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« Risposta #105 inserito:: Luglio 03, 2014, 06:59:21 pm » |
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Padiglione Italia Il pm si scusa, 30 anni dopo (Poteva soffrire in silenzio) di Aldo Grasso Poteva starsene zitto. Poteva portare ancora il peso del suo silenzio. Poteva vedersela con la sua coscienza, che non fa mai dichiarazioni pubbliche. Giorni fa, Diego Marmo ha chiesto scusa alla famiglia di Enzo Tortora (scuse respinte) per le vicende giudiziarie che annientarono la carriera televisiva e la vita del famoso presentatore: «Ho richiesto la condanna di un uomo dichiarato innocente con sentenza passata in giudicato. E adesso, dopo trent’anni, è arrivato il momento. Mi sono portato dietro questo tormento troppo a lungo. Chiedo scusa alla famiglia di Tortora per quello che ho fatto. Agii in perfetta buona fede». Tormento? Marmo è tornato all’attenzione della cronaca le scorse settimane, quando è stato nominato assessore alla legalità del Comune di Pompei. A molti, la nomina è sembrata un insulto alla memoria di Tortora e così sono scoppiate le polemiche. Trent’anni fa Diego Marmo era il pubblico ministero che formulò pesantissime accuse contro Tortora, poi assolto con formula piena perché il presentatore di Portobello non faceva parte della camorra. Ma di quelle accuse Tortora morì e nessun magistrato di quel processo aveva finora pubblicamente manifestato rincrescimento. Una pagina nera per la giustizia italiana e non solo: il Tg2 d’allora si distinse subito per l’accanimento con cui seguì la vicenda dell’«insospettabile di lusso», la stampa preferì sposare, almeno all’inizio, la tesi colpevolista (con la sola eccezione di Enzo Biagi), molti mascherarono il suo arresto con una sorta di risibile rigenerazione da una tv che non piaceva. Marmo, che durante la requisitoria, nel 1985, descrisse il giornalista come «un cinico mercante di morte», non era solo. I magistrati inquirenti erano Lucio Di Pietro (promosso poi procuratore generale a Salerno e alla Procura nazionale antimafia) e Felice Di Persia (giunto poi al Csm). Tortora fu rinviato a giudizio da Giorgio Fontana, allora giudice istruttore, e messo alla gogna «nel nome del popolo italiano». Le nostre ingiustizie si vendicano sempre. Non ci rendiamo conto, spesso, che nel porre rimedio alle cose finiamo col cercare un sollievo che le aggrava ancora di più. 29 giugno 2014 | 08:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/cronache/14_giugno_29/pm-si-scusa-30-anni-poteva-soffrire-silenzio-a7b8fb8c-ff55-11e3-ae4d-7c1f18234268.shtml
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« Risposta #106 inserito:: Agosto 02, 2014, 10:12:53 am » |
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A fil di rete Tozzi è perfetto come «Fuori luogo» Di Aldo Grasso La Rai caccia Licia Colò e si tiene l’irascibile Mario Tozzi! Misteri estivi. Misteri lessicali. La nuova trasmissione di Rai1 si chiama «Fuori luogo» ed è facile intuire chi sia l’unico fuori luogo (martedì, ore 23.15). Il viaggio inizia simbolicamente da Rieti, che è considerata il centro d’Italia, l’ombelicus Italiae, ma si poteva anche cominciare da Campobasso o da Como, che tanto era lo stesso. Anzi no, il viaggio prende le mosse da L’Aquila, dove, cinque anni dopo il terremoto del 6 aprile, la ricostruzione stenta ancora a prendere forma. Ci sarebbe da chiarire il perché di tanto ritardo, ma Tozzi vola alto, il suo scopo è quello di «spiegare come i cambiamenti del pianeta hanno determinato anche cambiamenti nel nostro modo di vivere». Per volare alto la Rai gli ha messo a disposizione un drone. Il programma funziona così: per trovare una spiegazione scientifica a quel tragico terremoto bisogna salire fino a Campo Imperatore. Ma Campo Imperatore è famoso perché nel 1943 fu scelto come luogo sicuro e inaccessibile per rinchiudervi Benito Mussolini. Immagini di repertorio (viste e riviste) dell’operazione «Quercia»: il Duce, rinchiuso in un albero, viene liberato dai nazisti e portato via su un fragile apparecchio. Seguono spiegazioni sulla formazione degli Appennini e su come nascono i terremoti. Nulla su come nasce il fascismo. Altre considerazioni sui giudici che hanno condannato i tecnici che non sono stati in grado di prevedere il terremoto (sei anni di reclusione per tutti gli imputati, scienziati di chiara fama, colpevoli di aver rassicurato gli aquilani circa l’improbabilità di una forte scossa sismica!), sulle «catene malavitose» che operano nella ricostruzione, sul mondo intero. Il programma è firmato da Cristoforo Gorno, Giovanna Ciorciolini, Riccardo Mazzon e dallo stesso Tozzi che ama dilettarsi a ridisegnare il paesaggio su un quadro trasparente. 31 luglio 2014 | 09:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/spettacoli/14_luglio_31/tozzi-perfetto-come-fuori-luogo-b01e341a-1871-11e4-a9c7-0cafd9bb784c.shtml
