LA-U dell'OLIVO
Novembre 26, 2024, 06:05:16 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: 1 ... 7 8 [9]
  Stampa  
Autore Discussione: ALDO GRASSO.  (Letto 77411 volte)
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #120 inserito:: Febbraio 18, 2015, 08:00:15 am »

IL COMMENTO
Su Sanremo ho sbagliato tutto: la noia può fare ascolti
Autocritica di un critico televisivo, vista l’audience del festival

Di Aldo Grasso
Lo ammetto, su Sanremo ho sbagliato tutto. Lo davo per morto e invece ha fatto il pieno d’ascolti. Alla vigilia, avevo fatto quello che dovrebbe fare un critico: analisi, comparazioni, stato della musica in tv, cose del genere. Mi aveva confortato un articolo sul Foglio di Stefano Pistolini, che di queste cose capisce: «“X-Factor” oggi comanda, impone, orienta i gusti del pubblico. Al confronto il Festival di Sanremo è un cadavere».

«Cadavre exquis», forse, come piaceva ai surrealisti. A essere sinceri la costruzione del Festival l’avevo prevista giusta: una conduzione rassicurante, impiegatizia, retrò. Lo conosco Conti: prende per mano lo spettatore (anche se gli spazi sono angusti), ha il tono della guida turistica, svelenisce ogni eccesso con battute innocue. Nessuna trovata, nessun colpo di scena, nessuna idea guida, solo 50 e più sfumature di grigio (spesso tendenti al nero dato l’alto numero di necrologi) a smussare ogni sregolatezza. La «medietà» avrebbe dovuto prevalere sulla creazione dell’evento. E così è stato. Persino le «vallette» sono state scelte per deprimere lo show. Persino la reunion di Al Bano e Romina è stata copiata dalla tv russa, ma gli autori non sono stati capaci di far ripetere alla coppia la memorabile interpretazione di «Sharazan». Poi, è vero, Sanremo tira fuori il sociologo che alberga in noi e le spiegazioni ex post fioriscono come i fiori della Riviera (quel tanto che basta per salire sul carro del vincitore). Era un Festival contro i radical chic (ma si possono scrivere fesserie simili?) e, aggiungo io, Conti ha portato a termine la missione con la freddezza di un personaggio dei fratelli Coen. Era un Festival che parlava a tutto il Paese, come ha dichiarato il direttore Gianka Leone «e non a quella frazione che sta su Twitter o viaggia in Frecciarossa» (me lo vedo Leone sul treno dei pendolari, dove non c’è connessione per il suo smartphone!). Che Sanremo è sempre Sanremo. Che il contenuto (immagino le canzoni) è più importante del format. Che i comici che piacciono ai bambini (tipo Pintus) non necessariamente devono piacere ai grandi, ma sanno come fare audience. Che Sanremo è pur sempre un rito collettivo invernale, tranquillizzante proprio nella sua ripetitività, nella sua prevedibilità, nella sua assenza di emozioni forti.

È anche probabile che i dati d’ascolto siano direttamente proporzionali ai dati Istat sulla disoccupazione. Tasso, tasse, tosse. Eppure, lo ribadisco con forza, dal punto di vista dello spettacolo è stato un brutto, noioso Festival, salvo qualche gradevole eccezione. Brutto ma premiato dal pubblico in maniera sbalorditiva. Questo non l’avevo previsto: fare il pieno di audience con il vuoto di idee. Un colpo gobbo o l’involontaria virtù della noia?

15 febbraio 2015 | 08:50
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/spettacoli/speciali/2015/festival-sanremo-2015/notizie/su-sanremo-ho-sbagliato-tutto-noia-puo-fare-ascolti-650519d2-b4e6-11e4-b826-6676214d98fd.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #121 inserito:: Marzo 07, 2015, 04:05:25 pm »

Padiglione Italia
Bersani, un simpatico e (poco) sereno perdente
Non ne ha mai imbroccata una, ma ora vorrebbe smacchiare il premier

