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Autore Discussione: LIANA MILELLA  (Letto 75183 volte)
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« Risposta #75 inserito:: Febbraio 24, 2013, 04:04:19 pm »


23
feb
2013

Liana Milella

L’ossessione del Cavaliere


Più che “grossa” l’ultima affermazione del Cavaliere contro i magistrati dà la misura di quanto debbano essere pesanti i suoi incubi. Tanto da oscurargli il senno e fargli violare il silenzio elettorale dell’ultimo sabato prima del voto con una frase di gravità inaudita. Non ha mai il senso del limite l’ex premier. Non ce l’ha quando offende platealmente una donna (ma ormai abbiamo capito quanto materiale e greve sia il suo rapporto con l’altro sesso). Non ce l’ha quando usa la parola “cancro” per parlare dei magistrati, e usandola offende tutti coloro che con questa malattia lottano per la vita. Non ce l’ha quando imbroglia la gente con le sue false lettere sull’Imu. Non ce l’ha quando promette opere faraoniche che non hanno alcuna speranza di vedere la luce e per di più sono inutili. Non ce l’ha quando sovverte le regole dei processi e tenta di sfuggire alla giustizia. In questo blog mi si accusa di difendere i giudici, ma chi non lo farebbe di fronte a parole tanto gravi? Ricordiamocele bene – “Da noi la magistratura è una mafia più pericolosa della mafia siciliana, e lo dico sapendo di dire una cosa grossa”- anche domani e dopodomani, e nei giorni a venire.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/02/23/lossessione-del-cavaliere/?ref=HRER1-1
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« Risposta #76 inserito:: Marzo 07, 2013, 11:08:20 pm »


7
mar
2013

Il pericolo della piazza

Liana MILELLA

Stupisce l’assenza di un profondo allarme per il richiamo di Berlusconi alla piazza contro la magistratura. Il fatto è noto: il 23 marzo i pidiellini si raccolgono a Roma per protestare contro i giudici che, a loro dire, assediano il patron del partito. L’idea decolla dopo l’ultima indagine di Napoli su De Gregorio. Si definisce per via della stretta milanese sui dibattimenti. Dopo un’iniziale titubanza, il progetto si struttura per quello che è, un micidiale attacco contro i magistrati. Le toghe e il potere di controllo di cui sono titolari non piace a una fetta consistente degli italiani, uno su tre è con noi, dicono nel Pdl. Quindi un invito come quello di Berlusconi è accolto e condiviso dalla gente.

Ora. Fermiamoci a riflettere sulla manifestazione, sul suo significato eversivo, sulle conseguenze che può avere, sul segnale di profonda destabilizzazione delle istituzioni in generale, e in specie della magistratura. Qui stiamo parlando di un ex presidente del Consiglio con tre dibattimenti in corso e un altro paio di inchieste in itinere. Stiamo parlando di un leader di partito che, a breve, potrebbe essere condannato in via definitiva nel caso Mediaset a quattro anni, con conseguente interdizione dai pubblici uffici. Costretto, quindi, a lasciare il Parlamento. Tuttavia quest’uomo ha raccolto molti consensi nell’urna. Voti utilizzati come salvacondotto per i propri reati. Stiamo parlando di un premier che invita i suoi elettori a contestare i magistrati, a negare il loro potere, a rifiutare i loro deliberata. Il Csm ha protestato contro Berlusconi, ma lo ha fatto in modo ovattato. Idem l’Anm. C’è da chiedersi se non serva invece un allarme più radicale e soprattutto l’invito al Pdl a riflettere sulle possibili conseguenze di un simile gesto. Un invito a fare un passo indietro.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/03/07/il-pericolo-della-piazza/?ref=HRER2-1
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« Risposta #77 inserito:: Marzo 10, 2013, 11:20:30 am »


9
mar
2013

Silenzi colpevoli

 Liana MILELLA


Quale catastrofe deve colpire i magistrati per smuovere dal silenzio l’attuale Guardasigilli Paola Severino e il vice presidente del Csm Michele Vietti? Le toghe devono essere colpite da un fulmine? Deve inghiottirle il terremoto? Un tornado in stile Usa deve scatenarsi su di loro? Anche oggi, a difendere i giudici dall’attacco violento del Pdl, si leva solo la voce del presidente dell’Anm Rodolfo Maria Sabelli. Si annuncia una discutibile manifestazione in piazza contro la magistratura e la si carica ogni giorno di una valenza sempre più forte. Ma neppure questo è sufficiente per far dire a Severino o a Vietti una parola di rimprovero. Si badi, qui non si sta chiedendo di replicare tono su tono, né tantomeno di rimboccarsi le maniche e menar dei pugni. Qui s’invoca soltanto un invito a rispettare le istituzioni perché esse possano svolgere il proprio lavoro nel clima congruo. Ma evidentemente, in vista di un nuovo capo dello Stato, di un nuovo governo e del rientro nella propria attività originaria (di professore e avvocato, nel caso di Severino), ognuno pensa al proprio particolare. E le toghe finiscono abbandonate a se stesse, mentre il Pdl e Berlusconi possono scatenare la propria rappresaglia del tutto indisturbati.

DA - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/03/09/silenzi-colpevoli/?ref=HRER1-1
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« Risposta #78 inserito:: Marzo 12, 2013, 06:34:26 pm »


11
mar
2013



Liana MILELLA


Ore 14 e 20. Lunedì 11 marzo 2012. Una data che dovremo cerchiare in rosso sul calendario e ricordare bene perché segna un spartiacque nella storia della giustizia e dei processi in Italia.  Alfano, il segretario del Pdl ma anche l’ex ministro Guardasigilli, entra nel palazzo di giustizia di Milano alla testa di 195 parlamentari. Con loro ha attraversato la città in corteo. Con loro chiede “un’altra giustizia” per Berlusconi. Non quella giustizia cui si sottopongono tutti i cittadini italiani, di fronte agli stessi pm e agli stessi giudici.

No, Alfano ne vuole una differente. Ne vuole una morbida, arrendevole e compiacente. Una che non veda il reato, che ci passi sopra, che archivi i fascicoli.

Qui sta il vulnus. Spregiudicatamente, Alfano e il Pdl tentano di giocare una partita con il Quirinale, che mettono in imbarazzo chiedendo ciò che non può essere chiesto al presidente della Repubblica, una mediazione impossibile o intervento fuori dalle regole. Minacciano di trasferirsi sotto il Csm, accreditano in chiave pre-elettorale che il loro leader, Berlusconi, è vittima di una persecuzione giudiziaria. Lo ripetono da vent’anni, ma senza giungere platealmente e irresponsabilmente fino al punto di contrapporre in modo fisico un’istituzione ad un’altra. Parlamentari contro magistrati, in una partita che non si sarebbe mai dovuta giocare.

