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Autore Discussione: COFFERATI  (Letto 2362 volte)
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« inserito:: Ottobre 10, 2008, 09:34:54 am »

Dalla politica al privato, la scelta senza precedenti del sindaco di Bologna

Gli affetti sul "Cinese" hanno sempre pesato, dall'elezione fino alla rinuncia

"So che pagherò un prezzo salato" l'addio di Cofferati scatena i sospetti

di MICHELE SMARGIASSI


BOLOGNA - Certo che Edoardo Cofferati è un po' volubile, gli si perdona perché non ha ancora un anno. Il 30 maggio, dopo aver tenuto il futuro politico di papà Sergio sulla corda per ben cinque mesi ("Decide mio figlio", intervista a Repubblica, 21 gennaio) gli aveva finalmente permesso di ricandidarsi sindaco di Bologna, accettando il sacrificio di fare il pendolare all'età in cui si gioca coi peluche. Ma domenica ci ha ripensato. Dev'essere stato un weekend difficile in famiglia. Sabato Edoardo e mamma Raffaella si sciroppano tre ore d'auto per venire a Bologna da papà, ma lui è impegnato, c'è la festa del patrono, san Petronio. I papà pendolari d'Italia, che saranno centinaia di migliaia, dai magistrati ai ferrovieri, conoscono bene il genere di discussioni che scoppiano in questi casi.

"Non si può costringere un bambino a fare seicento chilometri ogni settimana per cinque anni", magari per vedersi poche ore. Portare Edoardo a Bologna? No, papà non vuole si pensi che ha trovato un lavoro a mamma, "lei ne ha già uno che le piace a Genova". Uno dei due deve rinunciare. Lunedì la decisione è presa, martedì comunicata a Veltroni, ieri alla città. Edoardo ha deciso. Papà obbedisce.

O il lavoro, o i figli: un dilemma consueto se è femminile e privato. Se diventa maschile e pubblico, anzi politico, suscita una certa impressione. Perfino sospetti. Metà dei lettori di Repubblica. it non ci credono: "È una scusa che nasconde problemi politici". Il sindaco papà l'ha messo in conto: "So che pagherò prezzi salati per questa scelta".

Il primo è il rischio di essere ritenuto un uomo, direbbe Flaiano, "dalle indecisioni irrevocabili": lasciò la Cgil nel 2002 per tornare impiegato Pirelli, ritornò alla politica acclamato leader della sinistra-sinistra; addio repentino anche a quel progetto, inciampato sullo sgambetto di Bertinotti e del suo referendum sull'articolo 18; e rieccolo in pista, sindaco a Bologna "per dieci anni, se gli elettori me lo consentiranno". Ma otto mesi prima che duecentomila bolognesi possano esprimersi sul punto, a togliergli il consenso è un solo genovese, il piccolo Edoardo.

E qui Cofferati rischia di pagare il secondo prezzo, l'incredulità: impossibile che un politico maschio di successo rinunci alla carriera per un figlio. Precedenti non ce ne sono. Di recente, vero, un ministro s'è dimesso gridando "Tra famiglia e potere scelgo la famiglia", era Mastella, ma era tutta un'altra storia. Quando un altro bolognese, l'ex premier Romano Prodi, dice "non faccio politica, faccio il nonno", è solo un modo per zittire i giornalisti.

Pare che perfino Togliatti per rifiutare l'incarico di capo del Cominform nel 1950 accampasse anche i suoi legami familiari, ma voleva solo sottrarsi all'abbraccio letale di Stalin. Niente figli, sulla strada dei politici maschi. Ma dopo il gran rifiuto, col viso di chi s'è tolto un peso dal cuore, Cofferati insiste: "Non c'è nessun retroscena. Quando sono diventato sindaco avevo una famiglia, adesso ne ho un'altra, è tutto qui".

Chi lo avrebbe detto, in effetti, che uno dei nostri uomini più pubblici, il condottiero dei tre milioni anti-Berlusconi di quel 23 marzo 2002, avrebbe trascinato così bruscamente il privato nell'arengo politico. Fin dalla campagna elettorale del 2004, la reconquista di Bologna dalle mani della destra, con quelle passeggiate sotto i portici, Sergio Cofferati e signora Daniela, Romano Prodi e signora Flavia, fotografi scatenati, ma fin qui è solo esibizione di familismo all'americana; poi però le cose si complicano, la separazione dalla moglie, la nuova relazione, che in verità il sindaco non nasconde, anzi rende pubblica con strategiche apparizioni in coppia, ma non basta perché parte il gossip: Raffaella è incinta?

La tarda paternità di Cofferati diventa argomento di discussione perfino sui giornali "seri". Il sindaco alla fine ci perde le staffe, "dovete avere più rispetto per la mia famiglia!", tuona alla Festa dell'Unità contro i cronisti; ma la sua famiglia nel frattempo è diventata appunto un affare politico, perché nonostante la festosa presentazione al Consiglio comunale del "mio cinno" (detto alla bolognese) a 13 giorni d'età, la gestione familiare di Cofferati-papà comincia a stridere con quella politica di Cofferati-sindaco, i weekend lontani di un primo cittadino che ha già faticato a cancellare la sua provenienza forestiera fanno storcere il naso a una città abituata a onnipresenti sindaci-mamma. "Auguri al sindaco e al papà, in quest'ordine" è uno dei biglietti che riceve per il sessantesimo compleanno.

Finché l'equilibrio precario crolla la domenica in cui il Bologna calcio guadagna la promozione in A ma lui in tribuna non c'è, quel giorno è da qualche parte su un traghetto per portare al mare Edoardo, i bambini hanno bisogno di iodio e di un papà, ma le città hanno bisogno di un sindaco, allora? "Se devo scegliere fra mio figlio e una partita scelgo sempre mio figlio", ribatte lui.

Eppure due giorni prima ha sciolto la riserva: "resto a Bologna, faremo entrambi i pendolari". "Speriamo che non prenda troppi traghetti da qui alle elezioni" lo avvisano, preoccupati per una certa "aria ostile" che tira in città, i compagni di partito. E lui prende un biglietto di sola andata per Genova, chiudendo una carriera politica. Quanto amor di papà, quanto timor di voto? Ai posteri. Cioè, deciderà Edoardo.

(10 ottobre 2008)

da repubblica.it
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