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« Risposta #107 inserito:: Agosto 31, 2014, 11:50:35 am » |
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Padiglione Italia Senza coppa e cinepanettoni: l’estate triste del Signor Napoli Aurelio De Laurentiis battuto nel calcio, in cerca di novità nel cinema di Aldo Grasso L’estate amara di Aurelio De Laurentiis. Ogni volta che Fiorello lo imitava alla radio, a De Laurentiis («un cognome tronco, con tante “i”») dovevano girare le scatole, anche se il mondo della comunicazione non lo attrae: «Non fanno altro che dire cazzate». Fiorello lo descriveva come l’imperatore di Capri: uno che atterra in piazzetta con l’elicottero, con le pale taglia gli ombrelloni perché cafoni e risponde solo con insulti, anche se quelli della radio sono niente in confronto agli improperi della vita vera. La gag era godibilissima, e più amara non poteva essere. La tremenda scoppola che il Napoli ha preso in Champions League dall’Athletic Bilbao ha lasciato il segno: per la società campana la ferita è anche economica, qualcosa come 30-35 milioni di euro. Soldi che incasseranno le odiate Roma e Juve. I rapporti con l’allenatore Rafa Benitez sono ai minimi storici: voleva un allenatore che vincesse in Europa e adesso si ritrova con una squadra senz’anima e senza gioco. L’attaccante Higuain, il pezzo più pregiato, vuol cambiare aria. In passato, alle critiche, un Aurelio sempre abbronzato e impomatato reagiva con veemenza: «Ma che caz... avete vinto a Napoli? Perché io poi me ne posso pure anda’ perché poi uno si rompe i cog... e se ne va. Se io devo stare qui bisogna che tutti quanti armonizziamo... Stiamo con i piedi per terra, perché qui a Napoli non funziona un ca... A Napoli c’è solo il calcio. E allora ringraziatemi». Tempo fa, Zamparini del Palermo (Aurelio considera i colleghi presidenti delle teste di...) gli aveva fatto un ritrattino niente male: «De Laurentiis deve fare i film, di calcio non capisce nulla, recita». Ma anche nel cinema le cose non vanno per il verso giusto. I suoi film di Natale con Christian De Sica, i «mitici» cinepanettoni, non ci saranno più. Dovrà accontentarsi di Lillo & Greg, da quando De Sica gli ha detto addio: «Avrei potuto non firmare tante esclusive con Aurelio. Non voglio dare la colpa a lui, la colpa ce l’ho io, anche di aver creduto alle sue promesse». Armonizziamo. La sua massima preferita è la celebre battuta di Totò: «Ccà nisciuno è fesso». Nelle estati amare, però, non sempre funziona. 31 agosto 2014 | 09:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/spettacoli/14_agosto_31/senza-coppa-cinepanettoni-l-estate-triste-signor-napoli-df087c00-30d5-11e4-9629-425a3e33b602.shtml
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« Risposta #108 inserito:: Settembre 21, 2014, 06:09:08 pm » |
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Salvini, la macumba scozzese di un vincente degli insuccessi Il primo ministro Alex Salmond è convinto che la causa principale della sconfitta sia dovuta alla visita in Scozia del lumbard Matteo Salvini Di Aldo Grasso Salvini a Edimburgo nel giorno del referendum per l’indipendenza, in una foto postata sul suo profilo Facebook (Ansa) Salvini a Edimburgo nel giorno del referendum per l’indipendenza, in una foto postata sul suo profilo Facebook (Ansa) Il primo ministro Alex Salmond era di pessimo umore. In Scozia il referendum sull’indipendenza è stato vinto dai No: il Paese continuerà quindi a fare parte del Regno Unito. Non è solo questo il motivo delle sue dimissioni. Si è convinto che la causa principale della sconfitta sia dovuta alla visita in Scozia di Matteo Salvini, uno che non ne ha mai azzeccata una. La visita dei lumbard Com’è noto, una delegazione di lumbard guidata da Salvini è andata in loco a tifare per la vittoria degli yes . Il consigliere regionale lombardo Angelo Ciocca ha fatto un po’ di confusione: prima ha indirizzato i suoi verso Amburgo, poi verso Strasburgo e solo al terzo tentativo ha capito che si trattava di Edimburgo. Quando il leader dello Scottish National Party ha visto