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Autore Discussione: Dal Pd alla sinistra, tutti contro il premier: «È come Bava Beccaris»  (Letto 4895 volte)
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« inserito:: Ottobre 22, 2008, 11:28:35 pm »

Dal Pd alla sinistra, tutti contro il premier: «È come Bava Beccaris»


Manganelli agli studenti, polizia dentro l’università, minacce ai giornalisti. Sempre più questo governo di destra sta mostrando la sua vera faccia. Quella brutta, ma anche quella reale, nonostante ormai molti suoi membri indossino il doppiopetto. Se ne stanno accorgendo tutti. Da sinistra, ma anche dall’estrema destra, dove anche Forza Nuova ha preso posizione a favore della protesta contro la Gelmini.

«Il tono minaccioso con cui il presidente del Consiglio, durante la conferenza stampa di oggi, segnalava ai direttori dei giornali e dei telegiornali la propria preoccupazione ma soprattutto la propria indignazione sarà forse all'ordine del giorno dell'incontro che avrà con il ministro dell'Interno Maroni?». Se lo chiede il capo ufficio stampa del Pd Piero Martino. «Oltre a prendere le contromisure adatte a bloccare le manifestazioni degli studenti degli insegnanti e del corpo non docente della scuola - attacca Martino - Berlusconi invierà le forze dell'ordine anche nelle redazioni per verificare che il suo verbo venga amplificato come lui gradisce?». «La propaganda di regime di tempi non ancora dimenticati - prosegue il democratico - utilizzava metodi di controllo dell'informazione che non vorremmo fossero riproposti nel 2008».

Polizia contro studenti? Per il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, è uno scenario inimmaginabile: «Non oso neanche pensare - dice a margine della cerimonia laica per i funerali di Vittorio Foa - che si possa rispondere a questo movimento con delle minacce». Epifani manda a dire al premier: «Il Governo sappia dialogare, apra dei canali con questa protesta nuova, vasta e pacifica. Questo vale anche - aggiunge - per il sindacato confederale: non si può far mancare un tavolo di confronto». Poi ribadisce: «Sarebbe profondamente sbagliata una scelta di rispondere al movimento con una modalità che non sia quella del dialogo». Secondo il leader della Cgil, la mobilitazione nel mondo della scuola e dell'università contro i provvedimenti governativi non va giudicato attraverso vecchi schemi politici. «Non ha senso paragonarla al '68 o tanto meno al '77, sbaglia chi ci vede dietro qualcuno o qualcosa. Le richieste che fanno e che noi condividiamo, sono di investire di più in informazione: questa è gente che chiede di studiare di più e meglio. Il Governo sbaglia a sottovalutare questo movimento o a catalogarlo in termini di schematismi politici».

«Le parole del presidente del Consiglio che dice di voler usare la polizia contro gli studenti sono di una gravità inaudita», Marina Sereni, vicepresidente dei deputati Pd. e occupazioni negli istituti, le proteste nelle università e nelle scuole dell'obbligo mostrano un paese reale che non crede alle bugie di questo governo e manifestano un malessere che dovrebbe essere compreso». La reazione di Berlusconi «mette a nudo, al di là dell'ostentata sicurezza, una vera e propria debolezza perché le affollatissime e democratiche manifestazioni di questi giorni sono la prova che c'è un'Italia che ha scoperto l'inganno della “manutenzione” del ministro gelmini».

«La decisione del presidente del consiglio di ricorrere all'uso della forza pubblica contro le famiglie e gli studenti che protestano per difendere il diritto allo studio è gravissimo, è un atto inconcepibile che lede diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione», dice Pina Picierno, ministro ombra delle politiche giovanili del Pd, domandandosi «cosa ha in mente il presidente del Consiglio?». Per l'esponente del Pd «abbiamo a che fare con un pompiere piromane che cerca di alimentare ad arte un clima di tensione. Oggi sono venuti solo diktat e minacce contro chiunque osi dissentire dalle posizioni di questo governo. Un comportamento irresponsabile e pericoloso».

«Avviso a “Bava Beccaris-Berlusconi” - afferma Paolo Ferrero segretario del Prc -. Rifondazione comunista sostiene e continuerà a sostenere tutte le occupazioni che si stanno svolgendo e si svolgeranno nelle scuole, nelle università e nelle strutture di ricerca del mondo scolastico italiano». «Il presidente del Consiglio - aggiunge - non provi a trasformare una libera e democratica forma di protesta sociale in un problema di ordine pubblico. Le forze dell'ordine il governo pensi ad usarle contro la criminalità organizzata che minaccia, uccide e scorrazza in un gran pezzo del territorio del Paese, non contro gli studenti, i professori e i ricercatori che non fanno altro che rivendicare i loro diritti».

