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Autore Discussione: Un lago salverà il Darfur  (Letto 2439 volte)
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« inserito:: Luglio 19, 2007, 10:59:46 am »

19/7/2007 - LA STORIA

Un lago salverà il Darfur
 
Scoperto un enorme bacino sottoterra: stop alla guerra per le risorse

DOMENICO QUIRICO
CORRISPONDENTE DA PARIGI


L’acqua ha scatenato la guerra, l’acqua forse consentirà di raggiungere la pace. Il Darfur è un rebus che pare troppo intricato per la diplomazia. Mentre infatti si imbastiscono vertici e i mediatori si moltiplicano, si complica la lotteria della sopravvivenza per mezzo milione di rifugiati che dipendono ogni giorno dall’aiuto umanitario internazionale per non aggiungersi ai duecentomila già morti; e il governo sudanese continua con successo nella tattica di rendere concretamente impraticabili le concessioni che fa alle richieste dell'Onu.

A due centimetri dalla catastrofe la soluzione può venire soltanto da un’altra parte, dagli scienziati per esempio, che utilizzando i radar satellitari hanno scoperto un immenso lago sotterraneo nascosto sotto le sabbie infuocate della provincia occidentale del Sudan. La superficie di questo miracolo è di oltre 30 mila chilometri quadrati che ne fa il decimo lago del mondo. I deserti nascondono talora tesori inimmaginabili: un altro lago sotterraneo, ma nel Sudan settentrionale ai confini con l’Egitto, ha consentito di irrigare 60 mila ettari di terreno agricolo.

Se questa riserva d’acqua potrà dissetare il Darfur si apriranno straordinarie possibilità di negoziato tra lo scorbutico governo islamista di Khartum, sobillatore della pulizia etnica, e i movimenti ribelli della regione schiavizzata. Perché all’origine il conflitto tra le tribù degli allevatori arabi e quelle dei contadini neri è stata soltanto una delle tante guerre dell’acqua: per controllare i pozzi, pochi e in via di esaurimento da cui dipendeva la vita. Ogni anno il deserto in assenza di strategie di contenimento avanza, ha guadagnato negli ultimi quarant’anni un centinaio di chilometri. In questa guerra biblica il governo di Khartum ha poi installato subdolamente i suoi loschi progetti politici, armando e scatenando le tribù degli arabi per ripulire la regione dai neri ribelli.

Senza l’acqua nessun compromesso reggerà; perché la comunità internazionale non è disposta a mantenere e pagare il dispiegamento per anni di costosi contingenti di pace. È necessario che la pace sia firmata presto, perché i veleni del Darfur contagiano i Paesi vicini e mettono in crisi la credibilità dell’ingerenza umanitaria. L’ultimo scandalo riguarda i 282 milioni di euro che l’Unione europea ha versato per pagare il contingente di pace africano. Sono settemila, nigeriani senegalesi e ruandesi, e da mesi non ricevano la paga. Inevitabile che siano un poco demoralizzati e non siano disposti a grandi sacrifici per salvare la vita dei profughi o fronteggiare la protervia delle milizie dei diavoli a cavallo.

Dove sono finiti i soldi per le paghe vuole sapere l’Unione europea, che definisce la vicenda «imbarazzante» per bocca di Joseph Borrel, appena inviato in missione poliziesca. Perché si sta discutendo l’invio di una forza «ibrida» a cui dovrebbero partecipare anche caschi blu non africani; non vuole veder evaporare altri milioni. La risposta e in fretta la devono fornire i funzionari dell’Unione africana ad Addis Abeba, organizzazione nata con molte ambizioni e promesse ma che sembra affondare nell’inefficienza e nel clientelismo. Il guaio è che non ha denaro: su 53 Paesi che ne fanno parte solo sette pagano con regolarità i contributi.

In attesa che il controllo dei conti venga completato ci sono forti sospetti. I maggiori indiziati sono gli stati maggiori del contingente africano che avevano il compito di distribuire i fondi europei alle truppe. I diplomatici maliziosamente ricordano un precedente con molte analogie. Cinque anni fa nel contingente africano di pace in Centrafrica la disinvolta intendenza funzionava così: il generale che li comandava prelevava un terzo del denaro, un altro terzo andava agli ufficiali perché stessero zitti e quello che restava serviva a sfamare le fanterie della pace. La Francia che in Centrafrica mantiene atteggiamenti un po’ coloniali spedì allora alcuni ufficiali incaricati di distribuire direttamente il denaro ai soldati africani. Difficile una replica in una situazione delicata e incandescente come il Darfur. Prima bisognerà scoprire chi ha poco virtuosamente asciugato i soldi della pace; ferendo al cuore l’onore dell’Africa che afferma orgogliosamente di poter fare da sola.

da lastampa.it
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