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Autore Discussione: Burleigh, lo storico detestato dai liberal per come parla delle religioni  (Letto 3343 volte)
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« inserito:: Settembre 26, 2008, 11:40:13 pm »

Burleigh, lo storico detestato dai liberal per come parla delle religioni

di Massimo Introvigne (il Foglio, 25 settembre 2007)


Nello scorso mese di marzo ho letto sul New York Times una recensione dell’ultimo libro dello storico cattolico inglese Michael Burleigh firmata da Tony Judt, un intellettuale inglese ultra-liberal che vive a New York e appartiene a quella categoria di ebrei che si sono costruiti una reputazione  attaccando in modo così virulento la “lobby ebraica” negli Stati Uniti e Israele da essere denunciati dall’American Jewish Committee come “neo-antisemiti”. Judt definiva il volume “disgustoso”, bieco prodotto di una “apologetica cattolica”. Con una simile raccomandazione, mi sono affrettato a ordinare non solo il libro -  Sacred Causes (Harper Collins, New York 2007) – ma anche il primo volume della storia d’Europa di Burleigh di cui Sacred Causes costituisce il “seguito”: Earthly Powers, pubblicato dallo stesso editore del 2006. Ora finalmente Sacred Causes esce in italiano, tradotto da Rizzoli come In nome di Dio. Religione, politica e totalitarismo da Hitler ad Al Qaeda. Pazienza se per la traduzione è stata usata l’edizione inglese del 2006 anziché quella americana del 2007 (le differenze non sono essenziali). Più grave è l’abitudine degli editori italiani – di cui è stato vittima anche il grande sociologo Rodney Stark –, di fronte a un’opera in più tomi, a pubblicare nella nostra lingua solo l’ultimo, magari attirati da qualche controversia.

Ma guardiamo il bicchiere mezzo pieno: anche il lettore di lingua italiana ha ora accesso a un grande storico che manda in bestia i liberal per il metodo prima ancora che per il merito. Burleigh, infatti, è un allievo di Eric Voegelin (1901-1985), e a differenza dei liberal di questo mondo considera la religione non una nota a pié di pagina della storia, ma l’elemento centrale delle vicende umane. Anche quando sembra che non sia così. Infatti, come insegnava Voegelin, i totalitarismi del XX secolo come il nazional-socialismo e il comunismo (ma già il giacobinismo laicista del XVIII e del XIX) sono “religioni politiche”, tentativi di assorbire tutta la vita sociale nello Stato, cui è affidato anche il compito di rispondere alle grandi domande (religiose) sulla vita e sul destino dell’uomo. La modernità per Burleigh è così la storia di un conflitto insanabile fra le religioni in senso proprio e le “religioni politiche”. E per Burleigh nella storia moderna le religioni tradizionali stanno dalla parte della libertà, e le “religioni politiche” – laicismo, comunismo e nazional-socialismo – da quella della tirannide.

Naturalmente Burleigh conosce tutte le sfumature della storia e sa bene che raramente questa si presenta come un semplice scontro fra i “buoni” e i “cattivi”. Per queste visioni in bianco e nero ci sono i vecchi film western e ora in Italia c’è Beppe Grillo. Quella di Burleigh invece è una storia a colori, dove la realtà è sempre più complicata degli schemi in cui si cerca di racchiuderla. Così vediamo le Chiese – compresa quella cattolica – compiere talora scelte sbagliate, appoggiare dittatori o politicanti corrotti guardando a vantaggi immediati e perdendo di vista la prospettiva generale. Queste accuse alle Chiese, nota Burleigh, sono qualche volta esatte, altre volte – come nella vexata quaestio dei rapporti fra Pio XII e la Germania nazista (di cui lo storico inglese è uno dei maggiori specialisti viventi) – “oscenità” distorte post factum da una propaganda laicista. Né tutti i singoli giudizi storici di Burleigh si possono immediatamente condividere. Tuttavia resta il quadro di fondo: di fronte all’attacco degli statalismi totalitari – dal giacobinismo fino all’islam politico di Tariq Ramadan –, il cristianesimo – e in particolare la Chiesa cattolica – hanno costituito nella storia d’Europa, e sono ancora oggi con Benedetto XVI, il più sicuro presidio della ragionevolezza della politica e della libertà. Ce né abbastanza perché al medio liberal venga voglia di bruciare Burleigh. E forse al medio lettore del Foglio di leggerlo.

da www.cesnur.org
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 26, 2008, 11:41:53 pm »

Il progetto totalitario.

Politica e religione nella cultura moderna
 
Autori e curatori: Erica Antonini 


...
 
