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Autore Discussione: Antonio Di PIETRO.  (Letto 15792 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Luglio 09, 2009, 10:25:32 pm »

9/7/2009 (13:1) - IL CASO

Di Pietro attacca il governo sull'Herald Tribune: "La democrazia è in pericolo"
 
Di Pietro intende sensibilizzare la comunità internazionale
 
Il leader dell'Idv compra una pagina sul giornale americano per denunciare le norme contenute nel lodo Alfano


ROMA
«Appello alla comunità internazionale. La democrazia in Italia è in pericolo»: è il titolo che campeggia a caratteri cubitali della pagina di "advertisement" (pubblicità) sull’International Hearld Tribune acquistata dal leader di Idv Antonio Di Pietro.

A destra della pagina c’è una foto gigante di Di Pietro, che sovrasta il simbolo di Idv. Il testo è tutto puntato sul lodo Alfano, il cui meccanismo viene brevemente spiegato in inglese nei contenuti. Dopo le denuncie di incostituzionalità sul testo da parte di «più di 100 costituzionalisti», viene ricordato che il 6 ottobre la Corte costituzionale dovrà pronunciarsi sullo "scudo" per le alte cariche, e raccontata la cena nella casa del giudice della Consulta Mazzella cui presero parte anche Berlusconi ed il ministro della Giustizia Alfano.

«Faccio appello - si conclude il messaggio di Di Pietro - alla comunità internazionale perchè faccia circolare queste informazioni ed eserciti la pressione necessaria per assicurare i principi di libertà democratica e di indipendenza della Consulta, così da scongiurare che la nostra democrazia in Italia venga trasformata in una dittatura di fatto».

da lastampa.it
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« Risposta #16 inserito:: Luglio 10, 2009, 06:43:02 pm »

Di Pietro scrive al Guardian: mi scuso per Berlusconi
 
     
LONDRA (10 luglio) - Antonio Di Pietro scrive al Guardian per «scusarsi» con il giornale per la reazione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e del ministro degli Esteri Franco Frattini agli articoli pubblicati sul quotidiano britannico.

Nello spazio dedicato alle lettere al giornale, il Guardian pubblica oggi un testo a firma del leader dell'Italia dei Valori: «In quanto membro del parlamento italiano ed ex magistrato che ha assicurato che molti politici corrotti e uomini d'affari venissero portati davanti alla giustizia negli anni '90 - scrive Di Pietro - desidero scusarmi con il direttore e lo staff del Guardian per le reazioni assolutamente prevedibili del primo ministro Silvio Berlusconi e del ministro degli Esteri Franco Frattini». «Il Guardian fa del suo meglio per tenere il pubblico informato - si legge ancora nella lettera - in Italia questo governo non è abituato ad un dibattito libero, o a sentire raccontare la verità ».

La missiva di Di Pietro continua poi con riferimento all'articolo del quotidiano britannico che ha criticato la preparazione del vertice del G8 da parte dell'Italia presidente di turno: «Anche se parti dell'articolo possono essere soggette a dibattito - scrive l'ex pm - il resto contiene poco che può essere confutato. Freedom House mette l'Italia al 73simo posto per libertà di stampa. Il vero problema è che la nostra informazione è nelle mani di un individuo, il nostro primo ministro, e questo è uno dei peggiori casi di conflitto d'interessi nel mondo occidentale». Di Pietro continua poi menzionando il Lodo Alfano che, scrive, «proibisce di perseguire Berlusconi». E la lettera si conclude con un appello: «Il Guardian e altri media stranieri non devono permettere che i riflettori si spostino dall'Italia».

Gasparri: i giornali inglesi si scusino. «Il G8 ed il G14 stanno rappresentando per l'Italia e per Berlusconi un successo evidente. Perfino il giornale che più di tutti si è distinto per la campagna di menzogne e di attacchi deve oggi ammettere sulla sua prima pagina la grande affermazione personale ottenuta dal premier italiano». Lo dichiara il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. «Berlusconi si è mostrato anche capace di avviare un difficile dialogo tra Stati Uniti e Libia. La stampa ha dovuto prendere atto della credibilità e dell'autorevolezza del governo italiano e del suo presidente, mentre è paradossale che proprio in queste ore la stampa inglese, che tanto dura era stata, stia facendo una figura veramente pessima - aggiunge Gasparri -. Per fortuna che in Italia il gruppo Murdoch opera attraverso dirigenti e giornalisti credibili. Ma in Gran Bretagna, da quello che si legge, le cose non stanno così. Murdoch farebbe bene a fare pulizia in casa propria, visto che lo scandalo britannico assume contorni gravi ed inquietanti. Non staremo a fare dall'Italia la lezione agli inglesi come taluni giornalisti inglesi l'hanno fatta a noi. Ma ci aspettiamo libri interi di scuse da chi ha mille motivi per farlo».
 
