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Autore Discussione: L'oligarca senza qualità  (Letto 4275 volte)
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« inserito:: Giugno 08, 2007, 05:17:46 pm »

L'oligarca senza qualità

di Margherita Belgiojoso


Storia di un ricco per caso e della Russia che non cambia. Parla l'autore di un romanzo che segna l'epoca. E spiega l'omofobia colloquio con Viktor Pelevin 
Viktor Pelevin ha 45 anni ed è considerato il più importante scrittore russo vivente. Il suo 'Dialettica di un periodo di transizione dal nulla al niente', in uscita da Mondadori, è riconosciuto come il romanzo fondativo della nuova letteratura che non sa che farsene della memoria sovietica, che dimostra un grande coraggio di forma e di contenuti, e che affronta temi scabrosi per il paese di Putin, dove i gay appena scendono in piazza vengono bastonati dai nazi skin e dalla polizia. Pelevin, che anche della sua vita ha fatto oggetto di culto (sparisce per anni e si ritrova in qualche monastero zen in Corea; si è rifiutato nel 2003 di essere il protagonista della Buchmesse di Francoforte: "La maggior parte del tempo sono in viaggio, sono incapace di stare in un posto per più di sei mesi, e della mia vita privata non parlo in pubblico", dice) è talvolta paragonato a Michel Houellebecq, con cui divide la freddezza delle descrizioni, o a Jonathan Safran Foer per la complessità delle trame intrecciate. Altri citano i suoi connazionali, Nabokov per il disincanto e Gogol per il gelido umorismo. A 'L'espresso' confida che gli piace Tolstoj e non ama Dostoevskij.

"La bellezza salverà il mondo, e l'affiderà al grande business" è il motto di Stëpa, il protagonista di 'Dialettica di un periodo di transizione dal nulla al niente', romanzo metafora della nuova Russia e su cui sono state scritte decine di saggi in varie lingue (in Italia se ne è occupato Mauro Martini, slavista e collaboratore de 'L'espresso', scomparso due anni fa) ambientato negli ultimi anni di Eltsin e i primi di Putin. Stëpa è un banchiere, un oligarca, che assomiglia per molti versi a Boris Berezovskij. La sua carriera comincia all'epoca di Gorbaciov, con la fondazione di un'azienda di articoli sanitari. Poi, il raggio di affari si allarga, Stëpa conquista la fiducia della famiglia Eltsin (strepitoso il dialogo pieno di turpiloquio, inventato, tra il banchiere e il defunto presidente), fonda una banca. E come tutti gli oligarchi si circonda da guardie del corpo. Ne recluta due: mafiosi ceceni. Un giorno, scopre che sono infedeli. E allora ingaggia altri due loro colleghi che li fanno fuori con fucili a pompa. Stëpa si conquista così a Mosca la fama di un duro. Ma i suoi nuovi bodyguard vengono ammazzati in un ristorante giapponese da un colonnello dell'Fsb, i servizi segreti di Putin, un ufficiale corrotto, ambiguo, che diventa il suo angelo protettore, ma che finirà per tradirlo.

La vita di Stëpa è ricca dal punto di vista dei soldi, ma povera di affetti e interessi. Lui è ossessionato dai numeri; in base alle combinazioni delle cifre (sulle targhe delle automobili, delle stanze degli alberghi, delle lettere dell'alfabeto) compie le scelte più importanti, ed è convinto che grazie a una combinazione di numeri è diventato miliardario. La sua passione, non si sa se vera o finta, come quella di molti nuovi ricchi in Russia, è l'Oriente (mangia appunto solo nei ristoranti giapponesi), si fa costruire un giardino zen nella dacia sul Rublevskij Shosse, la Beverly Hills di Mosca: comprese tre palme di plastica. La vita sessuale di Stëpa è un disastro. Frequenta prostitute (con le quali è molto generoso), e ha una fidanzata, Mjus, che è inglese, sembra "una gattina" e con cui fa all'amore in un modo meno coinvolgente possibile. Mjus studia il folklore metropolitano, quelle barzellette fulminanti che in Russia spiegano più di mille trattati e tiene conferenze di 'teoria francese'.

Tutto fila liscio, fino a quando Stëpa, convinto di doverlo fare, in base a una combinazione di numeri, cerca di uccidere un oligarca rivale, Dimitrij Sederaev. Prepara un'arma infallibile e, travestito da prete ortodosso, sale sul treno Mosca-San Pietroburgo. A San Pietroburgo finisce però per avere un rapporto sodomitico con Sederaev, con il ritratto di Putin in vista. Quel rapporto (in cui si fa chiamare Tatjana, come l'eroina di 'Eugenio Onegin' di Pushkin, ma le citazioni nel romanzo sono tante) sarà la sua rovina, o forse la liberazione. "Come metafora universale della Russia di oggi non potevo pensare a niente di meglio di due banchieri controllati dai servizi segreti che si sodomizzassero sotto il ritratto di Putin in kimono bianco", spiega Pelevin a 'L'espresso', in una delle rare interviste mai concesse.

