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Autore Discussione: FRANZO GRANDE STEVENS I giudici onniscienti  (Letto 2154 volte)
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« inserito:: Novembre 21, 2008, 10:42:40 am »

21/11/2008
 
I giudici onniscienti
 
 
FRANZO GRANDE STEVENS
 
In questo tempo si parla più del solito di «Riforma della Giustizia» ed è unanime il rammarico per i tempi lunghi dei processi, soprattutto civili, così come è unanime il proposito di individuare ed adottare rimedi efficaci. Nel grande coro non m’è parso di sentir parlare di «specializzazione» dei giudici.

Il diritto ha molte branche e, nell’ambito di ciascuna, molti rami di studio e di attività. Nell’ambito del diritto civile, ad esempio, si va dal diritto di famiglia a quello della società, dal diritto di successione a quello del diritto d’autore, dal diritto sui contratti a quello della responsabilità civile, dal diritto di proprietà su beni fisici tradizionali a quello su beni immateriali (brevetti, marchi, modelli, i cosiddetti format) o informatici, dal diritto internazionale privato a quello europeo e dei modelli giuridici circolanti in aree anche più vaste del nostro Paese.

Fra i protagonisti del processo gli avvocati, in genere, si specializzano in uno o più settori nei quali lavorano e si aggiornano. In una società che esige un responso legale tanto più rapido quanto attendibile prima che un comportamento sia adottato, una decisione, in ogni caso, va assunta conoscendone le conseguenze anche rischiose. I giudici, invece, non possono dedicarsi soltanto ad uno o ad alcuni di questi settori del diritto. Per quanto l’ammirevole sforzo dei capi dell’organizzazione giudiziaria tenda ad ovviarvi distribuendo fra le varie sezioni dell’autorità giudiziaria le materie, tuttavia l’inconveniente si attenua, ma non si elimina. Il giudice viene trasferito, per le più disparate esigenze, da una sezione all’altra (anche da quella civile a quella penale) o, quando promosso, ad un’autorità giudiziaria di grado più elevato.

La conseguenza ovvia è che talora l’avvocato è più competente ed aggiornato in un determinato settore ed il giudice, quindi, ha bisogno di maggior tempo per risolvere il problema postogli. L’avvocato può cadere nella tentazione di prospettare anche quei problemi od eccezioni che altrimenti non oserebbe porre, ma lo fa contando sul tempo indispensabile al giudice per la necessaria preparazione specifica sul tema. Di più: in tali casi il responso del giudice non soltanto non può essere così rapido come si vorrebbe, ma non ha le più alte probabilità di essere attendibile.

Il paragone con la cosiddetta «giustizia privata», e cioè quella arbitrale è istruttivo. Gli arbitrati cosiddetti amministrati e cioè controllati e regolati da organismi seri (come ad esempio la Camera Arbitrale nazionale ed internazionale di Milano da anni collaudata) si chiudono in tempi brevi (dai sei ai diciotto mesi) pur trattando vicende importanti. Questo soprattutto perché i giudici - arbitri sono specialisti del ramo e si orientano quindi con rapidità riducendo i margini di errore.

Nelle corporazioni rinascimentali fiorentine gli arbitri per le eventuali controversie erano preventivamente eletti fra quelli che conoscevano a fondo il campo di attività e le possibili contestazioni. Ci si rende conto che i rimedi non siano facili da individuare o adottare (corsi di formazione ed aggiornamento, distinzioni più nette nelle articolazioni delle Autorità giudiziarie, revisione della loro geografia ecc.). Pur tuttavia il problema c’è, non può e non deve essere eluso, e non si può continuare a presumere che i giudici (come gli avvocati), soltanto per avere superato un concorso, siano o rimangano onniscienti.
 
da lastampa.it
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