da ilmessaggero.it
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« Risposta #17 inserito:: Dicembre 24, 2009, 09:52:47 am »

23/12/2009 (14:49)  - IL CASO

"Caro Gesù, libera l'Italia dal diavolo"

Lettera di Natale sul blog di Di Pietro

Il leader Idv all'attacco: «Non vuole farsi processare e lo chiama dialogo»

Riforme, riparte il confronto Pd-Pdl

ROMA

Una lettera a Gesù Bambino per chiedere che il Pd non scenda a patti con il «diavolo» Silvio Berlusconi. Antonio Di Pietro si rivolge direttamente al bambinello per invocare il no al «dialogo» che una parte dell’opposizione, dopo i giorni caldi seguiti all’aggressione al premier, ha intavolato con il Pdl sul tema, più che mai controverso, delle riforme. L’idea che Berlusconi e Pier Luigi Bersani possano concordare un pacchetto di riforme dentro il quale trovi spazio anche un salvacondotto per il premier fa venire il nervoso a Di Pietro.

«Gesù Bambino - scrive il leader dell’Italia dei Valori - apri gli occhi a coloro che, invece di fare opposizione, decidono di fare inciuci con questa maggioranza». «In Italia - continua la lettera natalizia - c’è un diavolo al governo. Tu lo sai bene com’è fatto il diavolo.
Tu lo sai bene che non ci si può fidare di lui, e con alcune persone, soprattutto con il diavolo, non si può dialogare».

Ovviamente la trovata di Di Pietro non piace al centrodestra, che non manda giù l’equiparazione di Berlusconi al principe delle tenebre. Molte le critiche, quasi tutte sulla falsariga natalizia. Il ministro Calderoli è convinto che «Gesù Bambino manderà a Di Pietro una montagna di carbone». «Caro Babbo Natale, liberaci da Di Pietro», chiede la parlamentare Pdl Anna Maria Bernini. E via di questo passo, mentre Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, chiede al Pd, per l’ennesima volta di rompere con l’Italia dei Valori e Paolo Boniauti sbotta: «Anche questa ci è toccata...». Nel frattempo, il famigerato «dialogo» tra la maggioranza e l’opposizione va avanti a piccoli passi, senza grandi slanci ma senza nemmeno grossi ostacoli. Lo dimostra la prudenza di Bonaiuti, portavoce del premier, attento a non distruggere quel poco che è stato fin qui costruito.

A chi gli chiede se ci si avvii verso un clima di maggiore distensione, risponde che «se son rose fioriranno». E anche i rapporti con il Quirinale «sono buoni», assicura Bonaiuti. Segnali di disponibilità vengono dal Pd: Violante, autore della «bozza» su cui centrodestra e Pd già concordarono nella scorsa legislatura, consiglia un metodo di lavoro improntato a un sano realismo: «Suggerirei di non tenere troppo alte le aspettative e di lavorare con determinazione senza toni particolarmente alti perchè quando le vele sono troppo gonfie, poi si possono sgonfiare rapidamente». A dirsi «ottimista» è il presidente del Senato Renato Schifani, che dà atto al presidente della Repubblica di avere pronunciato parole «importanti» che hanno contribuito a svelenire il clima. «Chiudiamo questo anno in un clima diverso rispetto a quello di qualche settimana fa. Vi sono già segnali importanti di confronto sulle riforme, vi è un disgelo. È un momento di sussulto, di dignità che stiamo vivendo tutti noi in estrema positività ».

da lastampa.it
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« Risposta #18 inserito:: Gennaio 04, 2010, 10:51:06 pm »