Salvini indossare una maglietta che univa la croce di San Giorgio con la bandiera scozzese, ha fatto gli scongiuri. Non sono serviti. Salmond sapeva che Salvini è un perdente di successo o, se volete, un vincente di insuccessi. Sapeva che Salvini è un po’ un parolaio. La moneta unica Adesso sostiene che l’euro è una moneta criminale, che continuare a dire che non si può uscire dall’euro è suicida, ma solo fino a poco tempo fa (2012) le sue idee erano altre: «La Lombardia e il Nord l’euro se lo possono permettere. Io a Milano lo voglio, perché qui siamo in Europa». Salmond era al corrente che la Lega non è nemmeno riuscita a formare, con Marine Le Pen, un gruppo euroscettico al Parlamento Europeo. Che la Padania, a differenza della Scozia, è solo un paese immaginario e che il federalismo, tanto sbandierato, finora è rimasto nel cassetto. Gli era noto persino che Salvini, che tanto tuona contro la casta e parentopoli, ha fatto assumere la sua compagna alla Regione Lombardia e quando era deputato a Bruxelles i suoi assistenti erano Franco e Riccardo Bossi, fratello e primogenito del Senatùr. E poi c’è quel viaggio imbarazzante in Corea del Nord in compagnia di Antonio Razzi: «In Corea tutti i ragazzini fanno sport». Wow! Oggi è San Matteo e in un momento in cui Matteo è un nome vincente in Italia (Renzi , Don Matteo, Trentin, Marzotto, Manassero, persino Orfini), l’unico a muoversi come un Trota è quel vincente di insuccessi che ha fatto la macumba anche alla Scozia. 21 settembre 2014 | 08:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/14_settembre_21/salvini-macumba-scozzese-un-vincente-insuccessi-5d82258a-4158-11e4-a55b-96aa9d987f34.shtml
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« Risposta #109 inserito:: Ottobre 16, 2014, 11:11:47 pm » |
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A fil di rete La sinistra radical chic e i dubbi sulla doppiezza ideologica Di Aldo Grasso RaiNews offre alcune rubriche interessanti, come «Il sabbatico» di Alberto Melloni (ce ne occuperemo presto) o «Central Park West» di Antonio Monda. Seduto nel salotto di casa sua (che s’affaccia su Central Park), Monda abbozza ritratti e domande senza frontiere. Per esempio, la sinistra si è resa conto, per dirla brutalmente, che la vecchia ipocrisia del cuore a sinistra e portafogli a destra non paga più? Monda non è così brutale, anzi. Lui smussa, leviga, alliscia con grande maestria, però di quello parla. Per volare alto, parte dal famoso e lunghissimo articolo di Tom Wolfe, «Radical Chic»: That Party at Lenny’s, apparso nel giugno del 1970 sul New York Magazine. Lo scrittore prendeva in giro il compositore Leonard Bernstein che nel suo sontuoso attico su Park Avenue (tutto torna!) aveva organizzato un ricevimento, con raccolta di fondi, per dare aiuto legale alle Pantere Nere. Per la prima volta la Buona Coscienza Progressista veniva ridicolizzata. La questione che Monda pone è questa. Gauche caviar, Limousine liberal, Smoked salmon socialist, Partito Fandango di lotta e di governo o qualunque altra espressione che designi questo kitsch ideologico e ossimorico, finora sono stati sarcasmi provenienti da destra (nel 1960 Indro Montanelli aveva scritto la pièce Viva la dinamite! ). Non è che ora, anche da sinistra, si comincia a stigmatizzare questo conformismo? Monda sostiene che qualcosa è cambiato e che scrittori come Jonathan Franzen in «Libertà» o Chimamanda Ngozi Adichie in «Americanah» (una donna nigeriana viene a contatto con l’ipocrisia dei radical chic) mettono sotto accusa la doppiezza dell’atteggiamento. Nuova scappatoia della sinistra o passo avanti? 16 ottobre 2014 | 09:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/spettacoli/14_ottobre_16/sinistra-radical-chic-dubbi-doppiezza-ideologica-1f23c2fe-5502-11e4-af0d-1d33fddfa710.shtml
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« Risposta #110 inserito:: Ottobre 16, 2014, 11:24:38 pm » |