 
   
Presentazione del volume: 

In un'epoca in cui, con la crisi dell'individualismo e del predominio della ragione calcolante, la religione rafforza e reinventa il suo tradizionale legame con la sfera politica, acquisendo crescente visibilità pubblica nel legittimare le forme più diverse di potere, il totalitarismo come forma moderna di "sacralizzazione della politica" torna ad assumere un posto centrale nel dibattito contemporaneo.

Regime del nostro tempo per una serie di nodi storici e di elementi socio-politici "cristallizzatisi" in una sorta di mosaico, il totalitarismo va necessariamente posto in relazione con l'epoca moderna. Per quanto la modernità non conduca deterministicamente al totalitarismo, ponendosi come condizione necessaria ma non sufficiente per la sua affermazione, il fenomeno costituisce la drammatica concretizzazione storica di uno dei suoi possibili significati.

Seguendo diverse linee teoriche sul tema, il libro inquadra il fenomeno totalitario nella società contemporanea.

In primo luogo, ripercorrendo il fecondo dibattito intorno a un concetto che, nel corso di un lungo itinerario intellettuale, si fa al contempo strumento analitico e arma di lotta politica. Quindi, illustrandone l'originalità rispetto ad altre forme non democratiche di regime e il suo connotarsi, seguendo Arendt, come la manifestazione più estrema della scomparsa della politica nel suo senso più autentico, piuttosto che di una politica portata all'eccesso.

Infine, giungendo a esplorare i "dintorni" del totalitarismo, come modalità altre di intersezione tra sfera politica e sfera religiosa nella società contemporanea: la politicizzazione fondamentalista della religione, la natura sempre più pervasiva, finanche biologica del potere, il populismo come "cura" della crisi della democrazia.

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« Risposta #2 inserito:: Settembre 26, 2008, 11:47:59 pm »


Il totalitarismo islamista, all'assalto delle democrazie

Alexandre del Valle le 28/01/2007

 
Synopsis Il totalitarismo islamista, All’assalto delle democrazie

Dopo il totalitarismo rosso, basato sulla lotta di Classe, il bruno, sulla lotta delle Razze, l’Occidente deve affrontare il totalitarismo verde (colore dell'islamismo), che si fonda sulla lotta tra le Civiltà e tra le Religioni. Solo in apparenza, questo terzo totalitarismo è più debole dei primi due: non trova certo espressione in uno Stato totalitario, come fu il caso del nazismo o dello stalinismo, non dispone di un arsenale nucleare e strategico paragonabile a quello degli Stati Uniti o  della Cina, benchè il Pakistan, come dice Bin Laden, detenga la « bomba nucleare dell’Islam », e benchè l'Iran di Ahmadinagiad stia per ottenerla.
Il totalitarismo verde non é che al suo esordio.  Perchè non è solo terroristico ma prima di tutto ideologico. Per questa ragione sarà ancora più difficile da sconfiggere dei precedenti.
L’islamismo è fondamentalmente intollerante e razzista, un razzismo a base religiosa, « leggittimato» da Dio, e per ciò molto più difficile da combattere.
Come il Nazismo, il Totalitarismo Verde considera che il Resto dell’umanità non-musulmana faccia parte della categoria dei sotto-uomini, preparando cosi’ una nuova soluzione finale, in particolare per i Satanici Giudeo-Crociati, che devono pagare per le Crociate, la Colonizzazione, il Sionismo e l’Imperialismo, dunque responsabili di tutti i mali di cui soffrirebbero le nazioni arabo-islamiche umiliate.
Come il Nazismo, l’islamismo è intrinsecamente antisemita, ma anche anticristiano e contro tutto cio’ che non è islamico, a comincire dai « falsi musulmani » occidentalizzati, prime vittime della spada della Jihad.


Dall’11 settembre in poi, non si è mai parlato tanto dell’islamismo e della religione musulmana. Eppure non siamo mai stati cosí disinformati sulla natura vera dell’ideologia che  ispiro’ i Kamikaze d’Allah quando colpirono il cuore del mondo occidentale. Alcuni  commentatori rifiutarono per principio di mettere in relazione tra loro i termini Islam e terrorismo, preferendo parlare di « caos » o di « minaccia eversiva», denunciando cosi’ la « politicizzazione » dell’islam. Altri si affannarono a spiegare l’islamismo come un « integralismo » religioso ne peggiore ne migliore di quello ebraico o cristiano, precisando altresi’ che i musulmani « si sarebbero un giorno non lontano, evoluti e modernizzati come noi ». Praticando la politica dello struzzo, e rassegnandosi nel vedere il mondo islamico abbracciare la barbarie, tanti « autorevoli » analisti non sono stati capaci di definire chiaramente la nuova minaccia neo-totalitaria islamica.