4 Gennaio 2010

Lettera a Bersani


Caro Bersani,
come sai, avevamo fissato un incontro per il prossimo 12 gennaio per discutere di elezioni regionali. Mi dispiace ma dobbiamo prima chiarire un punto fondamentale del nostro “stare insieme”: voi del PD volete allearvi o no con l’Italia dei Valori per costruire una valida alternativa al Governo delle destre berlusconiane? Sia chiaro, noi lo vogliamo perchè crediamo nel modello bipolare di rappresentare la democrazia parlamentare (ed in tale modello noi ci collochiamo nel centrosinistra, a prescindere da Berlusconi) e perché non ci piace la politica del “doppio forno”, un po’ di qua un po’ di là, portata avanti da altre forze politiche al cui capezzale tutti i giorni voi del PD vi prostrate.
A noi di IDV invece mal ci sopportate. Tutti i giorni ci trattate come appestati, utili sì solo per motivi elettorali ma da criminalizzare e denigrare con la stessa foga e supponenza dei vari Bondi, Cicchitto e prezzemolino Capezzone del PDL.
L’ultima goccia (che, se non ritrattata, rischia di rompere il vaso) è l’attacco che ci ha rivolto ieri il vicesegretario del PD Enrico Letta. Mi ero permesso di avvertire gli elettori del mio partito (attraverso il mio blog personale) del rischio che la democrazia corre nell’affidarsi all’attuale maggioranza parlamentare del centrodestra per fare le riforme e citavo come esempio il maldestro tentativo di un Ministro in carica (Brunetta) di voler modificare, in nome delle riforme, anche l’art. 1 della Costituzione (quello che garantisce il “diritto al lavoro”: come a dire che, siccome nel nostro paese non si trova lavoro tanto vale abrogarlo dalla Costituzione).
Per dare maggiore spessore al mio grido di allarme ho anche segnalato che quelli del PDL stanno strumentalizzando le giuste parole del Capo dello Stato – ripeto, giuste come ho già avuto modo di chiarire sin dal primo momento –per creare un clima di “complicità posticcia” fra maggioranza ed opposizione. Il PDL, ribadisco, parla di riforme ma non pensa a quelle che servono al paese ed agli italiani ma solo a quelle utili per uso personale (di Berlusconi, in testa, ma non solo).
Ho anche aggiunto – è vero e lo ripeto anche ora – che le parole dette a fin di bene dal Presidente Napolitano “forse sono state un po’ incaute, considerati gli interlocutori”. Esattamente così ho detto e non vedo proprio cosa ci sia di così offensivo nei confronti del Presidente della Repubblica in questa mia presa di posizione. Non ho criticato Napolitano come persona e nemmeno il suo discorso di buon senso (che anzi ho apprezzato) ma ho solo fatto rilevare come purtroppo questa maggioranza ora ne approfitterà per strumentalizzare - come sempre ha fatto finora – le aperture di credito del Presidente della Repubblica nei confronti del Governo Berlusconi. Solo per questa ragione oggettiva ho definito “forse incaute” (nel senso di speranze azzardate e mal riposte) le parole del Capo dello Stato. In un paese democratico non vedo proprio cosa ci sia di eversivo dall’esprimere le proprie idee, a meno che non si voglia sostenere che nel nostro paese alle forze di opposizione non sia nemmeno più possibile parlare (manco fossimo in Iran!).
Mi sono apparse subito scontate le “critiche interessate” dei mestieranti del PDL (che non mi hanno fatto né caldo né freddo per quanto mi sono indifferenti) ma che l’amico Letta fecesse da grancassa, da sparring partner e da raccattapalle dei vari Cicchitto e Capezzone proprio no, questo non me lo sarei proprio aspettato e non posso accettarlo.
Soprattutto noi di IDV non possiamo più aspettare il tuo silenzio, rispetto alle mille richieste che ti vengono da più parti circa il ruolo e la costruzione della coalizione del centrosinistra che hai in mente. E’ una coalizione che vuoi realizzare o no anche con Italia dei Valori? O pensi che siamo buoni solo in occasione delle varie elezioni per poi continuare a trattarci come appestati? Davvero anche tu pensi che il tipo di opposizione che fa IDV al Governo – opposizione che noi intendiamo continuare a fare con parole chiare ed in modo determinato ed inequivocabile – aiuti Berlusconi? Se è così, ebbene sappi che noi di IDV siamo invece convinti che siano le continue accondiscendenze ed i continui tentennamenti del vostro modo di fare opposizione (da signorini primi della classe che solo loro capiscono tutto) a creare sconcerto ed incertezze nell’elettorato.
Luigi, mi appello alla tua intelligenza (e tu sai quanto io ti stimi sul piano personale): non cadere anche tu nel tranello di chi vuole a tutti i costi far passare l’Italia dei Valori come una forza estremista ed eversiva. E’ il disegno dettato da Berlusconi: l’isolamento ed il massacro mediatico di una forza come l’Italia dei Valori perché ha scoperto e denunciato, sin dal primo giorno di questa legislatura, il gioco sporco di chi utilizza le istituzioni per tutelare gli interessi di una sola persona. E’ il disegno del centrodestra che - per potersi garantire la sempiterna permanenza al governo - vuole dividere l’opposizione, criminalizzando e denigrando la parte più agguerrita di essa, grazie ai potenti mezzi di informazione che possiede o con cui ha fatto comunella (mi riferisco soprattutto alla stampa di proprietà delle solite potenti caste economiche).
Luigi, non cadere anche tu nella provocazione di chi vuole dividere l’opposizione per continuare ad imperare e soprattutto non cadere nel tranello di chi ti invita al tavolo del dialogo e poi - dopo che tu gli hai dato la mano - ti frega il braccio utilizzando quel tavolo solo per farsi i cavoli suoi. Non prestare il fianco - almeno tu che sei una persona concreta e con i piedi per terra – ai tanti soloni del tuo partito che ti invitano a duellare con Berlusconi con un fiore in mano quando quello usa la scimitarra. E ricordati che non è attaccando l’Italia dei Valori che sconfiggi Berlusconi ma solo alleandoti seriamente e strutturalmente con chi sta dalla parte dei cittadini ed in difesa della Costituzione che puoi sperare di farcela.
Dopo – ma solo dopo che hai deciso cosa fare - fatti risentire che parliamo di elezioni regionali.
Ciao, spero a presto,

Antonio Di Pietro
Presidente Italia dei Valori

da ilmessaggero.it
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« Risposta #19 inserito:: Dicembre 14, 2010, 09:57:12 pm »

LE OPPOSIZIONI

«Con Berlusconi un Paese delle banane»

L'affondo di Di Pietro.