Pelevin, la società russa è omofobica, come dimostrerebbe lo scandalo del Gay Pride?

"La società russa è omofoba, ma riesce a coesistere con la cultura gay. Una volta ho scritto che la maggior parte dei maschi russi è omofoba perché le cellule cancerogene del codice d'onore dei criminali che dominano la vita carceraria sono profondamente impiantate nella psiche russa. Qualunque maschio, non importa che lavoro faccia, inconsciamente si immagina in una cella e cerca di essere sicuro che non avrebbe violato i tabu della prigione. Mentre il corpo dell'uomo russo vive nel lusso, la sua anima è prigioniera di un lager".

ll suo libro è ambientato in una Russia putiniana, ma influenzata da Eltsin. Cosa è cambiato?

"Sotto la superficie, la Russia non cambia mai. Quando si leggono i grandi autori satirici russi del XIX e XX secolo, per esempio Gogol, sembra che scrivano del presente. Quello che cambia è la confezione. La caramella è sempre la stessa. La sua domanda implica che ci sia un certo paradigma razionale, un senso o un significato che può essere definito, come fosse un teorema o una regola. Ma non è questo il caso. La Russia non può essere capita, può solo essere vissuta. Non credo quindi che il mio libro possa far capire la Russia, ma senz'altro serve a farla provare, perlomeno la sua parte più buffa e divertente".

Nel romanzo suggerisce che a rendere ricchi gli oligarchi sia stato il caso. Stëpa fa quello che crede i numeri gli dicano di fare, e non prende le decisioni basandosi sull'istinto, come gli altri credono che faccia. È successo così in Russia?

"Da una parte, tutto fu lasciato al caso. Gli oligarchi sono diventati miliardari, in via del tutto arbitraria, per nomina del potere. Il loro merito maggiore era il rapporto con la figlia di Eltsin, o essere parte del circolo della 'famiglia'. D'altra parte, credo che ci sia bisogno di una buona dose di istinto per riuscire a prendere al volo un'occasione così. Quindi quello che altrove è fiuto per gli affari, in Russia è qualcosa di diverso, ma con qualità molto simili, come la furbizia, la capacità di calcolo, la scaltrezza".

Nel 2003, quando ha scritto il libro, ha scelto come protagonisti due finanzieri. Chi sceglierebbe oggi?

"Finanzieri con le spalline da ufficiali. Che è poi la direzione in cui si sviluppa il racconto".

Parlando del giardino zen commissionato da Stëpa, ha scritto che c'era qualcosa di "inverosimilmente crudele e atavicamente russo" nella vista di quelle palme di plastica sotto la neve. Cosa vuol dire?

"Le palme sotto la neve possono essere trovate in vari luoghi nel mondo, ma non in Russia. In Russia non possono essere che una dissimulazione. E la dissimulazione è stata una parte naturale del paesaggio russo per molti secoli, per esempio, i 'villaggi Potemkin', le facciate di case inesistenti costruite lungo la strada che avrebbe dovuto percorrere zarina Caterina II alla fine del Settecento. In senso lato, la Russia è una combinazione di cose che non sono normalmente associate l'una con l'altra: come il dispotismo ottuso e una cultura molto raffinata, insieme".

La transizione è 'dal nulla al niente'?

"Storicamente, le autorità in Russia hanno sempre avuto due funzioni: il furto e l'oppressione. Durante l'epoca di Eltsin erano troppo impegnate a rubare per dedicarsi a opprimere. Ma è difficile chiamare questa 'libertà'. Nella società di oggi, consumistica e non più ideologizzata, si è d'accordo che la 'libertà' è un eufemismo per 'soldi'. O forse che la libertà sia una merce come un'altra. Se sei povero, sei uno schiavo. Più soldi hai, più 'libertà' puoi comprare. È il 'diventa ricco o muori provandoci' di un rapper americano. E oggi in Russia puoi diventare ricco. Pochi si preoccupano di chi sarà al vertice della piramide del potere, perché ciò non avrà conseguenze dirette sulle loro vite. La Russia sembra dimostrare che per diventare un animale consumista non devi necessariamente essere politicamente libero. Per questo la gente sente che la propria libertà dipende più dal prezzo del petrolio che da elezioni oneste".

E infatti molti si lamentano del fatto che la Russia è diventata un paese senza memoria.