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PADIGLIONE italia La comoda incoerenza del «giudice» Fedez Il rapper che ha composto l’inno per i pentastellati radunati al Circo Massimo va in tv e critica chi la guarda. Basta esserci per avere (la) ragione Di Aldo Grasso S i parla molto di Fedez (Federico Leonardo Lucia), il rapper giudice di X Factor. Nel comporre l’inno per i pentastellati radunati al Circo Massimo ha puntato al bersaglio grosso: «Caro Napolitano te lo dico con il cuore, o vai a testimoniare oppure passi il testimone». Un performer dalle rime facili: frasi fatte, metrica un tanto al chilo. Fa niente, dice Fedez: «L’artista nasce e muore incoerente, fatevene una ragione. I rapper sono come i politici, si fanno corrompere e cambiano idea ogni cinque minuti... L’ underground non ti odia quando ti vendi, ma quando ti iniziano a comprare». Due deputati del Pd sono caduti nella trappola e hanno goffamente tirato in ballo Sky, l’editore del talent. Chiedere a un rapper di essere logico è come voler convertire Voltaire all’irrazionalismo. Anzi, l’incoerenza è la fede di Fedez. È diventato famoso con la canzone Alfonso Signorini (eroe nazionale): almeno sulla carta, una lettura sarcastica. Ma del videoclip è protagonista lo stesso Signorini, in carne, ossa e calzamaglia rosa, ed ecco che la corrosione si fa connivenza (più copertina su Chi). Va in tv, ma critica chi la guarda. Nudo e tatuato, troneggia sul Rolling Stone italiano. L’incoerenza è la sua virtù. Puntare il dito sul marcio, ma starci del tutto dentro: comodi, distaccati, divertiti. Non è il solo: il populismo garantisce ai contenuti di poter cambiare mille volte verso e direzione. Ma intanto la scena è occupata. Basta esserci, per avere (la) ragione. 12 ottobre 2014 | 09:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/spettacoli/14_ottobre_12/comoda-incoerenza-giudice-fedez-f50dd226-51db-11e4-b208-19bd12be98c1.shtml
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« Risposta #111 inserito:: Novembre 09, 2014, 11:36:50 am » |
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A fil di rete Il tesoro del nostro Paese Se Sky Arte fa servizio pubblico Di Aldo Grasso Sky Arte ha compiuto due anni, ma 24 mesi sono stati sufficienti al canale per imporre la propria identità, per vincere la scommessa dell’investimento culturale, per ribadire, se ce ne fosse ancora bisogno, che cultura non è un contenuto ma un carattere delle cose che ci preserva dal dover distinguere l’alto dal basso o cose del genere. Sky Arte, diretto da Roberto Pisoni, è riuscito a fare un’operazione importante. Non basta proporre l’arte nelle sue declinazioni: pittura, scultura, architettura, musica, letteratura, teatro, fotografia, design e tutte le forme di espressione artistica. Questo è solo il punto di partenza; il canale è stato favorito (rispetto, per esempio, a Rai5) dal poter contare su grandi produzioni internazionali, a cominciare dal gemello inglese di Sky Arts. Avere dei modelli internazionali con cui confrontarsi è importante perché permette anche alle produzioni italiane di trovare linguaggi per dare dignità televisiva a una materia che rischia sempre di accontentarsi di essere «contenuto» nobile. Pochi giorni fa Sky Arte ha trasmesso in prima visione il documentario «Domus Aurea - Il sogno di Nerone» (prodotto con Ballandi/Arts): abbiamo così potuto vedere gli ambienti più spettacolari della reggia simbolo dell’epoca del primo Impero romano. E anche questa è una scommessa importante, forse uno dei caposaldi - è paradossale dirlo - del Servizio pubblico: valorizzare il patrimonio artistico nazionale. Non ho numeri sottomano per dare un quadro esatto, ma per quel che ho visto, Sky Arte ha dato molto spazio a quell’immenso e prezioso tesoro che malamente custodiamo nel nostro Paese. Dal punto di vista puramente televisivo c’è un altro punto da sottolineare. Sky Arte è diventato un brand, mentre altre reti che pur trattano argomenti culturali non ci sono ancora riusciti. Brand significa riconoscibilità e condivisione: una firma che funziona da garanzia e promessa. 8 novembre 2014 | 09:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/spettacoli/14_novembre_08/tesoro-nostro-paese-se-sky-arte-fa-servizio-pubblico-da8dd77c-670f-11e4-afa4-2e9916723e38.shtml
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« Risposta #112 inserito:: Novembre 11, 2014, 05:50:45 pm » |