Di Aldo Grasso

Parole di fuoco di Pier Luigi Bersani contro Matteo Renzi: «M’inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organismi dirigenti debbano diventare figuranti di un film non ci sto». E così l’ex segretario del Pd ha disertato l’incontro dei parlamentari convocati nella sede del Nazareno, ottenendo il consenso di Civati, Cuperlo, Fassina, Rosy Bindi. Politicamente, Bersani è un sereno perdente; dopo le imitazioni di Maurizio Crozza è impossibile non volergli bene. Tempo fa, si è inchinato alle esigenze della comunicazione e, lontano dal bersanese d’antan, ha cercato una lingua colloquiale, legata a metafore popolari. Invece di accendere emozioni ha scatenato emulazioni: non siamo qui ad asciugare gli scogli, a smacchiare i giaguari, a cambiare gli infissi al Colosseo, a mettere i pannelli fotovoltaici alle lucciole, a pettinar le bambole…Come si fa a non amarlo? Eppure Bersani non ne ha imbroccata una che sia una, neppure a pagarla: da segretario del Pd non è riuscito a formare un nuovo governo, si è fatto prendere in giro dai grillini, si è dimesso per l’incapacità di candidare alla Presidenza della Repubblica prima Marini e poi Prodi, è finito a fare «il nemico interno», il sorcino verde evocato da Brunetta e, forzando la sua natura, il proto-Civati. Adesso però alza la voce e, forte della minoranza dem, vorrebbe smacchiare Renzi: «Oh, ragassi, porco boia… i figuranti non sono mica delle mezze figure!»

1 marzo 2015 | 08:38
© RIPRODUZIONE RISERVATA

DA - http://www.corriere.it/politica/15_marzo_01/bersani-simpatico-poco-sereno-perdente-9d268470-bfa6-11e4-911e-3d01b106f698.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #122 inserito:: Marzo 07, 2015, 04:06:36 pm »

A fil di rete
La baronessa Maggie in un avvincente intrigo internazionale

di Aldo Grasso

Di chi ti puoi fidare? Bella domanda, cui tenta di dare una risposta un intrigo internazionale che vede coinvolti i servizi segreti di molti Paesi, sullo sfondo del conflitto israelo-palestinese.

Di chi ti puoi fidare? Della baronessa Nessa Stein (Maggie Gyllenhall), donna coraggiosa e determinata, nominata alla Camera dei Lord come parlamentare indipendente? Del fratello di Nessa, Ephra (Andrew Buchan)? Degli agenti dell’MI6, i servizi segreti inglesi?

A tratti, per seguire le vicende di The Honourable Woman, mini-serie in otto episodi creata da Hugo Blick e prodotta da Bbc e la Sundance Tv, ci vorrebbe a fianco un esperto di politica estera, in particolare di questioni medio-orientali. La serie ha ovviamente una sua struttura narrativa molto avvincente e articolata, ma i rimandi alle politiche di Gran Bretagna, Israele, Palestina e Stati Uniti sono continui ed essenziali (Sky Atlantic, canale 110).

Di chi ti puoi fidare? Dopo aver assistito in giovane età all’assassinio del padre, procacciatore di armi, Nessa eredita la sua azienda di armamenti insieme al fratello Ephra e, pur portando avanti in modo chiaro gli interessi israeliani, cerca di aprire al dialogo e alla convivenza con i palestinesi. Ma anche i rapporti fra i due fratelli sono poco chiari: a gestire l’azienda di famiglia è subentrata ora Nessa che cerca di diversificare i prodotti, in particolare vorrebbe produrre fibre ottiche per la Palestina. Però, proprio alla vigilia della chiusura di un importante progetto commerciale, si trova invischiata in una macchinazione che coinvolgerà anche la sua famiglia. Per questo la domanda che ricorre con più frequenza, quasi un’ossessione è: di chi ti puoi fidare?

Maggie Gyllenhall è molto brava. Dire che la serie si regge su di lei è forse troppo (e anche ingiusto) ma se avessimo delle attrici così, forse potremmo tentare di uscire dai provincialismi di gran parte delle nostre fiction.

