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Autore Discussione: LIANA MILELLA  (Letto 66902 volte)
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« Risposta #120 inserito:: Marzo 16, 2016, 04:41:44 pm »

Cantone accusa Roma: dagli asili alle strade, ecco tutti gli appalti illegali
Il documento dell'Anac approvato la scorsa settimana denuncia un metodo "sistematicamente" irregolare negli anni 2012-2014


Di LIANA MILELLA
15 marzo 2016

ROMA - Dalla manutenzione delle strade ai servizi per i disabili, dagli ospizi agli affitti delle case, dalla macellazione della carne alla tutela del verde pubblico, dall'acquisto di nuovi software alla gestione dei canili. Non c'è un solo capitolo in cui Roma Capitale, il grande Comune di Roma prima gestito da Alemanno e poi da Marino, abbia rispettato le regole della buona amministrazione. Raffaele Cantone, il presidente dell'Autorità anticorruzione, non ha dubbi. Ha firmato il 10 marzo l'ultimo capitolo della sua lunga ispezione su Roma, che copre gli anni dal 2012 al 2014 e attraversa le giunte degli ultimi due sindaci di destra e di sinistra, e chiude con un giudizio pesantissimo.

"L'indagine - scrive Cantone - ha rivelato la sistematica e diffusa violazione delle norme. Ha palesato il ricorso generalizzato e indiscriminato a procedure prive di evidenza pubblica, con il conseguente incremento di possibili fenomeni distorsivi che agevolano il radicarsi di prassi corruttive". Inutilmente Roma Capitale, con i suoi numerosi dipartimenti, ha cercato di difendersi inviando a Cantone, dopo il primo rapporto del settembre 2015, altrettanti dossier "a difesa". Che però non intaccano l'analisi dell'Autorità anticorruzione. Il rapporto di 15 pagine conferma le indagini della procura di Roma su Mafia Capitale e sul malaffare come prassi abituale di comportamento ed è stato inviato sia alla procura che alla Corte dei conti.

Contro la Costituzione. Proprio così. Cantone lo scrive nell'ultima pagina. "La gestione delle attività contrattuali di Roma Capitale, nei suoi molteplici aspetti e modalità, non è conforme ai principi di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione sanciti dall'articolo 97 della Costituzione". Le conseguenze sono inquietanti. Il rapporto dell'Anac le elenca: "Si riscontrano ricadute negative sulla qualità delle prestazioni e sull'incremento dei costi, nonché sulla lesione della concorrenza, come effetto della sottrazione alle regole di competitività del mercato di una cospicua quota di appalti, affidati per la maggior parte senza gara".

I diciotto rilievi. Cantone conferma, punto per punto, i rilievi che aveva sottoscritto contro la gestione di Roma Capitale nell'ottobre scorso. A nulla sono valsi, come vedremo, i tentativi del Comune di dimostrare che ha le carte in regola. Resta il pesantissimo elenco di omissioni con cui la prossima amministrazione dovrà fare i conti. Ecco il vizio principale, il ricorso "facile" alla cosiddetta "procedura negoziata", che è il contrario di una gara pubblica a cui tutti possono partecipare. Qui invece si invita un numero limitato di imprese, con cui "si negozia" l'appalto. Ma, secondo Cantone, c'è un difetto di origine, perché ci sono "carenza o difetto di motivazione dei presupposti" per ricorrere a questo tipo di procedura. Non basta. C'è "il ricorso sistematico ad affidamenti allo stesso soggetto", ci sono "le proroghe", anch'esse ingiustificate e non motivate. C'è "l'improprio frazionamento degli appalti". Ci sono "le varianti non motivate". Le imprese invitate sono sempre le stesse, manca "l'obbligatoria rotazione". E come se non bastasse "non sono sufficienti neppure i requisiti".

Ognuno ha il suo sistema. Cantone ha esaminato, nella prima fase dell'indagine, 1.850 procedure negoziate, il 10% del totale. Nella seconda fase ne ha messe a fuoco 36, tra appalti, lavori in economia, cottimi fiduciari, affidamenti a cooperative. Ha confermato "i rilevanti profili di criticità nei comportamenti delle strutture gestionali di Roma Capitale". Ha scoperto, non senza sorpresa, che nel Comune di Roma "ciascun dipartimento ha sistemi informativi diversi", che quindi non si parlano tra di loro. Per di più l'Ufficio contratti, incardinato presso il Segretariato generale, "è dotato di un sistema centralizzato esclusivamente per le gare ad evidenza pubblica". Tutte le altre, di conseguenza, sfuggono in mille rivoli incontrollabili.

Il boom delle Coop. L'indagine dell'Anac rivela che, soprattutto per le cooperative che operano nel sociale, nel triennio 2012-2014 "c'è stato un esorbitante numero di affidamenti di cospicuo valore economico avvenuti in gran parte in forma diretta, a conferma del mancato rispetto dei principi basilari di concorrenza, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità".

L'innovazione tecnologica. Il Dipartimento si difende dalle accuse di Cantone, scrive di "5 gare annullate", di proroghe obbligate "per la mancanza di personale", di imprese scelte senza nuove verifiche (per il Sistema informativo di riscossione e per la Gestione del Sistema Dorado 380) perché già state fatte in precedenza. Ma Cantone ribatte che ciò dimostra "l'omesso controllo dei requisiti sia generali che speciali".

Disabili senza controlli. Sui 2milioni di euro per l'affidamento del servizio per i disabili Cantone ribadisce "l'uso improprio della procedura negoziata", "violazioni della pubblicazione della gara", un avviso di gara troppo ristretto, Nota che anche l'Atac, quando aveva gestito il servizio, non lo aveva fatto correttamente e si era rivolto a terzi senza avvisare il Dipartimento.

Case ad anziani e rom. Anomalie anche in questo settore, con la beffa che il Dipartimento politiche sociali e abitative, a Cantone che critica l'assenza dei controlli, fa notare come "per immigrati e rom non vi siano regolamentazioni specifiche". Quindi perché rispettarle?

Strade, canili e software. Cantone annuncia che il suo occhio si allargherà anche alla (contestata) gestione dei canili di Roma. Si stupisce che il Dipartimento Tutela ambientale vanti, come una novità, l'acquisto solo adesso di un software per monitorare gli appalti. Critica la proroga per gli affidatari della manutenzione stradale. Sul mondo della macellazione e della relativa conservazione a freddo critica il ricorso sempre alle stesse imprese.

© Riproduzione riservata
15 marzo 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/03/15/news/il_rapporto_dell_autorita_anticorruzione_il_documento_dell_anac_approvato_la_scorsa_settimana_denuncia_un_metodo_sistematic-135495071/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_15-03-2016
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« Risposta #121 inserito:: Aprile 15, 2016, 12:18:23 pm »

Prescrizione, ecco la mossa del governo. Tempi più lunghi ma non per la corruzione
Il nuovo accordo per superare gli effetti della legge ex Cirielli, voluta da Berlusconi nel 2005, che ha accorciato i tempi dell'azione penale


Di LIANA MILELLA
15 aprile 2016

ROMA -  Il governo è pronto a giocare una doppia carta segreta per sbloccare l’impasse sulla prescrizione, quell’insieme di regole, fissate nella berlusconiana legge ex Cirielli del 2005, che portano alla morte certa dei processi, soprattutto quelli di corruzione, un reato difficile da scoprire che "brucia" subito i pochi anni disponibili. Come svela Repubblica, innanzitutto via dal testo - oggi al Senato dopo il sì della Camera il 23 settembre 2015 - il famoso, e assai divisivo, emendamento Ferranti che raddoppia i tempi di prescrizione per il solo reato di corruzione. Poi un’inversione del nuovo orologio della prescrizione. Stop dopo il primo grado, ma anziché dare 2 anni all’appello e 1 alla Cassazione, meglio fare il contrario, 1 all’appello e 2 alla Cassazione.

I DATI: Il boom delle prescrizioni, "cancellati" 132mila processi
 
TEMPI INVARIATI PER LA CORRUZIONE
Fu la presidente Pd della commissione Giustizia di Montecitorio Donatella Ferranti a volere una prescrizione più lunga per la corruzione, come risposta alle insistenti pressioni, anche dell’Europa, per i processi dei colletti bianchi italiani che arrivano a sentenza con molta difficoltà e spesso non ci arrivano proprio. Tant’è che proprio dalla giustizia Ue è giunto l’ordine di ignorare la prescrizione per i processi sulle frodi all’Iva che hanno un impatto europeo. Quindi un doppio binario, almeno per questi processi, già esiste.

Già alla Camera gli alfaniani del Nuovo centrodestra fecero fuoco e fiamme per bloccare l’emendamento Ferranti. Si astennero sul testo, strappando al Guardasigilli Andrea Orlando la promessa che quel passaggio sarebbe stato tolto al Senato. Enrico Costa, oggi ministro Ncd della Famiglia, ma fino a ieri vice ministro della Giustizia, ne ha fatto una sua battaglia personale, condivisa con l’attuale presidente della commissione Giustizia del Senato Nico D’Ascola. Infiniti, in questi mesi, i contatti tra D’Ascola e il responsabile Giustizia del Pd David Ermini. Alla fine il cedimento. Via la norma Ferranti, la corruzione verrà trattata come tutti gli altri reati, ai quali si concede, nei fatti e come vedremo, un mini aumento di tre anni. In pratica si torna al testo del governo, approvato il 29 agosto del 2014, che aveva piazzato la prescrizione all’interno del ddl monstre sul processo penale, oltre 30 articoli che spaziano dall’aumento delle pene minime per furti e scippi, al regolamento carcerario, alle nuove regole per accedere all’appello e alla Cassazione, alle intercettazioni.
 
DAL "2 PIU' 1" ALL’ "1 PIU' 2"
A questa novità ne segue una seconda. Anche questa condivisa dal Pd. Oggi il ddl Orlando dà ai processi tre anni di vita in più. È previsto che l’orologio si blocchi, ma solo temporaneamente, con la sentenza di primo grado. Al processo di appello sono concessi due anni in più, in cui in pratica le lancette si fermano. Un altro bonus di un anno si può spendere in Cassazione. Una proposta criticata subito dall’Anm che ha sempre parlato di un "pannicello caldo" optando, come tutti i più importanti magistrati in Italia tra cui lo stesso neo presidente del sindacato delle toghe Pier Camillo Davigo, per una soluzione ben più tranchant, quella di tanti Stati esteri. Definitivo stop alla prescrizione con il rinvio a giudizio, perché è giusto che il processo si svolga con serenità. Succede negli Usa, ma non solo.

