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Autore Discussione: Marco TRAVAGLIO -  (Letto 123200 volte)
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« Risposta #90 inserito:: Settembre 22, 2008, 06:38:02 pm »

Marco Travaglio


"Di Borghezio non posso che dire bene, sa è uno che colleziona libri antichi. Poi in pubblico si trasforma"

(Roberto Maroni, all'epoca capogruppo Lega Nord alla Camera, ora ministro dell'Interno, 10 gennaio 2007)



"Al congresso contro la moschea sarà presente un po' tutta la galassia dell'estrema destra europea. Tra gli altri interverranno il fiammingo Vlaams Belang, nato sulle ceneri del Vlaams Blok, partito sciolto dall'Alta Corte belga per incitamento alla discriminazione e all'odio razziale, e l'Npd, organizzazione orgogliosamente neonazista che in certe regioni del nord della Germania supera il 30 per cento dei consensi. L'Npd, per intenderci, è quel partito i cui deputati, un paio di anni fa, uscirono dall'aula mentre l'Assemblea osservava un minuto di silenzio in memoria delle vittime di Auschwitz, e che, in occasione del 60° anniversario della fine delle seconda guerra mondiale, pretendeva di poter andare a sventolare bandiere uncinate nei pressi della Porta di Brandeburgo, a pochi metri dal Memoriale della Shoah. Aderiscono lFpo austriaco, sempre di estrema destra, e il Front National francese di Jean Marie Le Pen, per l'Italia sarà presente Mario Borghezio in rappresentanza della Lega Nord"
(www. rainews24. rai. it)

"Troppa tensione. La manifestazione anti-islamica di Colonia indetta da un cartello di forze xenofobe è stata vietata dalla polizia... La presenza di persone molto vicine alla galassia neonazista ha messo in allarme non solo le migliaia di partecipanti alla contromanifestazione ma anche i servizi segreti tedeschi"
(euronews. net, 20 settembre 2008)

"Io protesto vivamente perché questa di oggi è una sconfitta e una ulteriore conferma che vi è una strategia di criminalizzazione di chi vuole parlare e dimostrare pacificamente e democraticamente contro il totalitarismo islamico. Una sconfitta della libertà perché questa doveva essere una manifestazione di libertà, nelle mie intenzioni. Io avevo appena cominciato a parlare quando è arrivato l'ordine dell'autorità di cessare la manifestazione per questioni di ordine pubblico. Io sono riuscito solo a pronunciare il nome di Oriana Fallaci e a mostrare il libro La Rabbia e l'Orgoglio, perché avevo considerato questa mia adesione una risposta all'appello disperato di Oriana Fallaci che disse 'Tirate fuori i coglioni se volete combattere contro questo pericolo numero Uno di questo secolo'..."
(Mario Borghezio, eurodeputato Lega Nord, Ansa, Colonia, 20 settembre 2008)

"Ho preso parte alla manifestazione a titolo personale. Credo sia stata un'iniziativa simile a cento di quelle che la Lega tiene in Italia contro la costruzione di nuove moschee"
(Mario Borghezio, eurodeputato Lega Nord, al telefono con Apcom, mentre da Colonia rientrava in treno a Bruxelles, 20 settembre 2008)

(22 settembre 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #91 inserito:: Settembre 22, 2008, 06:51:01 pm »

Marco Travaglio

C'è la casta al telefono


Il centrodestra non ama i processi ai politici. Così anche le intercettazioni a D'Alema e Latorre rimarranno nei cassetti dei Pm, lasciando l'ombra del sospetto  Massimo D'AlemaS'odono a sinistra gemiti e lamenti perché, ora che al governo c'è Berlusconi, non si parla più di Casta. Vero. Se però, da sinistra, partissero segnali concreti anti Casta, se ne tornerebbe a parlare.

L'esempio l'ha dato Prodi, quando 'Panorama' ha sbattuto in copertina le sue telefonate top secret e prive di rilevanza penale: "Pubblicate tutto, indagate pure, nulla da nascondere". Si attende con ansia che la stessa frase pronuncino Massimo D'Alema e Nicola Latorre prima delle decisioni del Parlamento europeo e del Senato sulle loro telefonate con Giovanni Consorte (e, per Latorre, anche con Stefano Ricucci) nel pieno delle scalate dei furbetti, estate 2005.

Telefonate, secondo il Gip di Milano, penalmente rilevanti anche per i due politici, sospettati di concorso nell'aggiotaggio dei due furbetti. Ma per usarle, in base alla legge Boato, occorre l'ok del Parlamento. Il peggio che possa capitare ai nostri eroi è che Bruxelles e Palazzo Madama rispondano picche con maggioranze trasversali destra-sinistra, salvandoli dalle indagini e lasciandoli avvolti per sempre dall'ombra del sospetto.

Sospetto di impunità di Casta. Se, come dicono, non hanno nulla da temere, i due dovrebbero precipitarsi nei rispettivi parlamenti e implorare i colleghi di concedere l'autorizzazione, per essere indagati e poi prosciolti. Purtroppo, finora, han fatto il contrario. D'Alema ha annunciato che il 7 ottobre, quando si riunirà la commissione giuridica di Bruxelles, non si presenterà, con una lettera al presidente forzista Giuseppe Gargani: "Mi rimetto con fiducia alle decisioni del Parlamento europeo".

Idem Latorre: "Qualunque cosa deciderà il Senato, per me va bene". Frasi che avrebbero senso se il centrosinistra, in Europa e in Italia, avesse la maggioranza. Invece ce l'ha il centrodestra
, che i processi ai politici non vuole neppure sentirli nominare. Infatti Forza Italia ha già annunciato il doppio No ai giudici. A buon rendere. Solo un'esplicita richiesta degli interessati e del Pd può evitare l'imbarazzante diniego. Ma dal Pd giungono dichiarazioni ai confini della realtà.

Ermete Realacci tuona contro "la divulgazione impropria delle telefonate" (pubbliche dal luglio 2007). Per Gianni Cuperlo "le telefonate sono roba vecchia" (in realtà sono di tre anni fa e la prescrizione per l'aggiotaggio è di sette anni e mezzo; e poi, perché il Senato non le autorizzò l'anno scorso quando erano nuove?). Giorgio Tonini sentenzia: "Deciderà Nicola": cioè l'indagabile, alla faccia del conflitto d'interessi. Tonini, Cuperlo e Realacci, come Russo Spena e Pisapia del Prc, affermano poi che "le telefonate non hanno rilevanza penale".