25 febbraio 2015 | 08:31
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/spettacoli/15_febbraio_25/baronessa-maggie-un-avvincente-intrigo-internazionale-07200418-bcbf-11e4-ad0c-cca964a9a2a1.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #123 inserito:: Aprile 20, 2015, 05:41:04 pm »

Le strade interrotte dell’ultimo boiardo
Carriera e dimissioni di Ciucci, il presidente Anas che si pagò la buonuscita

Di Aldo Grasso

Ne ha fatta di strada Pietro Ciucci, il dimissionario presidente dell’Anas. Travolto dalle polemiche (ma lui nega) per l’interruzione dell’autostrada siciliana (un viadotto è miseramente sprofondato), per la chiusura di uno svincolo della Palermo-Agrigento, appena inaugurato, per le denunce di Report sulle gallerie in costruzione sulla statale Foligno-Civitanova, ha infine deciso di lasciare.

Ne ha fatta di strada, l’ultimo boiardo. A 19 anni è già nella società Autostrade, dove scala tutti i gradini. Il grande salto è quando Prodi, nel 1987, gli offre la direzione finanza dell’Iri.

Tempo fa, sul Corriere, Sergio Rizzo ha mirabilmente sgranato il rosario dei suoi incarichi: «I consigli di Alitalia, Rai, Stet, Finmeccanica, Comit, Credit, Banca di Roma, Sme, Autostrade, Aeroporti di Roma... La presidenza di Cofiri... Nel 2002 Berlusconi lo nomina al vertice della Stretto di Messina, la società controllata dall’Anas che dovrebbe realizzare il ponte fra Scilla e Cariddi...». Collauda persino il Mose di Venezia. Il suo capolavoro lo compie all’Anas quando, nel 2013, è insieme presidente, amministratore delegato e direttore generale. Il presidente Ciucci licenza senza preavviso il dg Ciucci e gli paga anche la buonuscita. Tra consulenze e incarichi, quasi tutti pubblici, accumula una discreta fortuna. Senza i rischi di un imprenditore.

Ne ha fatta di strada, Ciucci. E pazienza se le nostre strade minacciano di rovinare.

19 aprile 2015 | 08:54
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/politica/15_aprile_19/strade-interrotte-dell-ultimo-boiardo-e4c24e4c-e65f-11e4-aaf9-ce581604be76.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #124 inserito:: Maggio 01, 2015, 11:57:53 am »

A fil di rete di Aldo Grasso
Fazio celebra la Liberazione e trasforma la retorica in racconto
Lo speciale della Rai per il 25 aprile ha seguito il format di «Che tempo che fa» ma ha saputo cambiare lo stile narrativo

Di Redazione Online

La tv italiana non è mai stata molto capace di fare celebrazioni. Per una volta, fa piacere segnalare un’eccezione. «Viva il 25 aprile!», il programma trasmesso sabato sera su Rai1 per onorare i 70 anni dalla Liberazione, ha trasformato la piazza del Quirinale nel cuore ideale del suo racconto. Sono state raccontate storie di partigiani e di alleati, alcune molto conosciute, altre dimenticate, attraverso le testimonianze di narratori, collegati in tutta Italia dai luoghi più simbolici di quel periodo.

Ne è venuta fuori una serata emozionante, ma soprattutto capace di parlare a tutti, alla ricerca di uno spirito unitario. Fabio Fazio era la persona giusta per realizzarla. Bisogna dare il merito a lui e alla squadra degli autori che hanno lavorato al programma (il rinnovamento fa bene, par di capire). Certo, il format è sempre quello di «Che tempo che fa», a intervenire c’era il solito gruppo di «amici», ma questa volta si capiva che il clima era diverso, più sentito.

La serata ha avuto momenti più o meno riusciti, ma complessivamente tutto teneva: c’erano idee, un buon ritmo che ha tenuto a bada la noia, un giusto connubio tra solennità della ricorrenza ed eleganza della confezione. Tra le cose migliori: il racconto di Christian De Sica sul finto film messo in piedi dal padre Vittorio per salvare molti ebrei dalla deportazione, il collegamento con Pif da Gela, il commovente intervento di Marco Paolini da Sant’Anna di Stazzema.

Non si può chiedere a un’occasione del genere di rinunciare alla retorica: la cosa importante è trasformarla in racconto, in una good story. Fa piacere anche segnalare l’investimento di Rai1, della Rai in generale, su un’occasione come questa: riservare al programma la prima serata del sabato, senza interruzioni pubblicitarie (di fronte alla concorrenza di una corazzata come «Amici»!), garantire uno standard di produzione elevato, non usare il Servizio pubblico come alibi dei fallimenti.