Eppure non siamo mai stati cosí disinformati sulla natura vera dell’ideologia che  ispiro’ i Kamikaze d’Allah quando colpirono il cuore del mondo occidentale. Alcuni  commentatori rifiutarono per principio di mettere in relazione tra loro i termini Islam e terrorismo, preferendo parlare di « caos » o di « minaccia eversiva», denunciando cosi’ la « politicizzazione » dell’islam. Altri si affannarono a spiegare l’islamismo come un « integralismo » religioso ne peggiore ne migliore di quello ebraico o cristiano, precisando altresi’ che i musulmani « si sarebbero un giorno non lontano, evoluti e modernizzati come noi ». Praticando la politica dello struzzo, e rassegnandosi nel vedere il mondo islamico abbracciare la barbarie, tanti « autorevoli » analisti non sono stati capaci di definire chiaramente la nuova minaccia neo-totalitaria islamica.
In verità, il totalitarismo islamista non è un semplice « integralismo » come gli altri, ma una ideologia di distruzione di massa, un imperialismo guerriero e conquistatore a pretesa religiosa. Al fanatismo spirituale  viene sommata una pericolosa volontà di rivincita di un mondo arabo-islamico « umiliato » dal colonialismo.
Si tratta dunque di un totalitarismo teocratico e patologicamente anti-occidentale e giudeofobo, come lo si vede nei discorsi razzisti e violentissimi sia di Mahmud Ahmadinegiad che di Ossama Ben Laden, Ayman al Zawahiri o il leader del Hezbollah Cheikh Nasrallah.
Il primo totalitarismo che non sia nato nelle menti europee. Il primo che si esprime in nome del terzomondo con l’ambizione di trascinarlo sotto la bandiera di un Islam vendicatore.

La cecità delle democrazie occidentali di fronte al nuovo « Nazismo verde »

Non c’é dubbio che i totalitaristi d’Allah non potranno che trarre beneficio dalla collaborazione di tanti Europei adepti del colpevolismo,  dagli antisionisti radicali, dai terzomondisti,  dagli antiamericani, « anti-mondialisti » e altri ideologi dell’estrema sinistra, vinta all’Est ma sempre egemonica all’ovest sia sul piano intellettuale che nel suo aspetto deteriore, il terrorismo, cosi’ come lo si vede con le nuove Brigate rosse o con gli altri movimenti terroristi di estrema sinistra che sembrano schierarsi sempre più apertamente a favore degli islamisti in funzione antisionista ed anti-americana.
Questo primo totalitarismo del Sud considera tre fattori chiave come altrettante benedizioni d’Allah, come altrettante armi da utilizzare contro l’occidente: una démografia conquistatrice, le più grandi riserve di petrolio del mondo, ed una determinazione senza limiti, che spinge generazioni d’islamisti a preferire la morte alla vita.

Bisogna innanzitutto chiedersi se le democrazie pluraliste sono preparate ad affrontare questo « III° Totalitarismo » che dichiara apertamente l’intenzione di distruggerle dall’interno, utilizzando i loro territori, le loro popolazioni, che gli islamisti cercano di conquistare e di convertire. Le società occidentali sapranno lottare contro questo nemico dai molteplici volti ? Un nemico che conta sempre più adepti all’interno del miliardo e  trecentomila musulmani nel mondo ? Un nemico che ha come miglior alleato i valori stessi delle democrazie : le libertà di circolazione, d’espressione e di coscienza. Perchè é in totale libertà, in nome del cosidetto « diritto alla differenza » e del « multiculturalismo », cosí come analizzato da Giovanni Sartori, che progredisce insidiosamente in Europa e negli Stati Uniti l’ideologia dell’odio del totalitarismo islamico.

Di conseguenza, nella guerra dichiarata alla civiltà occidentale giudeo-cristiana e alle democrazie in generale, i Cavalieri d’Allah hanno trovato come alleati oggettivi e forse anche consapevoli, gli anti-americani, anti-giudei e anti-capitalisti di ogni tendenza, (dai neo-nazisti agli « anti-imperialisti » di estrema sinistra). Fra costoro furono in molti a compiacersi quella tragica mattina dell’11 settembre 2001 o a appoggiare le nuove crociate anti-occidentali di Cheik Nasrallah o Mahmud Ahmadinégiad. Alcuni di questi riuscirono perfino ha trovare delle circostanze attenuanti ai Kamikaze di Bin Laden, « il giustiziere dei bambini dell’Irak » e dei palestinesi « oppressi ».     