Può darsi, ma non spetta a loro deciderlo. Il Parlamento deve solo vagliare l'eventuale fumus persecutionis, molto improbabile visto che contro D'Alema e Latorre ci sono le loro parole incise su nastro. La rilevanza penale la stabiliscono i giudici, se li lasciano lavorare. Non il Parlamento. A meno che non sia stata abrogata la divisione dei poteri, all'insaputa dei più.

(21 settembre 2008)


da espresso.repubblica.it
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« Risposta #92 inserito:: Settembre 24, 2008, 12:00:40 pm »

Marco Travaglio


C'era o non c'era?

"La storia non si replica per identità perfette, ma per analogie. Nel 1929 la crisi finanziaria scoppiò in America e impattò sul continente Europa impoverito e annichilito dalla Grande Guerra; non c'erano Fed e Bce, c'era la Germania sconfitta. Ora è diverso; ma è pur sempre crisi" (Giulio Tremonti, Corriere della Sera, 23 agosto 2007)

"Che cos'è il Federal Reserve System? Il Federal Reserve System, spesso chiamato Federal Reserve, o più semplicemente Fed, é la banca centrale degli Stati Uniti. E' stato istituito dal Congresso per dotare la nazione di un sistema monetario e finanziario più flessibile e stabile. Nel corso degli anni il suo ruolo ha subito un'evoluzione e un'espansione. Quando é stato istituito il Federal Reserve System? La Federal Reserve fu istituita il 23 dicembre 1913, con la firma del Federal Reserve Act da parte del Presidente Woodrow Wilson" (www.federalreserve.gov, sezione Frequently Asked Questions)

(23 settembre 2008)

da repubblica.it

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« Risposta #93 inserito:: Settembre 26, 2008, 06:28:06 pm »

Marco Travaglio


Tv della Libertà (di fallire)


Il Cavaliere si vanta di essere un imprenditore. Perché allora applica all'azienda Italia criteri che non applicherebbe alle sue aziende?  Michela Vittoria BrambillaIl 10 maggio Giovanni Sartori analizzava la competenza (si fa per dire) dei principali ministri del neonato governo Berlusconi e concludeva: "Sono pronto a scommettere che se all'attuale squadra del governo Berlusconi venissero affidate Mediaset, Eni, Fiat, Luxottica, in poco tempo diventerebbero altrettante Alitalia. Il Cavaliere si vanta di essere un imprenditore. Perché allora applica all'azienda Italia criteri di reclutamento che non applicherebbe alle sue aziende?".

Il premier gli ha risposto indirettamente venerdì scorso, tutto giulivo, inaugurando a Rovigo il rigassificatore del governo Prodi: "Ho una squadra straordinaria, mi pare di esser tornato in azienda". Escludendo che si riferisse al Milan e sorvolando sullo stato comatoso della Fininvest nel '93, quando lui finse di abbandonarla (4.500 miliardi di lire di indebitamento contro 1.000 di capitale netto), una domanda sorge spontanea: chissà se nella "squadra straordinaria" il premier include anche Michela Vittoria Brambilla, viceministra del Turismo, cioè della prima azienda italiana.

Perché la signora salmonata è reduce da una performance manageriale davvero spettacolare: in un anno ha bruciato 20 milioni con la 'Tv delle Libertà', che trasmetteva - all'insaputa dei più - via satellite (Sky 818) e in chiaro (su 40 emittenti locali) dai faraonici studi di Euroscena e poi da quelli più modesti di Odeon, e che tre mesi fa ha chiuso bottega lasciando per strada 13 giornalisti. In maggio i due proprietari, Michela la Rossa e Salvatore Sciascia (l'ex manager Fininvest condannato per le mazzette alla Guardia di Finanza), sono stati prontamente premiati: lei al governo, lui alla Camera. E han ceduto la proprietà per un euro simbolico a Forza Italia, che ha ripianato i debiti con 20 milioni cash. In attesa di ripartire - minaccia la Brambilla - come "tv ufficiale del Pdl, ma con organici più snelli". Pare che i 13 giornalisti siano troppi.

Sono quasi tutti precari provenienti da Mediaset (Tg4, Studio Aperto, Videonews, Verissimo), che però s'è ben guardata dal riprenderli indietro. Molto meglio assumere a 'Mattino 5' Elisa Triani, 'letterina' di Gerry Scotti a 'Passaparola' e protagonista di un eccitante calendario. E al Tg4 Francesca Cenci, fidanzata di Mauro Fabris (l'ex Udeur passato al Pdl giusto in tempo per rovesciare il governo Prodi), che ora è in maternità, sostituita da Federica Federici, nota per uno strepitoso sito Internet e per l'amicizia con Confalonieri, Rossella e Mimun.

Anche Francesca Impiglia, la bionda fotografata qualche estate fa nel parco di Villa Certosa mano nella mano col premier, suo futuro testimone di nozze, è una rinomata giornalista del Tg4: in redazione la vedono di rado, ma risulta sempre presente, anche per l'ufficio stipendi. Al cospetto di simili fuoriclasse, è ovvio che i 13 professionisti di TeleBrambilla rimangano a spasso. A proposito: ma Berlusconi non era quello che "non ho mai licenziato nessuno in vita mia"?

(26 settembre 2008)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #94 inserito:: Settembre 28, 2008, 04:48:42 pm »

da Marco Travaglio



Lui è pronto


"Serve una nuova generazione di politici cattolici dotati di grande rigore morale... capaci di coltivare le virtù della fedeltà, della dignità, della riservatezza, della sobrietà e del senso del dovere... contro il consumismo e gli idoli del guadagno e del successo... in difesa della famiglia, oggi minacciata da troppi divorzi..." (Papa Benedetto XVI, Cagliari, 7 settembre 2008)

"Sono pronto a mettere in lista per le regioni e al governo le nuove leve di credenti che ci verranno indicati... Ringrazio il santo padre per l'incoraggiamento alla nostra azione di governo" (Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, Cagliari, 7 settembre 2008).