Cosa sarebbe pronto a fare adesso il Pd? Un’inversione del "2 più 1" in un "1 più 2". In pratica: stop dopo la condanna in primo grado, un solo anno di prescrizione in più per l’appello e due anni per la Cassazione. Una soluzione che potrebbe svuotare ancora di più la legge, visto che i processi soffrono la scadenza della prescrizione soprattutto in fase d’appello, visto che in Italia ci sono 26 distretti a fronte di 146 sedi di tribunale e una sola Cassazione. Ma proprio alla Suprema corte sono i magistrati molto attenti alle scadenze della prescrizione, quindi i due anni in più concessi in quella fase sarebbero sprecati.
 
LE CRITICHE DELL’ANM
Come Davigo ha sostenuto in molte interviste sulla prescrizione, "la soluzione sarebbe un’altra, e cioè disincentivare i ricorsi in appello, visto che le statistiche italiane dimostrano che in pratica tutti i processi risultano appellati, mentre in Francia siamo fermi al 40%". Una soluzione sarebbe quella di eliminare il divieto della "reformatio in peius", oggi possibile solo se è stato il pm a impugnare la sentenza, utilizzandola come un forte disincentivo a presentare comunque appello, anche in assenza di motivi necessari. La paura di una condanna più pesante rispetto a quella incassata in primo grado rappresenterebbe già di per sé un forte disincentivo.
 
LE CONSEGUENZE POLITICHE
Le nuove proposte – via l’aumento ad hoc per la corruzione, inversione dell’orologio del bonus – rischiano di compromettere una partita già politicamente avvelenatissima. Potrebbe essere favorevole Ncd, ma si spaccherebbe il Pd. Sempre critiche le toghe. La partita si giocherà tutta al Senato, dove il ddl sul processo penale è affidato alle "cure" di due Pd, l’ex giudice istruttore Felice Casson e l’avvocato Giuseppe Cucca.  I tempi si preannunciano lunghi. Mercoledì prossimo finisce la discussione generale sui 40 articoli del governo e gli oltre 40 ddl allegati. Il testo base potrebbe essere pronto a fine mese. Almeno due settimane per gli emendamenti in commissione. Un tempo nel quale Pd e Ncd potranno continuare a farsi la guerra mentre i processi continuano ad andare in prescrizione.

© Riproduzione riservata
15 aprile 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/04/15/news/prescrizione_nuovo_accordo_per_allungare_tempi-137668822/?ref=HREC1-1
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« Risposta #122 inserito:: Aprile 21, 2016, 05:16:39 pm »


Legittima difesa, alla Camera è scontro sulla legge
La proposta di Costa: se ci sono bambini, la reazione è giustificata. No di Ncd al progetto di legge del Pd. Al via la discussione. Lega sulle barricate

Di LIANA MILELLA
20 aprile 2016

ROMA - Legittima difesa,  giornata di duro scontro. In Parlamento, nella maggioranza, e pure in piazza. Alla Camera torna in discussione la legge. Il governo si divide. E davanti a Montecitorio, dalle 10 e 30, gli esponenti dell'Idv, che con i suoi tre parlamentari appoggia il governo Renzi, faranno propaganda alla loro legge di iniziativa popolare sulla legittima difesa che finora ha raccolto oltre 200mila firme. Un segnale di quanto il problema sia avvertito nel Paese. Una manifestazione cui però prenderà parte anche il ministro della Famiglia Enrico Costa, già vice della Giustizia, il cui partito, il Nuovo centrodestra, è intenzionato a chiedere al Pd che ci si fermi sulla riforma perché il testo non li convince. Lo stesso Costa ha chiesto, dopo l'ennesimo caso di cronaca sulla legittima difesa, che la presenza di bambini sul luogo di una rapina, e quindi la necessità di difenderli, sia di per sé considerata una ragione sufficiente per giustificare la legittima difesa stessa.
 
LA PROPOSTA DELLA LEGA
 Finisce così ai ferri corti tra i partiti del governo la querelle sulla norma - l'articolo 52 del codice penale - che dovrebbe consentire alla vittima di una rapina nella propria casa o nel proprio negozio di difendersi dall'aggressione o dalla concreta minaccia di morte senza temere poi di finire a sua volta indagata e imputata. Dall'opposizione la Lega, autrice della prima proposta di riforma con il capogruppo in commissione Giustizia Nicola Molteni, si batte per una norma più permissiva ed effettivamente difensiva nei confronti di chi spara per difendere se stesso e la sua famiglia. Si badi, non la sua proprietà. Deve esistere, secondo la Lega, "una presunzione assoluta di legittima difesa", per cui non esiste né aggressione né reato se la vittima difende la sua incolumità e il bene della vita. Solo in questo modo, per il partito di Salvini, si supera l'eccesso colposo di legittima difesa, oggi causa di molte polemiche e di processi.
 
LO SCONTRO NELLA MAGGIORANZA
 Ma il Pd ha già superato l'ipotesi Lega, con un testo proposto da Ermini e approvato in commissione Giustizia, quello che oggi dovrebbe andare al voto dell'aula. Un testo che non modifica l'articolo 52 del codice penale, ma il 59. E proprio qui sta lo scontro tra i partiti di governo, il Nuovo centrodestra del ministro dell'Interno Angelino Alfano e il Pd. Quella dei Dem, dice Ncd, sarebbe una soluzione "blanda, inadatta, che non risolve affatto il problema della legittima difesa". Tant'è che proprio oggi i centristi chiederanno a Montecitorio di non portare il testo in aula, ma di tornare in commissione Giustizia per un nuovo esame e modifiche sostanziali.
 
DOVE STA IL CONFINE DELLA DIFESA
 Basta leggere e incrociare il testo attuale dell'articolo 52, la proposta della Lega, e quella di David Ermini, di professione avvocato, per capire il centro della querelle. Dice l'attuale articolo 52: "Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa". Un testo del genere, ovviamente, mette nelle mani del giudice la valutazione della difesa compiuta, sarà lui a stabilire se quella difesa era commisurata al pericolo, oppure se chi si è difeso ha esagerato, oppure addirittura ha aggredito l'aggressore quando costui aveva già regredito dall'azione criminale. Il tipico gesto della vittima che spara al ladro quando già sta scappando e lo colpisce alle spalle.
 
LA PROPOSTA DEL PD
 Questa valutazione, secondo la Lega, non deve più essere affidata al giudice, ma la legge deve già contenere delle indicazioni molto precise. Anche Ncd chiede garanzie simili, compresa quella sui minori presenti, che ovviamente fanno aumentare la necessità di una legittima difesa. Ma il Pd con Ermini è attestato su una frontiera differente, tant'è che la sua modifica non riguarda l'articolo 52, ma il 59 del codice penale che riguarda le "circostanze non conosciute o erroneamente supposte". Ermini scrive che, quando di mezzo c'è un caso di legittima difesa, "la colpa dell'agente è sempre esclusa se l'errore riferito alla situazione di pericolo e ai limiti imposti è conseguenza di un grave turbamento psichico ed è causato, volontariamente o colposamente, dalla persona contro cui è diretto il fatto".     
 
IL NO DI NCD
 Ma è proprio sul presunto "errore" che il partito di Alfano oggi punta i piedi e chiede di mandare all'aria il testo Ermini. Il ragionamento centrista è questo: "Non possiamo limitarci, su una questione particolarmente sentita da tante vittime, a fare una legge solo sui casi di errore. Noi dobbiamo disciplinare nella sua pienezza la legittima difesa e mettere al sicuro le vittime dicendo fin dove possono difendersi. Altrimenti avremo lavorato inutilmente".   

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20 aprile 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/04/20/news/scontro_parlamento_legittima_difesa-138013299/?ref=HREC1-3
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« Risposta #123 inserito:: Aprile 28, 2016, 06:04:24 pm »

Prescrizione: tre anni in più per chiudere i processi.
Tempi sospesi dopo il primo grado
L'intervento punta a ridurre il numero di giudizi decaduti e quindi di reati impuniti a causa dei tempi troppo stretti.
In dieci anni ne sono stati prescritti un milione e mezzo

Di LIANA MILELLA
28 aprile 2016
   
ROMA. La prescrizione. Un brutto incubo per la magistratura. Adesso una scommessa per la politica. I dati stanno lì, inesorabili. Negli ultimi dieci anni si contano 1.468.220 processi andati al macero. "Morti". Cancellati dalla scadenza dei tempi della prescrizione. L'ultimo dato disponibile sul tavolo del Guardasigilli Andrea Orlando racconta che nel 2014 sono stati falcidiati 132.296 processi.

PARTIRE DAI DATI. Quando il governo Renzi si insedia e Orlando entra in via Arenula, le statistiche sono già lì, e parlano chiaro. Tant'è che Renzi, il 30 giugno del 2014, quando annuncia i 12 interventi chiave sulla giustizia, cita anche la prescrizione. Il 29 agosto, dopo una consultazione online estiva, il testo della nuova prescrizione è pronto. È contenuto all'interno del corposo ddl sul processo penale, in cui si riscrive la filosofia dei riti, Appello e Cassazione compresi. Dal quel giorno ci vorranno circa tre mesi per veder approdare il ddl penale - d'ora in avanti lo chiameremo così - in Parlamento.

I DUE BONUS. Cos'è la prescrizione? È il tempo massimo in cui un reato può essere perseguito dallo Stato. La legge Cirielli del dicembre 2005 ha accorciato questi tempi. Per ogni reato ha stabilito che la prescrizione si misura aggiungendo alla pena massima - 10 anni per la corruzione - un quarto, cioè 2 anni e mezzo. Prima della legge ad personam di Berlusconi la formula era il massimo della pena più la metà, 5 anni per la corruzione.

