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« inserito:: Settembre 08, 2008, 09:54:33 am » |
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8/9/2008 Integrazione con priorità MARIO MARAZZITI L’assoluzione europea per il censimento dei rom è una buona notizia. Un atto dovuto dopo gli opportuni aggiustamenti del ministro dell’Interno e qualche passo falso degli inizi, quando circolava persino un modulo che registrava anche etnia e religione. Ci si è arrivati dopo che forze sociali radicate in Italia e a conoscenza dei problemi hanno segnalato gli eccessi, indicato alternative, hanno collaborato con prefetti e istituzioni, e il governo ha accentuato l’angolatura sociale del provvedimento. È un metodo utile anche per il futuro. Per uscire da un allarme sicurezza delle grandi città che in Italia è oggettivamente meno grave che in gran parte d’Europa e del mondo e che, semmai, ha le terribili caratteristiche della criminalità organizzata o della criminalità da stadio, che creano terre di nessuno, che si vuole strappare al controllo dello Stato.
Dopo le buone notizie occorre lavorare. E per i rom, naturalmente, l’unica soluzione - anche visti i piccoli numeri - è quella dell’integrazione scolastica di tutti i minori, borse di studio per ridurre i rischi di evasione scolastica, ingressi protetti, per alcuni, nel mondo del lavoro, un luogo decente dove vivere per tutti, monitoraggio costante dei servizi sociali, repressione del crimine su base delle responsabilità individuali e mai «di gruppo», una carta di soggiorno per motivi umanitari o l’avvio della pratica per il riconoscimento, europeo, dello status di apolide, per quel circa 30 per cento di rom in Italia che sono ex jugoslavi, più i loro figli e i figli dei loro figli. Alcune decine di migliaia di persone che «non esistono», che non possono essere espulse perché gli Stati della ex Jugoslavia non li riconoscono più, che non sono italiani anche se sono quasi tutti nati in Italia, da due generazioni, tutti giovanissimi o ragazzini che non possono lavorare ma solo ogni tanto essere fermati, portati a un Cpt e poi mandati via con un decreto di espulsione che non potrà mai essere eseguito (succede da vent’anni in un gioco dell’oca che crea assurdità e devianza, oltre che costi e condizioni di vita subumane).
C’è poi il resto del problema. Il diritto di voto agli immigrati per le amministrative, lanciato da Veltroni, non respinto da Fini, «fuori dal programma» e non priorità per La Russa e altri, fermato dal presidente Berlusconi, osteggiato dalla Lega e da Di Pietro. Ma è solo una parte del problema vero. Che è l’integrazione degli immigrati: un interesse nazionale profondo, qualunque sia il programma elettorale, indipendentemente da considerazioni umanitarie. È normale che non scatti un coro di sì a una proposta del leader dell’opposizione. Anche se è sensata, se ricalca quella lanciata anni fa dal leader di An. Certo, «in Parlamento (forse) non ci sono i numeri», e «il voto da solo non significa integrazione». Si poteva fare crescere la proposta nella società civile e creare uno schieramento largo per affermarla in Parlamento.
Ma comunque sia partita, la questione dell’integrazione sociale è una questione vera. Tra gli immigrati regolari e stabili il tasso di delittuosità è identico a quello degli italiani, circa il 6 per cento, mentre è molto più alto tra quelli irregolari e instabili. È la marginalità che crea devianza e non la nazionalità o l’etnia. Lombroso pensava che gli zingari commettevano reati perché «dolicocefali» (e quindi erano incolpevoli), noi per fortuna no. All’inizio del secolo gli italiani a New York compivano quasi il 50 per cento degli omicidi anche se erano meno del 5 per cento della popolazione. Era colpa della marginalità, non di cultura o Dna. Il presidente della Camera ha indicato alcuni criteri per il rilascio di un diritto che è riconosciuto in altri Paesi europei: che parlino italiano, abbiano un lavoro, siano stabili, paghino le tasse. Tutto questo avviene da tempo, visto che è già necessario per ottenere i difficili permessi di soggiorno di lunga durata.
Nel 2005 tre milioni di immigrati regolari hanno fatto dichiarazioni dei redditi per oltre 21 miliardi e hanno versato 1,87 miliardi con 2,2 milioni di dichiarazioni dei redditi. Pagano le tasse, ne pagano tante, con meno evasione degli italiani. Un quinto delle dichiarazioni sono in Lombardia, un altro quinto tra Veneto e Lazio. Ce lo dice l’Agenzia delle entrate. Da anni la crescita in Italia sarebbe sotto lo zero. In molte aree i romeni rappresentano il 50 per cento dell’edilizia. Si potrebbe continuare con l’agricoltura, i prodotti «doc». Più di 700 mila italiani in tre giorni hanno richiesto un lavoratore immigrato, quando è stata aperta la quota di 170 mila.
A scuola nel 2007-08 sono iscritti 574.133 alunni «non italiani», praticamente uno su 15. Ma più di uno su tre di tutti «gli stranieri» sono in realtà bambini e ragazzi nati in Italia da immigrati. La via all’integrazione passa per un cambiamento rapido della legge sulla cittadinanza, dal diritto di sangue al diritto di suolo. Da due legislature c’è una proposta in Parlamento che ha raccolto consensi dei due schieramenti alle proposte fatte dalla Comunità di Sant’Egidio. Perché non conviene a nessuno tenere ai margini un’intera generazione di giovani che è invece una generazione-ponte.
Un Parlamento e una classe dirigente intelligenti, che non guardino solo a se stessi, possono rilevare che quello che non sembrava una priorità, lo è. Nessuno perde la faccia quando si fa una cosa giusta, anzi necessaria, che andava già fatta prima.
da lastampa.it
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