Berlusconi - ... Senti, tu mi puoi fare ricevere due persone...
Saccà - Assolutamente...
Berlusconi - ... Perché io sono veramente dilaniato dalle richieste di coso...
Saccà - Assolutamente...
Berlusconi - Con la Elena Russo non c'era più niente da fare? Non c'è modo...?
Saccà - No... c'è un progetto interessante... adesso io la chiamo...
Berlusconi - Gli puoi fare una chiamata? La Elena Russo; e poi la Evelina Manna. Non c'entro niente io, è una cosa... diciamo... di...
Saccà - Chi mi dà il numero?
Berlusconi - Evelina Manna... io non ce l'ho...
Saccà - Chiamo...
Berlusconi - No, guarda su Internet...
Saccà - Vabbè, la trovo, non è un problema... me la trovo io...
(da una telefonata intercettata dalla procura della repubblica di Napoli fra Silvio Berlusconi e l'allora direttore di Raifiction Agostino Saccà il 21 giugno 2007).


"Berlusconi è un grande innovatore con un'energia disumana per il lavoro. Ma anche con il passatempo della gnocca" (Evelina Manna, attrice, intervista a "Libero", 5 settembre 2008).

(9 settembre 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #95 inserito:: Ottobre 02, 2008, 01:57:00 pm »

1 ottobre 2008, in Marco Travaglio

I pompieri di Viggiù

Ora d'aria

l'Unità, 1 ottobre 2008



Negli Stati Uniti il Parlamento, libero e sovrano, boccia sonoramente il piano di salvataggio della finanza tossica americana a spese dei contribuenti, firmato dal presidente Bush con l’accordo dei vertici dei partiti democratico e repubblicano. In Italia il Parlamento è una pròtesi del presidente del Consiglio, che lo convoca e lo sconvoca a seconda delle scadenze dei suoi processi e dei finti impedimenti dei suoi onorevoli avvocati, per il resto bypassandolo allegramente con continui decreti legge (su 12 leggi approvate finora, 11 sono dl e solo uno è un ddl, la porcata Alfano, ovviamente incostituzionale). E le possibilità che il Parlamento bocci il piano delinquenziale che scarica sui contribuenti i debiti dell’Alitalia per regalarne la parte sana a una compagnia di giro di profittatori di regime, capitanata da Colaninno condannato dal Tribunale di Brescia a 4 anni per la bancarotta del gruppo Italcase-Bagaglino, è pari a zero. Anzi, una volta tanto che il Pd non c’entrava nulla in una sciagura, Veltroni s’è precipitato a rivendicarne il merito.

Negli Usa la gente scende in piazza da Denver a Washington contro i profittatori di regime al grido di “Aiuti a Main Street, non a Wall Street”, “Niente salvagente, per questi ci vuole la galera”. In Italia manifestare in piazza è considerato eversione e invocare la galera per i ladri di Stato non si usa più: sarebbe giustizialismo. Negli Usa Obama e Mc Cain se le suonano di santa ragione. In Italia, se il leader del Pd comincia con quattro mesi di ritardo a fare opposizione al governo più indecente della terra, si becca subito i rimbrotti del Corriere della sera per la penna, anzi l’estintore, del pompiere di Viggiù, al secolo Pigi Battista. E viene subito sbugiardato dai suoi compagni di partito. Per Enrico Letta, “non si vincono le elezioni del 2013 con l’antiberlusconismo”: infatti ha appena perso quelle del 2008 dialogando con Berlusconi (che intanto monologava, chiamava Veltroni “maschera di Stalin” e vinceva a mani basse). Ma c’è di meglio: tal Giorgio Tonini del Pd, in un convegno a Orvieto, lancia con Enrico Morando l’idea di “separare le carriere di pm e giudici”, che sarebbe anche originale, se non l’avessero già lanciata Gelli, Craxi e Berlusconi. Più innovativa un’altra trovata del Tonini: la deriva putiniana denunciata da Veltroni non sarebbe colpa di Berlusconi ma, pensate un po’, di Prodi. Il quale, essendo l’unico ad aver battuto Berlusconi, è stato spedito a casa anzitempo, così impara a non perdere le elezioni come tutti gli altri.

Intanto Al Tappone, sempre spiritoso, annuncia: “Basta dialogo con Veltroni”. Un po’ come se Putin annunciasse “basta dialogo con la Georgia”. D’Alema, per punizione, lo candida subito al Quirinale: “Se si arrivasse a un sistema presidenziale, Berlusconi potrebbe concorrere alla massima carica della Stato perché ci sarebbero quei pesi e quei contrappesi che consentirebbero anche a lui di governare meglio il Paese”. Frattanto, in Francia, il presidente Sarkozy è bersagliato dalle polemiche per aver osato partecipare all’assemblea condominiale e interessarsi della nuova rete fognaria della villa della suocera in Costa Azzurra, non per procurarle privilegi, ma solo perché siano rispettati la legge e l’ambiente.

In Italia il premier attacca i giornali altrui, essendo proprietario di giornali. Attacca le tv altrui, essendo proprietario di tv. Attacca i giudici, essendo imputato. Confessa, dopo aver mentito promettendo di non usarlo, che il Lodo Alfano gli serve “contro i giudici politicizzati”. Ma il pompiere Battista trova che la colpa della fine del dialogo sia tutta di Veltroni, che osa addirittura descrivere il premier come “nemico ontologico della democrazia”, cioè per quello che è, mentre il Cainano sarebbe colpevole soltanto di qualche “reazione sgarbata”. Ma certo, uno che minaccia la Consulta di rappresaglie se oserà dichiarare incostituzionale una legge incostituzionale, uno che definisce “nemici” i giudici che si occupano dei suoi reati, uno che passeggia quotidianamente con le scarpe chiodate (con tanto di rialzo interno) sulla Costituzione, uno che annuncia con l’apposito Ghedini la riforma del Csm di cui il capo dello Stato non sarà più presidente, uno che vola sull’elicottero di Stato in una beauty farm chiusa per lavori ma fatta riaprire apposta per lui e ci trascorre tre giorni anziché andare all’Onu a rappresentare l’Italia, ecco, uno così è soltanto un po’ sgarbato. Birichino.
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« Risposta #96 inserito:: Ottobre 03, 2008, 10:35:08 am »

Marco Travaglio.


Mai dire mai / 2

"Mai insultato Veltroni, io ricevo da sempre insulti, ma io non ne ho mai fatti. Io ho un grande rispetto per gli altri, se poi i giornali si inventano cose non è colpa mia. Insultando il presidente del Consiglio dandogli dell'imbroglione si insulta un'istituzione dello Stato" (Silvio Berlusconi, 2 ottobre 2008).

