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Autore Discussione: Paolo Valentino. La notte tesa dell’ambasciatore con lo staff della Casa Bianca  (Letto 2185 volte)
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« inserito:: Novembre 08, 2008, 09:58:01 am »

Washington

La notte tesa dell’ambasciatore con lo staff della Casa Bianca

Il chiarimento è avvenuto tra giovedì sera e ieri mattina, subito dopo le affermazioni del presidente del Consiglio


WASHINGTON — Tragicommedia all’italiana. Il solito complesso di Violetta, l’ossessione di essere amati, dà vita a un balletto politico e diplomatico, sullo sfondo di gaffe vecchie e nuove, con corollario di malumori e gioco del cerino acceso.

A chi va la colpa del fatto che Silvio Berlusconi non sia stato fra i primi nove leader stranieri, che hanno avuto il privilegio di una telefonata di ringraziamento dal presidente- eletto Barack Obama? A Palazzo Chigi, ieri sera, il dito è stato puntato su Gianni Castellaneta, il nostro ambasciatore a Washington. Sarebbe stato lento, questa l’accusa degli ambienti vicini al premier, a reagire all’elezione del primo presidente afro-americano.
Non avrebbe spinto abbastanza per organizzare una telefonata di Berlusconi con Obama.

Ma è andata proprio così? Secondo le nostre informazioni, in realtà l’ambasciata italiana si sarebbe mossa per tempo. Già mercoledì mattina, Castellaneta ha parlato al telefono con Greg Craig e Susan Rice, i due principali consiglieri di politica estera di Barack Obama, per esprimere le congratulazioni a nome del Presidente della Repubblica e del premier. In entrambe le occasioni, l’ambasciatore ha formulato anche il desiderio del presidente del Consiglio di avere un colloquio telefonico col presidente-eletto, ricevendo assicurazioni che la chiamata sarebbe arrivata quanto prima, compatibilmente con gli impegni di Obama. Poi l’ambasciata ha avviato la procedura formale di una lettera ufficiale del Capo dello Stato al presidente-eletto.

Perché quest’azione non sia andata a buon fine, può solo essere oggetto di speculazione. C’era stata per esempio la mezza gaffe di Berlusconi in giugno, durante la visita di Bush a Roma, quando il premier aveva detto scherzando che l’elezione di McCain gli avrebbe permesso di non essere più il nonno del G8, mentre gli altri leader europei, da Sarkozy a Brown, non facevano nulla per nascondere il loro debole per Obama. Ma si era trattato solo di un’episodio.
Poi c’è stata la visita di Berlusconi a Bush, ultimo gesto di solidarietà totale al presidente uscente, proprio nei giorni in cui la campagna di Obama attaccava più intensamenteMcCain, identificandolo con Bush. Fatto è che giovedì Berlusconi, ma neppure lo spagnolo Zapatero, non era fra i leader della prima ondata di telefonate.

Nelle stesse ore c’è stato l’incidente di Mosca, l’infelice battuta sull’abbronzatura che ha mandato tutti in tilt. Sicuramente non ha influenzato le scelte di Obama. Ma ha probabilmente spinto Palazzo Chigi a mobilitarsi per metterci la pezza. La pressione su Castellaneta a quel punto dev’essere stata molto forte, ma l’ambasciatore il suo compito l’ha svolto: tra giovedì sera e ieri mattina ha parlato due volte al telefono con Rahm Emanuel, il futuro capo dello staff della Casa Bianca, sua vecchia conoscenza, spiegandogli il senso della battuta e insistendo nuovamente per la telefonata. Col risultato che ieri sera, poco dopo le 10 italiane, Obama ha chiamato Berlusconi.

Paolo Valentino
08 novembre 2008

da corriere.it
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