E che di certo gli italiani non avrebbero mai voluto vedere. Soprattutto quelli che, chiamati dai giudici, si sottopongo serenamente ogni giorno al loro giudizio. Da domani, dopo il gesto di Alfano e del Pdl, le aule di tribunale e i palazzi di giustizia rischiano di trasformarsi nel peggiore dei ring. Ma a tirar pugni si fa solo a pezzi la Costituzione.


DA - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/03/11/data-epocale/?ref=HRER3-1
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« Risposta #79 inserito:: Aprile 28, 2013, 12:08:04 pm »

Giustizia, il piano del Cavaliere: "Ora si possono congelare i processi"

Il centrodestra spera di creare un clima di pacificazione, con Berlusconi che punta alla nomina di senatore a vita.

Trattativa più dura per le difficoltà del Pd su corruzione, prescrizione e anti-riciclaggio

di LIANA MILELLA


ROMA - La paura è sempre la stessa, essere condannato, venir interdetto o, nella peggiore delle ipotesi, finire in cella. Mentre tratta, da potente leader del Pdl, per il nuovo governo, Berlusconi vive il suo atavico incubo, la catastrofe per via giudiziaria. I nomi sono quelli di sempre, Mediaset, Ruby, Unipol, De Gregorio, i processi in pista tra Milano e Napoli. I suoi avvocati sono preoccupati quanto lui. Si confessano. Il gioco si fa scoperto. Ma sarebbe sbagliato pensare che sono solo alla ricerca, pure stavolta, del salvacondotto miracoloso, della super-legge capace di ottenere quello in cui hanno fallito tante norme ad personam, i lodi, i legittimi impedimenti, le Cirami, le Cirielli. Ora la partita diventa molto più "alta".

La via "legislativo-giudiziaria" per evitare le sentenze e mettere nel nulla anni di inchieste si trasforma in una via "politico-giudiziaria". Per dirla con Silvio: "È giunto il tempo di chiudere questa partita. Ora ci sono le condizioni per farlo". Per come la illustrano i corifei del Cavaliere, la strategia si regge su un assunto semplice: nelle ore in cui l'ex premier rende praticabile un governo di salute pubblica, che salva il Paese dal baratro di nuove elezioni, egli non può cadere per via dei suoi processi. In qualsiasi grado di giudizio si trovino, prossimi o lontani dalla sentenza che siano, i dibattimenti devono fermarsi. Perché se andassero avanti, se si arrivasse alla sentenza definitiva, se Berlusconi fosse interdetto dai pubblici uffici, se dovesse fare i conti con la galera (e non cambia la prospettiva dei domiciliari), è ben evidente che il governo Letta prossimo venturo si trasformerebbe d'acchito in un fantasma.

È questo il vero tema della trattativa di governo. Tema segreto, ovviamente. Coinvolge tutti, anche Napolitano, se è vero che proprio da lui Berlusconi si aspetta un passo molto importante, la sua nomina a senatore a vita. Un doppia nomina, in realtà. Nel progetto del Pdl il presidente della Repubblica dovrebbe scegliere Berlusconi, ma anche Romano Prodi, nel segno della grande pacificazione. Una mossa per chiudere, con un colpo solo, una guerra giudiziaria in atto da 20 anni. Il progetto è ambizioso. Svela, al contempo, ben cinque grandi difficoltà. La prima: i processi vicini alla conclusione. La seconda: l'impossibilità di trovare la legge giusta per chiuderli tutti e quattro in un sol colpo. La terza: il nuovo quadro politico con i grillini pronti a seminare la guerra tra Camera e Senato. La quarta: il Pd messo in discussione dai suoi giovani per il patto mortale con Berlusconi. La quinta: la paura che aggressioni come quelle di Franceschini, Fassina, Bindi possano diventare la prassi. Chi, in Parlamento, potrebbe affrontare una legge per mettere una pietra sui processi di Berlusconi?

Questo complica la trattativa sulla giustizia e rischia di diventare un'ipoteca pesante non solo per il prossimo ministro Guardasigilli, ma anche per il Pd che dovrà barcamenarsi per mantenere gli impegni presi con i suoi elettori, una nuova legge anti-corruzione, la prescrizione più lunga, il reato di auto-riciclaggio (l'aveva promesso Letta, proprio a Repubblica, a dicembre). Invece sul tappeto il Pdl ha messo altro. Non sarà epoca di lodi, ma lo spazio per un provvedimento generale a favore dei detenuti e dei condannati, sia esso un'amnistia o un indulto o fortissime misure alternative all'attuale detenzione, questo dev'essere praticabile. E Napolitano - dicono le fonti vicine a Berlusconi - non potrebbe che essere d'accordo visti i suoi tanti interventi contro lo svilimento della vita carceraria. Vi è di più: un governo dal tratto istituzionale, che nasce sotto l'evidente usbergo del capo dello Stato, può anche permettersi una misura ampia, perché scritta per chiudere definitivamente una stagione politica, quella della "malagiustizia" (Ferrara, Il foglio).

I sogni, però, devono fare sempre i conti con la realtà. Quella di Berlusconi non è affatto rosea. Un processo chiuso in primo grado, Unipol, con un anno di pena. Potrebbe prescriversi. E sia. Un secondo processo, Mediaset, prossimo alla conclusione dell'appello. Rischio conferma della sentenza di 4 anni per frode fiscale e 5 d'interdizione. Cassazione stimata entro primavera 2014, prima della prescrizione. Ruby, la peggiore delle grane. Proprio Niccolò Ghedini, avvocato e consigliere giuridico stretto di Berlusconi, si aspetta una condanna. Infine Napoli, la compravendita per De Gregorio, il grande punto interrogativo. Può saltare tutto questo? Possono i magistrati farsi carico della nuova stagione politica? Possono "rispettare" Berlusconi e mandarlo sistematicamente assolto? I fatti, quelli che contano: il 18 maggio la Cassazione decide sull'istanza di legittimo sospetto avanzata da Ghedini e Piero Longo. Nel palazzaccio la danno per bocciata al 98%, ma essa rappresenta la prima cartina al tornasole. Se fosse approvata, la partita per Berlusconi si trasferirebbe a Brescia, cioè sarebbe chiusa. Prim'ancora ecco altre due scadenze. Il 6 maggio il Csm sceglie il nuovo presidente della Suprema corte: Giorgio Santacroce, alta toga sponsorizzata dal centrodestra e dalla moderata Unicost, e che una volta andò a cena nello studio di Cesare Previti, o Luigi Rovelli, il candidato della sinistra? Berlusconi ha detto della Cassazione che è "il suo giudice a Berlino". Infine la Consulta. All'inizio di maggio la decisione su Mediaset e un farlocco legittimo impedimento. Un consiglio dei ministri piazzato di lunedì, era il primo marzo 2010, per approvare "d'urgenza" un ddl anti-corruzione che poi aspetterà altri due mesi per entrare in Parlamento, e per far saltare un'udienza del processo. I berlusconiani sperano che una decisione favorevole faccia saltare l'intero processo. Alla Corte, martedì, hanno rinviato solo per evitare che uno scontato no potesse destabilizzare l'avvio del governo. La strada, come si vede, è stretta. Il Pdl agogna la via della grande pacificazione giudiziaria, ma tanti e tali sono i burroni da renderla perigliosa.