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Le porte sempre girevoli di Cofferati Il ritorno dell’ex sindacalista, in corsa per la carica di governatore in Liguria Di Aldo Grasso Mettiamola così. Che la politica non chiude le porte a nessuno. Che la «politica è servizio». Che «in Liguria c’è una situazione d’emergenza». Che è bello ricordare un ex sindacalista della Cgil come persona moderata, amante di Tex Willer, del melodramma e delle canzoni di Mogol-Battisti. Ok, ma la pratica Cofferati non era già stata inventariata? Pare di no. Sergio Cofferati correrà alla carica di governatore. O meglio, prima dovrà superare le primarie, visto che la sua sfidante, Raffaella Paita, non ha alcuna intenzione di farsi da parte. L’ultima cosa per cui Cofferati viene ricordato nel bene (bene relativo, s’intende), è quando radunò tre milioni di persone al Circo Massimo, marzo 2002: gridavano contro Berlusconi: «Tu sì, tu no/articolo 18 non ci sto». Poi solo brutte figure. A Bologna fu catapultato come sindaco e da marziano si fece la fama di sceriffo; una festa per i bolognesi quando alzò i tacchi. Nell’abbandonare il campo, «il Cinese» versò melassa sulla decisione: si era invaghito di una giovane genovese, voleva vivere sotto la Lanterna per curare l’innamoramento e l’amore. Il tempo di comprare i mobili Ikea per la casa e già Cofferati si era candidato al Parlamento europeo: poche grane, ottimo stipendio di fine carriera. Ora torna, «derogando al principio che un impegno si porta a termine». Come dicono a Genova, no ghé bella reuza ch’a no divente ûn grattacû . Cofferati, rosa sfiorita, cinorrodo? 9 novembre 2014 | 09:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/14_novembre_09/porte-sempre-girevoli-cofferati-f1a5a0dc-67e8-11e4-b22b-88ac3d1bfff6.shtml
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« Risposta #113 inserito:: Novembre 22, 2014, 05:36:45 pm » |
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Se Baldini riappare in tv per fare il giudice a «Domenica In» Immaginavo, sbagliando, che volesse meditare un po’ di più sulla strada da intraprendere, che avesse bisogno di fare un po’ di silenzio attorno a sé. Di Aldo Grasso Dopo aver letto la lunga intervista che Marco Baldini ha rilasciato al Corriere della Sera , mai e poi mai mi sarei aspettato di vederlo fare il giudice a «Domenica In», il contenitore condotto da Pino Insegno e Paola Perego. Avevo capito, apprezzandone il coraggio, che avesse bisogno non solo di soldi per pagare i debiti ma anche di un momento di riflessione. Com’è noto, Baldini ha lasciato il programma che conduceva con Fiorello su Radio1 perché non era più in grado di «sostenere un ruolo impegnativo» e aveva paura «di mettere a rischio le persone». Decisione sofferta, un gesto di riconoscenza nei confronti di chi l’ha sempre aiutato. Baldini dice che è uscito dal vizio del gioco già da tempo e attualmente sta solo continuando a pagare vecchi debiti di gioco. Immaginavo, sbagliando, che volesse meditare un po’ di più sulla strada da intraprendere, che avesse bisogno di fare un po’ di silenzio attorno a sé. E invece appare subito in tv, a fare il giudice di una competizione canora e a farsi intervistare da Paola Perego in Presta: «Mi accusano di piangermi addosso, ma io sono solo venuto a chiarire. Anche se ho bisogno di soldi, ho rifiutato di recente una cosa molto bella, una fondazione per darmi una mano. Ma ho detto che non è giusto: perché se vogliono fare una cosa del genere, la facciano per gli esodati, per gli anziani, quelli che ho visto qui a Roma cercare gli avanzi dai fruttaroli». A quel punto è intervenuta Jo Squillo proponendo una serata di beneficenza: «Salviamo Baldini». Ma Baldini chiedeva solo un’opportunità di lavoro, magari anche come autore. Soprattutto, fra le righe, chiedeva di uscire dallo smarrimento in cui si trova. È necessario andare in tv per chiarire i problemi? È necessario mettersi a nudo davanti alle telecamere per risolverli? Poi, a «Domenica In», arriva Fausto Bertinotti a raccontare favolisticamente il suo 1969 e si capisce come il vero problema di molti sia durare nell’effimero. 18 novembre 2014 | 14:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/spettacoli/14_novembre_18/se-baldini-riappare-tv-fare-giudice-domenica-in-c7fe6692-6f22-11e4-a038-d659db30b64c.shtml
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« Risposta #114 inserito:: Novembre 22, 2014, 05:39:14 pm » |
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A fil di rete La scienza spiegata da Giusti Una papera che tira l’altra Di Aldo Grasso Rai2 porta la tv dei ragazzi in prima serata. Tv dei ragazzi per modo dire, un po’ come «Ti lascio una canzone» della Clerici. Qui c’è una copertura scientifica che spingerebbe all’educational, ma la fragilità del tutto ci convince ancora una volta che la scienza senza la sapienza è stiracchiamento cognitivo, divertimento imbarazzante. Il programma si chiama «La papera non fa l’eco» è tratto dal format inglese «Duck Quacks Don’t Echo» ed è condotto da uno spento Max Giusti (malaugurato il giorno in cui qualcuno gli ha fatto creder di essere bravo e spiritoso come