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Autore Discussione: Se l’ecologismo dice sì  (Letto 3214 volte)
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« inserito:: Luglio 18, 2007, 10:17:42 pm »

Se l’ecologismo dice sì

Pietro Greco


Ieri, dopo i fatti del Giappone, il no reiterato al nucleare. Oggi un sonoro no alla costruzione di una centrale al carbone. Ieri l’altro un secco no persino alla fonte eolica, riconosciuta come fonte rinnovabile e “carbon free”, ma accusata di deturpare il paesaggio. Non c’è giornata che Dio manda in Terra che i media non registrino qualche no verde. Ma insomma, questi ambientalisti cosa vogliono?

No, non è affatto vero che gli ecologisti si oppongano a tutto e non dicano mai sì a nulla. È vero, invece, che rischiano di apparire come il “signor no”. Un po’ perché i media enfatizzano l’opposizione anche di piccoli gruppi. Un po’ perché non esiste un unico movimento ecologista, ma un’intera costellazione di gruppi ambientalisti che con le loro posizioni riempiono quasi tutto lo spazio delle opzioni possibili in tema energetico. Un po’, infine, perché la costellazione ecologista non ha ancora sciolto alcuni nodi teorici e pratici dirimenti.

Sulla distorsione mediatica delle posizioni politiche sono stati scritti fiumi d’inchiostro. Qui serve solo ribadire che anche gli ecologisti ne sono vittima, come tutti coloro che sono esposti a temi politicamente sensibili.

Anche sulla diversità culturale degli svariati gruppi, movimenti e partiti di ispirazione ecologista è stato scritto molto. Non c’è che da registrarla. E prendere atto che su ogni tema energetico, dall’eolico al nucleare, ci sono posizioni “verdi” le più diverse. Con tre costanti (quasi) generali: il riconoscimento che esiste un cambiamento climatico accelerato dall’uomo; che questa mutamento costituisce un serio problema, forse il maggiore, che deve risolvere l’umanità intera; che, di conseguenza, esiste un problema energetico di “phase out”, di fuoriuscita, dall’era dominata dai combustibili fossili. Occorre dare atto che su questi tre temi gli ecologisti non solo sono sostanzialmente compatti, ma sono stati i primi a porli come problema politico e culturale. Basterebbe ricordare, qui in Italia, l’opera di scienziati ecologisti del calibro di Aurelio Peccei, Lello Misiti, Adriano Buzzati Traverso che già trenta o quaranta anni fa assunsero su di sé il ruolo, scomodo, di Cassandra. È grazie a questa “coscienza enorme” e ormai solida che gli ecologisti dicono non solo no ai combustibili fossili (in primo luogo alle centrali a carbone), ma anche una serie di sostanziosi sì in campo energetico.

Sì al risparmio energetico (che, secondo un rapporto della Commissione europea, potrebbe consentire all’Italia di abbattere in cinque anni del 15% le proprie emissioni di carbonio a costo zero se non addirittura con un guadagno netto). Sì alle fonti rinnovabili: in primo luogo al solare, ma anche all’eolico, ai biocombustibili, al geotermico e tante altre fonti di energia. Sì, anche, a una transizione temporanea ma non banale dai combustibili fossili più inquinanti (carbone) a quelli meno inquinanti (gas). Sì a negoziati internazionali multilaterali per il governo democratico dell’ambiente e dell’energia. Sì ad assumersi in carico, qui in Europa, interi altri continenti, come l’Africa, che da soli non ce la fanno. Tutto questo, ovviamente, mediante progetti governati dal buon senso, che abbiano il minimo impatto ambientale possibile (l’impatto zero non esiste e nessuno più di un ecologo ne è consapevole).

Detto questo resta, allora, da mettere a fuoco l’ultima questione: i nodi non completamente sciolti nell’ambito del pensiero ecologista. Uno è quello che potremmo definire il “problema della conoscenza”. Qual è il giudizio che gli ecologisti danno della fase storica in cui viviamo, in cui il fattore dinamico dell’economia non è più il lavoro manuale che, attraverso le macchine, conferisce valore alla materia (prima), ma è l’informazione che, attraverso la scienza e la tecnologia, incorpora, come scrive Luciano Gallino, «volumi senza fine crescenti di conoscenza scientifica» e conferisce valore a beni sia materiali che immateriali? Guardano a questa nuova epoca con occhio luddista e considerano quella della conoscenza una società intrinsecamente insostenibile (sia da un punto di vista ambientale che sociale) o, invece, si pongono il problema di come governarla, per coglierne tutte le nuove (e non banali) opportunità e minimizzare tutti i nuovi (e non banali) rischi? Riescono gli ecologisti a distinguere con profondità di dettaglio tra conoscenza, scienza, tecnologia e turbocapitalismo o tendono ad accomunare tutto in un indistinto calderone di insostenibilità?

Su queste domande gli ecologisti non si sono pronunciati, ancora, con sufficiente compattezza e profondità di analisi. Eppure non sono domande astratte. Se si risponde in un certo modo, allora si rinuncia a una delle tre sole leve che abbiamo per cambiare il paradigma energetico: l’innovazione tecnologica (le altre sono la popolazione globale e i consumi pro capite di energia). E se si rinuncia all’innovazione tecnologica si verifica ciò che oggi si sta verificando in Italia: siamo costretti sempre più a usare tecnologie energetiche innovative per l’uso di fonti nuove e rinnovabili che non abbiamo la capacità di produrre. Con due effetti. Uno generale ma diluito: l’Italia contribuisce poco (o comunque meno di quanto potrebbe) a risolvere il problema globale dei cambiamenti climatici. L’altro più immediato e stringente: l’Italia è sempre più costretta a pagare una tassa ambientale salata determinata non dai nuovi vincoli energetici posti dall’Europa, dal protocollo di Kyoto e dall’esaurimento tendenziale del petrolio, ma dalla sua rinuncia unilaterale a entrare nella società della conoscenza.

Gli ecologisti non sono certo colpevoli del fatto che l’Italia adotti un modello di “sviluppo senza ricerca”. Se tuttavia non sciolgono in maniera netta i nodi che abbiamo indicato rischiano di diventare, a causa proprio della loro “coscienza enorme”, corresponsabili di un modello che è sempre più insostenibile, sia da un punto di vista ambientale che sociale.

Pubblicato il: 18.07.07
Modificato il: 18.07.07 alle ore 7.50   
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