27 aprile 2015 | 08:55
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/spettacoli/15_aprile_27/fazio-celebra-liberazione-trasforma-retorica-racconto-682937fc-eca8-11e4-8e05-565b17b54795.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #125 inserito:: Giugno 05, 2015, 11:02:03 pm »

Padiglione Italia
Le svolte misteriose del Molleggiato
Celentano Il sostegno sorprendente al leghista Salvini dopo quello a Pisapia e Grillo

Di Aldo Grasso

«Sto cominciando a pensare a Salvini». L’idea che Celentano stia pensando, e stia pensando a Salvini, ha messo in agitazione alcuni suoi fans. Com’è possibile che dopo aver appoggiato Pisapia e Grillo, il Molleggiato offra ora il suo sostegno al nazionalismo lepenista del leader della Lega con il solito spreco di maiuscole?
Dopo la tragica vicenda dell’incidente stradale in cui ha perso la vita una donna e altri otto sono rimasti feriti (al volante c’era un rom), Celentano si è espresso sul suo blog: «Ciao GrillòRenzi! Mentre voi ve la battete sul tavolo dei “VOTI”, nel frattempo a Roma c’è un’auto che sfreccia a 180 km all’ora e travolge 9 passanti, trascinandosi per 50 metri una giovane donna che poi MUORE...». Il post prosegue con una «serrata analisi» su guida e certezza della pena, sull’incremento dei consumi legato al sorriso delle persone.

Il testo è così articolato da meritarsi, il giorno dopo, l’ESEGESI di Claudia Mori. Eppure non è passato molto tempo da quando Celentano tesseva l’elogio di Grillo: «Sta tracciando il percorso di un futuro politico. Chiunque abbia un minimo di buon senso non può non condividere il suo programma».
In Adriano il buon senso c’è, ma forse se ne sta nascosto, per paura del senso COMUNE. Infatti, il sillogismo che legherebbe il sorriso delle gente a Salvini è del tutto misterioso.
È vero, il contrasto tra il pensiero di un uomo e il posto che occupa rende bizzarra la STORIA.

31 maggio 2015 | 08:31
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da – corriere.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #126 inserito:: Giugno 27, 2015, 10:18:53 am »

A fil di rete
«La posta del cuore» di Dalla Chiesa e Frizzi sembra una sitcom
L’idea della Rai di affidare la rubrica ai due ex coniugi. Una scelta che trasforma la vita reale in finizione

Di Aldo Grasso

La perfidia del funzionario Rai (o chi per lui) che ha deciso di affidare una rubrica di posta del cuore a Rita Dalla Chiesa e Fabrizio Frizzi è da manuale. È vero che si è puntato tutto sulla seconda reunion, dopo quella di Al Bano e Romina; è vero che il programma non ha molte pretese (ci sono stati tempi in cui sui giornali quella rubrica era affidata a firme come Luciana Peverelli, Irene Brin, Colette Rosselli, Brunella Gasperini, Giorgio Scerbanenco, che si firmava Adria, Camilla Cederna e quando a Donna Letizia le ragazze chiedevano se dovevano acconsentire alla famosa «prova d’amore» che il maschio richiedeva con insistenza, la risposta era sempre «Non ceda, non ceda»); è vero che siamo d’estate e ci troviamo di fronte a una sorta di «cazzeggio rosa». E pur tuttavia è inevitabile che di fronte a ogni caso, lo spettatore osservi come reagiscano i due: lei con due matrimoni falliti alle spalle, lui con una nuova compagna.

Casi di separazione, casi di incomprensione, casi di lite per i figli: ogni occasione è buona per seguire gli sguardi di Rita e Fabrizio, per cercare di cogliere un attimo di cedimento, o qualcosa di simile.

Per fortuna, grazie anche alla pleonastica presenza di altri ospiti in studio, «La posta del cuore» tende involontariamente alla sitcom, quasi una riedizione di Casa Vianello (dal lunedì al venerdì, ore 16.40). Le reazioni di Frizzi le conosciamo: ride. Qualunque cosa accada, ride. Rita ha piuttosto l’aria di chi ha qualcosa da rivendicare, e questi due atteggiamenti di fondo funzionano come un copione.