Fiorello): è un misto fra «Paperissima», «Kazzenger» e l’eterna rubrica «Strano ma vero» (lunedì, ore 21.22). Davanti a una platea che in prima fila esibisce bambini, vengono condotti alcuni esperimenti: l’oscillazione di un’incudine che rischia di colpire al volto una persona, la caduta di uno stuntman avvolto in una coltre di pluriball, la solidificazione della crema pasticcera grazie a un ballo scatenato. Tre ospiti si offrono come cavie: la sciuretta Vladimir Luxuria (la sua vanità verrà giustamente punita, quando dovrà annusare le ascelle di sei baldi giovanotti), il povero Enzo Iacchetti e una certa Ariadna Romero. A un certo punto appare anche il vicedirettore di Rai2 Roberto Giacobbo per promuovere il suo programma (la sera prima era da Fazio a promuovere il suo libro; ma il codice etico della Rai è solo carta straccia?). Per dare credibilità al tutto, sorvegliano due professori: Anna Moles, direttore scientifico di Genomnia, e Franco Meinardi, fisico della materia. Ci sono anche le domande del pubblico, così spontanee da procurare, scientificamente, il latte alle ginocchia. Quanto ai filmati, provengono tutti dal format originale, tanto per risparmiare. Insomma, tra una papera e un’altra, Max Giusti tratta i bambini da adulti per poter poi trattare gli adulti da bambini. Esperimento riuscito! 19 novembre 2014 | 07:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/spettacoli/14_novembre_19/scienza-spiegata-giusti-2a1053d2-6fb3-11e4-921c-2aaad98d1bf7.shtml
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« Risposta #115 inserito:: Novembre 22, 2014, 05:43:16 pm » |
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A fil di rete di Aldo Grasso Lo stile «LadyLike» in politica e le teorie estetiche di Ale Moretti Di Aldo Grasso Cortocircuiti. Alessandra Moretti, eurodeputata del Pd e candidata alle primarie per la corsa alla presidenza della regione Veneto, parla di stile «LadyLike» in politica: «Dobbiamo e vogliamo essere belle, brave, intelligenti ed eleganti», dice al CorriereTv criticando «lo stile» di Rosy Bindi che, a suo dire, era «più austero», «mortificava la bellezza» e «la capacità di mostrare un volto piacente». «Ma che caz... dice la Moretti? Poverina, non conosce la storia di questo Paese. Questa visione delle donne politiche di una volta è risibile». È il commento di Massimo Cacciari ai microfoni de La Zanzara, su Radio24. Ma «i tempi sono cambiati», dice Ale, raccontando la sua giornata settimanale dall’estetista e infischiandosene delle critiche sul web. I tempi sono cambiati da quando si accorreva alle manifestazioni di «Se non ora, quando?», innalzando le bandiere delle «brave ragazze» contro le cosiddette Olgettine. «Per lei Rosy Bindi ha mortificato la bellezza? Ma dove? Tra le donne più belle e intelligenti che ho incontrato in vita mia vi erano delle appassionate politiche, come la Rossanda, la Castellina e tante altre», ribatte Cacciari. Cortocircuiti. Nel frattempo, sul Foglio, Alfonso Berardinelli confessa di essere geloso di Cacciari: «Cacciari “fa superiorità”. Fa l’impressione di elevare il livello di cultura di qualunque talk show con il suo semplice e fisico manifestarsi». Con trattenuta ironia, Berardinelli ci fa sapere che raramente lo invitano in tv (lui non ci andrebbe perché «non vengo bene»). Come uscire dal cortocircuito? Come assopire l’ira dei dabbene per la bellezza? Come aiutare questi retori vogliosi di colorare la loro vita pubblica di qualche ragione filosofica? Giletti, indicato come il boyfriend di Moretti, potrebbe invitare nel suo talk Ale, Massimo e Alfonso (che nel frattempo è andato dall’estetista di Ale). Tema? «LadyLike: da Minetti a Moretti, voti perfetti». 22 novembre 2014 | 08:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA DA - http://www.corriere.it/spettacoli/14_novembre_22/stile-ladylike-politica-teorie-estetiche-ale-moretti-622a2562-7216-11e4-9b29-78c5c2ace584.shtml
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« Risposta #116 inserito:: Dicembre 01, 2014, 04:14:23 pm » |
