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Autore Discussione: «Salvano le banche e trascurano noi piccoli»  (Letto 3001 volte)
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« inserito:: Ottobre 19, 2008, 10:25:46 pm »

«Salvano le banche e trascurano noi piccoli»


di Claudio Pasqualetto
 
 
 
«Io non ho alcun tipo di sgravio fiscale, nessuna incentivazione per assumere, niente agevolazioni sulla formazione. Niente. Per lo Stato semplicemente non esisto». Se l'idraulico Joe detta i temi della campagna elettorale americana, l'artigiano Andrea chiede almeno di essere ascoltato in un'Italia che - dice - aiuta le grandi banche e sembra abbandonare tutte quelle piccole e medie imprese che l'hanno fatta crescere.
Andrea Gaviore ha 36 anni, è di origini piemontesi e da una decina d'anni porta avanti la piccola azienda, la "RdV", Rocca dei Vescovi, creata dai genitori a Brendola, nel Vicentino, e che si occupa di argenteria. «Ormai – dice – siamo rimasti solo io e mia sorella Cristina a lavorare. Fortunatamente i nostri genitori, che hanno una straordinaria capacità manuale, continuano a darci una mano, ma sono anziani e in pensione».
Andrea ha il dente avvelenato perché si sente dimenticato. «Aiutano le grandi banche che hanno fatto ogni genere di pasticci – accusa – e progettano nuovi aiuti alle grandi imprese, ma per noi non c'è neppure un pensiero. Non esistiamo. La grande impresa fa notizia quando minaccia di lasciare a casa qualche centinaio di persone. Settori come l'oreficeria, la ceramica ed il tessile con la loro rete di piccole e medie imprese hanno lasciato a casa in questi anni migliaia di persone senza che nessuno muovesse un dito».
Alla RdV ha lavorato nei tempi migliori una dozzina di persone, oggi Gaviore ammette che per tagliare i costi lavora sfruttando ogni ora di luce naturale e tenendo al minimo il riscaldamento. «Non voglio sembrare un eroe – precisa – ma questo è il prezzo che sono costretto a pagare se voglio lavorare. Nessuno si preoccuperebbe se domani chiudessi. L'hanno fatto in tanti. Ma il Paese non si chiede cosa può comportare in futuro la perdita di tante professionalità qualificate?»
Sciorina pure qualche cifra. L'Associazione artigiani gli ha fatto due conti e ha scoperto che globalmente le imposte si "mangiano" otto mesi delle sue entrate.
«Non voglio elemosine né aiuti di Stato – dice – ma basterebbero un po' di buon senso ed una diversa ripartizione degli incentivi pubblici. Sono costretto a tenere una vasca da 1.000 litri per le acque di lavorazione che sono meno inquinate di quelle di una abitazione. Negli studi di settore devo indicare persino il tempo che impiego per andare da casa al lavoro e quanta benzina consumo. Non abbiamo alcun tipo di sgravio fiscale né alcuna incentivazione per assumere. Se faccio un'assunzione, ed oggi ne avrei bisogno, devo pagare per intero anche tutto il periodo formativo. Eppure un nuovo assunto alimenterebbe il ciclo economico». «Tutto questo non è né di destra né di sinistra - aggiunge - ma è tempo che si dia ascolto anche a chi, pur essendo piccolo, dà corpo e sostanza all'economia italiana. Se io faccio solo pochi chilometri e vado in Trentino trovo la possibilità di aprire una nuova impresa con un contributo del 30% a fondo perduto, trovo agevolazioni di ogni tipo e fiere che valorizzano il lavoro artigiano e creano occasioni di business. Ovvio che mi chieda perché anch'io non posso avere tutto questo».
«Facendo produrre i miei gioielli d'argento in Thailandia avrei un abbattimento dei costi del 75% - dice ancora Gaviore – e non mi può certo bastare la soddisfazione di vedere la mia produzione scelta per le migliori fiction televisive».
«Non è certo la crisi attuale che mi preoccupa - conclude - da dieci anni sto vivendo una ben più pesante guerra fra poveri. Il problema vero è che tutti promettono ma nessuno ti sta ad ascoltare. Ci sono certo ragioni importanti per determinati aiuti di Stato, ma non si può rinunciare a chiedere almeno un po' di razionalità e di buon senso per sostenere anche quell'Italia delle microimprese che tutti i giorni lavora e produce e che nessuno sembra vedere».

 
da ilsole24ore.com
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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 22, 2008, 02:51:39 pm »

IL CAVALIERE AVEVA DETTO: «DOPO UNICREDIT ALTRI ISTITUTI POTREBBERO RICAPITALIZZARE»

Le banche replicano Berlusconi: «Ricapitalizzazione? Non serve»

Passera (Intesa), Mazzotta (Bpm) e Zanetti (Ubi) dopo le frasi del premier: «La nostra struttura patrimoniale è adeguata»


MILANO - Tutti compatti nel dichiarare: non abbiamo bisogno di ricapitalizzare. Con i titoli che però in Borsa scricchiolano. «Noi pensiamo di avere una struttura patrimoniale adeguata e il piano di impresa che stiamo attuando la rafforzerà ulteriormente». 

Così l'amministratore delegato di Intesa SanPaolo, Corrado Passera risponde, prima di prendere parte all'esecutivo Abi in programma stamani a Milano, a chi gli chiede un commento alle dichiarazioni del presidente del Consiglio sulla necessità di eventuali aumenti di capitale per alcune banche italiane oltre a Unicredit.

Per il direttore generale vicario del gruppo bancario Pietro Modiano Intesa SanPaolo non ha problemi sotto il profilo patrimoniale: «Siamo solidi, chi ne dubita». Attualmente in Borsa Intesa-San Paolo perde il 2,41%.


UBI - «Siamo uno degli istituti più capitalizzati, i nostri ratios sono assolutamente a posto, quindi non abbiamo bisogno di ricapitalizzazioni» così risponde anche il presidente di Ubi Banca Emilio Zanetti, a chi gli chiede se l'istituto necessiti di un intervento sul capitale. Attualmente Ubi banca cede a Piazza Affari il 2,44%.

BPM - «Per l'amor di Dio». Così ha risposto invece il presidente della Banca Popolare di Milano, Roberto Mazzotta, circa l'ipotesi che l'istituto di Piazza Meda abbia la necessità di ricorrere ad un aumento di capitale. Mazzotta ha poi detto che «i nostri ratios sono a posto, non hanno bisogno di niente. Le informazioni date e ripetute negli ultimi tempi erano errate». Al momento in Borsa Bpm lascia sul terreno il 2,75%.


22 ottobre 2008

da corriere.it
« Ultima modifica: Ottobre 22, 2008, 02:57:28 pm da Admin » Registrato
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