"I Ds sono i mandanti delle toghe rosse. Noi non attacchiamo la magistratura, ma pochi giudici che si sono fatti braccio armato della sinistra per spianare a questa la conquista del potere. Questa sinistra continua a sostenere questa parte della magistratura e le dichiarazioni di D'Alema, Veltroni, Folena, Angius e Mussi hanno dimostrato che c'è una collusione diretta e precisa. Sono loro i mandanti? Credo che sia un'evidenza solare. Chi sono i beneficiari dell'azione politica delle toghe rosse? Noi vediamo che le dichiarazioni di Veltroni, Angius e Mussi costituiscono un vero manuale pratico della scuola comunista, quella di far fuori con tutti i mezzi l'avversario politico: con la mistificazione, la demonizzazione e la criminalizzazione" (Silvio Berlusconi, Corriere della Sera, 1° dicembre 1999).

"Chi salverei tra Bertinotti, D'Alema, Veltroni e Prodi? Butterei giù la torre e mi candiderei al Nobel per la pace: sarebbe garantito" (Silvio Berlusconi, 28 ottobre 1995).

"Vediamo che le dichiarazioni di Veltroni, Angius e Mussi... costituiscono un vero manuale pratico della scuola comunista: quella di far fuori con tutti i mezzi l'avversario politico, con la mistificazione, la demonizzazione e la criminalizzazione" (Silvio Berlusconi a "Radio anch'io", 30 novembre 1999).

"La loro cultura è quella di sempre. Una cultura comunista, marxista, statalista, dirigista. Pensate che nella stanza di Veltroni campeggia ancora il ritratto di Togliatti. Ah no, quello di Berlinguer? Va be', è la stessa cosa, metodi e cultura sono quelli di sempre. A forza di dire bugie, finiscono per crederci, come Tartarin di Tarascona" (Silvio Berlusconi, 5 maggio 1995).

"Veltroni è un coglione" (Silvio Berlusconi, 3 settembre 1995).

"Veltroni è un miserabile" (Silvio Berlusconi, Ansa, 4 aprile 2000).

"Veltroni è una maschera di Stalin" (Silvio Berlusconi, 30 marzo 2008)



(3 ottobre 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #97 inserito:: Ottobre 05, 2008, 12:19:48 am »

Marco Travaglio


Pd di Letta e di governo


Il nuovo motto di chi si dice di sinistra è: "Berlusconi è migliore". E intanto Veltroni riempie di complimenti Gianni Letta  Gianni Letta "Sono di sinistra, ma Berlusconi è il migliore". L'ha detto a 'L'espresso' Riccardo Scamarcio, ma è il motto di un'epoca. Questa. Veltroni invece preferisce Gianni Letta, "un uomo che ha il mio stesso senso delle istituzioni". Definizione quantomeno azzardata, se si pensa che questo Cavour redivivo, negli anni Ottanta quando dirigeva 'Il Tempo', fu coinvolto nei fondi neri Iri e nel '93, vicepresidente Fininvest, rischiò l'arresto per presunti maneggi sulla legge Mammì. Ma il vero mistero è perché mai Uòlter abbia messo il cappello sulla Cai, la cordata alitaliota dei Colaninno Boys.

Dopo averne detto tutto il peggio possibile, è andato a 'Porta a Porta' a rivendicare il successo dei 16 Fratelli Bandiera. Rivelando di aver fatto incontrare Colaninno ed Epifani "per favorire un'intesa che impedisse la catastrofe" e "far fare un passo avanti a Cai". Se è vero, non si comprende perché Veltroni non si sia schierato subito con Cai, cioè col governo. Se è falso, non si vede perché il capo dell'opposizione abbia levato le castagne dal fuoco al governo che, incartato nella guerra ai lavoratori Alitalia, era a un passo dalla prima disfatta.

"Senso di responsabilità", spiega Uòlter, ma così dà implicitamente ragione al governo sulla mancanza di alternative alla Cai (che invece di alternative ne aveva, se si fosse messa sul mercato l'Alitalia senza debiti né esuberi, anziché regalarla in esclusiva alla Cai).

In entrambi i casi, prendersi il merito di uno sbocco sempre criticato disorienta vieppiù gli elettori del Pd. Conferma le accuse di Berlusconi alla Cgil, che avrebbe "remato contro" pilotata dal Pd. E delegittima Guglielmo Epifani, mettendo in ombra i vantaggi strappati in extremis dalla Cgil per
i lavoratori rispetto al pessimo accordo siglato inizialmente da Cisl e Uil. Non contento, Veltroni dichiara al 'Corriere' che con questo governo rischiamo una svolta autoritaria, poi però rivela i dettagli dell'imbarazzante mediazione:
Colaninno (padre) ed Epifani "si sono seduti qui in casa mia su quei due divani là in fondo e han trovato l'accordo". In gran segreto, fuorché per Letta e per i segretari di Cisl e Uil. Intanto Colaninno figlio, Matteo, ministro-ombra del Pd, taceva. E Letta nipote, Enrico, metteva alle strette Epifani definendo "l'errore del secolo" il no alla Cai.

È proprio sicuro Veltroni, noto giramondo, che una simile scena potrebbe mai accadere in una democrazia normale? Se l'immagina Obama che convoca nel suo salotto un affarista e un sindacalista per propiziare la svendita di un'azienda di Stato decisa da Bush a spese dei contribuenti? Certo che no, infatti Uòlter poco sotto dichiara: "Ho un giudizio pessimo di come il governo ha gestito la vicenda Alitalia, compresa la scelta di una cordata non si sa in base a quali principi. che ha scaricato i debiti sui contribuenti". Già. Ma in quel pessimo governo c'è pure l'ottimo Gianni Letta. E la pessima cordata, a sentire Veltroni, l'ha salvata Veltroni. L'ottimo capo dell'opposizione.