COSA CAMBIA. La soluzione di Orlando non cambia gli anni di prescrizione per ciascun reato. Ma modifica il percorso del processo. I termini si fermano quando i giudici pronunciano la sentenza di primo grado. Nella fase del processo di appello le toghe potranno godere di due anni in più rispetto alla naturale scadenza del reato. Un altro anno di bonus ci sarà per la Cassazione. Quindi la prescrizione "guadagna" tre anni. Con questa soluzione il reato di corruzione, da 12 anni e mezzo di prescrizione passa a 15 anni e mezzo.

IL BLITZ DI FERRANTI. La prescrizione è un "veleno" sordido per i processi? Per questo, all'inizio del 2015, Orlando decide che è opportuna una legge ad hoc solo per questo "veleno". Stralciata dal ddl penale, la nostra prescrizione si incammina alla Camera e qui trova degli amici - la presidente Pd della commissione Giustizia Donatella Ferranti - e dei nemici, l'attuale ministro delle Regioni Enrico Costa di Ncd. Ferranti è abile, esperta di lavori parlamentari. Elabora il testo base e giusto al primo articolo ci piazza una bomba. Due righe, quanto basta per scatenare un putiferio. L'ex pm ed ex segretaria del Csm aggiunge un comma all'articolo 157 del codice penale, quello che regola la prescrizione. Scrive che "sono aumentati della metà i termini per gli articoli 318, 319 e 319-ter del codice penale".

TRE ARTICOLI ESPLOSIVI. Andiamo a leggere il codice. 318: corruzione per l'esercizio della funzione, il pubblico ufficiale che incassa la mazzetta, pena da uno a 6 anni. 319: corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, pena da 6 a 10 anni. 319-ter, corruzione in atti giudiziari, pena da 6 a 12 anni, ma fino a 20 anni se dalla corruzione deriva una condanna superiore a 5 anni o all'ergastolo.

ESPLODE LO SCONTRO. Con un blitz il testo passa in commissione Giustizia. Ncd fa le barricate. Minaccia in aula. Si scontrano Orlando e Costa, allora suo vice. Quel 23 marzo 2015 Ncd si astiene e fa promettere ad Orlando che cambierà il testo al Senato. Ne nasce un braccio di ferro infinito che dura ancora adesso.

I CALCOLI DIVISIVI. Trattano Costa, D'Ascola, Ermini, Ferranti. Ma non se ne esce. la divisione è profonda. Facciamo l'esempio della corruzione. Con la proposta Ferranti, la prescrizione per la corruzione arriva a 21 anni e mezzo. Il massimo della pena, cioè 10 anni, più la metà, cioè 5 anni, più i 3 anni di bonus tra Appello e Cassazione, più altri 3 anni e mezzo (un quarto dei 15 anni della prescrizione complessiva) se nel processo si verificano degli atti interruttivi.

TRATTATIVE INFINITE. Ne stanno discutendo da 404 giorni, ma non riescono ad arrivare a un accordo. Il Pd fa muro sulla proposta Ferranti, vuole un segnale chiaro sulla corruzione. In fondo si tratta solo di tre reati, restano fuori la concussione e la corruzione per induzione, crimini importanti che non dovrebbero prescriversi mai. Ma i centristi non accettano assolutamente, come dicevano ancora ieri Schifani e Lupi, come tante volte ha ripetuto Costa, perché "un processo possa durare così a lungo".

L'INTESA
POSSIBILE. Adesso però, al Senato, ce la potrebbero fare. È ottimista David Ermini, il renziano responsabile della Giustizia. "L'aumento per la corruzione resta, ma con qualche piccolo escamotage" diceva ieri sornione.

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28 aprile 2016
Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/04/28/news/tre_anni_in_piu_per_chiudere_i_processi_contro_il_malaffare_tempi_sospesi_dopo_il_1_grado-138616048/?ref=HREA-1
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« Risposta #124 inserito:: Aprile 28, 2016, 06:07:04 pm »

Orlando: "Daremo mezzi e risorse per processi più rapidi. Entro luglio la prescrizione"

Intervista al ministro della Giustizia: "Davigo? Non c'è nessuna guerra con i magistrati. Sulle intercettazioni seguiremo le linee delle procure"


Di LIANA MILELLA
26 aprile 2016

Nuova guerra giudici e politica?
"Assolutamente no, anche perché pregiudicherebbe i passi avanti che abbiamo compiuto finora". Davigo? "Un magistrato capace che spero sappia guidare l'Anm in una fase non semplice di cambiamento della magistratura". Il Guardasigilli Andrea Orlando cerca di spegnere i fuochi della polemica e promette "per l'estate la nuova legge sulla prescrizione". Sulle intercettazioni garantisce che "saranno rafforzate quelle per i reati contro la pubblica amministrazione" e che "non saranno limitate come strumento di indagine". Vanta i passi in avanti nella giustizia civile e sulla corruzione cita l'Onu: "Dicono che la nostra legge è buona".

Lei era a Washington nello scorso week end, ma qui in Italia è esplosa l'ennesima guerra sulla giustizia. Pensa sia utile litigare sempre sulle stesse cose?
"Un'intervista non fa una guerra e sappiamo che parlare male dei politici in un momento di crisi democratica è una tentazione facile in tutt'Europa e che può provocare consenso, non so se utile a individuare soluzioni. Noi vogliamo parlare di come rendere la giustizia più efficiente, la guerra non la vogliamo e faremo di tutto per evitarla ricercando il confronto. Attenderei comunque di vedere qual è l'effettiva posizione dell'Anm e cercherei di capire se ci sono le condizioni per proseguire un confronto che fino a qui è stato positivo, ha portato risultati importanti per il Paese, non per questo o quell'esecutivo, o per questa o quella giunta dell'Anm. Mi è parso che la discussione che ne è seguita mostri una pluralità di posizioni articolate, per cui alla fine conviene a tutti tornare al merito e stare al merito. Come invita a fare il direttore di Repubblica Calabresi e come da ultimo si è impegnato a fare Davigo".

Il merito. È fatto di rimproveri reciproci sulle cose non fatte. Renzi chiede "sentenze rapide", i magistrati lamentano che non hanno i mezzi e la prescrizione uccide i processi. Chi ha ragione?
"Si può essere tutti d'accordo su tre cose messe in fila. Che vanno cercati più mezzi come stiamo facendo, che vanno introdotti nuovi meccanismi processuali per rendere più rapido il processo e modificare il meccanismo della prescrizione, e che tra i diversi uffici ci sono performance diverse, a parità di leggi e risorse. Indicare cosa non funziona nei diversi uffici non significa negare gli altri tipi di intervento. Sennò non ci sarebbero percentuali così diverse sulla prescrizione, con uffici che ne hanno una prossima allo zero e realtà dove i numeri sono molto più alti".

È rimasta negativamente famosa tra le toghe la battuta di Renzi sui "giudici fannulloni". Anche lei quindi dice che ci sono toghe più lente?
"Questa discussione può funzionare meglio se stiamo ai numeri. I magistrati italiani, in media, lavorano più dei colleghi europei, ma spesso gli uffici sono organizzati in modo molto diverso. Queste differenze pesano tanto sulle performance del civile, quanto sul penale. Io rivendico il merito di aver costruito la banca dati che consente di misurare le differenze, e quindi di intervenire".

Negli Usa le hanno fatto i complimenti perché l'Italia ha scalato 49 posizioni nella classifica di Doing Business. Ma un processo civile che dura 8 anni non è economicamente inaccettabile?
"Penso sia abbastanza improbabile che un Paese con processi che duravano quasi 9 anni improvvisamente, nell'arco di un anno o due, abbia i più rapidi d'Europa. Ma se stiamo ai numeri scopriamo che, se proseguirà il trend di miglioramento che si è manifestato tra il 2013 e il 2014, cioè gli ultimi dati consolidati, nell'arco di 4-5 anni potremmo avere processi con tempi in linea con l'Europa e questo è dovuto all'importante lavoro di deflazione che ci ha portato da 6 milioni di cause pendenti a 4,2 e all'informatizzazione dei tre gradi di giudizio, che siamo gli unici ad aver fatto nella Ue".

Perché l'impegno messo nel civile non c'è nel penale? Come spiega che la prescrizione, un testo varato a palazzo Chigi il 29 agosto 2014, non sia ancora legge?
"Non è così. Questo è stato uno dei temi che più ha diviso la maggioranza, il Parlamento e l'opinione pubblica. I risultati nel civile ci sono stati perché la materia era ed è meno divisiva e perché si è potuto intervenire sotto il profilo organizzativo senza nuove norme, tant'è vero che la riforma organica del processo civile è in coda dietro a quella del processo penale che il Senato discute in questi giorni. Ma alcuni interventi di deflazione del processo penale sono stati realizzati".

Sulla prescrizione le toghe vorrebbero uno stop definitivo dopo il rinvio a giudizio. La proposta del governo (blocco dopo il primo grado e 3 anni in più tra Appello e Cassazione) è troppo per Ncd. Come se ne esce?
"Tenendo come riferimento ciò che è uscito dal Consiglio dei ministri e verificando quali possano essere le modifiche introdotte dal Parlamento sulle quali c'è il necessario consenso".

Perché non avete tenuto conto delle proposte di Gratteri?
"Su ecoreati, processo penale e beni confiscati il lavoro di Gratteri è stato tenuto in considerazione ed utilizzato".

L'orologio dei tempi parlamentari segna quasi 602 giorni. Lei può fare una previsione di quando si chiuderà?
"Sulla prescrizione credo sia ragionevole pensare di chiudere entro l'estate. Capisco la diffidenza, ma è la stessa che faceva scommettere molti sul fatto che falso in bilancio, autoriciclaggio, estensione della responsabilità all'incaricato di pubblico servizio, sconti di pena per l'imputato che collabora, ecoreati, sarebbero tutti andati a finire in un nulla di fatto".