(27 aprile 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/04/27/news/giustizia_il_piano_del_cavaliere_ora_si_possono_congelare_i_processi-57525266/?ref=HREC1-1
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« Risposta #80 inserito:: Maggio 15, 2013, 12:02:39 pm »


11
mag
2013

Temporali sui giudici

Liana MILELLA

Vogliamo mettere in fila i segnali negativi delle ultime due settimane sulla giustizia? Si sono susseguiti così rapidi che non ho neppure fatto in tempo a scriverne. E allora.
1. Si fa un governo Pd-Pdl che, visto il passato, non può che essere negativo per le riforme sulla giustizia e per i giudici. Se va male è “inciucio”, se va bene è il nulla, nel senso che non si riesce a far nulla per via dei veti incrociati.

2. Alla Giustizia va Cancellieri. Non è esperta della materia, ma almeno non ha scheletri nell’armadio. Il suo passato non la vincola.

3. Il Pdl le piazza un sottosegretario come Cosimo Maria Ferri. Mossa astuta di Niccolò Ghedini. Nel Pdl, i nemici dell’avvocato, vogliono far credere che sia stato fatto fuori e sostituito con Franco Coppi. Non è così, Coppi lo ha scelto lui, e che detti pienamente ancora legge lo dimostra proprio la scelta di Ferri. Ferri è un colpo al cuore delle altre correnti. Che sono rimaste basite. Al di là della sua storia personale, basti dire che quando si è fatta l’ultima giunta dell’Anm non è entrato ed è rimasto all’opposizione perché chiedeva la «discontinuità» con la giunta Palamara-Cascini. Niente battaglie sulla Costituzione, ma su carriere e soldi.

4. Alla commissione Giustizia del Senato ci va Francesco Nitto Palma, l’uomo più antipatico del mondo (basta guardarlo). Non ha neppure senso dell’humor, ha pure querelato Crozza. Parla bene di Cosentino, sulla base delle carte lo considera innocente. Vuole la legge sulle intercettazioni. Il Pd gli ha fatto la guerra e non lo votato. Bel viatico per le riforme condivise, quelle di cui parla Napolitano.

5. Per fortuna alla Camera, alla Giustizia, ci va Donatella Ferranti. Speriamo che regga alla fatica. Già da semplice parlamentare piantonava tutto il giorno Montecitorio con spaventose borse piene di carte. Hanno cercato di bloccarla mettendo in giro la chiacchiera che la voleva l’Anm. Scusate, ma l’Anm chi? Il presidente Rodolfo Maria Sabelli? Quello che non dà confidenza neppure a se stesso? Quello che non conosce la parola «indiscrezione»? Quello che, da pm, non ha mai parlato con un giornalista? Bah, solo il Giornale può mettere la sua foto facendo credere che sia stato lui a chiamare quelli del Pd per dirgli che voleva Ferranti.

6. Il Csm sceglie per il vertice della Cassazione Giorgio Santacroce. Vent’anni fa è andato una volta a cena nello studio di Previti. Ma passi pure questo, il fatto vero è che è stato eletto da uno schieramento di destra, Unicost più Magistratura indipendente e i laici del centrodestra, salvo l’astenuto Marini. Battuta la sinistra. Csm spaccato a metà. Un cattivo segnale. Vedremo, adesso, che farà Santacroce.

7. Che cosa fa il procuratore generale Gianfranco Ciani invece già lo sappiamo. Non ha chiesto di sospendere dalle funzioni e dallo stipendio il procuratore di Bari Laudati, ma in compenso non si perde una dichiarazione o intervista di un magistrato. Beccato Di Matteo, spedito alla disciplinare. Colpita Fiorillo, poi del tutto inopportunamente censurata dal Csm, nonostante l’appassionata difesa di Nello Rossi. Era colpevole di essersi difesa da un’errata ricostruzione di Maroni a Montecitorio. Non lo faceva nessuno e lo ha fatto lei. E allora? Il segnale è chiarissimo: i magistrati devono imparare a starsene zitti.

8. Berlusconi si scatena, mai come adesso, contro i giudici. Compie una pericolosa operazione. Prima parlava in tv contro di loro, adesso va in piazza, vuole che le tv inquadrino la folla plaudente. Vuole sentir battere le mani mentre lui attacca i pm che lo «lo perseguitano». Trascina con sé pure Alfano, il ministro dell’Interno. Pazzesco. Una cosa che non s’era mai vista. Il responsabile dell’ordine pubblico finisce laddove s’insultano i magistrati. Il valore simbolico è devastante.
Il bilancio? Catastrofico.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/05/11/temporali-sui-giudici/?ref=HREA-1
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« Risposta #81 inserito:: Maggio 28, 2013, 11:08:24 pm »


28
mag
2013

Lo sgarro di Nitto

 Liana MILELLA   

Una cosa è certa. L’emergenza della giustizia non sta in quelli che il Pdl considera pm e giudici politicizzati. L’emergenza sta altrove. Sta nei tempi lunghi dei processi. Sta nelle leggi che si fanno — come quella sul taglio dei tribunalini — e poi si tenta di disfare. Sta nell’anti-corruzione mancata e nei conseguenti processi che saltano. Ma pare proprio che il neo presidente della commissione Giustizia del Senato Francesco Nitto Palma — potenziale ministro ombra, come ho già scritto — non se ne accorga.

Tutt’altro. La settimana scorsa ha sponsorizzato il ddl di Luigi Compagna sul concorso esterno in associazione mafiosa, adesso si tuffa a capofitto in un’altra discutibilissima ed equivoca proposta, per giunta a sua firma, che consente l’azione disciplinare a raffica contro il magistrato, basta solo che respiri. Significa solo questo il passaggio contenuto nella sua proposta di legge, le toghe punibili «per ogni altro comportamento idoneo a compromettere gravemente l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato». “Ogni altro comportamento”, cioè qualsiasi comportamento, cioè tutto.