«Vietare le occupazioni? Mi sembra che Berlusconi, più che inseguire il modello di una democrazia in cui il dissenso è una componente democratica, rincorra il modello di Pinochet, con manganelli e lacrimogeni», commenta Francesco Caruso, l'ex parlamentare di Rifondazione Comunista e leader dei no global campani. « Il premier deve stare attento» perché «chi semina rabbia raccoglie tempesta». «Se Berlusconi pensa di risolvere a colpi di manganello sulla testa dei ragazzi e dei professori il disagio e il malesseri diffusi nel mondo della scuola - aggiunge Caruso - rischia di sbattere la testa contro il muro e di farsi tanto male». Anche perché, conclude, «le esperienze di autogestione nelle scuole e nelle università attraversano tutta l'Europa quando ci si trova di fronte a provvedimenti governativi inquietanti come quello della Gelmini».

«La conferenza stampa di Berlusconi e Gelmini riflette la paura del governo di fronte alla crescita del movimento studentesco: Berlusconi minaccia l'uso della forza perché è consapevole della propria crisi di consenso sul fronte scuola», dice Marco Ferrando del Pcl, che aggiunge: «Tanto più ora, studenti e insegnanti non si facciano intimidire da Berlusconi. La vera “violenza” è quella dei tagli all'istruzione pubblica, non l'occupazione di scuole e università a difesa dell'istruzione.» «Il Pcl dà pieno sostegno all'estensione e sviluppo della mobilitazione. Si impegna a favorire l'estensione delle occupazioni. Rivendica il diritto all'autodifesa di massa delle scuole e università occupate. Lavora -conclude Ferrando- alla formazione di un coordinamento nazionale di delegati eletti dalle assemblee. Rivendica il proseguo a oltranza della mobilitazione sino al ritiro del decreto Gelmini».

Contro la linea dura scelta dal premier nei confronti delle proteste degli studenti si scaglia anche Forza Nuova che accusa Berlusconi di «minacciare gli studenti». «È preciso diritto degli studenti manifestare la loro opposizione dato che questo provvedimento riguarda il loro futuro, e non quello della Gelmini o di Berlusconi - sostiene Paolo Caratossidis, coordinatore nazionale di Forza Nuova - Il Governo fa orecchie di mercante, non accetta che la totalità degli operatori scolastici e degli studenti sia in disaccordo, e si comporta in maniera anti democratica facendo leva su minacce di repressione. Noi - conclude - siamo al fianco degli studenti, e saremo con loro nel caso l'esecutivo li aggredisse».

Pubblicato il: 22.10.08
Modificato il: 22.10.08 alle ore 15.52   
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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 24, 2008, 08:20:09 am »

Occupazioni e cortei in tutta Italia. Lo slogan dei romani: io non ho paura

Il rettore: niente agenti alla Sapienza

Traffico bloccato da sit-in improvvisati a Roma, Trieste e Milano. Occupazioni a Torino e all'Orientale di Napoli


ROMA - «Bloccare tutto, le università e le scuole, e anche le stazioni, e le città, e ovunque, davanti ad ogni portone d'ingresso delle facoltà, dobbiamo affiggere la scritta "Io non ho paura"». L'applauso, per lo studente di Fisica Giorgio Sestili, che parla alla Sapienza, ecco, l'applauso: dura minuti. «Io non ho paura», lo slogan nasce così. E in serata ecco la presa di posizione del rettore: Renato Guarini dice, semplicemente, che non autorizzerà l'ingresso della polizia perché «La Sapienza, anche nei momenti più drammatici e di maggiore tensione, non ha mai fatto ricorso ad azioni di forza».

Ma ciò che accade a Roma — nelle tre università romane — non è che un aspetto della protesta studentesca: in tutta Italia, da ieri, da quando Berlusconi ha promesso l'arrivo della polizia per sgomberare gli atenei, occupazioni e cortei si moltiplicano. Traffico bloccato da sit in improvvisati: nella Capitale, a Trieste, a Milano. A Napoli l'«Orientale è occupata », come spiega lo striscione all'ingresso. Le assemblee e i cortei non si contano. Milano, Torino, Firenze, Cagliari, Bari, Palermo, Napoli, Catania: ovunque, gli studenti si organizzano, fanno lezione all'aperto, sfilano. A Genova oggi ci sarà il funerale dell'università. Contro la legge 133, certo, ma anche per «resistere » alle «minacce del premier ».

I rettori, come quello della Sapienza e quello dell'Aquila, dicono chiaramente una cosa: no alla polizia nell'università. Il 14 novembre, a Roma, manifestazione nazionale con studenti «universitari, medi e — spiega un altro dei leader della protesta, Francesco Raparelli — dell'intero mondo della formazione». L'appello è per gli studenti di tutta Italia: «Occupate tutto». «Protestiamo in modo intelligente, come ha detto Napolitano — dice Sestili — facciamo cortei da giorni e non è successo nulla. È un movimento trasversale, qui parlano ragazzi di destra e di centro. Questa è la dismissione dell'università, ed è grave per tutti». Cartelli intorno a lui: «Blocchiamo le ferrovie», «né sapientini né manichini». Francesco, di Scienze politiche, dice che «questo governo è criminale ».