Critiche al premier anche da Casini e Bocchino. Bersani: «Ha perso comunque»

   
ROMA - «Lei si è messo a fare politica non certo per servire il paese, ma solo i suoi affari personali, soprattutto quelli giudiziari». Antonio Di Pietro si rivolge direttamente a Silvio Berlusconi e parte subito all'attacco nello spiegare il perché il suo partito voterà contro. Ma Berlusconi non ha intenzione di starlo ad ascoltare e per questo se ne va, seguito poi da tutto il gruppo parlamentare del Pdl. E' il segno della tensione altissima che si respira nell'aula di Montecitorio a pochi minuti dalla resa dei conti, la conta dei voti sulla mozione di sfiducia contro il governo. Le opposizioni sono unite nel denunciare la fine dell'esperienza berlusconiana. E se Di Pietro usa toni da battaglia, Casini e Bocchino fanno ricorso all'immagine dell'attuale centrodestra per chiedere una volta di più al Cavaliere di fare un passo indietro.

«PAESE DELLE BANANE» - «Ogni giorno vi sono persone di ogni categoria sociale che protestano e non ne possono più di essere presi in giro da lei e dal suo governo - ha detto il leader del'Idv - . Fuori di qui addirittura i poliziotti hanno protestato, perchè stanchi di pagarsi la benzina per correre appresso ai delinquenti. Fuori di qui ci sono migliaia di studenti e docenti, che non sono delinquenti per il solo fatto che protestano, ma sono giovani disperati a cui avete tolto pure il futuro». Di Pietro ha detto ancora: «Fuori di qui ci sono i lavoratori senza contratto, ricattati dai tanti Marchionni strozzini di turno. Fuori di qui ci sono i precari senza futuro di ogni categoria, fuori di qui non c'è quel paese delle meraviglie che descrivete, ci sono i giovani e i meno giovani che hanno perso il lavoro o non l'hanno mai avuto. Fuori di qui ci sono i cittadini dell'Aquila, terremotati due volte prima dal destino poi dalle sue frottole. Fuori di qui ci sono tante persone bisognose a cui avete tolto la solidarietà e ogni speranza. Voi avete ridotto l'Italia a un paese delle banane. Fuori di qui, prima se ne va meglio è».

«A UN PASSO DAL BARATRO» - «Ieri abbiamo ascoltato i soliti anatemi, programmi mirabolanti, come se lei venisse dalla luna e non avesse governato negli ultimi dieci anni» ha detto invece Pier Ferdinando Casini, a nome dell'Udc, iniziando il proprio intervento. «Neanche una parola di autocritica o una parola che desse valore alla riunificazione dei moderati», perchè - ha aggiunto - bisogna compiere degli atti politici affinchè questo si verifichi». Casini, poi, torna a chiedere le dimissioni di Berlusconi: «Non sarebbe- dice- un atto di resa o di debolezza, ma di consapevolezza che il Paese deve cambiare passo e invece marciamo verso il baratro. Mi auguro - conclude- che lei fermi la corsa del Paese verso l'ignoto, ovvero le elezioni».

«TRADITORE A CHI?» - Duro anche l'intervento di Italo Bocchino, capogruppo di Futuro e Libertà, che respinge al mittente le accuse di tradimento («E' da quando faccio politica che ho come leader Gianfranco Fini, i traditori li cerchi attorno a sè») e quelle rivolte dal premier ai finiani di volere riportare la politica italiana ai tempi della prima Repubblica: «Non accettiamo lezioni su questo tema - ha detto Bocchino -. Negli anni in cui noi ci opponevamo al comunismo lei costruiva palazzi e faceva accordi con esponenti politici che sono stati il simbolo di quella Prima Repubblica. Non esiste in Italia un beneficiato della prima repubblica come Silvio Berlusconi». Il capogruppo del Fli ha poi ribadito che il suo gruppo vuole lavorare per un centrodestra diverso, «di stampo europeo», e non per un ribaltone. Anzi: «Di ribaltoni ne ho visti due nella storia recente di questo Paese: uno lo fece la Lega ai danni del centrodestra e uno lo fa oggi lei che spera di prendere la fiducia con i voti di dieci parlamentari eletti con l'opposizione per cacciare noi che siamo stati eletti con i voti della maggioranza».