L’ex magistrato Palma vuole un pm e un giudice del tutto sottomesso, silenzioso, anzi costretto al silenzio. Lo vuole di fatto sottomesso al potere politico, poiché è dalla politica, dal ministro della Giustizia, che può partire l’azione disciplinare. Per fortuna, i magistrati che hanno in carico i cosiddetti processi “politici”, come quelli di Milano e di Napoli, sono letteralmente muti da tempo. E quindi, nonostante Palma, sono comunque salvi. Ma è certo, del pari, che Palma non lavora per riforme condivise.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/05/28/lo-sgarro-di-nitto/?ref=HREC1-2
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« Risposta #82 inserito:: Giugno 04, 2013, 11:44:49 pm »


3
giu
2013

Se Berlusconi decide il calendario della Consulta…

 Liana MILELLA

Quando c’è di mezzo Berlusconi avvengono sempre cose strane, perfino alla Consulta. Non se ne dolgano gli alti giudici e il loro presidente Gallo, ma pare proprio – a guardar da fuori e a sentire le voci che corrono dentro il palazzo – che a dettare l’agenda della Corte non siano i giudici medesimi, ma in questo caso la politica, per essere chiari Berlusconi. E se le cose stanno così – e per certo stanno così visto il protrarsi per 18 mesi del conflitto di attribuzione su un legittimo impedimento per il processo Mediaset sollevato da palazzo Chigi contro i giudici di Milano – non c’è proprio da stare allegri.
Come ha documentato dettagliatamente Donatella Stasio sul Sole-24 Ore del 25 aprile 2013, questa vicenda ha dell’incredibile per i tempi assurdamente lunghi. Un’udienza del primo marzo 2010 che i giudici tengono nonostante Berlusconi invochi il legittimo impedimento per un consiglio dei ministri sul ddl anti-corruzione che non aveva nulla di urgente; un conflitto sollevato un anno dopo; e dal 2011 a oggi la Consulta non ha ancora trovato il tempo di decidere. Nel frattempo, come in una commedia dell’assurdo, non solo è finito il processo di primo grado, ma pure quello di appello, e sono state depositate perfino le motivazioni della sentenza. Ciononostante la Corte costituzionale non avverte l’urgenza di decidere, lascia che le voci su presunte pressioni politiche corrano. Si verifica l’anomalia, almeno per le decisioni su Berlusconi e quelle di particolare delicatezza, di un’udienza pubblica che si tiene il 24 aprile e di una camera di consiglio che ancora si deve tenere.
La settimana scorsa ecco voci fondate, raccolte alla Corte e di cui Repubblica dà conto, di una possibile accelerazione. Si parla di questa settimana come di quella buona per chiudere questa sorta di farsa. Immediatamente si agita l’entourage berlusconiano che teme un giudizio negativo, cerca di allontanarlo nel tempo per avere più possibilità di pressione, e accredita la data del 19 giugno. Tutto nella speranza che poi il deposito della sentenza slitti a dopo l’estate e ciò rallenti l’ultimo giudizio della Cassazione su Mediaset, alla rincorsa di un’impossibile prescrizione (che scade nel giugno 2014) per salvare l’ex premier da una condanna a 4 anni per frode fiscale e all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.
Un fatto è certo, per il buon nome della Corte. Sarebbe meglio sbrigare la pratica Mediaset il prima possibile. A minuti, se fosse possibile. Per evitare anche la semplice ombra che le decisioni siano ostaggio della politica.

DA - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/06/03/se-berlusconi-decide-il-calendario-della-consulta/?ref=HREA-1
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« Risposta #83 inserito:: Giugno 06, 2013, 03:07:49 pm »


5
giu
2013


Silvio capo dello Stato, per congelare tutti i processi…

LIANA MILELLA

Povero Berlusconi, ma soprattutto poveri noi. La sua strategia ormai è chiara. Come sempre, non fa mai nulla da vero statista. Disinteressato e attento solo alla cosa pubblica. Lui invece lavora solo per sé. Quando lancia un’idea mira ad acchiappare voti e recuperare il consenso popolare perduto (come nel caso dell’Imu), oppure per salvare se stesso da una situazione ormai disperata. Stavolta, con il presidenzialismo, siamo sulla seconda strada. Prima si fa eleggere capo dello Stato — ed è l’unico che ha i mezzi economici (in barba al finanziamento pubblico dei partiti) e la capacità mediatica (come ha dimostrato alle ultime politiche) per potercela fare — e poi pretende subito il salvacondotto giudiziario, un nuovo lodo blocca-processi, l’erede naturale del primo lodo Schifani, del secondo lodo Alfano, del legittimo impedimento in versione Vietti. Tutti bocciati dalla Consulta perché avevano l’imparabile difetto di non essere “costituzionali”. Stavolta Berlusconi non cadrà nello stesso errore, lo scudo giudiziario definitivo lo pretenderà in quella veste.
Siamo all’ultima spiaggia, del resto. A Berlusconi non resta altro che questa chance se vuole proseguire nella sua attività politica e al contempo salvarsi dai processi. Troppi gliene incombono addosso. Nella corsa a diventare presidente della Repubblica non solo deve scalzare Napolitano, ma deve anticipare le sentenze definitive che, come nel caso di Mediaset, potrebbero rendere definitiva pure l’interdizione dai pubblici uffici.
Il piano è ben disegnato. Berlusconi sostiene il governo con il Pd. Non fa trabocchetti. Lancia la riforma costituzionale. Vi inserisce l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Non frappone ostacoli al voto e sollecita la corsia più rapida. I processi, nel frattempo, incombono. Riesce ad evitare, per via della prescrizione, la condanna a un anno per Unipol per la famosa intercettazione di Fassino (“Abbiamo una banca”) fatta pubblicare dal Giornale. Ha tempo per la chiusura definitiva del processo Ruby, ancora fermo alla sentenza di primo grado. È a rischio per Mediaset. È quello il vero ostacolo. Poco tempo, ormai meno di un anno. Una condanna pesante già chiesta. L’interdizione per 5 anni dietro l’angolo se la Cassazione conferma la sentenza di appello. Nessuna speranza che la Consulta gli dia ragione sul legittimo impedimento del primo marzo 2010. Tutto si gioca su questo processo. Il suo destino politico. Ma Berlusconi è pur sempre un giocatore. La scommessa della vita è d’obbligo. Il presidenzialismo serve a questo, è la strada per smarcarsi da quello che considera “pattume giudiziario”. Vuole che sia il popolo, il suo popolo, la destra italiana abbacinata dal potente tycoon, a dargli un pubblico e corale salvacondotto. A quel punto, per sempre. Ma tutto dipende dalla Cassazione, da quei giudici chiusi in camera di consiglio che tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo dovranno decidere su Mediaset.