Un tempo era più facile gestire la posta del cuore: da una parte c’era una consolidata tradizione borghese capace ancora di dettare stili di vita, dall’altra la grossolanità e l’ingenuità di una nuova classe emergente. Adesso tutto è più confuso. Perché mai uno dovrebbe accettare consigli di vita e perle di saggezza da Fabrizio Frizzi? Che la vita copi la televisione?

18 giugno 2015 | 08:55
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da -  http://www.corriere.it/spettacoli/15_giugno_18/posta-cuore-dalla-chiesa-frizzi-sembra-sitcom-5e0cc2b0-157b-11e5-8c76-9bc6489a309c.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #127 inserito:: Giugno 27, 2015, 10:21:46 am »

A fil di rete
Augias e la tv «intelligente»
Poi tutto finisce in parodia
La tv alta, la tv intelligente e la chiusa: «Spegnete la tv e accendete l’immaginazione» (ma per quanto tempo?)

Di Aldo Grasso
Leopardi, ah Leopardi! Ci sono serate in cui uno sconta tutta la sua inadeguatezza, la sua miseria intellettuale.

Nel notturno leopardiano di Rai3, i sensi fremono di metafisica trasvalutazione. Grazie Augias, grazie Corrado di esistere! Una piccola premessa. Qualche tempo fa, ospite del salotto della collega Daria Bignardi, in sofferenza per i numerosi impegni culturali e per i libri da scrivere, Augias si abbandonò al pessimismo cosmico: «Basta tv, vorrei dedicare questa ultima parte della mia vita ad altre cose». Stava leggendo Leopardi. Ma gli è bastato leggere Edward O. Wilson per cambiare idea: «Avevo detto di non voler fare più tv... Ma il direttore di Rai3 è stato così affettuoso e insistente da convincermi ad accettare questa nuova sfida. Può sembrare velleitario, ma vogliamo fare una tv alta» («Visionari», lunedì, ore 23.15).

La tv alta, la tv irraggiungibile, la tv intelligente. Per parlare di Leopardi, Augias invita una professoressa che è l’incarnazione perfetta delle professoresse democratiche, quelle che guardano solo Rai3. E poi invita Elio Germano, che per il solo fatto di aver interpretato il poeta al cinema si sente pensiero poetante. E così, sospesi fra un’intonazione barocca e una dilatazione assoluta, scopriamo che Giacomo ha abbandonato Recanati per «vedere cosa c’è dietro la siepe», che «aveva una madre anaffettiva», «che era gay», che «amava cibi saporosi» (Leo fritto misto e ajo, ojo e peperoncino!), che «era nichilista», che «amava gelati, sorbetti e cannellini di Sulmona».

Augias e la prof. sono puristi, passeri solitari, e trovano molto, molto provinciale lo spot della regione Marche con Dustin Hoffman che legge «L’infinito». Orrore!

Intanto, sul finale il regista infila di soppiatto un pezzo di Corrado Guzzanti nelle vesti dello studente Lorenzo. E tutto naufraga in parodia, com’è giusto che sia. «Spegnete la tv e accendete l’immaginazione», è l’ultimo invito del passero, dietro la siepe.

17 giugno 2015 | 12:05
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/spettacoli/15_giugno_17/augias-tv-intelligente-poi-tutto-finisce-parodia-a8b92290-14c2-11e5-9e87-27d8c82ea4f6.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #128 inserito:: Agosto 24, 2015, 05:34:58 pm »

L’allegra brigata Kalimera che Tsipras tradì
A sinistra Il premier greco si piega alle regole Ue: Fassina, Civati e Vendola ci restano male


Di Aldo Grasso

Dov’è finita l’allegra Brigata? Intendo la Brigata Kalimera, quel manipolo di irriducibili che da febbraio 2015 ha preso a frequentare Atene come ultimo baluardo della sinistra dura e pura. Prima per festeggiare il successo elettorale di Alexis Tsipras e, poi, la vittoria nel referendum. L’allegra Brigata Kalimera, intendo i Fassina, i Vendola, le Spinelli, i Maltese, i Civati, la minoranza dem, i fans di Syriza e Podemos e la «sinistra di popolo» in viaggio-studio ad Atene (Erasmus per fuori corso) per affermare che un’altra sinistra è non solo possibile ma può diventare forza di governo.