A Milano cinquecento studenti fanno lezione in piazza Duomo e poi bloccano il traffico, un corteo a Trieste, un altro a Roma, uno a Bari. Il rettore della Sapienza, Renato Guarini, risponde così alle parole di Berlusconi: «Le criticità devono essere affrontate con un dialogo costruttivo, concordo con quanto detto da Napolitano. Nella tradizione delle università europee l'ingresso delle forze dell'ordine viene autorizzato dai rettori». Lui, come detto, non ha intenzione di farlo. Per il Magnifico dell'Aquila, Ferdinando Di Iorio, le dichiarazioni del premier «sono gravissime. Non si rende conto su quale terreno si muove». La polizia dentro le università? «Qui non accadrà mai». A Firenze, in piazza della Signoria, lezione dell'astrofisica Margherita Hack che dedica poche parole al proposito di Berlusconi: «È una vergogna».

Alessandro Capponi
23 ottobre 2008

da corriere.it
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« Risposta #2 inserito:: Ottobre 24, 2008, 08:21:22 am »

Finocchiaro: «Il bugiardo è lui, basta riguardarsi il video dell'intervento»

«Mai pensato alla polizia nelle scuole»

Berlusconi da Pechino: «Non l'ho mai detto, i titoli dei giornali sono lontani dalla realtà»



ROMA - «Non ho mai detto né pensato che servisse mandare la polizia nelle scuole. I titoli dei giornali che ho potuto scorrere sono lontani dalla realtà». Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, rispondendo da Pechino alle polemiche provocate dalle sue frasi rilasciate in conferenza stampa a Palazzo Chigi a proposito delle proteste nel mondo della scuola e dell'Università.

DIVORZIO MEDIA-REALTA' - «Ho detto invece - ha proseguito il premier - che chi vuole è liberissimo di manifestare e protestare ma non può imporre a chi non è della sua idea a rinunciare al suo diritto essenziale. Ancora una volta c'è stato un divorzio tra i mezzi di informazione e la realtà». Una precisazione, quella del capo del governo, arrivata all'indomani delle frasi rilasciate durante la conferenza stampa sul decreto-Gelmini: «Vorrei dare un avviso ai naviganti molto semplice: non permetteremo che vengano occupate scuole ed università - aveva detto il premier - perché l'occupazione di posti pubblici non è una dimostrazione o un'applicazione di libertà, non è un fatto di democrazia: è una violenza nei confronti degli altri studenti, nei confronti delle famiglie, nei confronti delle istituzioni e dello Stato. Convocherò oggi (mercoledì, ndr) il ministro degli Interni e darò a lui istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell'ordine per evitare che questo possa succedere (qui il video dell'intervento di Berlusconi)».

AZIONI DI CONVINCIMENTO - Sempre da Pechino, Berlusconi ha affermato che «se ci sarà chi vorrà occupare a prescindere, con opportune azioni di convincimento, e ne ho in mente qualcuna molto spiritosa, bisognerà garantire agli altri che vogliono imparare la possibilità di non essere disturbati da costoro». Alle insistenti domande dei giornalisti su quale tipo di azioni Berlusconi abbia in mente, lui risponde «non le dico, altrimenti farei i titoli».

FINOCCHIARO - Al premier replica Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd: «Ad essere divorziato dalla realtà è Berlusconi. Basta guardare le agenzie e il video della conferenza stampa di ieri per vedere che, forse in un eccesso di securitarismo, Berlusconi ha detto che doveva valutare con il ministro dell'Interno Maroni le modalità per inviare le forze dell'ordine al fine di bloccare le manifestazioni e le occupazioni nelle scuole e nelle università. L'ha detto, non siamo noi i bugiardi».

LA RUSSA - In ogni caso, è Ignazio La Russa, poco più tardi, a escludere in ogni caso l'intervento della polizia nelle scuole. «Io non penso che ci sarà mai un seguito alle parole di Berlusconi - assicura il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, riferendosi alle dichiarazioni di mercoledì - ci starei male se ci fosse. Sono anche certo che non ci sarà mai bisogno di polizia perché speriamo che i giovani non vogliano nemmeno mettersi nella condizione di essere al centro di episodi di violenza per motivi ideologici: ci siamo già passati e credo che all'Italia sia bastato».

VIMINALE: «POSSIBILITA' DI DISSENSO NEL RISPETTO DELLE LEGGI» - In serata una nota del Viminale, al termine della riunione dei vertici di polizia ha ribadito che, «nel garantire piena possibilità di dissenso, purché espresso nel rispetto della legge e dei diritti altri, si conferma tuttavia fermezza e determinazione nel prevenire qualsiasi tipo di degenerazione violenta, i cui responsabili saranno identificati e denunciati all'autorità giudiziaria».



23 ottobre 2008

da corriere.it
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« Risposta #3 inserito:: Ottobre 24, 2008, 08:22:42 am »

GLI STUDENTI

«Non reprimete il nostro futuro»

La lettera al "Corriere" di Roberto Iovine, coordinatore dell'Unione Nazionale degli studenti


Pubblichiamo una lettera inviata al "Corriere", in parte ridotta per ragioni di brevità.