DA - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/06/05/il-cav-capo-dello-stato-per-congelare-tutti-i-processi/?ref=HREC1-2
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« Risposta #84 inserito:: Giugno 11, 2013, 05:33:56 pm »


9
giu
2013

L’avventura dell’ineleggibilità di Silvio (e il realismo di Letta)

Liana MILELLA

Berlusconi è, o non è, eleggibile in Parlamento? La legge 361 del 1957 sul conflitto d’interesse, in questi ultimi 19 anni, è stata rispettata o violata? Ha sbagliato la Camera che per cinque legislature ha dato il via libera alla sua elezione? L’appello di Micromega del marzo scorso (non è eleggibile), che ha raccolto 250mila firme in poche settimane, va nella giusta direzione? È vera la tesi che le ultime sentenze sul caso Mediaset e Unipol dimostrano come lui sia tuttora il capo occulto delle sue aziende e quindi non rispetti i parametri della legge? La quale dichiara ineleggibile chi gestisce “in proprio” le sue concessioni.
È con questi interrogativi che, dai prossimi giorni, si misurerà la giunta per le autorizzazioni ed elezioni del Senato. L’M5S sta per presentare la richiesta ufficiale. Il Pd è diviso, ma molti suoi esponenti sono fortemente attratti dalla tesi che Berlusconi non sia eleggibile.
Da sabato 8 maggio però bisogna fare i conti con quanto il premier Enrico Letta ha detto dalla tribuna della festa di Repubblica di Firenze. Intervistato dal direttore Ezio Mauro, parlando di giustizia, si è espresso così: “Mi auguro ci sia senso di responsabilità di tutti i parlamentari della maggioranza sapendo che siamo in una situazione eccezionale. Inutile alzare bandiere e bandierine col rischio che resti una cosa velleitaria”.
Ecco. Il punto è qui. È “velleitario”, per dirla con Letta, interrogarsi sull’eleggibilità di Berlusconi dopo che per 19 anni è stato parlamentare, ha governato il Paese, lo ha rappresentato nel mondo? Ma soprattutto: è “politicamente velleitario” sceverare il caso ben sapendo che il governo non potrebbe reggere il colpo di un voto favorevole all’ineleggibilità? Il Cavaliere non dovrebbe neppure accettare che se ne discuta, perché dal suo punto di vista la cosa sarebbe di per sé un insopportabile schiaffo alla sua politica di sostegno al governo.
La mia impressione, in questa domenica sera, è che invece il Pd si stia infilando in un labirinto alla Shining.
Berlusconi è, o non è, eleggibile in Parlamento? La legge 361 del 1957 sul conflitto d’interesse, in questi ultimi 19 anni, è stata rispettata o violata? Ha sbagliato la Camera che per cinque legislature ha dato il via libera alla sua elezione? L’appello di Micromega del marzo scorso (non è eleggibile), che ha raccolto 250mila firme in poche settimane, va nella giusta direzione? È vera la tesi che le ultime sentenze sul caso Mediaset e Unipol dimostrano come lui sia tuttora il capo occulto delle sue aziende e quindi non rispetti i parametri della legge? La quale dichiara ineleggibile chi gestisce “in proprio” le sue concessioni.
È con questi interrogativi che, dai prossimi giorni, si misurerà la giunta per le autorizzazioni ed elezioni del Senato. L’M5S sta per presentare la richiesta ufficiale. Il Pd è diviso, ma molti suoi esponenti sono fortemente attratti dalla tesi che Berlusconi non sia eleggibile.
Da sabato 8 maggio però bisogna fare i conti con quanto il premier Enrico Letta ha detto dalla tribuna della festa di Repubblica di Firenze. Intervistato dal direttore Ezio Mauro, parlando di giustizia, si è espresso così: “Mi auguro ci sia senso di responsabilità di tutti i parlamentari della maggioranza sapendo che siamo in una situazione eccezionale. Inutile alzare bandiere e bandierine col rischio che resti una cosa velleitaria”.
Ecco. Il punto è qui. È “velleitario”, per dirla con Letta, interrogarsi sull’eleggibilità di Berlusconi dopo che per 19 anni è stato parlamentare, ha governato il Paese, lo ha rappresentato nel mondo? Ma soprattutto: è “politicamente velleitario” sceverare il caso ben sapendo che il governo non potrebbe reggere il colpo di un voto favorevole all’ineleggibilità? Il Cavaliere non dovrebbe neppure accettare che se ne discuta, perché dal suo punto di vista la cosa sarebbe di per sé un insopportabile schiaffo alla sua politica di sostegno al governo.
La mia impressione, in questa domenica sera, è che invece il Pd si stia infilando in un labirinto alla Shining.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/06/09/lavventura-dellineleggibilita-di-silvio-e-il-realismo-di-letta/?ref=HREC1-3
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« Risposta #85 inserito:: Giugno 24, 2013, 11:36:19 am »


23
giu
2013

L’anomala vigilia di Ruby

Liana MILELLA

Decreto carceri? Vediamo cosa c’è dentro per aiutare o per precipitare Berlusconi. Disegno di legge sui domiciliari più facili e sulla “messa in prova” (da lunedì 24 se ne discute alla Camera)? Ma non è che avvantaggia Berlusconi? Nuovo reato di auto-riciclaggio? Ma vedi mai che può servire per tenere sulla corda Berlusconi, e quindi Letta vuole farlo per questo? Referendum dei Radicali (separazione delle carriere, responsabilità civile dei giudici, ergastolo, magistrati fuori ruolo, custodia cautelare). O mamma mia, ma non sono proprio le idee di Berlusconi…? L’amnistia. Beh, questa è decisamente per Berlusconi.
Alla vigilia dell’attesa sentenza su Ruby ecco il quadro devastante del dibattito sulla giustizia in Italia. Nulla è più neutro. Niente è più senza un retroscena che comunque finisce sempre lì, sulla storia e sui processi di Berlusconi. Ormai la politica è scandita solo dalle tappe dei dibattimenti di Berlusconi. Ritmo ossessivo, in verità. Prima la sentenza Mediaset. Poi la Consulta su Mediaset. Poi Ruby. Poi il match civile Berlusconi vs De Benedetti. Poi Berlusconi a Napoli per la compravendita dei senatori. Poi ricomincia l’appello di Ruby. Poi la Cassazione decide su Mediaset. Altro che anomalia italiana. Questa è malattia grave. Anzi malanno mortale. Per le istituzioni ovviamente. E purtroppo anche per tutti noi. Quanto alla giustizia, ahimè, nessuno se ne occuperebbe più se non co fosse Berlusconi.
Decreto carceri? Vediamo cosa ci hanno messo dentro per aiutare o per precipitare Berlusconi. Disegno di legge sui domiciliari più facili e sulla “messa in prova” (da lunedì 24 ne discute la Camera). Ma non è che avvantaggia Berlusconi? Nuovo reato di auto-riciclaggio? Ma vedi mai che può servire per tenere sulla corda Berlusconi, e quindi Letta vuole farlo per questo… Referendum dei Radicali (separazione delle carriere, responsabilità civile dei giudici, ergastolo, magistrati fuori ruolo, custodia cautelare). O mamma mia, ma sono proprio le idee di Berlusconi… L’amnistia. Beh, questa è fatta apposta per Berlusconi.
Alla vigilia dell’attesa sentenza su Ruby ecco il quadro devastante del dibattito sulla giustizia in Italia. Nulla è più neutro. Niente è più senza un retroscena che comunque finisce sempre lì, sulla storia e sui processi di Berlusconi. Ormai la politica è scandita solo dalle tappe dei dibattimenti di Berlusconi. Ritmo ossessivo, in verità. Prima la sentenza Mediaset. Poi la Consulta su Mediaset. Poi Ruby. Poi il match civile Berlusconi vs De Benedetti. Poi Berlusconi a Napoli per la compravendita dei senatori. Poi ricomincia l’appello di Ruby. Poi la Cassazione decide su Mediaset. Altro che anomalia italiana. Questa è malattia grave. Anzi malanno mortale. Per le istituzioni ovviamente. E purtroppo anche per tutti noi. Quanto alla giustizia, ahimè, nessuno se ne occuperebbe più se non ci fosse di mezzo Berlusconi.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/06/23/lanomala-vigilia-di-ruby/?ref=HREA-1
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« Risposta #86 inserito:: Luglio 01, 2013, 12:29:13 pm »