La corruzione. Tema del tutto divisivo. Dice Davigo, i politici inquisiti non si vergognano, ribatte Renzi "faccia i nomi".
"Per il lavoro che abbiamo da fare - noi vogliamo sconfiggere la corruzione tanto quanto Davigo - non mi avventurerei in complesse ricostruzioni storico sociologiche. Cercherei di capire se i meccanismi di prevenzione e di repressione funzionano. L'Onu ha certificato che la nostra legge anticorruzione attua le convenzioni internazionali. Ci sono altre cose da fare? Discutiamone, purché le idee e le priorità non cambino ogni sei mesi, altrimenti sarà difficile fare un'analisi obiettiva dell'efficacia degli strumenti e la discussione rischia di spostarsi più su quello che si presume che manchi che su quello che dobbiamo fare per far funzionare bene ciò che già c'è".

Intercettazioni. Il premier lamenta una "barbarie giustizialista". Per le toghe gli ascolti sono fondamentali per le inchieste. La sua delega ostacolerà le inchieste e renderà impossibile pubblicare gli ascolti?
"La delega rafforza la possibilità di ascolti per i reati contro la pubblica amministrazione e non li limita come strumento di indagine in nessun ambito. Si pone gli stessi obiettivi di diverse e importanti procure che hanno disciplinato l'utilizzo di quelle penalmente non rilevanti. Si tratta di procure che non credo abbiano fatto sconti a nessuno sul fronte della corruzione".

© Riproduzione riservata
26 aprile 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/04/26/news/_daremo_mezzi_e_risorse_per_processi_piu_rapidi_entro_luglio_la_prescrizione_-138468026/?ref=HREC1-2
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« Risposta #125 inserito:: Settembre 29, 2016, 05:25:42 pm »

Riforma Giustizia, Renzi: "Non metto la fiducia contro Anm". E al Senato il ddl slitta
Il nuovo annuncio del premier sulla battaglia in corso nell'aula di Palazzo Madama.
Si tratterebbe, in sostanza, di un atto ostile nei confronti dell'Anm

Di LIANA MILELLA
28 settembre 2016
ROMA -  "Tendenzialmente mi sentirei di escludere la fiducia" sulla riforma della giustizia in discussione al Senato, perché si tratterebbe, in sostanza, di un atto ostile nei confronti dell'Anm. Questo il nuovo annuncio del premier Matteo Renzi sulla battaglia in corso nell'aula di Palazzo Madama. Ma tutto potrebbe essere rinviato, in attesa che le acque si calmino, visto che la maggioranza ha chiesto una inversione dell'ordine del giorno sui provvedimenti in aula. Facendo slittare così il ddl sul processo penale.

Non è una battaglia sui grandi principi, ma banalmente sui numeri della maggioranza al Senato, quella che si sta giocando sul disegno di legge che riforma anche i tempi della prescrizione e, con una futura delega al governo, pure le intercettazioni. Provvedimento fortemente divisivo, in cui da ben due anni si scontrano le anime garantiste e quelle più radicalmente riformatrici della politica. I magistrati – ora con l'Anm di Pier Camillo Davigo, ma già prima con Rodolfo Sabelli – hanno sempre detto che la riforma è destinata a danneggiare le indagini e i tempi del processi. “Inutile e dannosa” l'ha definita lo stesso Davigo domenica davanti al Guardasigilli Andrea Orlando. Prescrizione sempre minacciosa, bavaglio sulle intercettazioni, scure sui tempi delle indagini col rischio che i procuratori generali avochino i fascicoli se il pm non rispetta i tempi della chiusura delle indagini.

Ma tant'è. Adesso, in queste ore nell'aula di palazzo Madama, non è tanto in discussione il contenuto degli oltre 40 articoli del ddl, ma che figura faranno il governo Renzi e il Guardasigilli Orlando di fronte agli oltre 170 voti segreti in cui rischiano di convergere i mal di pancia della sinistra Pd e la voglia di far cadere Renzi dei 5stelle.

Per questo Renzi e Orlando, ormai da giorni, giocano a buttarsi l'uno sull'altro la responsabilità di chiudere la partita con un voto di fiducia. Dice il premier di buon mattino “non metto la fiducia contro l'Anm”, ma appena poche ore prima, durante il consiglio dei ministri, lo stesso Renzi ha autorizzato la fiducia. Gliel'ha chiesta il ministro della Giustizia Orlando, che a sua volta, mentre la chiede, dichiara anche che non la vuole e preferisce “votare articolo per articolo”.

Lo ripete da giorni, mentre dal Senato gli arriva l'insistente tam tam di Luigi Zanda, il realista capogruppo del Pd, che ascolta le voci dei colleghi ed è certo che, con i voti segreti, la maggioranza rischia seriamente di andare sotto. Un gioco delle parti, in cui il dato di fatto è uno: dal 30 giugno del 2014 il governo Renzi promette la riforma della prescrizione per allungare i tempi della giustizia, il 29 agosto 2014 vara il suo ddl, su cui i magistrati si dichiarano subito contrari, ma siamo ancora qui con un maggioranza incerta sull'esito delle votazioni. Nonostante il presidente del Senato Piero Grasso – autore di un suo ddl sin dal primo giorno di legislatura che contiene anche il blocco della prescrizione dopo il primo grado – abbia in tutti i modi sollecitato il governo ad andare avanti.

Come andrà a finire? Il ministro dell'Interno Alfano, che a palazzo Chigi ha chiesto con insistenza il voto di fiducia, a Renzi e Orlando l'ha spiegata così: “Noi di Ap ci impegniamo a votare in modo compatto il testo che è uscito dalla commissione Giustizia. Ma non ammettiamo cambiamenti. Se questo dovesse avvenire allora bisogna fermarsi e tornare in commissione”. Su questo Renzi autorizza la fiducia, ma si riserva di fare un'ulteriore verifica sui numeri. Perché, anche con la fiducia, il governo rischia lo stesso. Il gruppo Ala di Verdini ha già annunciato che non voterà comunque la fiducia, quindi il governo va sotto, a meno che i senatori di Ala non escano dall'aula in modo da far abbassare il numero legale. Ma potrebbe non bastare, perché ci sono forti perplessità del Pd. Quelle del relatore Felice Casson per esempio, che ha mantenuto, nonostante gli insistenti inviti al ritiro, gli emendamenti sulla prescrizione. Non una sospensione di 36 mesi dopo il primo grado, equamente divisi tra appello e Cassazione, ma uno stop definitivo. Proposta che M5S condivide e che, nell'incertezza dei numeri, potrebbe anche passare in aula.

Per questo, proprio in queste ore, si stanno freneticamente facendo i conti di chi c'è e chi non c'è in aula. Renzi, dopo le verifiche notturne, ha frenato sulla fiducia, giustificandosi con l'Anm, ma lo spauracchio è il rischio per il governo di cadere proprio con la fiducia. “I numeri sono risicati” ammette lo stesso Orlando. Le prime verifiche della mattina confermano che tra oggi e domani ci sono troppi parlamentari assenti, per cui “radio Senato” già dice che, a questo punto, la fiducia potrebbe essere messa martedì della prossima settimana. Nel frattempo si voteranno i primo articoli che non presentano ostacoli, fermandosi proprio sulla prescrizione.

L'alternativa è rinviare tutto a dopo il referendum, il vero protagonista ormai di qualsiasi passo governativo. Una figuraccia sul processo penale – che contiene anche l'aumento delle pene per furti e scippi su cui tutti sono d'accordo – sarebbe utilizzata da chi è contro Renzi e contro il referendum per dire che il governo è debole. Quindi meglio essere prudenti e soppesare bene una possibile fiducia. Altrimenti se ne parla dopo il 4 dicembre.   
 

© Riproduzione riservata 28 settembre 2016
Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/09/28/news/riforma_giustizia_renzi_frena_non_posso_mettere_la_fiducia_contro_i_magistrati_-148673352/?ref=HREC1-5
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« Risposta #126 inserito:: Febbraio 28, 2017, 11:18:02 pm »

Donatella Ferranti: "Emiliano scelga: o il partito o la toga, si dimetta se vuol diventare segretario"
La presidente della Commissione Giustizia, magistrato eletta nei democratici: "La legge non prevede deroghe di alcun tipo"

Di LIANA MILELLA
27 febbraio 2017

ROMA. "Emiliano deve scegliere, o la guida del Pd o la magistratura". Dice così Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia della Camera, toga eletta con il Pd.

Emiliano, candidato alla segreteria del Pd, ma ancora magistrato. É possibile?
"Siamo di fronte a un caso limite. Per un magistrato un conto è partecipare attivamente alla vita politica, mettendosi ovviamente in aspettativa, altro è non solo iscriversi a un partito, ma entrare nella sua direzione, al punto da candidarsi alla guida".

Quindi dovrebbe scegliere o di restare magistrato o di fare il politico a tempo pieno.
"Io credo che per i ruoli politici che Emiliano ha già rivestito nel partito, abbia già fatto una scelta di campo, quella della politica".

Emiliano non solo è stato sindaco di Bari e governatore della Puglia, ma anche segretario e presidente regionale del Pd.
"Si tratta di una condotta vietata espressamente dal nostro ordinamento disciplinare...".

Parla di quello di Berlusconi-Castelli del 2006?
"Sì, che peraltro ha anche superato il vaglio della Consulta che, con una sentenza del 2009, ha ribadito che sia i magistrati in ruolo che quelli in aspettativa devono rispettare le stesse regole".
Il divieto di iscriversi ai partiti è tassativo per entrambe le condizioni o sono possibili deroghe come sostiene Emiliano?
"La legge non prevede deroghe di alcun tipo e vieta sia la mera iscrizione che la partecipazione attiva, sistematica e continuativa alla vita dei partiti politici".

Allora Emiliano avrebbe già dovuto deporre la toga?
"A mio parere, se si vuole dirigere un partito, al punto da candidarsi alla segreteria nazionale, non si può continuare a restare in magistratura".

Perché l'azione disciplinare del pg della Cassazione è solo del 2014?
"Dovrebbe chiederlo alla Suprema Corte. Mi sfuggono le ragioni, posso ipotizzare che la notizia sia stata acquisita solo successivamente".

Ora la storia si complica. Perché lui diventa teste in un'inchiesta che vede tra gli indagati il padre di Renzi.
"Questa è una storia a parte, di cui so quello che leggo sui giornali. Sarebbe bene non sovrapporre i diversi ruoli e fare in modo che la competizione tra i candidati alla segreteria sia svincolata dalle inchieste giudiziarie".