(03 ottobre 2008)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #98 inserito:: Ottobre 10, 2008, 06:55:31 pm »

Marco Travaglio


Troppe prove niente arresti


Nicola Di Girolamo è un senatore "abusivo". E' stato eletto tra gli italiani all'estero inventandosi una residenza all'estero e il gip di Roma ha disposto per lui gli arresti domiciliari per nove reati, tra cui la falsa dichiarazione di identità  Nicola Di GirolamoA Palazzo Madama, da sei mesi, siede un senatore abusivo: Nicola Di Girolamo. È stato eletto tra gli italiani all'estero nella lista Pdl collegio Europa, ma non poteva neppure candidarsi, perché s'è inventato una residenza in Belgio mentre risiedeva in Italia. A giugno il gip di Roma ha disposto per lui gli arresti domiciliari per nove reati (attentato ai diritti politici del cittadino, falsa dichiarazione d'identità, falso ideologico, abuso d'ufficio) e ha chiesto il nullaosta alla giunta per le autorizzazioni. Ma il nostro eroe seguita imperterrito a circolare fra l'aula del Senato e la commissione Esteri. C'era pure il 24 settembre, quando i compari di casta l'han salvato con un plebiscito, ben nascosti dietro il voto segreto: 204 no all'arresto (Pdl, Lega, Pd, Udc), soltanto 43 sì (IdV e qualche pidino sciolto).
 
Impossibile sapere se ha votato anche lui per sé, o se ha avuto il buon gusto di astenersi. Ora, com'è noto, c'è un solo motivo che può consentire al Parlamento di derogare al principio di eguaglianza, bloccando l'ordinanza di un giudice: il fumus persecutionis, quando le accuse si rivelano inconsistenti al punto da far sospettare un complotto politico. Ma tutti gli intervenuti in giunta e in aula, compresi i compagni di partito, l'hanno escluso, complimentandosi anzi con i giudici per l'ottimo lavoro. Costituzione alla mano, avrebbero dovuto fermarsi lì: spetta al gip stabilire le esigenze cautelari, non ai colleghi dell'arrestando. Questi invece si sono sostituiti al giudice, sentenziando che il pericolo d'inquinamento delle prove non esiste.

E pazienza se il gip cita un bel po' di testimoni avvicinati da emissari del senatore perché mentissero ai magistrati. Per il relatore Francesco Sanna (Pd) e il leghista Sandro Mazzatorta, l'arresto comprometterebbe "il plenum del Senato", che scenderebbe da 315 a 314 inquilini. E poi i suoi reati, aggiunge Sanna, "non hanno gravità paragonabile a quelli per i quali, negli unici quattro precedenti nella storia repubblicana, il Parlamento ha approvato misure cautelari nei confronti di propri membri". In effetti gli unici quattro parlamentari arrestati in 60 anni di storia repubblicana erano accusati di "omicidio plurimo, insurrezione armata contro lo Stato e sequestro di persona". E Di Girolamo non ha ammazzato nessuno: rischia solo dieci anni. Il dipietrista Luigi Li Gotti prova a spiegare: l'arresto è proprio "a difesa del plenum e della legittimità di quanti han diritto a farne parte"; i pm devono ancora sentire diversi testimoni, che potrebbero essere a loro volta subornati; e ogni volta che Di Girolamo entra in Senato reitera il reato di attentato ai diritti del suo partito e degli elettori presi per i fondelli. Ma anche i senatori del Pdl appaiono felici di essere stati buggerati. E poi, come osserva spiritoso Luigi Lusi (Pd), "le prove sono talmente evidenti che non c'è bisogno di arrestarlo". Giampiero D'Alia (Udc) si associa. Ecco: se le prove sono poche, non si arresta. Se sono tante, non si arresta lo stesso.

(10 ottobre 2008)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #99 inserito:: Ottobre 11, 2008, 06:01:37 pm »

10 ottobre 2008, in Marco Travaglio

La retromarcia su Roma


Ora d'aria

l'Unità, 11 ottobre 2008 (in attesa di pubblicazione)

Le manifestazioni della sinistra e dell’Italia dei Valori, oggi, e quella del Pd il 25 ottobre non potrebbero cadere in un momento migliore. La macchietta di Palazzo Chigi, tra una visita al Bagaglino e quattro salti in discoteca, è l’emblema del dilettantismo con cui il governo sta affrontando la crisi. Non passa giorno, anzi minuto, senza che Al Tappone si e ci copra di ridicolo. Garantisce ciò che non può garantire (“non fallirà una sola banca italiana, i risparmiatori non perderanno un soldo”). Organizza strane adunate a Palazzo Chigi col governatore di Bankitalia e un banchiere privato, il plurimputato per bancarotta Cesare Geronzi, a cui due berluscloni tentano nottetempo di garantire l’impunità nei processi per bancarotta nei casi Cirio, Parmalat e Italcase (a proposito: dov’era l’opposizione mentre passava l’emendamento, visto che a scoprirlo è stata una giornalista, Milena Gabanelli?).

Invita la gente a investire nelle società più solide, cioè “Eni, Enel e Mediaset”, che guardacaso è sua. Annuncia per l’ennesima volta “il taglio delle tasse”, eventualità catastrofica, visto che - come nota Salvatore Bragantini sul Corriere - “la crisi gonfierà un debito pubblico già debordante”. Promette di “estirpare la corruzione”, essendo imputato in tre processi per corruzione appena sospesi dalla porcata Alfano. Minaccia la Consulta che dovrà giudicare la porcata e tenta d’infilarci il suo avvocato Pecorella al posto di un altro suo avvocato, Vaccarella. Proclama: “Si può governare solo con i decreti”. Annuncia “un G8 straordinario”, subito smentito persino dall’amico Bush. Esalta le virtù democratiche dell’amico Vladimur nel senso di Putin, massacratore di ceceni e di georgiani, giustificando con false versioni l’illegale invasione russa della Georgia e facendo infuriare persino Paolo Guzzanti (subito manganellato da orde di forzisti a comando). Compila liste di proscrizione per la Vigilanza Rai (“né Orlando né Giulietti”), pretendendo di decidere anche le cariche spettanti all’opposizione. Senza contare i tagli selvaggi alla scuola, alla giustizia, alle forze dell’ordine, alla ricerca e persino agli italiani all’estero.

Bene: di fronte a questo spettacolo da repubblichetta delle banane, il Pd che fa? Anziché impegnarsi allo spasimo per portare in piazza quanta più gente possibile,e magari rimangiarsi la scriteriata decisione di sabotare il referendum anti-Alfano, si divide addirittura sull’opportunità di scendere in piazza. Ha cominciato il solito Follini sul Corriere, invitando il Pd a suonare la ritirata in vista del 25 ottobre. Posizione comprensibile, visto che fino a due anni fa Follini stava con Al Tappone e votava tutte le leggi vergogna. Meno comprensibile l’uscita di Rutelli sul Riformatorio: “La piattaforma della manifestazione è superata, occorre un corteo non centrato sulla contrapposizione al governo, ma sulle nostre proposte aggressive per uscire dalla crisi”. Aggressive, Rutelli: vabbè.