«HA PERSO COMUNQUE» - «Noi siamo tranquillissimi perché comunque vada per lei sarà una sconfitta - ha detto invece il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani -. Lei sa che non è più in grado di garantire stabilità di governo. Il voto che sta cercando per una vittoria di Pirro non è per governare, sta inseguendo una instabilità pilotata da lei che le consenta di guidare la macchina verso le elezioni per cercare una disperata rivincita alla sua sconfitta politica». E ancora: «Vuole dirla una parola su come stanno davvero le cose nel Paese? Lo sa che non siamo tutti miliardari in Italia? Sento parlare di moderati e sento tante urla. Propongo di chiamare moderato chi tira avanti nonostante la crisi e manda avanti la famiglia e non quelli che portano i soldi all'estero che voi tutelate, così come tutelate quelli che difendono i truffatori delle quote latte. Fuori di qui c'è un Paese che è stanco e che vuole cambiare».

Redazione online
14 dicembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/speciali/2010/la-fiducia/notizie/14-12-interventi-opposizione_97761ba8-076d-11e0-a25e-00144f02aabc.shtml
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« Risposta #20 inserito:: Giugno 23, 2011, 11:04:19 am »

CAMERA

Di Pietro a Bersani: «Hai il dovere di convocarci per creare un'alternativa»

L'ex pm si appella anche a Vendola: «Qual è il nostro programma?»

E il leader del Pd: «Di riunioni ne faremo»


MILANO - Nel dibattito alla Camera sulla verifica di governo, il leader dell'Idv Antonio Di Pietro attacca il governo sfidando Berlusconi a smetterla con le leggi ad personam «che la gente non vuole più» e a fare provvedimenti «seri che interessano alla gente». Ma non risparmia critiche al segretario del Pd Pierluigi Bersani e lo invita a convocare al più presto una riunione di coalizione per dar vita ad una vera alternativa: «Incontriamoci oggi stesso per parlare di leadership e di alternativa. O siamo in grado di fare questo oppure non siamo neppure degni di criminalizzare Berlusconi. Dobbiamo farci vedere uniti». E ha lanciato un siluro anche all'indirizzo dell'altro aspirante leader Nichi Vendola. «Dobbiamo partire da una realtà: che di qui questo governo difficilmente si schioderà per i prossimi due anni, da qui dobbiamo partire. I cittadini hanno già mandato a dire che non condividono la politica dell'illusione, ma qual è il nostro programma, qual è la nostra coalizione, qual è il nostro modo di scegliere la leadership? È questo il nostro punto di crisi».

BOTTA E RISPOSTA - Il leader del Pd Pierluigi Bersani dopo qualche ora ha rilanciato: «È ora di liberare le energie nuove di questo paese, e ce ne sono tante come abbiamo visto alle amministrative. L'alternativa sta lì. E di riunioni ne faremo quante ne vorremo». Di Pietro non ha perso tempo: «Allora passiamo dalle parole ai fatti».

COSTRUIRE L'ALTERNATIVA - Di Pietro, che durante la sospensione della seduta ha avuto un colloquio in Aula con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, non ha usato contro il premier e il governo i toni duri che in passato avevano caratterizzato i suoi interventi, ma ha insistito molto sulla necessità di costruire un'alternativa, sollecitando in questo senso il Pd: «L'opposizione - ha sottolineato l'ex pm - ha il dovere di proporre un'alternativa. E allora, amico Luigi, amico Bersani, comincia tu, perché a te spetta il dovere, l'onore e l'onere di convocarci». E ha proseguito: «Ho sentito l'onorevole Martino quando diceva "voi cosa offrite in alternativa": bene, io lo devo dire qui davanti a tutti pubblicamente: non lo so, non lo so, perché non ho ancora avuto una riunione con gli altri leader dei partiti di opposizione. Non lo so. E qui lo chiedo pubblicamente davanti al Paese: se c'è un partito di maggioranza relativa ha il dovere oggi di convocarci per vedere cosa vuole fare, non può aspettare ancora un minuto».

NESSUN VOTO AL BUIO - Antonio Di Pietro ha sottolineato riferendosi alle primarie: «Io non me la sento di votare un leader senza sapere per fare che cosa, dove mi porta, perché non me la sento di portare il Paese verso un oscuro premier che magari parla bene, affabula tanto, ma che poi in concreto non so se ha in capo un mondo liberale».

SILENZIO - Dai banchi del Pd ad un silenzio di imbarazzo iniziale è seguito un mormorio sempre più netto: qualcuno ha anche gridato a Di Pietro: «Hai fatto l'accordo con Berlusconi?», riferendosi probabilmente al lungo colloquio che il leader dell'Idv e il presidente del Consiglio hanno avuto in aula subito prima che iniziasse il dibattito conclusivo sulla verifica.