Pochi giorni fa, però, Tsipras ha «tradito» la Brigata Kalimera, ha chiesto le elezioni anticipate, si è comportato da statista responsabile e non più da leader populista. Sconfessando l’esito del referendum (non si può vivere sempre in campagna elettorale), si è convinto che per andare avanti deve accettare le regole che vengono imposte non dai debitori ma dai creditori. L’allegra Brigata oggi è triste: il suo destino, se continuerà a prendere lucciole per lanterne, sarà sempre la sconfitta, la perenne stasi nell’illusione demagogica. Il modello Tsipras come antidoto al renzismo è svanito e con esso l’occasione per un’altra politica della sinistra italiana. Dal buongiorno (Kalimera) alla buonasera (Kalispera) è questione di ore: «Ogni ilusion xe senza luse, quando fa sera» (Biagio Marin).

23 agosto 2015 (modifica il 23 agosto 2015 | 09:32)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/politica/15_agosto_23/allegra-brigata-kalimera-che-tsipras-tradi-3ef8f3f4-495f-11e5-b566-99560c716b18.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #129 inserito:: Agosto 28, 2015, 11:34:20 pm »

I media LA FEROCIA SOCIAL
Sparatoria in Virginia, le due telecamere e il tabù infranto
Ovunque censurata e dissimulata, la morte sembra risorgere in tv nelle vesti dell’imprevisto o come offerta sull’altare delle emozioni

Di Aldo Grasso

Si fa presto a dire la morte in diretta, ma una scena così atroce non si era mai vista. Un killer uccide a colpi di pistola la giornalista televisiva Alison Parker, 24 anni, di una rete locale della Cbs e il cameraman Adam Ward, 27 anni, mentre stanno effettuando un’intervista. Sono immagini terrificanti: il volto della giornalista, che vede l’assassino avanzare e sparare, esprime l’orrore più grande che si possa immaginare. Seguiamo i suoi ultimi disperati tentativi di sfuggire la morte: la giovane si gira urlando, cerca di nascondersi, grida «oh mio Dio», prima che la telecamera del cameraman cada a terra. Cascando, la telecamera riesce a inquadrare per un attimo il volto dell’assassino. Dallo studio, la regia taglia la diretta: la conduttrice è sotto choc, senza parole. Riprende poi fiato: «Non siamo sicuri di cosa sia successo lì. Cercheremo di capire cosa fossero quei suoni». Poi arriva l’annuncio della morte della reporter e del collega.

Ma non basta: l’incubo più grande deve ancora arrivare. Vester Lee Flanigan, un afroamericano che aveva lavorato per quel network utilizzando il nome Bryce Williams, posta sui social il filmato del delitto visto dalla sua prospettiva, quella dell’omicida (come fanno i tagliagole dell’Isis). Nel video, girato con il telefonino, si vede spuntare una pistola in primo piano, prima che inizi l’assurda resa dei conti.

Per la prima volta la morte in diretta ha due punti di vista, quello delle vittime e quello dell’assassino. Come se un tetro gioco di specchi raddoppiasse la tragedia. Il nesso tra la morte e la sua rappresentazione in diretta è uno dei temi cruciali che attraversano le riflessioni sui media, uno di quei temi cui il cinema ha dedicato attenzione, a partire da L’asso nella manica di Billy Wilder a La morte in diretta di Bernard Tavernier, da Dentro la notizia di James L. Brooks ai cosiddetti «snuff movie», filmati amatoriali in cui vengono esibite torture con conseguente, inevitabile epilogo. Da tempo, per i media la morte non è più un tabù: dev’essere raccontata, mostrata, esibita quasi per la paura che una tragedia non vista resti invisibile, cioè inesistente. Ma i media siamo noi, sempre più pornograficamente addestrati a pedinare la morte in diretta. Inutile dare la colpa ai social network, alla mania narcisistica di dover certificare la nostra giornata con foto, video, messaggi.

