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« inserito:: Ottobre 15, 2008, 03:47:38 pm » |
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15/10/2008 Rai, lo scambio indecente CARLO ROGNONI* Caro direttore, parlare di Rai oggi vuol dire affrontare alcune pesanti questioni istituzionali e amministrative, tutte politicamente «sensibili»: dalla presidenza della Vigilanza, alla messa in cantiere di una nuova legge che renda possibile il governo dell’azienda, alla nomina di un nuovo cda.
Le tre questioni si intrecciano e - a oggi - nel tentativo di trovare una soluzione i partiti si sono incartati. L’idea che ci voglia uno sciopero della fame, convocazioni a oltranza della Camera e del Senato, offre al cittadino qualunque un’immagine di confusione e d’impotenza. Da ultimo, poi, si è pensato bene di mettere in relazione la nomina di un giudice della Corte costituzionale (che spetterebbe al centro destra!) con la nomina del presidente della Vigilanza. Un insulto alle buone maniere istituzionali? Sembra quasi che tutti abbiano perso il senso della misura e del pudore. Ecco perché credo sia utile provare a ragionare su come districare la matassa della Rai. Che nulla ha a che vedere con la Corte.
Cominciamo dai fatti. È una consuetudine, ormai da anni, che il presidente della Vigilanza sia indicato dall’opposizione. Così è stato per Storace (An) e per Landolfi (An), così per Petruccioli (Ds) e Gentiloni (Margherita). Se il prescelto proprio non piace a chi governa, è sufficiente che i parlamentari di maggioranza garantiscano la loro presenza, astenendosi. Da un punto di vista istituzionale, d’altra parte, tocca alla maggioranza garantire il numero legale. Da quando le opposizioni hanno scelto Leoluca Orlando, la maggioranza l’ha buttata in politica: «Mai Orlando, visto che ha parlato di regime argentino!». Non importa che in un’intervista proprio a La Stampa Orlando abbia dichiarato che se sarà presidente lo sarà di tutti. Per le opposizioni la scelta di Orlando è diventata irrinunciabile. Anche solo per una questione di principio: non può essere che il candidato dell’opposizione lo scelga la maggioranza! Come se ne esce? Se nessuno fa un passo indietro la paralisi è garantita. Non importa di chi è la colpa.
Proviamo a vedere se le altre due questioni aperte possono aiutare. E partiamo da una riflessione su che cosa importa davvero al centro sinistra e che cosa al centro destra. Pur essendo un esercizio obiettivamente difficile immaginare che cosa voglia tutto il centro sinistra, mi piace pensare che la sua maggioranza consideri una priorità assoluta una nuova legge che cambi i criteri di nomina del cda. Ripeto, una priorità assoluta. Sia per una profonda convinzione: se non si dà alla Rai un normale consiglio, con un vero amministratore delegato (scelto dai due terzi dei consiglieri), difficilmente il servizio pubblico sarà in grado di gestire la rivoluzione tecnologica in atto, e non rischiare una spirale di decadenza e delegittimazione. Sia per una ragione meno confessabile: un consiglio eletto con la Gasparri metterebbe la Rai totalmente nelle mani del governo Berlusconi. Per altri sei anni. Conterebbe su una maggioranza di cinque consiglieri su nove, e anche su un direttore generale gradito al primo ministro (non dimentichiamo che per colpa di Berlusconi, che aveva scelto la persona sbagliata, perché «incompatibile», la Rai ha avuto per due anni un direttore generale «non in sintonia» con il centro destra). Oggi, in queste nuove condizioni, invece, perfino un bravo «presidente di garanzia» rischierebbe di fare la fine di quello che tiene il cerino acceso mentre altri si divertono.
E alla maggioranza che cosa interessa? Sicuramente una parte (Gasparri in primis) vuole che venga applicata la legge attuale: garantisce il massimo di spartizione possibile tra i diversi gruppi del centro destra. Eppure non tutti (Butti di An, per esempio, ma forse anche Romani per alcune sue dichiarazioni) sono insensibili all’idea che ci possa essere una nuova legge. Si tratta di salvare la Rai dalla cattiva politica. Basterebbero pochissimi articoli di legge. A Berlusconi interessa?
Se questo è il quadro dentro il quale va trovata una soluzione alla questione Rai, bisogna chiedersi che cosa è più importante. È più importante che la Vigilanza abbia un presidente o è più importante che Leoluca Orlando sia il presidente? È più importante avere una legge che cambia la Gasparri oppure avere un cda nominato con la vecchia legge? Personalmente non ho dubbi: in cambio di una legge concordata che ridia alla Rai la capacità di essere competitiva sarei pronto a «sacrificare» Orlando. Potrebbe Di Pietro non essere d’accordo? Vorrebbe dire che si privilegiano i posti, all’interesse di un servizio più pubblico di quanto non sia oggi. Il centro destra non condivide l’idea? E allora presidente della Vigilanza non può che essere Orlando. E il centro destra non pretenda di avere garantito da subito anche il presidente di una Rai «addomesticata», soprattutto se impone un suo direttore generale.
Lo scambio di Orlando con una nuova legge può essere discusso, criticato, ma rientra nella ricerca di un compromesso politico. Quello che proprio non ci rientra è scambiare la nomina di un giudice della Corte gradito a Berlusconi con la nomina di Orlando alla Vigilanza.
* consigliere d’amministrazione della Rai da lastampa.it
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