25
giu
2013

Il ricatto di Silvio

Liana MILELLA

Bando alla netiquette, chiamiamo con l’unico nome possibile – ricatto – il dare-avere di Berlusconi e del Pdl sulla giustizia. “Pacificazione”  e appoggio pieno al governo in cambio di assoluzioni. In caso contrario, se arrivano, come per Mediaset e Ruby delle condanne, minacce di far saltare il tavolo e sopratutto di mettere mano alla riforma della giustizia.
Come la chiamereste voi questa roba qui se non ricatto? Di mezzo, nei momenti dello scontro più duro e come sta avvenendo anche in queste ore, viene tirato di mezzo pure Napolitano, il cui nome è evocato a mezza bocca lasciando intendere che sia l’autore di promesse indicibili al Cavaliere del tipo “tu sostieni il governo, vedrai poi che i giudici ti assolveranno”. Baratto impensabile, soprattutto conoscendo il rigore dell’attuale capo dello Stato.
A Milano i magistrati hanno fatto il loro dovere. I pm hanno indagato senza dire una parola e senza strafare. I giudici hanno emesso una sentenza che motiveranno tra alcuni mesi. Ma il corso regolare della giustizia è inaccettabile per il Cavaliere e per la sua corte. La rivolta è immediata e inevitabile. Il giorno dopo insistono. Sbandierano la riforma come una sorta di arma letale. Non cambiano mai atteggiamento da vent’anni. Modificare le regole  della giustizia non serve, nella loro ottica, per migliorare la macchina, ma per bloccarla, per infilarci dei sassolini che la fermino per sempre. Per questo il Pdl occhieggia ai referendum dei Radicali sulla separazione delle carriere e sulla responsabilità civile dei giudici. Sono i due temi usati da sempre per intimidire le toghe. Ci hanno provato con l’ordinamento giudiziario dell’ex Guardasigilli leghista Roberto Castelli, ci proveranno di nuovo. Succede lo stesso con l’amnistia, legge di clemenza che nelle mani del Pdl si sporca fino a diventare solo un colpo di spugna. Purtroppo tutto già tristemente visto. A ogni condanna.
Bando alla netiquette, chiamiamo con l’unico nome possibile – ricatto – il dare-avere di Berlusconi e del Pdl sulla giustizia. “Pacificazione”  e appoggio pieno al governo in cambio di assoluzioni. In caso contrario, se arrivano, come per Mediaset e Ruby, delle condanne, minacce di far saltare il tavolo e sopratutto di mettere mano alla riforma della giustizia.
Come la chiamereste voi questa roba qui se non ricatto? Nei momenti dello scontro più duro, come sta avvenendo anche in queste ore, viene tirato in ballo pure Napolitano, il cui nome è evocato a mezza bocca lasciando intendere che sia l’autore di promesse indicibili al Cavaliere del tipo “tu sostieni il governo, vedrai poi che i giudici ti assolveranno”. Baratto impensabile, soprattutto conoscendo il rigore dell’attuale capo dello Stato.
A Milano i magistrati hanno fatto il loro dovere. I pm hanno indagato senza dire una parola e senza strafare. I giudici hanno emesso una sentenza che motiveranno tra alcuni mesi. Ma il corso regolare della giustizia è inaccettabile per il Cavaliere e per la sua corte. La rivolta è immediata e inevitabile. Il giorno dopo insistono. Sbandierano la riforma come una sorta di arma letale. Non cambiano mai atteggiamento da vent’anni. Modificare le regole  della giustizia non serve, nella loro ottica, per migliorare la macchina, ma per bloccarla, per infilarci dei sassolini che la fermino per sempre. Per questo il Pdl occhieggia ai referendum dei Radicali sulla separazione delle carriere e sulla responsabilità civile dei giudici. Sono i due temi usati da sempre per intimidire le toghe. Ci hanno provato con l’ordinamento giudiziario dell’ex Guardasigilli leghista Roberto Castelli, ci proveranno di nuovo. Succede lo stesso con l’amnistia, legge di clemenza che nelle mani del Pdl si sporca fino a diventare solo un colpo di spugna. Purtroppo tutto già tristemente visto. A ogni condanna.

DA - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/06/25/il-ricatto-di-silvio/?ref=HRBP-4
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« Risposta #87 inserito:: Luglio 23, 2013, 04:21:24 pm »

   
Berlusconi vuole lo scontro finale "Basta rinvii, la Cassazione decida il 30"

"Inutile prolungare ancora questa farsa. Tanto i giudici hanno già deciso tutto".