Non reprimete il nostro futuro. In questi giorni siamo attivamente impegnati nella difesa del nostro futuro nostro e del nostro paese. Scuole e università si stanno mobilitando per chiedere prima di tutto centralità, la consapevolezza che il sapere è il principale motore per il miglioramento delle nostre condizioni di vita. Gli ultimi provvedimenti del Governo prevedono un taglio radicale degli investimenti pari nove miliardi e mezzo di Euro che metteranno in ginocchio il sistema d'istruzione dalle elementari fino all'università. Questo dato inopinabile, basta leggere il testo della finanziaria, si abbatte sulla nostra percezione del futuro, su quello che saremo domani, sulla qualità della nostra vita, sul desiderio di libertà, che è insito in ognuno di noi. In un contesto di crisi dell'economia globale, non siamo rimasti passivamente a subire le politiche di un governo che taglia gli investimenti sulla conoscenza, non limitando la spesa pubblica nel sostegno economico alle banche o alla disastrata Alitalia, di cui tutti noi cittadini pagheremo i debiti. [...]

È nato quindi il movimento plurale nelle sue diversità. Un movimento assolutamente pacifico, reale, partecipativo, democratico, un movimento che nasce per rivendicare più scuola e più sapere, che vuole una conoscenza capace di eliminare le tante ingiustizie sociali che pervadono il nostro tempo. Per questo, non siamo per il mantenimento dello status quo, ma chiediamo invece vero cambiamento, scuole e università al passo con l'Europa, una ricerca al servizio della collettività, la possibilità di raggiungere i livelli più alti dell'istruzione anche se non sei il figlio di un grande industriale. [...]

Questo è un movimento propositivo, dinamico, pacifico, che vuole studiare di più e si oppone ad un governo che ci vuole far studiare di meno. Che si oppone ad un governo che si rifiuta di affrontare la vera emergenza educativa del nostro paese, pensando che con un grembiulino o un voto di condotta si possa risolvere la fatiscenza dei nostri istituti scolastici, la mancanza di strumenti didattici, la bassezza della qualità delle risorse, l'arretratezza dei nostri sistemi formativi rispetto a quelli del resto del mondo. Siamo stufi di essere strumentalizzati dal teatrino della politica, non siamo qualunquisti ma vogliamo essere pedine da muovere a secondo dell'esigenza di uno o l'altro partito. Siamo una soggettività indipendente, cittadini e cittadine che hanno dei bisogni e chiedono di essere ascoltati e non repressi con la violenza. Abbiamo promosso lezioni di piazza con i docenti, ci siamo mobilitati con i genitori contro il taglio del tempo pieno nelle scuole elementari, non abbiamo mai usato la violenza e mai la useremo. Perchè il presidente del consiglio invece di ritirare i provvedimenti o almeno discuterli vuole usare la violenza? [...]

Il 10 ottobre 300.000 studenti e studentesse sono scesi in piazza in tutta Italia, facevo parte della delegazione ricevuta al ministero dell'istruzione. A quel punto, di fonte a due tecnici del ministero spaesati, ci siamo chiesti: e il Ministro? Prima o poi vi incontrerà, rispose sicura di sé una segretaria. Questo momento non è mai arrivato. E' questa la vostra democrazia? E così invece di risposte politiche abbiamo trovato solo offese: bamboccioni, ignoranti, presuntosi [...]

Lanciamo un appello a tutto il Paese, nella speranza che si capisca che questa non è una battaglia degli studenti e delle studentesse ma di tutti quelli che pensano che le scuole e le università sono centrali per lo sviluppo sociale e civile della nazione. Lanciamo un appello ai docenti e ai genitori, non ci abbandonate, non fate in modo che la polizia reprima con la violenza il futuro dei figli della Repubblica. Lanciamo un appello al mondo della cultura, all'intellettualità diffusa, all'opinione pubblica, sosteneteci e costruiamo insieme un'altra idea di scuola, le proposte non ci mancano. Lanciamo anche un appello alla stampa, invece di fare solo la cronaca dei jeans che indossiamo o dell'acconciatura all'ultimo grido, lasciateci lo spazio di raccontarci, di rendere pubbliche le nostre proposte, di avviare una discussione seria e pubblica sulla scuola che vogliamo.[...]

 

Roberto Iovino,
coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti

info@unionedeglistudenti.it


da corriere.it
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« Risposta #4 inserito:: Ottobre 24, 2008, 08:26:55 am »

2008-10-23 16:32

BERLUSCONI: POLIZIA NELLE SCUOLE? NON L'HO MAI DETTO


 PECHINO - "Io non ho mai detto né pensato che la polizia debba entrare nelle scuole. Ho detto invece che chi vuole è liberissimo di manifestare e protestare ma non può imporre a chi non è della sua idea a rinunciare al suo diritto essenziale. Ancora una volta c'é stato un divorzio tra i mezzi di informazione e la realtà". E' quanto ha detto il premier Silvio Berlusconi tornando alle polemiche dei giorni scorsi sulla scuola da Pechino.

"I titoli che ho letto venendo qui, che parlano di Polizia nelle scuole, non sono condivisibili, sono un divorzio dalla realtà" afferma il premier tornando alla polemica di queste ore sulla scuola. "Ho detto soltanto - precisa Berlusconi - che lo Stato non è più legittimato ad essere Stato se non garantisce ai cittadini i propri diritti. Tutti hanno il diritto di protestare, ma non quello di impedire di andare a scuola a chi non vuole protestare". E Berlusconi va avanti sostenendo di "sentire come un preciso dovere del governo quello di garantire i diritti dei cittadini". "Con tutta la preoccupazione e la necessaria 'leggerezza' che il caso ritiene, non possiamo non intervenire e sottrarci così al nostro dovere". "Volete manifestare in piazza? Siete i benvenuti - afferma Berlusconi - ma almeno non sparate bufale sul numero. Di solito, si moltiplica per 25 l'entità dei manifestanti".

