilmente domata dai sonniferi? Ecco: il consiglio dell’ultimo minuto per una missione in un «punto caldo» (e ce n’è un buon numero, e sarà aspettata qua da una tigre, là dall’altra, ne avrà perfino, zampine infarinate, in Vaticano) glielo darà Barack o Bill, o qualcun altro? Perché è impossibile, a quei posti, fare da soli, sentirsi appoggiati su un lato solo. Nella Fedra raciniana il suggerimento decisivo - a lei, una regina - di dichiararsi innamorata al figliastro, glielo dà la sua vecchia balia dopo averne ricevuto una tremenda confessione - e la faccenda finirà male, male per tutti. Non siamo automi, siamo visceri umani. E in un mondo di radar e fibrillazioni infinite anche uno scricchiolìo di tacchetti può provocare una strage di Erba o risvegliare l’idea di un migliorato neo-Undici Settembre. Sottoposta a smisurati eccessi di tensioni, la testa che ha scelto di abitare ad altezza di nidi d’aquila quanto può reggere, quando funzioni impeccabilmente?
Ripenso a quando il ricercatore Hans Seyle fece la sua celebre relazione usando per la prima volta in una nuova applicazione il termine STRESS. Fu come lanciasse nel mondo una legione di démoni. Lo stress, uno stato anomalo, di patologia ora blanda ora distruttiva, è il vero padrone senza frontiere del mondo. Non è roba da poco, padroneggiare un simile padrone...
E le situazioni stressanti a bordo della Nave dei Pazzi globale, urlatrice come una foresta di scimmie, sono aumentate e aumenteranno ancora.
La valigiona dei luoghi comuni bisognerebbe rovesciarla nella discarica, portarsi dietro una valigetta di parole poco usate, vettrici di idee nuove. Se Obama e Hillary sbarcando in Israele, croce del mondo, si presentassero con la soluzione tritissima dei Due Stati (e temo forte che lo faranno) non combinerebbero niente, ma proprio niente. Sotto la maschera politica c’è là un conflitto religioso da incendio permanente. Le storie di quei confini sono storie di frantumi di vasi sacri, vere lingue di drago. In India lo stesso... Non è Zorba che danza in crescendo - è Shiva, è Kalì con la sua graziosa collanina di teschi. E, non è un caso, anche laggiù la soluzione immaginata e applicata sessant’anni fa furono Due Stati, religiosamente separati da una voragine psichica e mentale non iscrivibile in una soluzione così da gente grossa, così da germe di guerra senza fine - però chi torna indietro? Chi va a colombeggiare tra quelle infami testate atomiche schierate?
da lastampa.it
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