I legali del Cavaliere alle prese con un minuzioso calcolo di giorni su sentenze e rinvii

di LIANA MILELLA


ROMA - "Se devono condannarmi, tanto vale che lo facciano subito. Non ne posso più. È inutile prolungare ancora questa farsa. Tanto i giudici hanno già deciso tutto". Ufficialmente Berlusconi non parla del processo Mediaset, ma con amici e avvocati rompe gli indugi. È stanco, lo ammette, a chi gli suggerisce un rinvio dice: "È inutile, serve solo a prolungare questa attesa che mi sta stressando e a riproporre ogni giorno gli stessi articoli sui giornali". Fango nel ventilatore, insomma. Meglio chiudere il 30 luglio, in quell'udienza in Cassazione criticatissima dai difensori perché, dicono loro, "non rispettosa dell'effettiva prescrizione e del pieno diritto della difesa". Un'udienza - è il cicaleccio ricorrente nelle stanze del Cavaliere - che alla Suprema corte sarebbe stata fissata soprattutto grazie al filo diretto con la procura di Milano che ha anticipato il più possibile la data di scadenza della prescrizione. Il 3 agosto, hanno detto i pm. Il 26 settembre, controbatte l'avvocato Niccolò Ghedini che, secondo il collega Franco Coppi, "ha fatto calcoli minuziosi e precisi, per difetto semmai, ma di certo non per eccesso". Il 29 agosto, sostiene palazzo Chigi, che si è costituito parte civile.

Nel guazzabuglio delle date - almeno fino a ieri sera, perché con Berlusconi ogni giorno porta la sua sorpresa a seconda di dove spira il vento della politica - lui ha deciso che gli conviene non fare mosse per spostare il processo. Nessuna richiesta di rinvio, dicono dunque i suoi legali Ghedini e Coppi. "Salvo che non la chiedano i difensori degli altri tre imputati" aggiungono. Ma gli avvocati di Frank Agrama, Gabriella Galetto, Daniele Lorenzano - Roberto Pisano, Filippo Dinacci, Luca Mucci e Luigi Fenizia - non hanno ancora deciso e, per quanto si può capire, tendenzialmente si comporteranno come quelli di Berlusconi.

I quali sono convinti che se deve arrivare una condanna, tanto vale che cada proprio il 30 luglio per numerosi motivi. Si potrà dire che, vista la fretta, la conclusione "era già scritta tant'è che i giudici non hanno voluto sfruttare il tempo di cui pure avrebbero potuto godere per studiare la causa". In pieno agosto, la sentenza di condanna, che viene data per certa al 90%, "sarà fagocitata dal solleone, e presto dimenticata, com'è avvenuto per quella di Ruby". Lo stesso dicasi per il dibattito sull'interdizione che il presidente della giunta per le immunità del Senato Dario Stefàno vuol far partire immediatamente.

Dunque, avanti. Viene messa da parte anche l'ipotesi di rinunciare alla prescrizione, pensata soprattutto come escamotage mediatico. Il "principe del foro" Coppi, che pur l'ha ipotizzata e proposta, non se la sente di incassare l'eventuale no della Cassazione perché, come Repubblica ha scritto sin dal 13 luglio anticipando il possibile "inghippo", la prescrizione è rinunciabile quando essa è maturata e non prima. Ogni giorno che passa perde peso anche l'ipotesi del rinvio, perché ne potrebbe nascere solo un ulteriore peggioramento della già cattiva situazione.

È necessario spiegare bene questo passaggio perché è cruciale in quest'ultima partita a scacchi sulla vita giudiziaria e politica del Cavaliere, alla fine della quale ci potrebbe essere una condanna a 4 anni per frode fiscale e l'interdizione di 5 anni dai pubblici uffici. A Ghedini e Coppi un rinvio del processo non dispiacerebbe. Ma è solo questione di date. In che giorno verrebbe rinviato l'ultimo step del caso Mediaset? In pieno agosto, alla fine del mese, oppure a settembre? Ogni ipotesi fa cambiare lo scenario dei giudici. Un rinvio breve lascerebbe il caso nelle mani della sezione feriale presieduta da Antonio Esposito e del relatore Amedeo Franco. Il primo giudicato "un nemico", il secondo "un ottimo magistrato". Tra gli altri tre giudici del collegio, almeno altri due "nemici".

Che succederebbe con un rinvio più o meno lungo? Uno entro agosto lascerebbe il giudizio nelle mani delle sezioni feriali, in cui la radiografia delle toghe fatta nelle stanze del Cavaliere vede soprattutto toghe rosse, come quella di Gennaro Marasca. La soluzione ideale, il rinvio lungo alla terza sezione ordinaria dopo il 15 settembre, presupporrebbe da parte della Cassazione di condividere in toto la tesi che la prescrizione scade oltre il 20 settembre. Proprio questo rinvio "lungo" appare un miraggio, e quindi Berlusconi e i suoi avvocati ritengono che tanto vale chiudere il processo il 30 luglio e non pensarci più.

(23 luglio 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/07/23/news/berlusconi_vuole_lo_scontro_finale_basta_rinvii_la_cassazione_decida_il_30-63505795/?ref=HRER2-1
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« Risposta #88 inserito:: Luglio 24, 2013, 11:30:19 am »


Il governo accelera sull'anticorruzione

"Un decreto anche contro il riciclaggio"

Letta punta a rivedere in tempi brevi la legge Severino. Nel prossimo decreto sulla sicurezza entrerà la norma che punisce l'auto-riciclaggio

di LIANA MILELLA


Il governo accelera sull'anticorruzione "Un decreto anche contro il riciclaggio" Enrico Letta (imagoec)
ROMA - Un grande piano contro la corruzione. La malapianta di cui non si fa che parlare in Europa. Quella che divora 60 miliardi di euro l'anno alla nostra già provata economia. Un piano da far partire subito, per dare il segnale che in Italia si fa sul serio, che non si transige con funzionari approfittatori e pubblici amministratori ladri. La risposta ai tanti processi della magistratura, ma soprattutto alla gente che chiede pulizia e non è più disposta a fare sacrifici mentre la casta continua a rubare. È la carta segreta del governo Letta. O meglio, è la scommessa del premier in persona. Tant'è che a lavorarci - nella massima riservatezza, senza rivelazioni né ammissioni  - è proprio lo staff del presidente a palazzo Chigi.

Rivelare le mosse non è facile. Ma Repubblica ha provato a capire che succede, di che norme si tratta, quali sono i tempi, quali le difficoltà, quali gli ostacoli politici e tecnici, quali i possibili nomi da spendere. Un intervento globale immediato, per usare le parole di Palazzo Chigi, è "difficile". È probabile che il piano anti-corruzione verrà spezzettato, uscirà in blocchi successivi. Il primo subito, già questa settimana o al massimo la prossima, nei consigli dei ministri prima della pausa estiva.

Nel decreto legge sulla sicurezza del ministero dell'Interno, in cui è previsto un intervento sul femminicidio, verrà inserita la novità di cui si è già molto parlato, il reato di auto-riciclaggio, la modifica dei reati 648-bis e 648-ter del codice penale, per cui potrà essere perseguito e punito anche il riciclaggio di chi possiede le somme e le ricicla, che invece oggi è escluso.