'CONVINCIMENTO SPIRITOSO' -  Se ci sarà chi vorrà occupare le scuole, il premier è pronto ad azioni di "convincimento" che però non vuole svelare ai giornalisti, durante una conferenza stampa a Pechino. "Se ci sarà chi vorrà occupare a prescindere con opportune azioni di convincimento, e ne ho in mente qualcuna molto spiritosa, bisognerà garantire agli altri che vogliono imparare la possibilità di non essere disturbati da costoro". Alle insistenti domande dei giornalisti su quale tipo di azioni Berlusconi abbia in mente lui risponde "non le dico, altrimenti farei i titoli".

'DIVORZIO TRA INFORMAZIONE E REALTA'' - Ancora una volta, come già aveva fatto ieri, il premier Silvio Berlusconi torna a parlare di divorzio tra i mezzi di informazione e la realtà. "Accade di frequente, anzi molto spesso che io non riesca a riconoscermi nelle situazioni che ho vissuto da protagonista. Posso perciò parlare di un divorzio tra la realtà di quanto da me vissuto e la realtà che raccontano i giornali".

GELMINI: CONVOCHERO' GLI STUDENTI

 "Convocherò da domani tutte le associazioni degli studenti per aprire uno spazio di confronto ad una sola condizione: che si discuta sui fatti". E' quanto ha annunciato il ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini al Senato in sede di replica dopo il dibattito generale sul decreto sulla scuola.

"Mi ero illusa di un terreno di confronto e non di scontro". Lo dice il ministro della Pubblica istruzione, Maria Stella Gelmini al Senato, replicando alle critiche che nel dibattito generale sul suo decreto ha sollevato l'opposizione. "Si sono scatenate proteste prive di fondamento ma più di questo mi preoccupano le falsificazioni" sottolinea il ministro che poi accusa il leader del Pd di voler cavalcare la protesta. "Veltroni - sostiene Gelmini - ha fatto della scuola il terreno privilegiato dello scontro, pregustando nuovi autunni caldi".

UNIONE STUDENTI,CI FERMIAMO SE GOVERNO RITIRA DECRETO

 "Siamo pronti ad essere ricevuti dal ministro Gelmini, ma questo non basterà a fermare le mobilitazioni. Il movimento si fermerà soltanto quando il Governo ritirerà il decreto 137". E' quanto afferma l'Unione degli studenti ribadendo la propria disponibilità al dialogo ed al confronto sul Decreto 137, ma soprattutto sull'impianto generale delle politiche di questo Governo sulla scuola. "Crediamo che questa apertura - osserva tuttavia in una nota - sia tardiva, in quanto il Forum delle Associazioni Studentesche Maggiormente Rappresentative non viene convocato da diversi mesi e il Ministro continua ad agire per mezzo di decreti senza dibattiti parlamentari né consultazioni con gli studenti". Secondo l'Uds "le consultazioni dovrebbero essere un metodo ordinario di azione politica, e non una risposta alle occupazioni".

ANCORA PROTESTE, OGGI RIUNIONE AL VIMINALE - Aumentano le proteste nel mondo della scuola contro la riforma Gelmini e i tagli alla ricerca. Cortei, assemblee, lezioni per la strada, occupazioni, stanno proliferando in ogni angolo dell'Italia. A Roma sono stati occupati alcuni licei come gli storici Tasso e Virgilio o il periferico Malpighi. Hanno scelto, invece, lo "sciopero creativo" gli studenti del liceo romano Russell facendo suonare la banda di istituto. Gli studenti hanno inoltre occupato la facoltà di Scienza dell'Unibersità Roma Tre.

Nottata tranquilla invece per i 150 studenti che, per la seconda volta consecutiva, hanno dormito all'interno degli edifici della facoltà di Fisica de La Sapienza, tutti occupati, ed in alcune aule di Lettere, Scienze Politiche e Chimica. Occupata anche la facolta' di Ingegneria. Gli universitari si uniranno al corteo degli studenti medi che raggiungera' il Senato dove e' in discussione la legge 133.

A Milano,i cancelli della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano sono stati bloccati dagli studenti per un'ora, impedendo così l'ingresso a chi voleva frequentare i corsi.

