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Autore Discussione: Pascal Lamy. Prima regola: vietato isolarsi  (Letto 2373 volte)
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« inserito:: Ottobre 09, 2008, 12:16:32 am »

Prima regola: vietato isolarsi

Pascal Lamy


I dirigenti politici americani nonché i dirigenti politici di tutto il mondo stanno disperatamente tentando di evitare quella serie di passaggi sbagliati che aggravarono la crisi finanziaria degli anni 30 del secolo scorso.

Non fanno che sottolineare che la Grande Depressione ci ha insegnato qualcosa e che molti degli errori politici commessi allora verranno evitati. Ma una delle lezioni più importanti è che il protezionismo e l’isolazionismo economico non funzionano. Sono politiche del passato che non dovrebbero avere diritto di cittadinanza in futuro.

Per quanto si possa essere tentati nei momenti di crisi di rassicurare i nostri produttori proteggendoli dalla concorrenza e chiudendo le frontiere a beni e servizi di importazione, questa è una linea assolutamente sbagliata. Infatti il famigerato Smooth-Hawley Act degli anni 30 che aumentò le tariffe doganali su oltre 20.000 prodotti importati altro non fece che innescare una guerra commerciale tra nazioni. Così facendo ci impoverì tutti e questa fu la prova che il protezionismo e le politiche commercialmente ostili nei confronti dei vicini ci conducono in un vicolo cieco.

In presenza di una crisi finanziaria e in momenti di difficoltà economica, in modo particolare in una situazione di continuo incremento dei prezzi dei prodotti alimentari, i consumatori impoveriti hanno disperatamente bisogno di veder accresciuto e non eroso il loro potere di acquisto. In momenti di crisi bisogna fare in modo che i consumatori acquistino di più a prezzi più bassi. La tentazione di chiudere le frontiere otterrebbe il risultato opposto. Non v’è dubbio quindi che l’uragano che ha colpito i mercati finanziari non deve dissuadere la comunità internazionale dal perseguire l’obiettivo di una maggiore integrazione economica e di una crescente liberalizzazione.

Malgrado il fallimento nel luglio scorso dei negoziati commerciali del Doha Round, i colloqui sono ripresi con l’obiettivo di arrivare entro la fine dell’anno ad un accordo sui parametri tariffari e sulla riduzione dei sussidi. Sarebbe il miglior contributo che il Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, e i suoi membri possono fornire per contrastare l’attuale crisi mondiale.

Il pacchetto dei negoziati commerciali del Doha Round include: la riduzione degli ingiusti sussidi agricoli, la riduzione delle barriere tariffarie sulle merci industriali e agricole, la riduzione delle barriere sul commercio di servizi critici quali le banche, l’energia e i servizi ambientali, e, oltre a questo, una miriade di nuove regole commerciali in ambiti quali la facilitazione commerciale, l’anti-dumping o i sussidi alla pesca, per nominarne solamente alcuni. E tutto ciò al fine di allineare il sistema commerciale alle realtà del mercato.

Una delle crisi più pressanti di oggi, una crisi che ha una estrema rilevanza sulla crescita e la riduzione della povertà, è quella alimentare. Un completo accordo in seno al Wto può contribuire ad alleggerire l’impatto dei prezzi alti affrontando le attuali distorsioni sistemiche del commercio agricolo internazionale che da molti anni rendono rigido nei Paesi in via di sviluppo il sistema della produzione e degli investimenti nel settore agricolo.

Inoltre, in caso di positiva conclusione del Doha Round, in tutto il mondo si avrebbe una riduzione del 50% delle tariffe doganali pagate attualmente. Il risparmio sarebbe dell’ordine dei 150 miliardi di dollari solo per quanto concerne le tariffe doganali. I Paesi in via di sviluppo contribuirebbero ai risparmi per un terzo e ne trarrebbero vantaggi dell’ordine dei due terzi. I Paesi sviluppati contribuirebbero ai risparmi per due terzi. In sostanza ai Paesi in via di sviluppo andrebbero i due terzi dei benefici del maggiore accesso al mercato derivante dal Doha Round mentre il restante terzo andrebbe ai Paesi sviluppati. In questo senso il negoziato favorirebbe realmente lo sviluppo.

C’e un altro esempio relativo all’epicentro della crisi finanziaria mondiale: qualora i negoziati del Doha Round si concludessero in maniera positiva, negli Stati Uniti i sussidi che rappresentano un elemento di distorsione del commercio si ridurrebbero a 14 miliardi di dollari. Vero è che questa cifra è superiore a quanto spendono attualmente gli Stati Uniti, ma se non si fissa questo tetto gli Stati Uniti finiranno per spendere molto di più in sussidi agricoli non appena i prezzi dei prodotti alimentari cominceranno a scendere. È quanto accaduto in otto degli ultimi dieci anni. Non v’è dubbio che questa cifra è ancora elevata e molti auspicano che la si possa completamente azzerare. Ma in caso di fallimento dei negoziati del Doha Round la cifra potrebbe toccare i 48 miliardi di dollari.

Le ragioni per cui dobbiamo concludere positivamente i negoziati del Doha Round sono chiare a tutti e diventano sempre più urgenti con il degradarsi della situazione economica e finanziaria.

Pascal Lamy è direttore generale del Wto (Organizzazione mondiale del commercio)



© IPS Traduzione di Carlo Antonio Biscotto


Pubblicato il: 08.10.08
Modificato il: 08.10.08 alle ore 8.11   
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