Che differenza c'è tra la situazione di Emiliano e quella di un parlamentare che, come nel suo caso, si candida per un partito?
"La differenza è notevole, innanzitutto io non sono mai stata iscritta a un partito e non lo sono adesso. Né ho avuto mai incarichi presso la direzione del Pd. La Costituzione all'articolo 51 garantisce l'elettorato passivo a tutti i cittadini, anche ai magistrati, ma prevede, all'articolo 98, che la legge limiti per noi toghe, ma anche per altri (militari, funzionari di polizia, diplomatici), l'iscrizione a un partito che è un'associazione privata, e quindi comporta dei vincoli gerarchici interni e un'obbedienza in netto contrasto con l'essere magistrato sia pure in aspettativa".

© Riproduzione riservata
27 febbraio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/02/27/news/donatella_ferranti_emiliano_scelga_o_il_partito_o_la_toga_si_dimetta_se_vuol_diventare_segretario_-159355919/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P1-S1.6-T2
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« Risposta #127 inserito:: Marzo 16, 2017, 12:40:47 pm »

Giustizia, prescrizione lunga e rischio bavaglio: dopo quasi mille giorni sì alla prima fiducia sulla riforma
Il Senato ha approvato la fiducia sulla legge che cambia il processo penale. Le intercettazioni "private" resteranno secretate.
Tetto di due anni alle indagini, poi il pm dovrà passare il fascicolo alla procura generale.  Orlando tra due fuochi: centristi e Anm   
        
Di LIANA MILELLA

15 marzo 2017

Giustizia, prescrizione lunga e rischio bavaglio: dopo quasi mille giorni sì alla prima fiducia sulla riforma Passa nell'Aula del Senato la riforma del processo penale con il voto di fiducia. I sì sono stati 156, i no 121, un astenuto. Il testo, già approvato alla Camera il 23 settembre 2015, essendo stato modificato, torna ora all'esame di Montecitorio. Il maxiemendamento prevede fra l'altro che il governo dovrà adottare su proposta del ministro della Giustizia i decreti legislativi per la riforma della disciplina delle intercettazioni "nel termine di tre mesi".

SONO TRASCORSI Novecentoventisei giorni dal primo sì in consiglio dei ministri - il 30 agosto 2014 - a oggi, alla approvazione della fiducia al Senato sul disegno di legge Orlando che riscrive pezzi dei codici penale e di procedura penale. Si potrebbe risalire indietro ancora di un paio di mesi, a quel 30 giugno dello stesso anno, quando Renzi premier annunciò la riforma della giustizia in 12 punti. Dentro ci sono la prescrizione più lunga, ma pure la stretta sull’uso e la divulgazione delle intercettazioni, l’Acqua Santa e il Diavolo, vedendola dalla parte dei magistrati. Il Guardasigilli Andrea Orlando, tempra di mediatore nato, ha lavorato allo stremo su due fronti: dentro la maggioranza per sopire il conservatorismo di Ncd che ancora adesso vagheggia future modifiche nell’ultimo passaggio alla Camera, e sul fronte della magistratura per disinnescare la mina delle intercettazioni, inciampando però nel principio dell’avocazione – il pm deve chiudere con le richieste, dopo due anni di indagini, sennò si vede sfilare il caso dalla procura generale – che offre miccia all’Anm.

Per un caso, la fiducia cade proprio nel giorno del caso Lotti al Senato, e questo inasprisce la “guerra” di M5S. Un coincidenza che certo non giova né a Orlando, né al suo processo penale. Destinata a enfatizzare la dietrologia. Soprattutto sulle intercettazioni, di certo il piatto forte del ddl assieme alla prescrizione. La delega, che Orlando si appresta a esercitare con rapidità e con la “complicità” dei procuratori, inevitabilmente cambierà anche la storia del giornalismo giudiziario. Perché – ma le circolari di molte procure della Repubblica lo hanno già anticipato – in futuro gli scartafacci sugli arresti non saranno più quelli di oggi. Tra i 40 articoli del ddl penale quello che fino a ieri, prima del maxi-emendamento del governo, portava il numero 35, riscrive le regole sull’uso delle intercettazioni, non solo da parte dei pubblici ministeri e dei gip, ma anche dei giornalisti. Orlando dice che non sarà un «bavaglio», procuratori come Pignatone, Spataro, Lo Voi, sono pronti a entrare nella sua commissione, ma l’odore della stretta c’è comunque. Quando la delega sarà legge vedremo più di un pm e di un gip porsi la domanda “ma questa intercettazione la metto o non la metto?”, “la chiudo in cassaforte per sempre oppure la uso?”, “è necessaria oppure è superflua?”. Di conseguenza, inevitabilmente, caleranno anche le notizie pubblicabili. Molto, ovviamente, dipenderà dalla magistratura chiamata a una sfida sulla trasparenza degli atti.

  Non potrà che far discutere, giusto oggi, anche la norma che esclude la possibilità di utilizzare i Trojan Horse, i nuovi software spia, anche per i reati di corruzione. Sì per il terrorismo e la mafia, no invece contro le mazzette. Un’incomprensibile esclusione, mentre la corruzione dilaga e il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone dice a Repubblica “via i politici da gare e appalti”. Tant’è, la politica avrebbe potuto dare un nuovo strumento, ma si è fermata prima.

Così come si blocca sulla prescrizione, dove il compromesso è sotto gli occhi di tutti. Ancora in queste ore il ministro della Famiglia Enrico Costa, alfaniano, una vera “ossessione” per la prescrizione più lunga, contesta il rischio che la conseguenza di una simile riforma sia solo quella di avere processi più lunghi degli attuali. In realtà parliamo solo di 36 mesi, tre anni. L’orologio si ferma solo temporaneamente dopo il primo grado, resta bloccato per 18 mesi in appello e 18 in Cassazione, ma poi inesorabilmente riprende a correre. Stupisce che l’Anm, proprio su questo, non abbia fatto una grande campagna. Tutte le toghe ne parlano da sempre, quelle più famose, Pier Camillo Davigo in testa, sostenendo che la prescrizione dovrebbe fermarsi definitivamente dopo il primo grado, ma alla fine la voce del sindacato dei magistrati si è fatta sentire di più sulla proroga dell’età pensionabile per 18 colleghi e sul rischio avocazione delle inchieste che non sulla prescrizione.

Intendiamoci, l’avocazione è un pericolo, soprattutto se messa in mani cattive. La norma stabilisce che dopo due anni di indagini preliminari il pm ha solo tre mesi di tempo per decidere che fare, se archiviare o andare avanti. Davigo vede procure generali inadeguate, inadatte, ingolfate, l’inizio di un nuovo caos. Ma tant’è, su questo Orlando è stato irremovibile.

Luci – pene minime più alte per furti, scippi e rapine – ma anche ombre oscure – il rito abbreviato avrebbe potuto essere vietato ed escluso per i reati gravi, mentre invece continuerà a essere concesso – fanno sospendere il giudizio sul ddl Orlando. Ci sono deleghe da scrivere, come quella sull’ordinamento penitenziario, e capitoli delicatissimi da affrontare come quello sulle Rems, le residenze che prenderanno il posto degli ospedali psichiatrici e le sezioni specializzate degli istituti penitenziari a seconda della gravità dei casi e delle condanne. Materia incandescente,

su cui la vigilanza rispetto a soggetti deboli e privi di tutela non potrà che essere massima. Ma il cammino del ddl penale, con oggi, non è ancora finito. E l’ulteriore passaggio alla Camera permetterà di guardare ancora le criticità.     

© Riproduzione riservata 15 marzo 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/03/15/news/prescrizione_lunga_e_rischio_bavaglio_dopo_quasi_mille_giorni_fiducia_sulla_riforma-160584462/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P7-S1.6-T1
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« Risposta #128 inserito:: Maggio 08, 2017, 10:46:26 am »

Legittima difesa, ecco l'emendamento che dà via libera all'uso delle armi
In aula la discussione sulla modifica dell'articolo 52 del codice penale.
Possibile sparare in caso di aggressioni notturne e di violenza


Di LIANA MILELLA
03 maggio 2017

ROMA - Ecco il testo dell'emendamento sulla legittima difesa che oggi alla Camera metterà d'accordo Pd e gli alfaniani. È stato appena approvato dal gruppo del Pd e oggi è in Aula. Prevede che per la vittima di un'aggressione la reazione è considerata legittima difesa, quindi anche possibile con le armi, quando si verifica 'di notte', con 'violenza sulle persone o sulle cose'.

La mediazione si è resa necessaria dopo che i centristi avevano minacciato di non votare più il provvedimento se l'asticella dell'articolo 52 del Codice penale non fosse stata spostata "più in alto", ampliando cioè la possibilità di ricorrere all'uso delle armi da parte della vittima.

Oggi non viene considerato punibile chi reagisce contro il pericolo di un'offesa 'ingiusta' e se 'la difesa è proporzionata all'offesa'. Il nuovo testo considera, invece, legittima semplicemente "la reazione a un'aggressione commessa in tempo di notte nonché la reazione" all'introduzione di malviventi nel proprio domicilio "con violenza alle persone e alle cose", oppure "con la minaccia o con l'inganno". La stessa reazione armata sarà dunque considerata legittima difesa.

La discussione a Montecitorio è in corso, il voto è previsto - ma dipenderà anche dalle barricate leghiste - entro stasera.

 © Riproduzione riservata 03 maggio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/05/03/news/legittima_difesa_ecco_l_emendamento_che_da_via_libera_all_uso_delle_armi-164503361/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P1-S1.6-T1
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« Risposta #129 inserito:: Maggio 19, 2017, 02:33:20 pm »

Orlando: "Non doveva uscire la telefonata tra padre e figlio, subito le norme anti-abusi"
Il ministro della Giustizia: "Il punto è impedire la fuga di notizie, il governo metta la fiducia sul mio provvedimento"

Di LIANA MILELLA
19 maggio 2017

ROMA. Le intercettazioni? "Se si vuole risolvere il problema si approvi la legge". Ne è sicuro? "Se non lo fossi non ci avrei lavorato da tre anni". È convinto che dopo non uscirà più una telefonata? "Non esiste una certezza in questo senso, ma la mia legge limiterebbe il rischio". Dice così il Guardasigilli Andrea Orlando.