La mobilitazione continua anche in altre facoltà, atenei e scuole milanesi. Diverse centinaia di studenti di scuole superiori di Torino stanno sfilando in corteo nel centro storico della città. Unica voce contraria quella del Fuan, che in segno di provocazione ha messo all'asta su ebay l'ermellino del Rettore. Prosegue l'occupazione di Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche. Assemblee sono in programma a Bologna nelle facoltà di Giurisprudenza, Lettere, Lingue e Scienze, e lezioni in piazza Puntoni con alcuni docenti di Scienze. Alle 18:30 partenza da piazza S. Francesco di una fiaccolata di liceali e universitari. Gli studenti dell'Università degli studi della Basilicata si sono riuniti in assemblea nell'aula magna del Campus di Macchia Romana, a Potenza, per discutere sulle iniziative da organizzare nelle prossime ore. Anche a Napoli molte iniziative. Stamattina, dopo la prima notte di occupazione di palazzo Giusso, sede dell'università l'Orientale, studenti e ricercatori si sono riuniti per decidere le azioni di protesta. Gli studenti della facoltà di Ingegneria dell'università di Palermo stamattina, infine, fanno lezione in piazza Castelnuovo, davanti al teatro Politeama. I colleghi di Lettere continuano la sospensione dell'attività didattica. Un provvedimento, quest'ultimo, che ha portato la componente di destra, "Azione universitaria", ad annunciare il ricorso alla magistratura per interruzione di pubblico servizio.

MARONI, NEL POMERIGGIO RIUNIONE OPERATIVA
TRIESTE - Una riunione operativa al Viminale, questo pomeriggio, stabilirà le modalità per la gestione dell'ordine pubblico relativa alle occupazioni di scuole e università. Lo ha detto stamani a Trieste, ai giornalisti, il ministro dell'Interno Roberto Maroni. "Su questo argomento - ha precisato il ministro - ci sarà una riunione alle ore 17 al Viminale".

UNIVERSITA': BERLUSCONI, USEREMO LA POLIZIA. BAGARRE
di Tiziana Caroselli

ROMA - Il dipartimento di Fisica de La Sapienza sbarrato con i lucchetti; un lungo corteo funebre (come salma, ovviamente, l'università pubblica) con tanto di ceri, fiori e scialli neri inscenato dagli universitari a Bari; assemblea di studenti universitari e medi all'Orientale di Napoli per la quale è stata decisa l'occupazione; ancora occupazioni delle facoltà umanistiche a Torino... e tante, tante altre iniziative di protesta in tutta Italia, dalle scuole elementari all'università.

La rivolta contro i tagli dei finanziamenti agli atenei e contro la riforma Gelmini che ripristina il maestro unico continua. Continua anche mentre a Palazzo Chigi il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, e il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, sfoderano il pugno duro: non arretreremo di un millimetro, andremo avanti nella direzione lungamente meditata, non permetteremo che pochi contestatori - perché sono pochi, assicura Berlusconi, e dietro di loro, incalza il ministro Gelmini, c'é la regia della sinistra e dei centri sociali - tengano in ostaggio i tanti, tantissimi che vogliono studiare. E ancora, non solo non saranno permesse occupazioni (che siano di università o di licei) ma i contestatori stiano attenti perché le forze dell'ordine sono pronte a intervenire.
E proprio oggi al Viminale è stata convocata una riunione tecnica di analisi, monitoraggio e valutazione delle proteste, "per garantire i diritti di tutti".

Insomma, chi si aspettava che le manifestazioni di questi giorni potessero indurre il Governo a qualche ripensamento si è sbagliato di grosso. "L'ordine deve essere garantito. Lo Stato deve fare il suo ruolo garantendo il diritto degli studenti che vogliono studiare di entrare nelle classi e nelle aule" ha spiegato Berlusconi. Quanto ai contenuti delle proteste, secondo premier e ministro, sono infondati: la tenuta del tempo pieno è garantita - assicurano entrambi e rispondono con i numeri a chi lo mette in dubbio: in 5 anni avremo quasi 6.000 classi in più con il tempo pieno e sarà un tempo pieno "di qualità". Il maestro unico poi ("meglio chiamarlo prevalente" dice con tono di scherzoso rimprovero Berlusconi a Mariastella Gelmini) in classe non sarà solo: lo affiancheranno gli insegnanti di lingua straniera, di religione e di informatica.

Sul fronte degli atenei, il ministro dell'Istruzione insiste nel pensare che i manifestanti abbiano le idee confuse visto che - sostiene - "contestano un decreto che parla di scuola e non di università". Loro però, quelli che sono scesi in piazza, puntano l'indice su altro: il taglio delle risorse, l'ipotesi di trasformare le università in fondazioni, il blocco del turn over. E sull'università il ministro Gelmini attacca: "dal mondo universitario, professori e rettori - dice - mi sarei aspettata un po' più di autocritica per come è stata gestita l'università e per come è stata ridotta. Non c'é trasparenza nei bilanci. E per questo ho già avviato controlli in 5 atenei, guarda caso quelli dove le occupazioni sono più forti".

Parole dure, forti, mitigate soltanto dalla rinnovata disponibilità al confronto: lo abbiamo fatto prima di varare i provvedimenti, siamo pronti a farlo ora, ma - dice il ministro - stop alle strumentalizzazioni. Un'apertura al dialogo che però non smorza l'indignazione di sindacati ("Il governo - ha detto il segretario generale della Cgil Epifani - non può ricorrere alle minacce"), dei leader dei no global ("Berlusconi? un piccolo Putin in salsa nostrana" ha commentato Casarini) e naturalmente dell'opposizione che anche in aula, al Senato, durante il dibattito sul decreto Gelmini, ha parlato di "deriva autoritaria". Reagiscono gli studenti, messi sul banco degli imputati: "l' intimidazione non servirà a fermare la nostra lotta" assicura l'Unione degli studenti e aggiunge che "le azioni che mettiamo in atto non sono semplici provocazioni, ma sono strutturate in modo da essere costruttive, con lezioni autogestite, momenti di didattica alternativa, discussioni approfondite con esperti".