Redazione online
22 giugno 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - corriere.it/politica/11_giugno_22/bersani-di-pietro-alternativa-incontro_c9b2d9a8-9cf0-11e0-ad47-baea6e4ae360.shtml
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« Risposta #21 inserito:: Giugno 26, 2011, 10:10:41 am »

IL CASO

Di Pietro, la road map per le primarie "Pronti, ma non con candidati alla Vendola"

Il leader dell'Idv: "Il percorso deve essere chiaro: prima il programma e la coalizione e poi il candidato che la guiderà".

Il governatore della Puglia replica: "Sbaglia ad attaccare Bersani e me, e a chiedere una convocazione politicistica per scrivere un programma nelle stanze chiuse"


CAMPOBASSO - Dalla sua Montenero Antonio Di Pietro lancia l'Italia dei Valori. Per l'ex pm, il suo partito si sente pronto "a partecipare alle primarie del centrosinistra per la scelta del leader da candidare alla guida del governo". Il percorso però deve essere chiaro: prima il programma e la coalizione e poi l'uomo che la condurrà. "In questo caso - dice Di Pietro - parteciperemo con un nostro candidato, altrimenti facciamo le primarie per candidati alla Vendola, e questo non aiuta".

Il leader di Sel, però, non è d'accordo e, in un'intervista al Manifesto, critica l'ex pm: "Sbaglia ad attaccare Bersani e me, e a chiedere una convocazione politicistica di leader per scrivere un programma nelle stanze chiuse. E' l'opposto del messaggio che ci viene dai referendum. Costruiamo momenti anche simbolici in cui ascoltiamo dalla nostra piazza i punti dell'agenda".

Ma Di Pietro si sente forte. Galvanizzato dal successo nei referendum ("che ci propone come uno strumento di alternativa di valori") sembra aver dismesso i panni del focoso oppositore. In quest'ottica, dopo anni di durissime polemiche con il centrodestra e con Berlusconi, adesso Di Pietro punta sul confronto con gli avversari politici perché, dice, "vediamo un metro più lontano rispetto agli altri alleati i quali pensano che l'unico problema sia Berlusconi".

Il presidente dell'Italia dei Valori ribadisce la collocazione del partito nel centrosinistra e il diritto-dovere del
Pd ad esprimere la leadership, ma a una sola condizione: "Che la eserciti". "Se non riescono a farlo - osserva ancora l'ex pm - lo facciamo noi. Ho notato un certo fastidio da parte di alcuni dirigenti dell'aspirante coalizione in prova di fronte all'attivismo dell'Idv. Non so se si tratta di invidia. Io accetto la sfida a chi fa meglio, ma rifiuto quella di chi sta più alla finestra e aspetta che cada il governo Berlusconi per governare. Di questo i cittadini sono stufi. A questi alleati dico di uscire dalla supponenza e dalla saccenza e di lavorare per il bene del Paese. Agli alleati con la puzza sotto il naso io dico di pulirsi il naso e respirare meglio. Insomma, di darsi da fare".

Vendola, invece, vede nelle mosse dipietriste una manovra tutta elettorale: "Capisco il problema di Di Pietro: vede esaurito lo spazio della rincorsa a sinistra. E sceglie di ricollocarsi come ala destra del centrosinistra. In sostanza torna al moderatismo radicale delle origini. Intendiamoci, non è trasformismo: solo un riposizionamento".

Infine Di Pietro replica a chi, come molti elettori del centrosinistra prima e Pancho Pardi su Repubblica poi, avevano criticato la scelta della liquidazione dell'antiberlusconismo, puntando il dito contro l'ormai famoso colloquio alla Camera tra Di Pietro e il Cavaliere 1: "Su questa cosa è stata fatta un'inutile dietrologia. Di fronte al presidente del Consiglio che mi è venuto a segnalare le cose fatte dal suo governo, cosa avrei dovuto fare? Picchiarlo? Fuggire? In privato non ci parlerei mai ma in quell'occasione gli ho detto di dimettersi".

Però l'Idv, conclude l'ex pm, "è un partito che ha l'obiettivo di diventare un movimento di massa, e come tale non può parlare solo ad alcuni e non può parlare solo agli amici di Pancho Pardi".

(25 giugno 2011) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2011/06/25/news/pietro_vendola-18215241/
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« Risposta #22 inserito:: Luglio 21, 2013, 05:39:18 pm »

INTERVISTA

«Il mio errore su Raul Gardini Non lo arrestai per una promessa»

Il rammarico di Di Pietro: «Avrei potuto salvarlo. Doveva venire in Procura. Invece si sparò»