"La Russia non è soltanto un paese con un futuro completamente imprevedibile, è anche un paese con un passato altrettanto imprevedibile. Ogni 10 anni la nostra storia viene riscritta. Un giorno siamo i liberatori dell'Europa, un altro siamo gli schiavisti. Un giorno il passato zarista è una vergogna, un altro sono giorni gloriosi. Un giorno l'era di Breznev è stagnazione, un altro la chiamano stabilità. Nella vita reale avere a che fare con il passato del paese significa trattare con il suo presente politico".

Cosa pensa di un paese dove i simboli si sovrappongono: la mummia di Lenin è nel mausoleo di Mosca, mentre a San Pietroburgo si venerano le spoglie degli zar?

"Cosa direbbe di un paese in cui l'élite viene decapitata, e poi nella piazza dove è successo il massacro, si mette un obelisco rubato in Egitto? Sto parlando di Parigi. La mummia di Lenin appartiene alla stessa categoria. Non è più un simbolo di potere. Forse è la nemesi: all'uomo che ha causato tante sofferenze viene negata la sepoltura".

Alla fine del romanzo, la fidanzata britannica Mjus abbandona Stëpa. Una metafora del rapporto tra Occidente e Russia?

"Tenendo presente che gli frega i suoi soldi, sarebbe un'interpretazione terrorizzante. Specialmente se si pensa che la Russia tiene i suoi fondi di stabilizzazione (i proventi della vendita di petrolio) nelle istituzioni finanziarie occidentali".

Molti scrittori russi esordiscono oggi su Internet e non più su riviste di letteratura. Studiosi di cultura dicono che in Russia la Rete ha un ruolo più importante che altrove.

"Internet ha un ruolo unico in Russia perché è uno spazio pubblico gratuito. Tutte le persone politicamente attive si affidano a Internet, e la vita della società è concentrata in Rete. È su Internet che iniziano le carriere politiche e degli scrittori. Tutti, giornalisti, politici, scrittori hanno blog personali. È una tendenza globale, ma esasperata in Russia, a causa della stagnazione dei media tradizionali".

Eravamo abituati alla figura dell'intellettuale, custode della tradizione umanistica.

"Preferirei metterla in un altro modo: prima non avevamo intellettuali, avevamo solo la cosiddetta 'intelligentsia'. Oggi i pochi sopravvissuti dalle fila dell'intelligentsia possono essere chiamati 'intellettuali'. La differenza è che l''intelligentsia' è un gruppo, mentre gli intellettuali sono singoli individui. Sebbene ci sia una famosa definizione degli intellettuali come di un 'branco di menti indipendenti' spesso citata sarcasticamente da Noam Chomsky".

Cosa pensa del caso di Vladimir Sorokin, uno scrittore suo coetaneo, attaccato in continuazione dal potere, accusato di pornografia?

"Sorokin è un fenomeno russo, che può essere difficilmente capito da chi sta fuori. La sua bravura è basata su sottigliezze linguistiche e culturali che non coglie neppure la maggior parte dei lettori moderni russi. Ecco perché qualche idiota lo accusa di pornografia: semplicemente non capisce la vera complessità dei suoi testi. Gli attacchi a Sorokin sono abominevoli".

Una volta ha detto che la società russa si annoia. Se i russi si annoiano, cosa dire dell'Europa?

"Europa è un termine usato per descrivere una certa protuberanza sulla carta geografica. Quindi credo che una risposta corretta e misurata sarebbe dire che l'Europa è appesa al muro".

Stëpa va da Mosca a San Pietroburgo, Mosca è la città degli affari, e San Pietroburgo una nuova Sodoma?

"Un'interpretazione interessante. Forse sì, ma può anche succedere che ti scopano a Mosca e ti scippano a San Pietroburgo. Quello che rende la vita russa così originale è la sua eccitante imprevedibilità".


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Cecenia senza speranza

 
'Alexandra' di Aleksandr Sokurov ha avuto grandi consensi tra i membri della giuria (che poi hanno litigato sull'assegnazione della Palma d'Oro a 'Quattro mesi, tre settimane due giorni' di Mungiu). Alexandra, interpretata da Galina Vishnevskaja, vedova di Mistslav Rostropovich, racconta la visita di una nonna a suo nipote, ufficiale dell'esercito russo, in Cecenia. In questo film magnifico, la guerra diventa un male universale. Alexandra potrebbe essere un'americana in Iraq . Alcuni critici hanno voluto vedere in Sokurov un apologeta di Putin, mentre il regista russo in questi ultimi anni è diventato uno dei critici più agguerriti e più efficaci dell'attuale regime russo. Ma Sokurov non è Michael Moore: è un poeta con armi particolari. Combatte il male con la bellezza.

Agnes C. Poirier


da espressonline
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