I rettori invitano il Governo a non assumere "atteggiamenti muscolari nei confronti dell'Università". "Dia invece segnali di disponibilità al dialogo per andare tutti insieme a parlare di cose concrete che possono ricondurre le ragioni della protesta a un ragionamento" esorta il rettore di Padova, Vincenzo Milanesi, che proprio ieri con i colleghi degli atenei che aderiscono all'Associazione Aquis ha presentato un documento sulla situazione drammatica dell'Università italiana alla luce dei tagli di bilancio. E in chiusura di giornata arrivano le parole del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che risponde alla lettera consegnatagli ieri dagli studenti de La Sapienza. Ribadisce che sul contestato decreto Gelmini decide il Parlamento, auspica che sui temi dell'istruzione "non si cristallizzi un clima di pura contrapposizione" e invita tutti, istituzioni e forze sociali, al dialogo.

VELTRONI: PREMIER GARANTISCA UNITA', NON SOFFI SUL FUOCO - Le odierne parole di Berlusconi sulla scuola "sono molto gravi e cariche di conseguenze" mentre un presidente del Consiglio anziché "soffiare sul fuoco" dovrebbe "sforzarsi di garantire l'unità del Paese". Lo ha detto il segretario del Pd, Walter Veltroni, nel corso di una conferenza stampa. Berlusconi, ha detto Veltroni, "radicalizza una situazione fisiologica in democrazia. A tutti é capitato di stare al governo e avere un movimento di contestazione: questo è il sale della democrazia". "Il governo - ha proseguito - si assume la grave responsabilità di trasformare un problema sociale in un problema di ordine pubblico. I professori, gli studenti, i rettori sono un grande problema sociale che come tale va affrontato. Migliaia di persone hanno manifestato pacificamente per dire la loro come sempre è avvenuto nella democrazia. Il problema va affrontato dalla politica". "Mi domando - ha proseguito il segretario del Pd - se è ancora possibile dissentire. E' possibile esprimere una opinione diversa dal governo o no? Organizzare una manifestazione o no? Scrivere sui giornali un'opinione diversa dal governo o no? Se non è così, la cosa si fa seria. In Francia, nei giorni scorsi, c'é stata una gigantesca manifestazione ma non è stata chiamata la polizia. Spero che rimanga ancora la possibilità di dissentire".

BONAIUTI A VELTRONI, BENZINA SUL FUOCO PER LA MANIFESTAZIONE
"Chi getta benzina sul fuoco è Veltroni che da giorni continua a saltellare da una tv all'altra, imperversa sulle radio e sui giornali, spunta come un fungo sui siti internet e sempre spara sul governo e su Berlusconi". Lo afferma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti. "Tutto questo perché? - si chiede - Solo per portare più gente alla sua manifestazione".

DI PIETRO, PREMIER FOMENTA NUOVA STRATEGIA TENSIONE - "Per come sta affrontando il capitolo della scuola, dalla riforma Gelmini alle violenze contro gli studenti, Berlusconi sta riportando la situazione a come era negli anni '70''. Il leader dell'Idv Antonio Di Pietro commenta così la decisione del presidente del Consiglio di convocare il ministro dell'Interno a Palazzo Chigi "per dargli indicazioni su come devono intervenire le forze dell'ordine" nelle scuole e nelle università per fermare la protesta. "Berlusconi - aggiunge - in questo modo sta creando le premesse come mandante politico (e di questo dovrà assumersene la responsabilità), per creare in Italia una nuova strategia della tensione".

LA RUSSA, MAESTRO UNICO? SBAGLIATO DOPO LA TERZA  - "Penso che dalla terza elementare o dopo la terza sia sbagliato un solo maestro, ma va invece bene per i primi due-tre anni di vita scolastica", quando il bambino ha bisogno, a scuola, di un punto di riferimento principale. E' l'opinione di Ignazio La Russa, ministro della Difesa e padre di un bambino di 6 anni. "Io personalmente sono d'accordo con il maestro unico, l'ho detto quando abbiamo votato in Consiglio dei ministri", dice il ministro ai giornalisti, a margine della sua visita ufficiale negli Usa. "Nei primi 2-3 anni di vita scolastica - dice La Russa - oltre agli altri insegnanti che comunque ci sono (ginnastica, lingue), credo sia importantissimo" avere un punto di riferimento principale. "Mio figlio ha 6 anni e vi assicuro che è molto importante per un bambino di quell'età il rapporto che lo lega principalmente a una persona". 


da ansa.it
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« Risposta #5 inserito:: Ottobre 24, 2008, 10:17:00 pm »