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Padiglione Italia Gianni Morandi: c’era un ragazzo e poi c’era sempre Andreotti... La carriera parallela del cantante e del leader politico Di Aldo Grasso Puoi essere duro e puro quanto vuoi ma nella vita c’è sempre un Andreotti. Anche per Gianni Morandi, che sta per compiere 70 anni e ha in uscita un album di successi. Lo ha confessato lui stesso: «E poi, c’era sempre Andreotti... Lui era ministro e io cantavo a “Canzonissima”, lui era primo ministro e io continuavo a cantare». Morandi è fra quelli che alle Regionali dell’Emilia-Romagna non sono andati a votare: «Non so se è Renzi che non ha portato la gente a votare, però in Emilia c’è uno zoccolo duro che sta un po’ più a sinistra di lui... Se ci fosse stato Renzi leader di un partito negli Anni 50, forse io e mio padre l’avremmo visto come un rivale politico». Lui e suo padre, a Monghidoro, duri e puri. Però gli ultimi grandi trionfi di Gianni (due Sanremo e due concerti all’Arena di Verona) stanno, per così dire, un po’ più a destra di Renzi. A dargli una mano c’erano il direttore di Raiuno Mauro Mazza (ex redattore del Secolo d’Italia) e Gianmarco Mazzi, grande amico di Gasparri e La Russa. Il lavoro è sacro, non si scherza, anche per chi ha amato i Beatles e i Rolling Stones: «Nella mia vita ho fatto un excursus ben lungo. Da Togliatti, che mi fa sempre pensare a mio padre quand’ero bambino, a Berlinguer che è stata l’ultima grande figura del partito, uno veramente meraviglioso, serio, sobrio, da classe dirigente... E poi, c’era sempre Andreotti». Per chi si astiene c’è sempre un ex voto, un Andreotti. 30 novembre 2014 | 09:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/cultura/14_novembre_30/gianni-morandi-c-era-ragazzo-poi-c-era-sempre-andreotti-fff8ac6e-7860-11e4-9707-4e704182e518.shtml
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« Risposta #117 inserito:: Dicembre 22, 2014, 05:37:06 pm » |
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L’impresa dei mille (riciclati) di Salvini Al Sud Tanti voltagabbana sotto il simbolo «Noi con Salvini» senza verde Lega Di Aldo Grasso «Senti che puzza scappano anche i cani, sono arrivati i napoletani. Son colerosi, terremotati, voi col sapone non vi siete mai lavati». Era l’estate del 2009, a Pontida. Un boccale di birra in mano, Matteo Salvini intonava a squarciagola l’oltraggioso ritornello. Cori da stadio, dirà dopo, ma intanto l’obiettivo era molto chiaro: la Padania, la secessione, Roma ladrona, Napolitano terun, l’epopea del Trota, il Nord indipendente. Contrordine, compagni. La Lega ritenta il colpo dei Mille: annettere il Mezzogiorno alla Padania. Dopo l’exploit alle Regionali dell’Emilia-Romagna, il segretario si allarga. Di qui l’idea del simbolo camuffato: non c’è la parola Lega, ma c’è il nome di Salvini: «Noi con Salvini». Al «verde padano» i grafici hanno preferito una sobria scritta gialla in campo blu. Noi chi? Con la crescita del Carroccio nei sondaggi, la truppa dei fiancheggiatori, dei profittatori, dei voltagabbana si è infoltita. Sono molti gli ex di Alleanza nazionale (centralisti duri) a gridare «vengo anch’io». Da Silvano Moffa, ex presidente della Provincia di Roma, a Stefano Gaggioli, ex presidente di Sviluppo Italia. Per non parlare dei berlusconiani, degli alfaniani... La più convinta è Barbara Mannucci, quella che diceva: «Berlusconi è la luce, resterò con lui fino alla fine. Sarò la sua Claretta Petacci». Sì, ciao. Il nemico ora è più a Sud: «Senti che puzza scappano anche i cani, sono arrivati gli extracomunitari...». 21 dicembre 2014 | 09:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/14_dicembre_21/impresa-mille-riciclati-salvini-52620910-88e1-11e4-87e1-ec26c60de2cb.shtml
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« Risposta #118 inserito:: Gennaio 03, 2015, 04:06:41 pm » |
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A fil di rete di Aldo Grasso Se il veglione della Rai diventa uno spettacolo fantozziano Di Aldo Grasso Nella lunga omelia di fine d’anno Matteo Renzi ha fatto una promessa: «Questo che arriva sarà l’anno della Rai, che non ho lottizzato ma voglio migliorare». Facciamo così: per stima, abbuoniamogli il 31 dicembre 2014 e speriamo che spettacoli fantozziani come «L’anno che verrà» vengano esodati in fretta. Le persone che restano a casa per attendere il nuovo anno non avrebbero diritto di trarre dalle immagini un po’ di ottimismo, un po’ di eleganza, un po’ di luce che faccia dimenticare i lati oscuri del quotidiano? Il Servizio pubblico perché offre svaghi così malinconici, bolliti e dissipati? A condurre «L’anno che verrà», al posto di Carlo Conti, c’era Flavio Insinna, insieme con Nino Frassica. Ha ragione Tommaso Labranca: «Simili passaggi di consegne nell’ormai esiguo erbario di conduttori da Raiuno ricordano la sostituzione dell’Imu con la Tasi: nulla cambia, tutto peggiora». Il grande veglione di Capodanno in diretta dal