LA-U dell'OLIVO
Aprile 16, 2024, 06:05:08 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: L’industriale scettico...  (Letto 1891 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Ottobre 27, 2008, 11:02:59 pm »

L’industriale scettico

Se questi fondi tentano di guadagnare influenza politica, possono essere un grande svantaggio


Barbari veri forse «no, è un po’ troppo». Ma potenzialmente pericolosi e perciò «da regolare», quello sì: «con principi condivisi almeno a livello europeo» e, soprattutto, con uno stop alla partecipazione «in settori strategici per lo Stato, come la difesa e le telecomunicazioni». Alberto Bombassei, presidente della quotata Brembo («Sono un metalmeccanico») e vicepresidente di Confindustria con delega alle Relazioni industriali, parla da imprenditore dei fondi sovrani libici, arabi, orientali che stanno facendo shopping in Italia. Sono organismi che, dice, «fino a qualche settimana fa la stragrande maggioranza degli italiani non sapeva neanche cosa fossero». Sul loro ruolo è scettico.
I Paesi petroliferi e asiatici si stanno comperando le aziende italiane. La banca centrale libica è entrata in Unicredit, Abu Dhabi in Ferrari, Singapore nella Sintonia dei Benetton. I fondi sovrani sono un danno o un vantaggio?
«Dipende da dove vengono e dove investono. Abu Dhabi in Ferrari può essere un’opportunità, perché i Paesi arabi sono per la Ferrari un mercato di sbocco. E il flusso di denaro che arriva dalla vendita del petrolio da qualche parte va ben investito, venga pure in Occidente. Ma se questi fondi tentano, investendo, di guadagnare influenza politica, se vengono da un Paese con poca trasparenza, se puntano a settori strategici come la difesa o le telecomunicazioni, allora possono essere un grande svantaggio».
Giù le mani da Finmeccanica e Telecom, insomma.
«Trovo che abbiano ragione il cancelliere tedesco Angela Merkel e anche Silvio Berlusconi: su alcuni settori non si può investire perché sono strategici».
Le banche riducono il credito alle aziende. I fondi sovrani, ricchi di liquidità, sono un’alternativa?
«Credo che, superata questa fase, le banche in Italia torneranno ad aprire il canale del credito alle imprese. Altrimenti si fermerebbe l’economia della nazione. Inoltre, dobbiamo anche considerare la tipicità delle nostre aziende: il 98% ha meno di 20 dipendenti, impossibile che un fondo sovrano sia interessato».
Corrado Faissola, il presidente dell’Abi, ha detto che le banche sostengono le imprese. È vero?
«Certo, è nell’interesse delle banche farlo: senza le imprese, hanno meno motivo di esistere. Si sostengono a vicenda. I recenti incontri fra l’Abi e la presidenza di Confindustria sono volti a tarare proprio questo rapporto».
Serve un tetto alla quota azionaria dei fondi sovrani? Si è parlato del 5%.
«Per le aziende non strategiche non serve. La Benelli, per esempio: lì non avrebbe senso porre un limite azionario a qualsiasi socio estero».
Già. È partecipata dai cinesi, gruppo Qianjiang. E per le aziende grandi?
«Il tetto potrebbe servire, certo. Soprattutto se importanti, come Finmeccanica: va salvaguardato l’interesse nazionale . E poi, c’è differenza fra Paese e Paese. Prendiamo il fondo sovrano norvegese: è un fondo sociale, il ricavato è speso per il bene pubblico. Ben venga. Quello».
I fondi sovrani devono entrare o no nei consigli d’amministrazione?
«Se superano una certa quota azionaria ne hanno titolo. Poi, perché contino o meno, dipende dal numero dei consiglieri. In generale, non farei entrare nelle nostre imprese fondi di Paesi che si arrichiscono in modo illegale».
Vede il rischio di Opa ostili in Italia?
«Le società quotate hanno valori dimezzati rispetto all’inizio dell’anno. È chiaro che possono essere più appetibili. Servono strumenti di difesa. Per questo il mio atteggiamento verso i fondi sovrani resta di prudenza. E condivido appieno l’approccio del governo italiano».
Servono regole finanziarie generali?
«Sì. Credo che i principi di Santiago sui fondi sovrani, appena adottati su spinta del Fondo monetario, siano un passo importante, come è anche il nostro nuovo Comitato strategico per l’interesse nazionale in economia. Ma serve un ente super partes almeno continentale, che fissi regole precise e condivise su obiettivi, trasparenza e governance. Se c’è una cosa che abbiamo imparato da questa crisi, è che la finanza internazionale deve essere regolata».
Ma lei accetterebbe un fondo sovrano nella sua impresa?
«Con una quota minoritaria: siamo quotati ed è ovvio che tutti possono acquistare azioni».


ALESSANDRA PUATO

da corriere.it
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!