La lezione degli studenti

Beppe Sebaste


Chi si trovasse in questi giorni nelle scuole e nelle università, occupate e variamente animate dalle proteste di studenti e docenti, incontrerebbe persone che incarnano la vocazione dello studio e del sapere. Studenti e docenti difendono la dignità e l’autonomia della conoscenza dalla semplificazione di una politica finanziaria cieca al futuro. Lezioni all’aperto, apertura delle cittadelle accademiche alla città di tutti: chi protesta non ha nulla da nascondere, anzi. Sono privi di ideologia, ma molto consapevoli: «È la politica che si allontanata da noi. Noi facciamo la vera politica», mi hanno detto. Ma alla notizia che il primo ministro ha minacciato di sgomberare con la polizia, cioè introducendo violenza, le scuole e le università teatro di questa civile protesta e sperimentazione, una studentessa della Sapienza di Roma è allibita: «Vogliono trattarci coma la spazzatura di Napoli». Pare di sì: cioè non solo non dialogare, non riconoscere i contenuti di una protesta che è difesa dell’istruzione e del diritto allo studio, ma rimuovere il problema, eventualmente nasconderlo, come la famosa spazzatura di Napoli. E non importa che fermenti chissà cosa e chissà quando. Il disprezzo verso la conoscenza e l'istruzione, verso scuole e università, è del tutto congruente a quello verso il clima, l’ambiente, il protocollo di Kyoto, l’ecologia e la salute pubblica. Il nostro primo ministro è un vero punk: a lui del futuro - dei giovani come del pianeta - non importa nulla.

Molti studenti di oggi dichiarano che il loro modello di lotta è la protesta che dilagò in Francia del 2006 contro un disegno di legge che autorizzava per i primi due anni il licenziamento senza motivo dei giovani neo-assunti. Gli studenti vinsero (la legge fu ritirata) grazie all’appoggio del mondo del lavoro e della maggioranza dell’opinione pubblica. A parte che i contenuti della legge 133 (la finanziaria) e della “riforma Gelmini” (che non è altro che un taglio massiccio di fondi) sono molto più gravi (oltre ad aumentare a dismisura disoccupazione e precarizzazione, fanno tabula rasa degli orizzonti e del senso stesso dello studio), chiamo la protesta degli studenti una risposta alla “guerra contro l’intelligenza”, ricordando un appello nato anch'esso in Francia, ma nel 2004. All’epoca, un progetto legislativo del governo Raffarin, dal sapore vagamente berlusconiano, umiliava quelle professioni non valutabili secondo i criteri e gli utili (peraltro errati e miopi) di un’azienda - dalle scuole e università ai laboratori scientifici, dai centri di ricerca alle biblioteche, ma anche gli ospedali psichiatrici, i teatri ecc. Tutti i settori del sapere, della scienza, del legame sociale, produttivi di conoscenza, di coscienza e di dibattito pubblico, insorgevano contro l’anti-intellettualismo di Stato, una politica di impoverimento e precarizzazione di tutti gli spazi considerati come improduttivi a breve termine, inutili o dissidenti. L’appello “contro la guerra all’intelligenza” in pochi giorni fu firmato da migliaia e migliaia di cittadini, compresi i più alti rappresentanti della cultura e dell’arte francesi.

Nelle parole del filosofo Jacques Derrida, tra i primi ad aderire, per «guerra contro l’intelligenza» si intende «una politica ispirata dal misconoscimento, l’accecamento, perfino dal risentimento, di tutto ciò che è giudicato, a torto e secondo un cattivo calcolo, improduttivo o addirittura nocivo per gli interessi immediati di un certo mercato liberale: la ricerca fondamentale, l’educazione, le arti, la poesia, la letteratura, la filosofia. Nella sua forma caricaturale, ciò che viene denunciato è un economicismo miope; quelli che ne soffrono sono invece tutti i cittadini, a società civile, lo Stato e anche l’economia». C’è bisogno di dire che l’Italia di oggi è ben più minacciata della Francia di quattro anni fa?

Contro il presunto neutrale “buon senso” economico, la protesta degli studenti è una lotta per la salvaguardia di tutti quei luoghi in cui la società si pensa, si elabora, si sogna, si inventa, si cura, si giudica, si protegge, e tra i quali non c’è (solo) il Bagaglino, o le discoteche in cui il settantenne primo ministro italiano si mostra in camicia nera e parla di sesso e insonnia con giovani bramosi di successo e intossicati di ricchezza. Osservo di nuovo che l’imbarbarimento di una nazione (di questo si tratta) nasce e si presenta spesso come una politica di semplificazione - che non è proprio una bella parola, e designa una riduzione innaturale della complessità, ossia dell’intelligenza. Si crea e si consolida nella riduzione del linguaggio, del pensiero, della politica, nella neo-lingua pubblicitaria più volte denunciata, nello scavalcare il Parlamento e l’etica della discussione. Ma è soprattutto negli spazi lasciati vuoti dalla cultura e dall’educazione che l’autoritarismo “semplice” si insedia e riproduce, svuotando di senso il concetto e la realtà di una Repubblica. Il costo umano, sociale culturale è esorbitante. Le sue conseguenze rischiano di essere irreversibili.

Pubblicato il: 24.10.08
Modificato il: 24.10.08 alle ore 9.33   
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