La vittoria postuma di Bin Laden e la debolezza delle democrazie   

 L’autore scrisse già nel1997 un libro quasi profetico sui legami tra i servizi segreti americani ed i vari gruppi integralisti nel mondo, libro che ebbe un grande successo in Francia. Nel 2000 diede alle stampe un secondo testo nel quale si denuncia il ruolo svolto da Al Quaida nella guerra del Kosovo, guerra che permise ai membri dell’organizzazione terrorista di istallarsi nei Balcani. In questo saggio Del Valle, mostra che  l’alleanza suicida fra Occidente ed Islam contro il mondo russo-ortodosso fu un errore strategico per la civilizzazione occidentale, descrive le strategie di propaganda degli integralisti islamici, basate sul proselitismo e la sovversione dei valori delle società democratiche (multiculturalismo, pluralismo, libertà d’espressione, etc).
Alexandre del Valle mette cosi’ a nudo il complesso sistema delle reti islamiste in Europa e negli Stati-Uniti. Da una attenta analisi risulta che molte delle cosidette associazioni islamiche rispettabili sono in realtà controllate da Stati o da organizzazioni islamiste radicali (Fratelli musulmani, Jamaà i islami, Tabligh, Wahhabismo, ecc.) che hanno come obbiettivo geopolitico prioritario di impedire il processo d’integrazione dei Musulmani in Occidente con la meta finale di conquistare e islamizzare progressivamente le « società aperte ».

Ostaggio dei disegni egemonici dei diversi poli dell’islamismo mondiale ed allo stesso tempo dei compromessi offerti loro dalle società democratiche, i giovani musulmani d’Europa e degli Stati-Uniti, per la stragrande maggioranza moderati e pacifici, sono le prime vittime del Totalitarismo islamista che li persegue fino alle terre d’accoglienza d’Occidente dove nacque la democrazia. Per loro, la strategia comunitarista sviluppata dagli Islamisti altro non è che una trappola. Mentre per le donne e i democratici musulmani, che vollero sfuggire il velo dell’oscurantismo per stabilirsi in occidente, i diversi successi registrati dagli islamisti (chador, diritti religiosi speciali, controllo delle communità islamiche ufficializzato dallo Stato, ecc.), rappresentano una forma di tradimento dei valori delle società democratiche. La maggior parte dei terroristi che distrussero Manhattan o che posero le bombe nelle vie di Parigi, Madrid o Londra vivevano tra l’Europa e gli USA. L’ayatollah Khomeiny cosi’ come molti altri leaders islamisti, da Hassan al Turabbi al capo della Jihad islamica egiziana, Abdelrahmane (l’ ideatore del primo attentato al World Trade Center nel 1993), trovarono asilo in Europa o negli Stati Uniti. Alcuni sono anche cittadini americani, come José Padilla, fermato nel giugno 2002 o John Walker, il talebano wasp , ritrovato nei ranghi d’Al Qaïda nell’ ottobre 2001 durante l’operazione Libertà Duratura, francesi, come Zaccharias Moussaoui, ventesimo membro presunto del commando di Manhattan, inglesi, come John Reid, oppure italiani, come Alessandro Abdul Ghé o il siciliano convertito fermato ad Agrigente nel giugno 2002.

La questione posta da Karl Popper, nella sua opera Le società aperte ed i suoi nemici,  non fu mai cosi’ attuale. Esattamente come nel 1938, le democrazie si trovano a dover decidere fra due opzioni: la prima, scellerata, che ricorda molto da vicino il patto di Monaco oppure la seconda, quella della Resistenza al totalitarismo per la difesa della Democrazia e dei Diritti dell’Uomo. Perchè l’Occidente forse non se ne rende conto, ma si trova nel bel mezzo di una guerra. O per meglio dire, il totalitarismo verde, e con lui una parte del mondo islamico, gli hanno dichiarato guerra. Negare questa realtà e lasciare i fanatici combattere da dentro i valori delle democrazie in nome della libertà e della democrazia non farà che aggravare la situazione.

Con la strage dell’11 settembre ci si é trovati di fronte alla fine definitiva della « guerra fredda » e l’inizio, certo difficile da ammettere, dell’epoca delle guerre di civiltà e di religione. La soluzione per l’Occidente non puo’ che trovarsi : a) nella costituzione di una Unione pan-occidentale, (collaborazione rafforzata tra America, Europa e Russia, se Mosca smette di aiutare Teheran e il nazzislamista Ahmadinejad...) per poter cosi’ beneficiare del « petrolio russo » e non dipendere più dal greggio dell’Arabia Saudita, paese primo responsabile del disastro dell’11 settembre ; b) alleanza con l’India; c) controllo dei flussi migratori; d) messa al bando di ogni forma d’integralismo islamico, nello stesso modo con cui vengono vietati i movimenti neo-nazzisti.                                     


* Alessandro del Valle, saggista e geopolitologo francese, collabora a parecchie riviste di geopolitica (Politique Internationale, Geostrategiques, Strategiques, Spectacle du Monde, Valeurs Actuelles, Le Figaro, Israele Magazine, etc). Del Valle é considerato uno dei migliori esperti francesi e occidentali sul terrorismo islamico ed i problemi di geopolitica del Medio Oriente.


da www.alexandredelvalle.it
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