Telefonata Renzi figlio-Renzi padre. Cos'ha pensato appena l'ha letta?
"Che non doveva stare sul giornale perché non ha alcuna rilevanza penale. Quindi non doveva stare neppure tra gli atti processuali. E mi sono ancor più sorpreso che, non essendoci, fosse stata diffusa. Per questo è necessario fare la massima chiarezza".

Ma del contenuto che dice?
"Entrare nelle dinamiche familiari altrui è difficile quando si è direttamente coinvolti, figurarsi su quelle pubblicate da un giornale. Mi sembra un elemento di inciviltà pretendere di trarre valutazioni politiche da una conversazione del genere".

Non mi dirà che non andava pubblicata...
"Ho pensato che non era giusto diffonderla, chi si trova una conversazione del genere tra le mani, è difficile che dica di no. Il problema è evitare le fughe. Intervenire sulla pubblicazione diventa complicato nell'epoca di internet ".

Ne fa una questione di tutela della privacy?
"La Costituzione autorizza a entrare nella corrispondenza personale in funzione di finalità previste dalla legge, non per dare valutazioni morali o fare analisi socio- culturali. Le intercettazioni servono per fare i processi, i processi per accertare dei fatti".

Non ritiene che un uomo pubblico abbia diritto a una privacy attenuata?
"... e chi è un uomo pubblico? Il potere non è solo politico. Perché non ci dovrebbe essere la privacy attenuata per i giornalisti? Lei ha un potere molto grande, perché non attenuare la sua privacy per vedere come esercita questo potere? Capisce che su questa via si sa dove si inizia ma non dove si finisce".

Il politico risponde agli elettori, il giornalista ai lettori, o no?
"Mi rendo conto che la mia è una provocazione, ma esistono oggi poteri di fatto che incidono nella vita di tutti in modo assai più forte della politica".

Eppure le sentenze da Strasburgo parlano di privacy attenuata per i politici.
"Non riguardo alle intercettazioni. La loro diffusione è un'anomalia tutta italiana".

Napolitano vede "un'insopportabile violazione della privacy ". Lei ritiene davvero che quella conversazione non debba mai finire nel processo?
"In sé quella telefonata no. Un figlio che dice al padre di rispondere in modo corretto non è un fatto di rilevanza penale. In connessione con altre conversazioni potrebbe assumere un altro significato, ma proprio questa considerazione ci fa capire quanto sia arbitraria e fuorviante la pubblicazione di singoli stralci".

Il presidente Pd Orfini parla di "attentato alla democrazia".
"Le parole andrebbero pesate di più soprattutto quando si svolgono funzioni politiche così importanti. Nessuno può negare che ci siano stati fatti molto gravi su cui bisogna accettare le responsabilità. Se però si hanno elementi stringenti per parlare di una regia unica di fatti avvenuti in contesti diversi e se si ritiene che questa azione sia finalizzata a destabilizzare la democrazia, allora bisogna essere conseguenti, si devono investire le istituzioni e chiamare il popolo a una mobilitazione. Altrimenti si cade nel complottismo, un genere di cui di solito hanno fatto storicamente abuso le destre populiste".

Come esce il Pd dal caso Consip?
"Mi pare che il caso sia solo alle primissime battute. E la cattiva abitudine di trarre delle conseguenze dall'inizio di un processo, e non dalla sua fine o almeno dal suo sviluppo, si accompagna quasi sempre alla pretesa di definire giudizi morali. Questo non fa bene né all'informazione né ai processi ".

Manderà gli ispettori tra Napoli e Roma?
"Quando si ravvisa una possibile irregolarità il primo passo è l'avvio degli accertamenti preliminari. Qualora dimostrassero elementi concreti si prosegue con l'invio degli ispettori. L'eventuale azione disciplinare è all'esito del loro lavoro. È molto probabile che in alcune di queste vicende gli accertamenti preliminari porteranno alle fasi successive".

Crede alla guerra tra le procure di Roma e Napoli?
"I magistrati interessati lo hanno escluso. Le procure, quelle così grandi in particolare, non sono dei monoliti. L'ordinamento prevede un potere diffuso, l'autonomia di ogni singolo magistrato. Per questo è importante il coordinamento che i capi devono esercitare. E per questo è fondamentale che questi ruoli non restino sguarniti".

Le intercettazioni e il suo ddl penale. Renzi ostacola la fiducia. È lo strascico delle primarie?
"Non credo. Mi auguro che tutto il Pd si convinca del fatto che c'è una contraddizione tra il denunciare l'utilizzo improprio delle intercettazioni e tenere ferma una legge che affronta il tema per più di tre anni, compresa la campagna referendaria sulla quale si riteneva che la legge potesse avere un impatto negativo ".

Ma la fiducia è necessaria?
"Sì, perché penso che una qualunque modifica al testo, possibile con i voti segreti, lo rimanderebbe al Senato, e quindi, dato lo stato avanzato della legislatura, a un nulla di fatto".

Sa che Alfano non la vuole e pretende che lei cambi la prescrizione...
" L'attuale testo è stato concordato, punto per punto, con il presidente della commissione giustizia del senato, il senatore D'Ascola, del partito di Alfano".

Ma non è che Renzi rema contro il ddl penale perché teme che ostacoli la legge letterale?
"I due provvedimenti, dal punto di vista del calendario, sono assolutamente compatibili. Io voglio, almeno quanto Renzi, che la nuova legge elettorale sia approvata, tanto più che il testo di cui si sta discutendo assume uno dei punti su cui mi sono caratterizzato durante il congresso, l'esigenza di costruire un centrosinistra largo e competitivo".

Con la delega sulle intercettazioni che succede? Il governo Gentiloni farà quello che voleva fare Berlusconi, bavaglio su magistrati e giornalisti?
"Sono due interventi che non hanno alcun punto di contatto. Noi non limitiamo in alcun modo l'utilizzo delle intercettazioni come strumento di indagine, ma mettiamo paletti più stringenti per evitare la diffusione di conversazioni che non hanno rilevanza penale e in generale per evitare fughe di notizie che possono perfino pregiudicare le indagini".

Anche con le circolari delle procure, proprio quelle di Napoli e di Roma, le telefonate escono lo stesso. È proprio necessaria una legge?
"Non è che il divieto di un fenomeno di per sé lo elimini.

Sicuramente una legge è più stringente di una circolare, e vale per tutto il territorio nazionale e può stabilire responsabilità più certe. Anche la prima applicazione delle circolari ci potrà servire per capire cosa va precisato e cosa corretto ".

© Riproduzione riservata 19 maggio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/05/19/news/orlando_non_doveva_uscire_la_telefonata_tra_padre_e_figlio_subito_le_norme_anti-abusi_-165799626/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T1
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« Risposta #130 inserito:: Giugno 05, 2017, 11:48:57 am »

Legge elettorale, Grasso: "Attenti alla costituzionalità.
E serve un patto di legislatura per salvare le leggi importanti"
Il presidente del Senato avverte le forze politiche: "Non vorrei che dopo due verdetti della Corte ce ne potesse essere un terzo"

Di LIANA MILELLA
04 giugno 2017

ROMA - "Un patto di fine legislatura per le leggi da salvare e una legge elettorale a sicura prova di costituzionalità". Piero Grasso apre il Senato a molte famiglie vogliose di selfie, si concede ai bambini sorridente, condivide l'iniziativa sulle leggi da salvare di Repubblica, lancia un patto per chiudere positivamente la legislatura e dice: "Si approvi tutto prima del voto".

Presidente Grasso, allora, rischiamo di andare a una chiusura anticipata delle Camere. Ma tante leggi - Repubblica ne ha individuate sei - potrebbero andare perdute. Lei vede una possibile soluzione?
"Chiedo alle forze politiche un patto di fine legislatura, non sui tempi - tre mesi in più o in meno non fanno la differenza - ma sui contenuti: prima del voto si approvino in via definitiva i provvedimenti importanti e si mettano in sicurezza i conti".

Lei ha vissuto una presidenza tormentata, spesso non sono mancati i contrasti con i suoi colleghi proprio sui tempi dei lavori. Condivide il nostro elenco?
"Sì, condivido l'elenco di Repubblica. Io stesso ne feci uno molto simile in un'intervista del gennaio scorso. Alle vostre sei leggi vorrei aggiungere anche quella contro l'omofobia. Ricevo spesso lettere dolorose di ragazze e ragazzi che ne sottolineano l'importanza per un effettivo salto culturale. Aggiungerei anche la riforma della giustizia civile, che è qui al Senato, fondamentale per attrarre maggiori investimenti stranieri".

Ritiene che il tempo rimasto, solo poche settimane nell'ipotesi più risicata, possa davvero bastare per affrontare leggi anche fortemente divisive, penso per esempio al processo penale oppure al reato di tortura? Oppure sarebbe meglio rinunciare?
"I tempi dipendono soltanto dalla volontà politica. Se in meno di una settimana si porta in aula alla Camera un testo importante come la legge elettorale, allora sembra davvero impossibile che ci vogliano anni per la legge sulla concorrenza, per il processo penale oppure per il Codice antimafia".

Scusi se insisto, ma i tempi sono importanti. Dai suoi calcoli lei trae, invece, qualche buon segnale? Oppure bisogna rinunciare e aspettare ancora un'altra legislatura nonostante quelle già trascorse proprio come nel caso della tortura?
"Dalla mia recente esperienza politica ho capito che se i partiti ne hanno intenzione, di qui ad agosto, si può fare tutto. Maggioranza e opposizioni collaborino su questi temi, attesi da anni dai cittadini, cercando di migliorare i testi laddove ce n'è bisogno: rispettare questi impegni e mettere in salvaguardia i conti fa la differenza tra l'avventurismo e la responsabilità".