Ma il bello deve ancora venire: l’intervista di Enrico Morando al Giornale di Berlusconi, in cui l’esponente del Pd lancia, restando serio, l’idea di una bella manifestazione “non anti-governativa”, anzi, di più: per “incoraggiare e sostenere il governo nello sforzo che sta facendo per fronteggiare l’emergenza”. In piazza, la gente del Pd dovrà “stringersi intorno al governo”, perché “i cittadini hanno un atteggiamento di fiducia nel governo. I calcoli di parte sarebbero infondati oltre che sbagliati. L’opposizione deve fare la sua parte…”.
Spettacolare questa idea dell’opposizione che deve chiamare la gente in piazza per sostenere il governo. Figurarsi l’entusiasmo con cui gli elettori del Pd, soprattutto quelli che han firmato l’appello per “Salvare l’Italia” dal “governo che la sta distruggendo”, si sveglieranno all’alba per salire su auto, treni, aerei e pullmann verso Roma, con la prospettiva di “stringersi intorno al governo” Berlusconi, mentre dal palco i Morando e i Rutelli li inviteranno a non essere antigovernativi e Follini, da casa, li sgriderà per non essersene rimasti a casa. Prospettiva elettrizzante, che potrebbe indurre molti a non muoversi, col rischio di far fallire la manifestazione. Per scongiurarlo, non resta che una strada: se l’obiettivo è stringersi intorno al governo, tanto vale invitare anche gli elettori del Pdl, e magari lo stesso Al Tappone. Lui la gente in piazza (“contro il regime delle sinistre”, s’intende) ha già dimostrato di saperla portare. Pienone assicurato.


da forumista.net
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« Risposta #100 inserito:: Ottobre 18, 2008, 12:13:47 pm »

Marco Travaglio


Da Vaccarella a Pecorella


Fa scandalo che il Parlamento non abbia ancora sostituito alla Corte costituzionale Romano Vaccarella, dimissionario da un anno e mezzo. Non fa scandalo invece che il favorito a succedergli sia Gaetano Pecorella, già legale del piduista Berlusconi dagli anni Novanta  Gaetano PecorellaFa scandalo che il Parlamento non abbia ancora sostituito alla Corte costituzionale il prof. avv. Romano Vaccarella, già civilista di Previti e Berlusconi, dimissionario da un anno e mezzo. Non fa scandalo invece che il favorito a succedergli sia il prof. avv. on. Gaetano Pecorella, già legale della sinistra extraparlamentare negli anni Settanta, del piduista Bruno Tassan Din negli anni Ottanta e del piduista Berlusconi dagli anni Novanta. Eppure il giureconsulto milanese è forse il candidato meno indicato per la Corte. 1. Come deputato dal '96 e presidente della commissione Giustizia nel 2001-2006, Pecorella è stato autore o coautore di una serie di leggi ad personam di dubbia costituzionalità. Una volta, in un lampo di autocoscienza,

lo ammise pure lui: "È vero, sono state fatte leggi funzionali a determinati processi. Abbiamo fatto il lodo Schifani, poi dichiarato incostituzionale e che in effetti in qualche parte lo era, per consentire a Berlusconi di governare" (9 ottobre 2004). Sulla legittimità delle altre,

la Consulta potrebbe essere chiamata a pronunciarsi in qualsiasi momento. Meglio che lui

ne stia alla larga. 2. Nel 2005 passò una legge che portava il suo nome e abrogava il grado

di appello, ma solo per il pm. Il presidente Ciampi la respinse al mittente per manifesta incostituzionalità. Pecorella la ripresentò pressoché identica e la Corte la bocciò. Non s'è mai visto l'autore di leggi incostituzionali diventare giudice costituzionale. 3. A luglio, con tutti

i parlamentari Pdl, Pecorella ha approvato la legge Alfano che regala l'impunità al premier suo cliente. Nei prossimi mesi, su quella legge, la Consulta dovrà pronunciarsi due volte: sull'eccezione di incostituzionalità sollevata dai giudici di Milano e Roma, e sull'ammissibilità

del referendum abrogativo indetto da Di Pietro. Figurarsi l'imbarazzo in cui si troverebbe la Corte se vi sedesse chi ha votato la legge. 4. Pecorella è imputato per un'accusa gravissima: favoreggiamento del primo sospettato delle stragi di Piazza Fontana e Piazza della Loggia. Secondo la Procura di Brescia, che nel 2007 ha chiesto il suo rinvio a giudizio prima che il processo passasse per competenza a Milano, Pecorella avrebbe corrotto un pentito di Ordine nuovo, Martino Siciliano,


testimone-chiave nei processi per le stragi nere, perché ritrattasse le accuse contro Delfo Zorzi, cliente di Pecorella, imputato

per Piazza Fontana (poi assolto con formula dubitativa) e Piazza della Loggia. È stato lo stesso Siciliano a raccontare che Zorzi

gli versò 115 mila dollari tramite il suo ex difensore Fausto Maniaci, previo accordo con Pecorella. Accusa tutta da verificare al processo. Ma forse un giudice costituzionale imputato

per favoreggiamento in una storia di stragi potrebbe sembrare eccessivo persino in Italia. Resta da capire perché l'opposizione non abbia obiettato nulla sul presepe Vaccarella-Pecorella.

Si dirà: se passa Pecorella coi voti del Pd, poi passa Violante

con quelli del Pdl. Appunto: motivo in più per evitare.

(17 ottobre 2008)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #101 inserito:: Ottobre 24, 2008, 10:19:54 pm »

Marco Travaglio


Task force in acciaio Inox


 Agostino SaccàRicordate Giancarlo Innocenzi? Ex dirigente Fininvest, ex sottosegretario alle Telecomunicazioni del governo Berlusconi 2, ora commissario dell'Autorità garante delle comunicazioni (Agcom), fu intercettato un anno fa al telefono con Agostino Saccà: "Sono reduce da un incontro col Grande Capo (il Cavaliere, ndr). Si è deciso a dare una spallata a questi qua (il governo Prodi, ndr). Io sto lavorando con Tex (Willer Bordon, senatore Pd, ndr). che ha una moglie che fa quel mestiere (l'attrice, ndr)". In sintesi: lui e il Grande Capo avevano pensato di sistemarla in una fiction Rai tramite il produttore Guido De Angelis, nella speranza che il marito passasse al Pdl. Dalle telefonate emergono frenetici incontri fra Innocenzi (per gli amici 'Inox') e De Angelis, De Angelis e Bordon, De Angelis e Berlusconi, Inox e Berlusconi.

