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Autore Discussione: Carlo Lucarelli. Voglio scoprire i numeri della paura  (Letto 2339 volte)
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« inserito:: Settembre 05, 2008, 03:40:37 pm »

Voglio scoprire i numeri della paura


Carlo Lucarelli


Mio nonno e mia nonna litigavano sempre per l’acqua minerale.

La compravano a casse, ogni mese, e la mettevano in cantina. Più o meno a metà mese mia nonna cominciava a dire che non ce n’era più abbastanza e che bisognava ordinarne ancora, mentre mio nonno sosteneva il contrario.

Litigavano per un po’ e poi finiva sempre nello stesso modo: mi mandavano giù a contare le bottiglie presenti, le dividevano per i giorni rimasti e così sapevano se la cantina era «mezza piena» o «mezza vuota» (di solito aveva ragione mio nonno).

Uso un banale e simpatico aneddoto familiare per parlare di cose gravi come la paura, la sicurezza e la metà oscura della vita quotidiana nelle nostre città perché credo che proprio qui stia il punto. Perché è vero che viviamo tempi inquieti -i tempi lo sono sempre, di cose brutte che fanno paura ne sono sempre accadute- ma mai come oggi l’inquietudine stessa, la paura e la sicurezza, sono state così urgenti e così importanti. È dall’11 settembre che con la paura e la sicurezza si vincono le elezioni e si governano i paesi, dagli Stati Uniti all’Italia.

Il punto, però, credo che sia proprio questo: paura o sicurezza? Perché sono due cose diverse. Una è una sensazione, l’altro un effettivo stato di cose e non sempre l’uno è legato all’altra.

Io vivo in una città, Bologna, che raramente arriva sulle pagine nazionali dei quotidiani, sia per i fattacci brutti (per fortuna) che (purtroppo) per quelli belli. Eppure a Bologna un sacco di gente, tra cui molti miei amici, ha paura ad uscire la sera. E mica solo a Bologna, l’ho sentito e lo sento dire praticamente per tutte le città italiane, da Roma a Faenza. Non una paura piccola, da tempi inquieti, ma un vero e proprio terrore che fa auspicare a tanti, qualunque sia il livello culturale e sociale o la parte politica, l’impiego di ogni mezzo possibile per uscire da questo stato di insicurezza.

O di paura?

Ora, io questa paura non ce l’ho. Può darsi che mi sbagli, che sia così perché sono un incallito giallista, un incosciente o semplicemente perché fino ad oggi sono stato fortunato, ma questo terrore generalizzato non lo sento. E quando ho cercato di chiederne le ragioni a chi invece lo prova, mi sono perso in un labirinto di sensazioni e di parole. Ho paura perché se ne leggono tante sui giornali. Ho paura perché guarda cosa dicono alla televisione. Ho paura perché in giro ci sono un sacco di facce strane.

Ora, chi è stato violentato, ferito, rapinato e scippato potrà dirmi che la sua non è soltanto una sensazione, che lui ha paura per quello che gli è successo, che non è successo soltanto a lui e che continua a succedere in tutte le nostre città, a Roma, a Milano e anche a Bologna.. E ha ragione. E di nuovo mi permetto di dire che proprio qui sta il punto.

Le cose hanno un nome e dietro ogni cosa ci sono i numeri e ogni numero vuol dire, a sua volta, una cosa precisa. Se non capiamo esattamente di cosa stiamo parlando e di quale sia la sua reale entità, corriamo il rischio di fare le cose sbagliate.

Se nella statistica degli omicidi di una città balzata di colpo in testa alle classifiche nazionali ci sono anche gli omicidi colposi, per esempio, come gli incidenti in autostrada o le famose stragi del sabato sera, ecco che il problema cambia, e così invochiamo i militari per la strada a difenderci da un branco di killer mentre invece avremmo bisogno di vigili urbani, stradini e semafori. Nel primo caso la parola giusta è criminalità, nel secondo è viabilità,e sono due cose diverse. Le facce strane che di notte popolano i centri svuotati delle città, magari male illuminati, e che terrorizzano chi li deve percorrere, soprattutto se donna e sola, sono criminalità quando stuprano, spacciano o rapinano, se no sono disagio sociale o magari anche degrado, ed è un altro problema, che va risolto in un altro modo.

Se ci fermiamo alle sensazioni, al senso di angoscia e di paura, allora basta una risposta psichiatrica, uno psicofarmaco, tante divise che si facciano vedere in giro, così la paura passa e il problema non c’è più. Ma non funziona così. E magari ci perdiamo altri dati, come per esempio che in città sono aumentate le estorsioni, e questo significa una cosa precisa, che in città adesso c’è più mafia, e questo dovrebbe fare molta, ma molta paura.

Di cose brutte ne accadono tante nelle nostre città, a Roma, a Milano e anche a Bologna, ma dobbiamo capire esattamente cosa accade e perché.

Ecco perché ho citato i miei vecchi e concreti nonni toscani, con il loro metodo bipartisan per capire se la cantina era mezzo piena o mezzo vuota.

Io, per esempio, al di là di quello che si legge sul giornale, che si dice in televisione e di guarda quante facce strane ci sono in giro, vorrei capire perché la mia città, Bologna, si senta più terrorizzata adesso di quanto non lo fosse a cavallo tra gli anni 80 e 90, quando la Banda della Uno Bianca fece venticinque omicidi e più di duecento azioni criminali, quando si moriva per essere andati a fare un versamento alle poste, per aver detto "chiamate la polizia" durante una rapina o quando le pattuglie dei carabinieri venivano mitragliate per la strada. Se c’è un motivo, se c’è qualcosa di cui avere più paura vorrei scoprirlo, documentarlo bene con nomi e numeri, e capire cosa esattamente si può fare per risolvere il problema. Insomma, cosa succede, esattamente, in città?

Credo sia arrivato il momento, per chi voglia farlo o non l’abbia già fatto, di scendere in cantina a contare le bottiglie.

Pubblicato il: 05.09.08
Modificato il: 05.09.08 alle ore 8.29   
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