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Autore Discussione: Contro la cattiva stampa  (Letto 2752 volte)
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« inserito:: Luglio 19, 2007, 03:33:00 pm »

Contro la cattiva stampa

Nicola Cacace


Il diritto di critica al governo non è in discussione. Padoa Schioppa e Prodi di critiche ne hanno accumulate tante, alcune anche giuste, ma l’articolo di Alberto Alesina sulla prima pagina del «Sole 24 ore» di ieri l’altro fa storia a sè, seguito com’è stato dalle minacce di dimissioni della Bonino e da ripetute critiche di Dini e altri centristi al corso della trattativa sulle pensioni. Raramente s’è visto un articolo così infarcito di giudizi cattivi su Prodi e Padoa Schioppa come quello di Alesina: «Prodi e TPS hanno rilasciato dichiarazioni sulla cancellazione dello scalone che appaiono di una gravità stupefacente, senza preoccuparsi della loro reputazione e credibilità», «TPS nel 2000, sul Corsera, arrivò a sostenere che l’euro sarebbe fallito senza un’unione politica in Europa»...

E ancora: «Insomma altro che gli Stati Uniti d’Europa necessari per l’euro: anche una semplice critica totalmente meritata da Bruxelles al governo italiano diventa una ingerenza di estremisti. TPS ha sostenuto, con uno spunto lievemente teatrale, che lo Stato italiano diventerebbe anoressico seguendo i consigli di Bruxelles»; «TPS dovrebbe, a mio parere trarre l’unica conclusione possibile, dimettersi... anche nell’ipotesi che il governo cadesse sarebbe più desiderabile una crisi seguita da una riforma elettorale e nuove elezioni... Le sue dimissioni potrebbero costituire quel segnale di gravità ed urgenza di cui il Paese ha bisogno».

Alesina è un economista di rango, insegna anche in America e la sua arringa è in linea col suo ultimo saggio, scritto insieme a Giavazzi «Goodbye Europa», che è un un attacco frontale al modello sociale europeo: «Da oltre un decennio, mentre gli Usa producono ricchezza, sviluppo e d innovazione, l’Europa attraversa una fase di stagnazione economica». Peccato che gli autori non sottolineino a sufficienza che la differenza tra crescita americana ed europea è dovuta essenzialmente alla peculiarità del dollaro, moneta di scambio internazionale e di riserva ed a cause demografiche, la popolazione Usa cresce più dell’1% l’anno. Come aveva rilevato anche l’Economist in uno speciale di qualche anno fa (19 giugno 2004), di cui gli autori non tengono conto: «Se dal confronto si esclude la Germania, che ha pagato un prezzo altissimo all’unificazione, il tasso medio di crescita nel decennio ultimo del Pil per abitante dell’Europa a 12 è pari a quello americano... E questo senza considerare i costi sociali del modello America, paese con le più grandi disuguaglianze di reddito tra ricchi e poveri, orari di lavoro più lunghi e ferie più ridotte (10 giorni), maternità non retribuita (unico Paese industriale) e 50 milioni di cittadini senza copertura sanitaria». Tutte cose non meritevoli di attenzione, tanto che Alesina e Giavazzi vi dedicano qualche pagina distratta su 214 pagine di testo.

È legittimo che Alesina, in linea con le sue visioni politiche, auspichi per l’Europa un modello socio-economico più simile a quello americano, non è comprensibile che posizioni analoghe siano sostenute da politici come Bonino, Dini e Treu che hanno sottoscritto un programma ispirato alla economia sociale di mercato di stampo europeo. È comprensibile che TPS dissenta dalla visione di capitalismo selvaggio cara ad Alesina e quando i controllori di Bruxelles chiedono di destinare l’intero surplus alla riduzione del debito senza alcun riguardo per le pensioni di anziani e di donne che assistono minori ed anziani in vece dello Stato, egli ribatta che governare un Paese fortemente indebitato ma anche con grandi disuguaglianze impone delle mediazioni tra rigore ed equità, che possono non piacere agli Alesina ed a Bruxelles, ma che sono necessarie. Quanto all’articolo di TPS che nel 2000 auspicava che l’euro non rimanesse orfano della politica, si può ribattere che non furono pochi a partecipare a quel dibattito, Ciampi incluso, e ad auspicare che l'euro fosse accompagnato da decisioni politiche comuni, in economia e nel sociale. Perciò la risposta di TPS ad Almunia, «il problema del debito è prioritario ma il problema di un minimo di equità viene subito dopo», è molto più coerente con la posizione politica del TPS del 2000 di quanto Alesina possa immaginare. Governare un Paese che deve pagare 75 miliardi l’anno per interessi sul debito ma anche col più alto indice di disuguaglianza sociale non è facile, farlo con una maggioranza esigua e composita è un’impresa ardua che costringe a mediazioni contiunue. Sarebbe grave se politici bravi e di provata esperienza ostacolassero un accordo vicino sulle pensioni nel nome di una visione della società che non è la loro.


Pubblicato il: 19.07.07
Modificato il: 19.07.07 alle ore 13.00   
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