Da tempo (per noi italiani, almeno dalla tragedia di Vermicino) qualcosa si è spezzato per sempre, la morte si è fatta spettacolo, il nostro occhio si è indurito. Il catalogo delle atrocità è così sterminato che le domande legittime rattrappiscono sul nascere: un «accrescimento senza progresso», diceva Musil, che si risolve nella tranquilla connivenza della tragedia e del suo contrario.

Il dramma di Moneta, in Virginia, ci dice soltanto che un nuovo tabù è stato abbattuto, che un nuovo limite è stato infranto. Ovunque censurata e dissimulata, la morte sembra risorgere in tv nelle vesti dell’imprevisto o come offerta sull’altare delle emozioni. Le immagini condivise sui social dall’assassino sono tanto più terribili quanto più svuotate di qualsiasi sostanza etica: le atrocità crescono, ma nessuno vuol rinunciare a fornire il proprio contributo al patrimonio della ferocia umana.

Non è lo spettacolo che «deve» andare avanti, è la vita. Da molti anni, molta parte della nostra vita si svolge con l’apporto attivo della tv e dei social network. I media sono i nostri nuovi ambienti di socializzazione, «luoghi» in cui impariamo a comportarci, a divertirci, a soffrire. Persino a filmare il duplice delitto che stiamo per commettere.

27 agosto 2015 (modifica il 27 agosto 2015 | 08:06)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/esteri/15_agosto_27/sparatoria-virginia-due-telecamere-tabu-infranto-cabeb83c-4c80-11e5-9b47-ed94dd84ed07.shtml
Registrato
Arlecchino
Global Moderator
Hero Member
*****
Scollegato Scollegato

Messaggi: 7.763


Mostra profilo
« Risposta #130 inserito:: Settembre 15, 2015, 05:01:43 pm »

L’astro nascente che divide i Cinquestelle
Gelosia: il rude Roberto Fico ha bocciato l’investitura di Di Maio


Di Aldo Grasso

Che poi, gira e rigira, quando si tratta di presa di potere siamo tutti uguali, i grillini come noi. Succede questo: durante una conferenza stampa al Senato, Beppe Grillo si volta amorevolmente verso Luigi Di Maio, seduto al suo fianco, e lo gratifica di una spiccia investitura: «Maledetto, sei il leader».

Che Di Maio sia l’astro nascente dei Cinquestelle lo pensiamo tutti. Lasciamo perdere i sondaggi; basta vedere come veste, come si muove, come ha abbandonato i facili slogan populisti della ditta Grillo & Casaleggio per capire che è uno non insensibile alla leadership del M5S. Ma non aveva fatto i conti con la gelosia di Roberto Fico, il rude deputato napoletano, membro del direttorio e presidente della commissione di Vigilanza Rai. Fico di tv capisce poco (basta risentire le sue esternazioni sul caso Casamonica), ma gli piace comandare e tutta la mitologia della democrazia diretta, dell’uno vale uno, dei deputati come portavoce del popolo è già un lontano ricordo.

Quello che si ritiene il meglio Fico del bigoncio la prende male e precisa: «Il leader è il movimento, ogni persona all’interno del movimento fa la sua parte. Ognuno, in qualche modo, è leader degli argomenti che porta avanti e con la Rete riusciremo a prendere il governo del Paese». Traduzione: col cavolo che Di Maio è il leader! Grillo fa marcia indietro: sarà la Rete a decidere. Traduzione: maledetti, allora decideremo ancora io & Casaleggio.

13 settembre 2015 (modifica il 13 settembre 2015 | 09:19)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/politica/15_settembre_13/astro-nascente-che-divide-cinquestelle-26ef1c8a-59df-11e5-b420-c9ba68e5c126.shtml
Registrato
Arlecchino
Global Moderator
Hero Member
*****
Scollegato Scollegato

Messaggi: 7.763


Mostra profilo
« Risposta #131 inserito:: Novembre 09, 2015, 05:14:03 pm »

Padiglione Italia
L’insulto come autogol, il vizio di Corradino Mineo
L’allusione velenosa a Renzi («So quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa») è stato un errore di comunicazione imperdonabile.
E non è la prima volta

Di Aldo Grasso

«Spitting in the wind comes back at you twice as hard», cantava Lou Reed in Strawman: se sputi controvento ti torna indietro col doppio della forza. Qualcosa del genere è successo al senatore Corradino Mineo. Piccato da alcuni apprezzamenti che Matteo Renzi aveva confessato a Bruno Vespa per il suo consueto libro natalizio (ma Renzi non doveva rottamare?), Mineo se n’è uscito con allusioni velenose, avvertimenti di debilitante miseria morale: «Lui sa che io so... So quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa». La Cara di Mineo.