L'ARTICOLO INTEGRALE SU REPUBBLICA IN EDICOLA O SU REPUBBLICA+
 

(24 luglio 2013) © Riproduzione riservata
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« Risposta #89 inserito:: Luglio 27, 2013, 06:34:54 pm »




Pdl: via il carcere, resta solo la multa

La destra vuole depenalizzare il reato, con un emendamento alla norma sul finanziamento. A rischio i processi a Penati, Scajola, Milanese. Si scardina la norma che ha reso possibile Mani pulite. Dopo falso in bilancio e concussione, cadrebbe un terzo pilastro strategico

di LIANA MILELLA


Via il carcere per punire il finanziamento illecito dei partiti. Via i quattro anni di pena. Solo "una sanzione amministrativa pecuniaria". Firmato, ovviamente, il Pdl. Seppellita per sempre Mani Pulite. Cancellate tutte le inchieste presenti e future. Una moratoria pazzesca. Incredibile solo a pensarla, proprio di questi tempi. A guardare il lungo catalogo delle leggi ad personam è il più clamoroso dei colpi di spugna. Una maxi depenalizzazione. Mai, in vent'anni di norme per demolire il codice penale, si era osato tanto.

Quando ne parli con i magistrati protagonisti di Mani pulite ti dicono subito: "Dai, non scherzare, non è possibile, non ci credo, non possono arrivare a tanto". Quando glielo confermi restano basiti: "Così finiscono le indagini sulla corruzione".

Invece eccola qui la madre di tutti i possibili azzeramenti. Cinque righe in tutto. Un emendamento al disegno di legge del governo che cancella il finanziamento pubblico dei partiti e vorrebbe fissare le nuove regole per garantire "la trasparenza". C'è proprio la parola "trasparenza" nell'intestazione della legge Ebbene, ecco comparire lì l'articolo 10-bis. Criptico. Bisogna leggerlo e rileggerlo più volte per capirlo. Bisogna andare alla legge 195 del 1974, che istituiva il finanziamento pubblico dei partiti, confrontare i testi, rendersi conto del colpo di mano. Dice l'emendamento: "All'articolo 7, terzo comma, le parole da "reclusione a triplo" sono sostituite dalle seguenti "sanzione amministrativa pecuniaria pari al triplo"". Firmato: Bianconi, Calabria, Centemero, Ravetto, Francesco Saverio Romano. Maurizio Bianconi è il vice segretario amministrativo del Pdl, gestisce con Rocco Crimi, un fedelissimo di Berlusconi, la cassa dei soldi del partito. Anna Grazia Calabria, responsabile giovanile del Pdl. Elena Centemero, responsabile scuola. La deputata Laura Ravetto. L'ex ministro dell'Agricoltura Romano.

Che succede con questo emendamento? Bisogna leggere il terzo comma dell'articolo 7 della legge 195. Essa impone che "chiunque corrisponde o riceve contributi senza che sia intervenuta la deliberazione dell'organo societario o senza che il contributo o il finanziamento siano stati regolarmente iscritti nel bilancio della società stessa, è punito, per ciò solo, con la reclusione da 6 mesi a 4 anni e con la multa fino al triplo delle somme versate". Carcere più multa dunque. Doppia pena per chi viola una fondamentale regola di trasparenza, cioè dà i soldi di una società senza che di ciò resti traccia, con l'ovvia conseguenza che se la società ottiene poi dei vantaggi dal politico non si può stabilire la relazione.

L'emendamento del Pdl - che è possibile leggere anche sul sito della Camera nelle pagine web dedicate al disegno di legge 1154 - scardina dalle fondamenta la norma che ha reso possibile Mani pulite. È stata il grimaldello da Mario Chiesa in avanti. Su quel comma si è radicato il processo Enimont. Sono stati incriminati Craxi, Forlani, Citaristi. Ma pure Greganti. L'elenco è lunghissimo. Non si può parlare di inchieste sulla corruzione e sulle tangenti senza far riferimento al finanziamento illecito. Un architrave che, se crolla, fa cadere l'intera impalcatura delle indagini sui colletti bianchi.

Il Pdl sta cercando di abbattere quell'architrave. L'emendamento era lì da giorni, sotto gli occhi di tutti. Con il Pdl che preme per farlo passare. Col Pd, basito, che resiste. Giusto mercoledì pomeriggio, alla Camera, ecco l'assemblea dei deputati Democratici con il premier Enrico Letta, l'autorevole esponente del Pd che ha voluto la legge per abolire il finanziamento pubblico. Quello che sta pensando ai nuovi strumenti contro la corruzione. Si alza Emanuele Fiano, riferisce il contenuto della norma proposta dal Pdl, dice secco: "Sia chiaro che questa roba qui io non la voto". Antonio Misiani, il segretario amministrativo del partito, fa cenno di sì con la testa. Nemmeno a parlarne, per il Pd quel testo è veleno allo stato puro. Soprattutto perché, neanche a farlo apposta, c'è il fantasma di Filippo Penati anche dietro questa norma, come c'era dietro allo spacchettamento della concussione, divisa in due dall'ex ministro della Giustizia Paola Severino, con la pena ridotta per la corruzione per induzione.

Penati? Sì, proprio lui. La legge Severino gli ha fatto morire per prescrizione uno dei capitoli delle imputazioni del processo per il sistema Sesto. Se dovesse passare la depenalizzazione del finanziamento illecito ne cadrebbe un'altra perché a lui e ad altri dodici imputati, tra cui l'ex presidente di Bpm Massimo Ponzellini, è contestato proprio l'articolo 7 della legge del 1974. Alla Fondazione Fare Metropoli di Penati davano soldi violando le regole che adesso il Pdl vuole cancellare. Questo spiega l'imbarazzo del Pd che si trova tra le mani una sorta di bomba ad orologeria. Se dicesse sì, ma non lo farà, si troverebbe addebitata una legge che "grazia" l'ex capo della segreteria di Pier Luigi Bersani.

Certo, non se ne avvantaggerebbe solo Penati. Ma noti esponenti del Pdl come Claudio Scajola, fresco indagato per finanziamento illecito. Come Marco Milanese, l'ex braccio destro di Giulio Tremonti, appena condannato a 8 mesi per lo stesso reato. Verrebbero "graziati" tutti. Una mega amnistia. Mani pulite fu costruita su tre reati, il falso in bilancio, la concussione, il finanziamento illecito. Il primo lo hanno acciaccato nel 2001 per salvare Berlusconi. Il secondo è finito vittima della legge sull'anti-corruzione. Adesso tocca al terzo. Se davvero dovesse cadere anche il finanziamento illecito nessuno deve più parlare di trasparenza e di lotta alla corruzione. 

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/07/26/news/finanziamento_illecito_ai_partiti_pdl_via_il_carcere_resta_solo_la_multa-63724969/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_26-07-2013
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