«Antonio Di Pietro è il primo a lasciare l'ufficio di Borrelli. È irriconoscibile. Cammina come un ubriaco, quasi appoggiandosi ai muri». Così scrive Goffredo Buccini sul Corriere della Sera del 24 luglio 1993, il giorno dopo il suicidio di Raul Gardini.
«Per me fu una sconfitta terribile - racconta oggi Antonio Di Pietro -. La morte di Gardini è il vero, grande rammarico che conservo della stagione di Mani pulite. Per due ragioni. La prima: quel 23 luglio Gardini avrebbe dovuto raccontarmi tutto: a chi aveva consegnato il miliardo di lire che aveva portato a Botteghe Oscure, sede del Pci; chi erano i giornalisti economici corrotti, oltre a quelli già rivelati da Sama; e chi erano i beneficiari del grosso della tangente Enimont, messo al sicuro nello Ior. La seconda ragione: io Gardini lo potevo salvare. La sera del 22, poco prima di mezzanotte, i carabinieri mi chiamarono a casa a Curno, per avvertirmi che Gardini era arrivato nella sua casa di piazza Belgioioso a Milano e mi dissero: "Dottore che facciamo, lo prendiamo?". Ma io avevo dato la mia parola agli avvocati che lui sarebbe arrivato in Procura con le sue gambe, il mattino dopo.
E dissi di lasciar perdere. Se l'avessi fatto arrestare subito, sarebbe ancora qui con noi».

Ma proprio questo è il punto. Il «Moro di Venezia», il condottiero dell'Italia anni 80, il padrone della chimica non avrebbe retto l'umiliazione del carcere. E molte cose lasciano credere che non se la sarebbe cavata con un interrogatorio. Lei, Di Pietro, Gardini l'avrebbe mandato a San Vittore? «Le rispondo con il cuore in mano: non lo so. Tutto sarebbe dipeso dalle sue parole: se mi raccontava frottole, o se diceva la verità. Altre volte mi era successo di arrestare un imprenditore e liberarlo in giornata, ad esempio Fabrizio Garampelli: mi sentii male mentre lo interrogavo - un attacco di angina -, e fu lui a portarmi in ospedale con il suo autista... Io comunque il 23 luglio 1993 ero preparato. Avevo predisposto tutto e allertato la mia squadretta, a Milano e a Roma. Lavoravo sia con i carabinieri, sia con i poliziotti, sia con la Guardia di Finanza, pronti a verificare quel che diceva l'interrogato. Se faceva il nome di qualcuno, prima che il suo avvocato potesse avvertirlo io gli mandavo le forze dell'ordine a casa. Sarebbe stata una giornata decisiva per Mani pulite. Purtroppo non è mai cominciata».

Partiamo dall'inizio. Il 20 luglio di vent'anni fa si suicida in carcere, con la testa in un sacchetto di plastica, Gabriele Cagliari, presidente dell'Eni. «L'Eni aveva costituito con la Montedison di Gardini l'Enimont. Ma Gardini voleva comandare - è la ricostruzione di Di Pietro -. Quando diceva "la chimica sono io", ne era davvero convinto. E quando vide che i partiti non intendevano rinunciare alla mangiatoia della petrolchimica pubblica, mamma del sistema tangentizio, lui si impuntò: "Io vendo, ma il prezzo lo stabilisco io". Così Gardini chiese tremila miliardi, e ne mise sul piatto 150 per la maxitangente. Cagliari però non era in carcere per la nostra inchiesta, ma per l'inchiesta di De Pasquale su Eni-Sai. Non si possono paragonare i due suicidi, perché non si possono paragonare i due personaggi. Cagliari era un uomo che sputava nel piatto in cui aveva mangiato. Gardini era un uomo che disprezzava e comprava, e disprezzava quel che comprava. Il miliardo a Botteghe Oscure lo portò lui. Il suo autista Leo Porcari mi aveva raccontato di averlo lasciato all'ingresso del quartier generale comunista, ma non aveva saputo dirmi in quale ufficio era salito, se al secondo o al quarto piano: me lo sarei fatto dire da Gardini. Ma era ancora più importante stabilire chi avesse imboscato la maxitangente, probabilmente portando i soldi al sicuro nello Ior. Avevamo ricostruito la destinazione di circa metà del bottino; restavano da rintracciare 75 miliardi». Chi li aveva presi? «Qualcuno l'abbiamo trovato. Ad esempio Arnaldo Forlani: non era certo Severino Citaristi a gestire simili cifre. Non è vero che il segretario dc fu condannato perché non poteva non sapere, e lo stesso vale per Bettino Craxi, che fu condannato per i conti in Svizzera. Ma il grosso era finito allo Ior. Allora c'era il Caf».
Craxi. Forlani. E Giulio Andreotti. «Il vero capo la fa girare, ma non la tocca. Noi eravamo arrivati a Vito Ciancimino, che era in carcere, e a Salvo Lima, che era morto. A Palermo c'era già Giancarlo Caselli, tra le due Procure nacque una stretta collaborazione, ci vedevamo regolarmente e per non farci beccare l'appuntamento era a casa di Borrelli. Ingroia l'ho conosciuto là».