Tutti in conflitto d'interessi, ma soprattutto il membro della cosiddetta Authority, che dovrebbe vigilare su Rai e Mediaset e invece sembra usarle per regalare un senatore al Grande Capo. Quando, a giugno, 'L'espresso' svela la tresca, il presidente dell'Agcom Corrado Calabrò deferisce Inox ai tre saggi del Comitato etico. Non se n'è più saputo nulla, anche perché di recente uno dei saggi, Leopoldo Elia, è mancato. Intanto Inox, con il resto dell'Agcom, continua a vegliare sul sistema televisivo, distribuendo moniti e multe a questo e quello. L'altro giorno l'illustre consesso ha avuto un'altra bella pensata, in coproduzione col governo: visto che Europa7, la tv di Francesco Di Stefano, da nove anni ha la concessione a trasmettere ma non le frequenze analogiche per farlo, mentre Rete 4 ha perso la concessione ma continua a occupare le frequenze, si toglie una frequenza a Raiuno. Geniale.

Siccome Mediaset, per la Corte costituzionale, ha una rete di troppo, si toglie un canale di trasmissione alla Rai. Il popolare Inox merita proprio un viaggio premio. Ad Abu Dhabi. Qui le cronache di domenica scorsa segnalano un certo Giancarlo Innocenzi in missione col ministro degli Esteri Franco Frattini, in qualità di membro del neonato Comitato strategico per l'interesse nazionale in economia, definito dal 'Sole 24 Ore' "la task force di 12 esperti costituita dal governo per attrarre gli investimenti di paesi amici e cercare per quanto possibile di tenere alla larga quelli sgraditi, specie in settori sensibili, come energia, difesa e telecomunicazioni". Frattini, Inox & C. hanno incontrato i vertici di Adia, il fondo sovrano degli Emirati, che è il primo del mondo ed è pronto a investire in Italia.

Strano: solo tre giorni prima Berlusconi aveva lanciato l'allarme sui "fondi sovrani, soprattutto arabi" che minacciano "Opa ostili su aziende italiane". Evidentemente Adia fa eccezione. Forse perché possiede il 2 per cento di Mediaset. Quando si dice la combinazione. Se l'Innocenzi che vigila sul fondo arabo è lo stesso che veglia così bene sulle tv, allora è una garanzia. Siamo in una botte di ferro. Anzi, d'acciaio. Inox.


(24 ottobre 2008)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #102 inserito:: Ottobre 31, 2008, 03:47:42 pm »

Marco Travaglio.


Il conflitto innominato


 Silvio BerlusconiNell'ottimo e abbondante Circo Massimo, Uòlter ha tenuto fede al suo tic di non nominare Berlusconi. L'ha sempre chiamato "il presidente del Consiglio". Bel progresso rispetto alla campagna elettorale, quando evocava un imprecisato "principale esponente dello schieramento a noi avverso". Purtroppo non ha mai citato neppure il conflitto d'interessi. Che sarà anche un'espressione riduttiva, come dice Michele Serra. Ma allora troviamole al più presto un sinonimo che renda l'idea. Chiamiamola Pippo, o Gigetto, ma chiamiamola. Perché intanto gli interessi privati dell'Innominato in conflitto con i nostri si moltiplicano di giorno in giorno. L'ha scritto il 'New York Times': "Ci sono due tipi di italiani: quelli che lavorano per lui e quelli che lo faranno".

Con la scusa della crisi, Berlusconi annuncia "aiuti di Stato alle imprese", e lui guardacaso possiede imprese. Il governo stanzia somme enormi per garantire le banche, e lui guardacaso ha una banca, Mediolanum (impegolata nell'affaire Lehman), e una figlia nel cda di Mediobanca, che controlla quote decisive in Telecom, Generali e Rcs. Intanto la Libia investe in Unicredit (socio di Mediobanca), dopo che il premier ha regalato 5 miliardi di dollari (in vent'anni) al regime di Gheddafi, in cambio di non si sa cosa. Insomma quei soldi pubblici potrebbero rientrare in italianissime e privatissime tasche, magari anche sue. Mediaset è in crisi di share e di Borsa, e lui che fa? Prima invita a investire in titoli di aziende italiane, segnalando - bontà sua - "le tre più sottovalutate: Iri, Eni e Mediaset". Poi incontra gli industriali, sempre per parlare di crisi, e pensa bene di aggravare quella della Rai sua concorrente: giustifica chi non paga il canone e domanda: "Come fate ad accettare che la Rai inserisca i vostri spot in programmi che diffondono panico e sfiducia?". Un modo come un altro per invitarli a dirottare gli spot su Mediaset.


Intanto seguita a controllare due reti Rai su tre. Infatti Tg1 e Tg2 - secondo l'Agcom - dedicano al governo rispettivamente il 58 e il 65 per cento degli spazi politici, per non parlare delle reti Mediaset (64,5 il Tg5, 80 il Tg4). Confalonieri annuncia il taglio degli show troppo costosi, sperando in un "disarmo bilaterale" con la Rai? Ecco Maurizio Gasparri scatenato contro l'unica fiction da esportazione di viale Mazzini, il commissario Montalbano, che sbaraglia Mediaset anche con le repliche. Il resto lo fanno gli house organ di famiglia, 'Il Giornale' in testa. Attacchi furibondi alle poche bestie nere del premier, da Di Pietro a Giorgio Bocca ai soliti magistrati. Critiche alla Rai perché, per la tournée del premier in Cina, non ha mobilitato battaglioni di inviati, ma "ha preferito la via della parsimonia e l'ha fatta seguire solo dal corrispondente locale". E perfino un paginone sulla "statura dei politici" ('Viaggio nella Lilliput del Palazzo') con le foto di tutti quelli sotto il metro e 65, tranne uno. Indovinate chi. Perché lui non è basso: è diversamente longilineo.

(31 ottobre 2008)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #103 inserito:: Novembre 07, 2008, 04:09:31 pm »

Marco Travaglio.