Il suo è un appello ai partiti. Ma poi, sul piano dell'iniziativa concreta, il presidente del Senato che cosa può fare? Che iniziative può assumere? Fino a che punto può spingere per, non dico imporre, ma quantomeno caldeggiare l'approvazione di un provvedimento?
"Purtroppo i margini del presidente sul calendario dell'aula non vanno al di là della proposta e della moral suasion: è l'accordo tra i gruppi - che poi a loro volta determinano una maggioranza nella riunione dei capigruppo - a definire le tempistiche. Spero che le tensioni che si registrano nella maggioranza in questi giorni non si scarichino su questi temi: perché sarebbe davvero un errore imperdonabile ".

Lo scontro tra Renzi e Alfano è pubblico e nasce per la legge elettorale. Qual è il suo giudizio sul modello raggiunto? Pensa possa essere risolutivo per gli equilibri politici futuri e per avere una maggioranza stabile?
"Della legge elettorale non parlo. Il mio ruolo mi impedisce di entrare nello specifico. Sento solo il dovere di richiamare tutti a una grande attenzione: non vorrei che dopo due sonore bocciature per incostituzionalità ce ne potesse essere una terza"

Per quello che ha potuto osservare fino a oggi ritiene che questa legge andrà in porto? Oppure ci saranno degli ostacoli?
"Il mio modo di pensare è sempre stato: un passo alla volta dopo aver verificato la solidità del terreno. Registro che intorno alla legge elettorale è maturato un ampio consenso. Ora è in discussione alla Camera, io aspetto che arrivi in Senato, dove dovrà essere affrontata prima in commissione e poi in aula, in tempi rapidi, ma senza forzature ".

Ritiene che una nuova legge elettorale sia indispensabile? E se non si riuscisse a raggiungere l'accordo? Se alla fine si finisse per votare con quello che resta dell'Italicum e con il Consultellum?
"Avere una legge elettorale omogenea per entrambe le Camere è fondamentale. È una condizione necessaria, ma non sufficiente, per chiedere lo scioglimento delle Camere. I partiti valutino con la massima serietà e responsabilità i tempi per il bene del Paese, approvino in Parlamento le leggi tanto attese dai cittadini, mettano in sicurezza i conti... e poi buona campagna elettorale a tutti".

© Riproduzione riservata 04 giugno 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/06/04/news/legge_elettorale_grasso_attenti_alla_costituzionalita_e_serve_un_patto_di_legislatura_per_salvare_le_leggi_importanti_-167194350/?ref=fbpr
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« Risposta #131 inserito:: Giugno 05, 2017, 12:10:37 pm »

Codice antimafia: confische allargate anche ai corrotti.
Ma la legge è sotto attacco da 18 mesi
Provvedimenti da salvare. La proposta di iniziativa popolare sottoscritta da Arci, Libera, Cgil, Acli e altri è ferma al Senato dal novembre 2015.
Ad ostacolarla Forza Italia e centristi. Sarà in aula a metà giugno dopo la manovra

Di LIANA MILELLA
31 maggio 2017

ROMA - Dal "buco nero" della commissione Giustizia del Senato potrebbe uscire a giorni, dopo esserci misteriosamente rimasto dalla fine di novembre del 2015 al 27 aprile di quest'anno. E approdare in aula, dopo la manovrina, nella seconda metà di giugno. Repubblica - come annuncia il direttore Mario Calabresi nel suo editoriale di oggi - ha inserito il nuovo Codice antimafia tra i sei provvedimenti da approvare prima delle elezioni: biotestamento, ius soli, processo penale, tortura, cannabis.

Trenta articoli assai tecnici quelli del Codice antimafia che ridisegnano il meccanismo delle misure di prevenzione, ma soprattutto introducono una novità rivoluzionaria, la vera "novità" del provvedimento, che lo rende visceralmente ostile alle pance di Forza Italia e degli alfaniani. Sequestri e misure contro i beni della mafia potranno essere applicate anche ai corrotti. Gli imputati di corruzione, anche in atti giudiziari, di induzione, di concussione, potranno vedersi sequestrato il patrimonio che finirà gestito dall'Agenzia per i beni confiscati. Alla Camera, dove il testo è stato votato l'11 novembre 2015, tra i reati figurava anche il peculato, ma al Senato hanno pensato bene di sfilarlo. Reato "troppo" lieve, non merita un trattamento severo...

Proprio la presenza delle norme contro i corrotti ha scatenato l'abituale guerriglia sulla giustizia di Forza Italia e di Ap. E non è un caso se i presidenti della commissione Giustizia del Senato siano stati, nell'ordine, prima il forzista Francesco Nitto Palma e attualmente l'avvocato di Reggio Calabria ed esponente di Ap Nico D'Ascola. Entrambi non si sono dati particolarmente da fare per accelerare la strada del nuovo Codice antimafia. Tutt'altro. Proprio da Ap, nelle scorse settimane, è venuto l'ultimo assalto che ha fatto slittare il voto in commissione e la possibilità di passare subito all'aula. Gli uomini dell'ex ministro dell'Interno Alfano, da sempre contro il doppio binario che consente un trattamento più aspro per chi commette reati di mafia e terrorismo, avevano proposto di inserire norme per rendere più facili i ricorsi in Cassazione anche per i mafiosi, sia per vizi di legittimità che di motivazione. Inoltre insistevano per un sistema più rigido per applicare le misure di prevenzione. Sono state necessarie più riunioni della maggioranza, in cui anche Anna Finocchiaro, il ministro Pd per i Rapporti con il Parlamento, ha giudicato "inaccettabili " le richieste dei centristi.

Dice l'ex giudice istruttore Felice Casson, ex Pd ora Mdp: "L'attuale impianto delle misure di prevenzione già funziona, ma il nuovo Codice inserisce positivamente la nuova confisca allargata ". Casson definisce "inaccettabili " le richieste dei centristi "perché ormai il principio del doppio binario per i reati di mafia e terrorismo è sottoscritto dalla Cassazione e dalla Consulta, ma anche dalle Corti europee".

Legge di iniziativa popolare, lanciata da "Io riattivo il lavoro", con un enorme bagaglio di firme è approdata alla Camera e ha soppiantato la legge del Guardasigilli Orlando. Ancora adesso l'ex relatore Davide Mattiello di Libera insiste perché la legge passi nella versione di Montecitorio, ipotesi ormai impossibile perché la commissione del Senato l'ha già modificata. La sponsorizzano Cgil, Libera, Arci, Acli, Legambiente, Avviso pubblico, Sos Impresa, il Centro studi Pio La Torre, ma sarebbe un miracolo se la legge riuscisse a farcela. Anche se il Senato dovesse licenziarla in aula la metà di giugno, nel cuneo tra manovrina e ammi dopo le amministrative, resterebbe lo scoglio dell'ulteriore passaggio alla Camera, incompatibile con l'eventuale scioglimento delle Camere a fine luglio.

Tra le novità da segnalare nel nuovo Codice antimafia sicuramente la stretta, dopo il caso

Saguto, sui giudici e gli amministratori giudiziari, che dovranno ruotare molto spesso. Singolare invece la previsione di ben sette sedi per la rifondata Agenzia per i beni confiscati, una a Roma al Viminale e altre sette in periferia (Reggio Calabria, Palermo, Catania, Napoli, Bologna, Milano).

© Riproduzione riservata 31 maggio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/05/31/news/codice_antimafia_confische_allargate_anche_ai_corrotti_ma_la_legge_e_sotto_attacco_da_18_mesi-166848949/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T1
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« Risposta #132 inserito:: Luglio 02, 2017, 05:21:00 pm »

Cambia ancora il codice Antimafia: obbligatorio il vincolo associativo per le misure di prevenzione
Per i reati di corruzione, sarà necessario anche l'indizio di associazione a delinquere


Di LIANA MILELLA
28 giugno 2017

ROMA- Cambia ancora il codice Antimafia. Per applicare le misure di prevenzione anche ai reati di corruzione, la vera novità del ddl sponsorizzato da Repubblica, ci vorrà pure il vincolo associativo. Accanto al singolo reato - peculato, malversazione, corruzione propria, concussione, induzione - il soggetto dovrà essere indiziato anche di 416, l'associazione a delinquere. Presentato l'emendamento dei due relatori, Beppe Lumia e Giorgio Pagliari, entrambi del Pd. Depositato alle 11.30 al Senato, dove il ddl di iniziativa popolare - ma studiato e messo a punto dalla commissione Antimafia di Rosy Bindi - dovrebbe affrontare il suo penultimo passaggio parlamentare. Il voto potrebbe cadere già stasera o al massimo domattina, festa a Roma di san Pietro e Paolo, ma in cui sia la Camera che il Senato lavorano in quanto istituzioni nazionali.

Sarà una maratona pesante, 80 emendamenti, un clima difficile, perché Forza Italia, già ieri durante la discussione generale con l'ex toga Giacomo Caliendo, è partita all'attacco contro "la legge schifezza", una legge duramente contestata dall'avvocato Nicolò Ghedini, il difensore di Silvio Berlusconi, che addirittura ha chiesto a Gianni Letta di parlare con il Pd per cambiare il testo.
L'emendamento dei due relatori
Il senatore forzista boccia la legge come "incostituzionale" e solleva tre problemi: le misure di prevenzione si possono applicare anche per reati antichi, violando il principio delle 'ragioni di attualità'; chi viene colpito da queste misure non può giustificare il denaro come provento di un'evasione fiscale; la stretta si applica alla corruzione anche senza la mafiosità. 

Critiche che, evidentemente, hanno fatto breccia nel Pd. Anche perché a sostenere gli stessi argomenti è l'alfaniano Enrico Costa, ministro della Famiglia nel governo Gentiloni, che ha annunciato la sua contrarietà, foriera di un voto contrario alla Camera, com'è già avvenuto per la legge sul processo penale per via della prescrizione.

Nel Pd è maturata, nel corso del weekend, l'idea di ritoccare il testo. Anche alla luce di un'audizione del procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti alla commissione Giustizia del Senato in cui il magistrato solleva proprio il problema del vincolo associativo. Ieri, in una lunga riunione della maggioranza al Senato, si è cominciato a discutere delle possibili modifiche. Con l'obiettivo di andare a un emendamento che, in questa fase parlamentare, solo governo e relatori possono presentare.