Forum Sport Center di Dolonne era in realtà un grande spot delle Funivie Monte Bianco, del Comune di Courmayeur, della Valle d’Aosta, regione autonoma, molto privilegiata (anche qui presidente faccia in fretta). Così le povere vecchiette e i poveri vecchietti - quorum ego - che hanno assistito al programma, hanno dovuto sorbirsi Al Bano (vive in Rai), Pino Daniele, Santa Esmeralda, Ritchie Family, Gibson Brothers, Audio 2, Simona Molinari, Moreno, Patty Pravo («Pazza idea di far l’amore con lui, pensando di stare ancora insieme a te...»). L’aspetto più ridicolo è che né Insinna né Frassica sapevano pronunciare il nome di Courmayeur (ci vuole tanto per un attore italiano?). Se la Rai va migliorata, bisogna iniziare anche dai programmi che manda in onda. P.S. Il discorso d’addio del presidente Giorgio Napolitano è stato «snaturato» da una brutta regia e dai tagli di montaggio che ne hanno alterato il ritmo, levando evidentemente molte pause. E dire che a volte i silenzi parlano, e molto. 2 gennaio 2015 | 08:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/spettacoli/15_gennaio_02/se-veglione-rai-diventa-spettacolo-fantozziano-ebc1bbb4-9246-11e4-aaf8-f7f9176948ef.shtml
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« Risposta #119 inserito:: Febbraio 13, 2015, 02:52:51 pm » |
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Il video e la politica Frequenti sospetti televisivi Una norma sulle frequenze tv suscita una ridda di retropensieri su una materia che per sua natura dovrebbe essere trasparente Di Aldo Grasso In politica l’innocenza non esiste, ogni atto ha un suo perché. Così un emendamento rischia di trasformarsi in una ritorsione, così una norma sulle frequenze tv suscita una ridda di sospetti e retropensieri su una materia che per sua natura dovrebbe essere trasparente. Com’è noto, a scatenare le polemiche dei componenti di Forza Italia è stato un emendamento del governo all’articolo 3 del decreto Milleproroghe sul canone delle frequenze tv. Il Mise (Ministero dello Sviluppo economico) ha rimodulato una norma che impone a Rai e Mediaset un canone di 50 milioni da redistribuire alle piccole emittenti. «Una conseguenza - affermano i deputati azzurri - della rottura del patto del Nazareno». È giusto, non è giusto? C’era un patto e si è rotto? Il Nazareno è cenere al vento? In politica il più forte tende ad approfittarsene e il più debole grida alla congiura, da sempre. Il sottosegretario con delega alle Telecomunicazioni, Antonello Giacomelli (Pd) si è subito affrettato a gettare acqua sul fuoco suggerendo di stare lontano dagli stati d’animo: «L’emendamento in questione riporta alla piena titolarità del governo la riforma delle norme relative al canone frequenze che abbiamo annunciato già da agosto 2014». Saranno anche stati d’animo, ma intanto ieri il titolo Mediaset è stato penalizzato. Senza addentrarci in un discorso tecnico (tutto si basa su un provvedimento dell’AgCom che molti ritengono pasticciato), appare evidente che il caso non può essere trattato come una soluzione puramente tecnica. Renzi è arrivato a Palazzo Chigi per fare le grandi riforme, e, dopo l’abolizione del bicameralismo, la prima grande riforma sarebbe quella di uscire da questo meschino gioco incrociato del conflitto d’interessi. Per anni la sinistra ha giustamente criticato il governo Berlusconi per aver fatto coincidere gli interessi del suo partito con gli interessi delle sue aziende. Quando Berlusconi era presidente del Consiglio gli investimenti pubblicitari di Mediaset salivano, quando era all’opposizione calavano, e non certo a causa di emotività o stati d’animo. La stessa legge Gasparri si trascina dietro un’ombra di favoreggiamenti che pesa non poco sullo sviluppo tecnologico delle nostre tv. Ma proprio per questo Renzi non può permettersi di usare le stesse tecniche per tenere sotto scacco l’avversario politico. Da anni, la televisione è il nodo gordiano della politica italiana. Se è impossibile scioglierlo, Renzi faccia come Alessandro Magno: lo tagli, una volta per tutte, ponga fine senza pregiudizi ideologici a questo eterno conflitto che spesso sconfina nel ricatto. Conviene a lui, conviene a Berlusconi. Conviene soprattutto alla tv italiana, sempre più triste, sempre più declinante. 7 febbraio 2015 | 09:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/editoriali/15_febbraio_07/frequenti-sospetti-televisivi-7f91092c-aea2-11e4-99b7-9c6efa2c2dde.shtml
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