Torniamo a Gardini. E al 23 luglio 1993. «Con Francesco Greco avevamo ottenuto l'arresto. Un gran lavoro di squadra. Io ero l'investigatore. Piercamillo Davigo era il tecnico che dava una veste giuridica alle malefatte che avevo scoperto: arrivavo nel suo ufficio, posavo i fascicoli sulla scrivania, e gli dicevo in dipietrese: "Ho trovato quindici reati di porcata. Ora tocca a te trovargli un nome". Gherardo Colombo, con la Guardia di Finanza, si occupava dei riscontri al mio lavoro di sfondamento, rintracciava i conti correnti, trovava il capello (sic) nell'uovo. Gli avvocati Giovanni Maria Flick e Marco De Luca vennero a trattare il rientro di Gardini, che non era ancora stato dichiarato latitante. Fissammo l'appuntamento per il 23, il mattino presto».
«Avevamo stabilito presidi a Ravenna, Roma, a Milano e allertato le frontiere. E proprio da Milano, da piazza Belgioioso dove Gardini aveva casa, mi arriva la telefonata: ci siamo, lui è lì. In teoria avrei dovuto ordinare ai carabinieri di eseguire l'arresto. Gli avrei salvato la vita. Ma non volevo venir meno alla parola data. Così rispondo di limitarsi a sorvegliare con discrezione la casa. Il mattino del 23 prima delle 7 sono già a Palazzo di Giustizia. Alle 8 e un quarto mi telefona uno degli avvocati, credo De Luca, per avvertirmi che Gardini sta venendo da me, si sono appena sentiti. Ma poco dopo arriva la chiamata del 113: "Gardini si è sparato in testa". Credo di essere stato tra i primi a saperlo, prima anche dei suoi avvocati».

«Mi precipito in piazza Belgioioso, in cinque minuti sono già lì. Entro di corsa. Io ho fatto il poliziotto, ne ho visti di cadaveri, ma quel mattino ero davvero sconvolto. Gardini era sul letto, l'accappatoio insanguinato, il buco nella tempia». E la pistola? «Sul comodino. Ma solo perché l'aveva raccolta il maggiordomo, dopo che era caduta per terra. Capii subito che sarebbe partito il giallo dell'omicidio, già se ne sentiva mormorare nei conciliaboli tra giornalisti e pure tra forze dell'ordine, e lo dissi fin dall'inizio: nessun film, è tutto fin troppo chiaro. Ovviamente in quella casa mi guardai attorno, cercai una lettera, un dettaglio rivelatore, qualcosa: nulla». Scusi Di Pietro, ma spettava a lei indagare sulla morte di Gardini? «Per carità, Borrelli affidò correttamente l'inchiesta al sostituto di turno, non ricordo neppure chi fosse, ma insomma un'idea me la sono fatta...». Quale? «Fu un suicidio d'istinto. Un moto d'impeto, non preordinato. Coerente con il personaggio, che era lucido, razionale, coraggioso. Con il pelo sullo stomaco; ma uomo vero. Si serviva di Tangentopoli, che in fondo però gli faceva schifo. La sua morte per me fu un colpo duro e anche un coitus interruptus». Di Pietro, c'è di mezzo la vita di un uomo. «Capisco, non volevo essere inopportuno. È che l'interrogatorio di Gardini sarebbe stato una svolta, per l'inchiesta e per la storia d'Italia. Tutte le altre volte che nei mesi successivi sono arrivato vicino alla verità, è sempre successo qualcosa, sono sempre riusciti a fermarmi. L'anno dopo, era il 4 ottobre, aspettavo le carte decisive dalla Svizzera, dal giudice Crochet di Ginevra: non sono mai arrivate. Poi mi bloccarono con i dossier, quando ero arrivato sulla soglia dell'istituto pontificio...». Ancora i dossier? «Vada a leggersi la relazione del Copasir relativa al 1995: contro di me lavoravano in tanti, dal capo della polizia Parisi a Craxi».

Lei in morte di Gardini disse: «Nessuno potrà più aprire bocca, non si potrà più dire che gli imputati si ammazzano perché li teniamo in carcere sperando che parlino». «Può darsi che abbia detto davvero così. Erano giornate calde. Ma il punto lo riconfermo: non è vero, come si diceva già allora, che arrestavamo gli inquisiti per farli parlare. Quando arrestavamo qualcuno sapevamo già tutto, avevamo già trovato i soldi. E avevamo la fila di imprenditori disposti a parlare».

Altri capitani d'industria hanno avuto un trattamento diverso. «Carlo De Benedetti e Cesare Romiti si assunsero le loro responsabilità. Di loro si occuparono la Procura di Roma e quella di Torino. Non ci furono favoritismi né persecuzioni. Purtroppo, nella vicenda di Gardini non ci furono neanche vincitori; quel giorno abbiamo perso tutti».

21 luglio 2013 | 9:52
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Aldo Cazzullo

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