Scartata, almeno fino a ieri sera, l’ipotesi di "alleggerire" il parterre dei reati di corruzione per cui sono possibili le misure di prevenzione. A chi chiedeva con insistenza di togliere dalla lista almeno il peculato e la malversazione, il Pd ha replicato dicendo che "quell'elenco non si tocca". Maggiore disponibilità invece sul vincolo associativo, appoggiandosi anche al parere fornito da Roberti.

Ovviamente un'ipotesi di questo genere restringerebbe la possibilità di utilizzare le misure di prevenzione, perché sarebbero applicabili solo quando viene contestato non solo il singolo reato, ma anche l'associazione a delinquere. È improbabile che la correzione spinga Forza Italia a votare il testo. Potrebbero ammorbidirsi le perplessità degli alfaniani. Ma le modifiche potrebbero dispiacere a Mdp, che a quel punto accuserebbe il Pd di inciucio con Forza Italia. E la maggioranza andrebbe in affanno sui numeri.

© Riproduzione riservata 28 giugno 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/06/28/news/antimafia_pd_corruzione-169339850/?ref=RHPPRB-BH-I0-C4-P1-S1.4-T1
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« Risposta #133 inserito:: Settembre 17, 2017, 09:03:46 pm »

Consip, i carabinieri alla pm: “Noi vogliamo arrivare a Renzi”
Scafarto e Ultimo: “Abbiamo in mano due bombe”. I colloqui con la procuratrice di Modena Musti riferiti da lei stessa al Csm. Riguardavano i casi della società pubblica e della Cpl Concordia

Di DARIO DEL PORTO e LIANA MILELLA
15 settembre 2017

Roma -  "Dottoressa, lei, se vuole, ha una bomba in mano. Lei può far esplodere la bomba. Scoppierà un casino. Arriviamo a Renzi". Così, in più di un incontro tra Modena e Roma, il capitano del Noe Scafarto e il colonnello Ultimo si rivolsero alla procuratrice di Modena Lucia Musti. Sono le frasi shock riferite dalla magistrata durante l'audizione tenuta il 17 luglio scorso al Csm.

I colloqui risalgono alla primavera del 2015: ad aprile di quell'anno, la Procura di Modena aveva appena ricevuto gli atti dell'inchiesta sugli affari della coop Cpl Concordia, aperta dalla Procura di Napoli e poi trasmessa per competenza territoriale nella città emiliana. In quelle carte c'era anche la conversazione tra l'ex premier Matteo Renzi e il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi.

È la procuratrice a ricostruire i retroscena durante la seduta di oltre due ore e mezza davanti alla prima commissione del Csm, dove è aperto il procedimento per incompatibilità nei confronti del pm Henry John Woodcock, di cui sono relatori i togati Luca Palamara e Aldo Morgigni. Nel corso dell'audizione, la procuratrice Musti viene più volte incalzata dai consiglieri, che chiedono maggiori dettagli. E racconta di aver visto Scafarto e Ultimo particolarmente "spregiudicati" e come "presi da un delirio di onnipotenza".

Per tutto il mese di agosto, il contenuto dell'audizione, alla quale hanno preso parte non solo i componenti della prima commissione ma anche altri consiglieri del Csm, è rimasto coperto dal più stretto riserbo. Ieri mattina, Palazzo dei Marescialli ha deciso di mandare la documentazione alla Procura di Roma, che indaga nei confronti di Scafarto, di recente promosso maggiore, con le ipotesi di falso e rivelazione del segreto collegate al caso Consip. Queste nuove carte, dunque, aggiungono ulteriori tasselli sul comportamento dei Carabinieri rispetto alla complessa ricostruzione alla quale stanno lavorando il procuratore della capitale, Giuseppe Pignatone, con il suo aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi.

Al Csm, la procuratrice Musti ha raccontato di aver avuto un primo incontro a Modena con Scafarto e un secondo con lo stesso Scafarto e l'allora vicecomandante del Noe, Sergio De Caprio, conosciuto come il colonnello Ultimo a Roma. Colloqui sempre finalizzati esclusivamente a discutere dell'indagine. Gli ufficiali dei Cc le avrebbero parlato di due "bombe": una era rappresentata proprio dall'inchiesta sulla Cpl Concordia, ritenuta dagli investigatori in grado di aprire squarci sul sistema delle cooperative; l'altra era indicata nel caso Consip.

Il capitano Scafarto, ha spiegato Musti al Csm, avrebbe insistito sulla necessità di andare avanti nelle indagini sulla Cpl, al punto che la magistrata si sarebbe sentita in alcuni momenti quasi messa sotto pressione, come se la sua libertà e le sue prerogative di capo della Procura potessero in qualche misura essere coartate.

A luglio del 2015, la telefonata Renzi-Adinolfi fu pubblicata sul Fatto Quotidiano dopo essere stata depositata in diverso procedimento della Procura di Napoli, quello sulle presunte collusioni fra ex dirigenti della Concordia e la camorra, e all'insaputa dei magistrati delegati. Per questa vicenda, furono indagati per rivelazione colposa del segreto d'ufficio quattro sottufficiali del Noe, la cui posizione è stata poi archiviata. Anche la circostanza della pubblicazione della telefonata è all'attenzione della prima commissione del Csm, che in questi mesi ha già sentito il procuratore aggiunto di Napoli, Nunzio Fragliasso. Lunedì prossimo sono in programma le audizioni di altri due procuratori aggiunti: Alfonso D'Avino e Giuseppe Borrelli.

© Riproduzione riservata 15 settembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/09/15/news/consip_i_carabinieri_alla_pm_noi_vogliamo_arrivare_a_renzi_-175537057/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P5-S1.8-T1
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« Risposta #134 inserito:: Ottobre 05, 2017, 11:31:02 am »

L’ovazione di Mdp per Grasso e l’offerta dei bersaniani: “Puoi essere il leader”
Il presidente del Senato star alla festa del partito, pronto un posto in lista o anche la premiership se salta l’intesa con Pisapia.
"Io superpartes, ma resto un ragazzo di sinistra"

Di LIANA MILELLA
29 settembre 2017

ROMA -  L’invito è segreto, rivolto a Piero Grasso da Mdp. Diventare uno di loro. Non appena sarà possibile. Quando il presidente del Senato avrà dismesso i panni istituzionali. E – se la trattativa di Mdp con Pisapia dovesse andare male – correre come leader dei bersaniani alle prossime elezioni. Inutile cercare conferme ufficiali dallo stesso Grasso, neppure in una giornata speciale come quella vissuta ieri a Napoli, proprio alla festa di Mdp. Dove però è il “popolo” del partito che gli si stringe intorno e lo incorona leader. Tributandogli applausi a scena aperta.

E dove Bersani ascolta in prima fila la sua intervista pubblica, facendo più volte cenno di sì con la testa. Dopo un caffè riservato tra i due, sarà Grasso a sedersi e applaudire colui che, da segretario del Pd, nel dicembre 2012 gli offrì la candidatura convincendolo a lasciare il vertice della procura nazionale Antimafia e poi lo volle al vertice del Senato.

Reduce dalle feste del Pd e di Si, anche a Napoli Grasso non conferma nulla dei retroscena che pure, di giorno in giorno, si arricchiscono di dettagli. Quando Marco Damilano, dell’Espresso, gli chiede se e con chi si ricandiderà, il presidente quasi si schermisce: «Questa è stata un’esperienza entusiasmante. Il mio futuro non lo conosco. Da presidente del Senato non posso dire nulla, altrimenti domani non potrei presiedere l’aula. Ancora non lo so. Se c’è la possibilità di fare quel percorso visionario potrei iniziarlo insieme a chi è più visionario di me».

La platea lo incoraggia. Bersani sorride. Lui – camicia aperta sul collo – spiega cosa intende per centrosinistra: «Valori, principi e programmi che non si possono tradire». Una stoccata che colpisce Renzi: «Non si può guardare al centro e a destra». Poi la battuta che manda a mille l’applausometro: «Da presidente del Senato devo essere superpartes però ero, e sono rimasto, un ragazzo di sinistra». Diventa il leit motiv della serata. Un chiaro messaggio a chi, giusto in queste ore, ha ceduto sullo Ius soli: «Alla sinistra chiedo di non fare passi indietro sui principi. Perché non possiamo metterli da parte quando chiediamo i voti».

Bisognerà attendere prima di sapere quale sarà la scelta di Grasso. Ma la sua ricetta sul futuro del centrosinistra è già nelle parole che pronuncia a Napoli: «Io sono un’idealista. Dico di avere la visione del futuro e in testa l’obiettivo dell’unità a sinistra come unico obiettivo per non perdere». Gli viene spontanea la polemica -– «Ho detto una cosa lapalissiana» – con Matteo Orfini che lo ha attaccato per aver chiesto una legge elettorale «pienamente costituzionale». E fa affermazioni che piacciono alla platea di Mdp. Come quella sull’etica della politica e sulla scelta dei candidati «prima che intervengano indagini, processi, condanne».

Legge elettorale, Ius soli, codice Antimafia. Grasso parla chiaro e incassa applausi. Il codice? «Ho verificato, questa misura è nel programma del Pd». Detto proprio mentre Orfini lo definisce «un cedimento a una visione giustizialista». Il patto per cambiarlo? «Sarebbe un boomerang». Netto sullo Ius soli. «Non sono un utopista che va contro il muro. Dobbiamo cercare i voti, mettere in salvo i conti. Ma sono fiducioso che si possa aprire una finestra a novembre».

E giù la considerazione che il popolo di sinistra vuole sentire: «Non andiamo dietro le paure, questa legge non c’entra con i migranti. Sono convinto che sia un riconoscimento di diritti che già esistono e vengono praticati». Poi la stoccata: «Mi sembra che si punti di più a valutazioni elettorali che alla giustezza della legge». Quanto alla legge elettorale

Grasso ripete quello che dice da mesi, «è necessaria, perché altrimenti ci sarebbe l’ingovernabilità». Un’ultima battuta, una delle sue: «Basta usare il latino. È una bella lingua ma parlando di Tedeschellum e Rosatellum la roviniamo».

© Riproduzione riservata 29 settembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/09/29/news/l_ovazione_di_mdp_per_grasso_e_l_offerta_dei_bersaniani_puoi_essere_il_leader_-176811934/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.4-T1
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