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Autore Discussione: Enrico Letta «Rischiamo di sembrare la continuazione dei Ds»  (Letto 2544 volte)
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« inserito:: Novembre 23, 2008, 11:29:08 am »

Enrico Letta «Rischiamo di sembrare la continuazione dei Ds»

«Se tutto è una sfida dalemiani-veltroniani il partito morirà»


ROMA — Nelle polemiche senza fine che stanno squassando il Pd, finora ha mantenuto un ruolo defilato. Ma Enrico Letta — che già sfidò Veltroni alle primarie, che ha una sua associazione, «360», che si è riunita proprio ieri a Napoli, che del governo ombra è responsabile del Welfare — tutto può fare oggi tranne che tenersi fuori dall'agone. Perché è proprio lui tra i maggiori «indiziati » a sfidare nel prossimo futuro la leadership di Veltroni.
È così, onorevole, lei è in rampa di lancio per competere alla segreteria al prossimo congresso, magari con l'appoggio di D'Alema?
«Purtroppo leggo continuamente gossip di tutti i tipi sulle vicende del Pd, ed è un gossip che ci sta facendo molto male».
Significa che non ha intenzione di candidarsi?
«Significa che la mia candidatura non è all'ordine del giorno. Oggi c'è Veltroni, un segretario legittimato dal voto di oltre due milioni e mezzo di militanti, e io credo che in questo momento il nostro compito sia quello di aiutarlo a guidare e rafforzare il partito. Veltroni e io stiamo infatti lavorando insieme per la conferenza nazionale del welfare che si apre giovedì. Tutti dobbiamo darci da fare per rafforzare il partito, trovando il modo per discutere tra noi, per avere più pluralismo interno».
Insomma, non è questo il momento della competizione tra pezzi di partito...
«Certamente no, perché se il Pd perde, tracolla, si divide, restano a galla solo le scialuppe di salvataggio. Che traghettano i naufraghi, non i vincitori...».
Eppure il dibattito ferve su temi che vi dividono, come il congresso. Lei sarebbe favorevole ad anticiparlo a prima delle Europee, come vorrebbero alcuni veltroniani?
«Una cosa è certa: il congresso lo terremo l'anno prossimo, quando la campagna per le adesioni sarà stata portata avanti per bene, perché per fare un congresso servono gli aderenti, e ora non ci sono. Vorrei davvero che si evitasse di usare il congresso come una clava. Io certamente non ne ho paura, ho le mie idee e ci andrò con quelle».
Le avrà anche sull'adesione o meno del Pd al Pse dopo le Europee?
«Non vedo la questione della collocazione internazionale come un problema insormontabile: la storia europea è piena di soluzioni che tengono conto della specificità di ciascun Paese. Detto questo, le notizie che arrivano dalla Francia — con la Aubry, colei che lanciò le 35 ore — che batte la Royal che voleva allearsi al centrista Bayrou, dimostrano quanto è problematico il mondo del socialismo europeo. La scelta francese è davvero molto lontana dalle nostre corde».
L'altro eterno argomento di discussione nel Pd è il dualismo D'Alema- Veltroni: sarà il sottofondo da qui al congresso?
«Se tutto il partito dovesse dividersi tra dalemiani e veltroniani, questo rischierebbe di far passare il Pd per la mera continuazione dei Ds, e l'intero progetto fallirebbe».
Ma come se ne esce? Mandandoli entrambi in soffitta?
«Se ne esce con le cose concrete, aprendoci al territorio, e con il pluralismo interno. Nelle case degli italiani a cena non si parla della vigilanza Rai, ma di asili nido, liste di attesa negli ospedali, ammortizzatori sociali e diritti di maternità, del problema degli anziani non autosufficienti, tutti argomenti che sto trattando nella mia relazione sul welfare. A Napoli, abbiamo parlato di energia solare, e ho lanciato la proposta del commissariamento per le università che definisco a "trazione familiare"».
E rafforzare il territorio che significa?
«Significa puntare sui sindaci, sugli enti locali. La nostra riscossa deve partire dai livelli territoriali — Dellai oggi, Penati e Soru l'anno prossimo —, da coalizioni che quando serve comprendano liste territoriali. Dobbiamo costruire un partito federalista vero. Dico di più: dobbiamo "de-romanizzare" il partito».
La richiesta di più pluralismo: è rivolta a Veltroni?
«Il Pd deve dare garanzie di pluralismo interno, perché in alcune regioni abbiamo il 50%, e in un partito così grande e con tante diverse provenienze culturali non si può vivere in una logica di monolitismo, bisogna dare spazio alle voci, anche alle fondazioni. Per capirci: quella del mantenimento delle preferenze nella legge per le Europee è una battaglia per la vita del Pd, ed è bene che si sia stoppata la strada all'inciucio delle liste bloccate».
A proposito di inciucio, qual è il suo giudizio sul pasticciaccio Rai?
«Posto che nel centrosinistra, da sempre, c'è un'ossessione sbagliata per la Rai, che a mio giudizio andrebbe privatizzata per metà, anche per smembrare Mediaset, a questo punto le dimissioni di Villari sono inevitabili».


Paola Di Caro
23 novembre 2008

da corriere.it
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