Al Senato c'è Ponzio Pilato


Dice il presidente del Senato, Renato Schifani, che quando viene sciolto un Comune per mafia, bisogna cacciare non solo sindaci e consiglieri, ma pure "i burocrati, che sono e rimangono collusi". Parole coraggiose, visto che fino al 1996 Schifani era consulente urbanistico del Comune di Villabate, poi sciolto due volte per mafia. Resta da capire se la regola vale anche per il Senato. Se deve sloggiare un burocrate ritenuto colluso dal Viminale, non dovrebbe andarsene a maggior ragione un senatore giudicato colluso da un tribunale? È il caso di Marcello Dell'Utri, condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Per una coincidenza, lo stesso 30 ottobre, mentre Schifani pronunciava le sacrosante parole, la giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato rinviava al mittente la richiesta del gip di Palermo di autorizzare i giudici d'appello a usare una telefonata fra Dell'Utri e la sorella di un boss, Vito Roberto Palazzolo.

Condannato al processo Pizza Connection (istruito da Falcone) per traffico di droga, Palazzolo vive da anni in Sudafrica, dov'è stato raggiunto da un'altra condanna in primo grado per mafia (9 anni anche a lui). La telefonata dimostra, secondo la Dda di Palermo, che "Dell'Utri accetta di incontrarsi con Palazzolo, uomo d'onore di Partinico allora latitante, tramite la sorella Sara". E "Palazzolo afferma di sapere con certezza che Dell'Utri ha rapporti risalenti con Cosa Nostra e sa dunque cosa fare. Utilizza la frase convenzionale: 'Non devi convertirlo, è già convertito'". A Cosa Nostra. Perché Palazzolo cerca Dell'Utri? Perché, tramite lui e "il Presidente" (Berlusconi), conta di "alleggerire la sua posizione processuale e ammorbidire le richieste di rogatoria e di estradizione" pendenti sul suo capo. La telefonata-clou è quella intercettata fra Dell'Utri e Sara Palazzolo (anche lei imputata per mafia) sull'utenza della donna il 26 giugno 2003.

Ma per la legge Boato, incredibilmente approvata sei giorni prima, il 20 giugno 2003, la conversazione non può essere trascritta né usata senza il permesso del Senato. Ora, qualche ingenuo potrebbe pensare che Palazzo Madama abbia dato l'ok all'utilizzo del nastro: se non c'è nulla di grave, tanto meglio; in caso contrario, Schifani potrebbe chiedere le dimissioni del senatore che era pronto a incontrare un boss latitante. Invece no. La giunta, con la sola (e solita) eccezione del dipietrista Luigi Ligotti, ha proposto all'aula di rispedire al mittente la richiesta del gip, sostenendo che avrebbe dovuto inoltrarla la Corte d'appello. Peccato che la legge Boato parli inequivocabilmente di gip (art.6: ". il giudice per le indagini preliminari decide... e richiede l'autorizzazione delle Camere."). Così, grazie a un cavillo, la telefonata resterà un mistero per tutti: Senato, cittadini, giudici. A meno che non giunga una vibrante protesta del presidente Schifani. Ci contiamo?


(07 novembre 2008)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #104 inserito:: Novembre 14, 2008, 10:27:41 pm »

Marco Travaglio.


Semaforo rosso


Sentendo parlare della crisi finanziaria Giulio Tremonti, così colto ed etico, vien quasi voglia di dargli ragione. Ultime perle di saggezza, distillate al 'Corriere della Sera': "La tecnofinanza si è radicata, con la sua dinamica degenerativa, fuori da ogni controllo. E sullo sfondo si profila il supermostro: i derivati". Parole sante. Senonché la legge che consentì agli enti locali di indebitarsi a vita nel tunnel dei derivati è la n. 448 del 2001, art. 41: la prima finanziaria del governo Berlusconi-2. Firmata da Tremonti. Ancora: "Puoi anche scrivere un codice della strada di mille articoli, ma non funziona se non hai i semafori, i vigili e le multe.

Per questo si devono vietare i paradisi legali". Insomma occorre tornare a "princìpi simili a quelli del New Deal". Poesia pura. Ma chi varò, nel 2001, lo 'scudo fiscale' che consentiva agli esportatori di capitali e alle grandi organizzazioni criminali di rimpatriare i loro miliardi dai paradisi fiscali, in forma anonima e pagando il 2,5 per cento allo Stato? Sempre Tremonti. E chi, secondo la Kpmg e i giudici di Milano, nascondeva 64 società extrabilancio nei paradisi fiscali? Silvio Berlusconi, il capo di Tremonti. Un sistema, più che da New Deal, da New Dillinger. Ora però il ministro convertito ha la grande occasione di redimersi. Basta infilare nella legge salva-banche una clausoletta di due-righe-due: niente aiuti di Stato agli istituti impegnati in paesi offshore o che prestino denaro a società con filiali caraibiche.

Gliel'ha suggerito il pm Francesco Greco sulla 'Stampa', dopo aver chiesto 13 anni per Calisto Tanzi e spiegato come il crack Parmalat sarebbe stato impossibile senza i paradisi fiscali e la totale mancanza di controlli: "Chi ha accettato i meccanismi di (non) tassazione delle stock options e delle operazioni in paradisi fiscali?". Già, indovinate un po' chi è stato. All'ultimo vertice europeo, quando Sarkozy ha annunciato guerra aperta ai paradisi fiscali, Berlusconi - restando serio - gli è andato dietro: "I paradisi fiscali sono illegali, e noi da sempre siamo assolutamente contrari, sono scappatoie punibili dalla legge. Combatteremo l'evasione fiscale".


Parola di intenditore, imputato nel processo Mediaset (appena sospeso dal lodo Alfano) per frode fiscale, falso in bilancio e appropriazione indebita, con l'accusa di aver gonfiato i costi di film acquistati negli Usa facendoli fittiziamente passare da una società offshore all'altra. Intanto a New Haven (Connecticut) sta per chiudersi il processo ai manager dei colossi assicurativi Aig e General Re: accusati di frode, falso in bilancio e false comunicazioni all'autorità di Borsa, gli imputati rischiano addirittura l'ergastolo. In Italia, grazie alla controriforma dei reati societari, rischierebbero al massimo una prescrizione. E chi era ministro dell'Economia nel 2002, ai tempi della controriforma? Tremonti. Quello che ora invoca semafori, vigili e multe. Che fa, concilia?

(14 novembre 2008)
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