È la politica, signori, sangue e mer.., come sosteneva Rino Formica, e l’ultima cosa che ci interessa è sguazzare nell’umor nero delle insinuazioni. Certo, per un giornalista linguacciuto come Corradino (suo maestro e mentore è stato Sandro Curzi, gran navigatore) commettere simili errori di comunicazione è imperdonabile. Le giustificazioni del giorno dopo, poi, non hanno fatto altro che peggiorare la situazione. E non è la prima volta: tempo addietro aveva addebitato al premier comportamenti «autistici», suscitando un vespaio di proteste.

La politica è quello che è; la minoranza del Pd, quando perde posti di potere, sopravvive solo impugnando la bandiera rossa dello scissionismo; Corradino è una «povera e triste anima querula» (Giuliano Ferrara) e, tuttavia, gli odi insanabili sono sempre quelli di famiglia. Chissà perché. Non il miele, ma il fiele provoca lo sputazzu.

8 novembre 2015 (modifica il 8 novembre 2015 | 08:27)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/politica/15_novembre_08/insulto-come-autogol-vizio-corradino-mineo-6597357c-85e9-11e5-af91-bb1507114fbb.shtml
Registrato
Arlecchino
Global Moderator
Hero Member
*****
Scollegato Scollegato

Messaggi: 7.763


Mostra profilo
« Risposta #132 inserito:: Novembre 24, 2015, 06:52:12 pm »

Fiorella Mannoia, il copione usurato della cantante radical
La musicista non crede alle notizie della «stampa ufficiale» su Parigi: la responsabilità degli attentati di Parigi è dell’Occidente, secondo l’usurato copione di certa sinistra radicale

Di Aldo Grasso

Di fronte agli avvenimenti drammatici che stiamo vivendo, meglio non cercare verità nascoste, ma, voltairianamente, dire verità palesi. E invece straparliamo, alla ricerca di alibi reconditi. È successo di recente a una cantante famosa, Fiorella Mannoia, intervistata da una radio di un’università telematica romana.
Per la Mannoia, che non crede alle notizie della «stampa ufficiale», la responsabilità degli attentati di Parigi è dell’Occidente, secondo l’usurato copione di certa sinistra radicale: è colpa dell’Occidente se in Medio Oriente ci sono islamisti che reagiscono con la guerra santa e sterminano i cristiani, è colpa dell’Occidente se in Europa alcuni estremisti uccidono nel nome del Profeta: «Non voglio difendere quei vigliacchi che fanno attentati, anzi. Io sono molto impaurita... Ma non sono vittime anche i civili morti durante i bombardamenti fatti dagli Usa o da altri Paesi occidentali?». Poi bordate contro Oriana Fallaci: «Esaltarla oggi è un mezzo per fare propaganda elettorale. Non è che siccome una sia stata una grande giornalista e una grande scrittrice avesse capito tutto». Chi ha capito tutto, invece, è Fiorella Mannoia: pochi dubbi, molte certezze.

È contro il Giubileo di papa Francesco, ritiene che i pentastellati siano l’unica vera forza di cambiamento. Resta di sinistra, «semmai si sono spostati gli altri».
Credere di parlare a nome delle vittime e dei poveri, solo perché si è vittima delle povere idee.

22 novembre 2015 (modifica il 22 novembre 2015 | 11:28)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/cronache/15_novembre_22/fiorella-mannoia-stragi-parigi-copione-usurato-cantante-radical-724496fc-90e8-11e5-bbc6-e0fb630b6ac3.shtml
Registrato
Pagine: 1 ... 7 8 [9]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!