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« inserito:: Settembre 04, 2008, 07:04:50 pm » |
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Bagapsh: «La Russia è tornata forte un bene per la mia Abkhazia»
Margherita Belgiojoso
La chiamano la «Perla del Mar Nero». Da tutta l’Unione Sovietica venivano a Sukhumi a vedere come i monti del Caucaso giungessero a toccare il mare, e come palme, agrumi e oleandri crescessero fiorenti. Gli abkhazi dicono: «Se vivessimo in un altro posto non soffriremmo così: guardate il nostro mare e le nostre montagne, e capirete perche la Georgia vuole la nostra terra». Sergei Bagapsh è il presidente di questa repubblica che dal ’92 vuole essere indipendente dalla Georgia. Premier dal ’97 al ’99, Bagapsh è stato eletto presidente nel 2005. Con il malcontento del Cremlino, che gli preferiva l’oppositore.
Presidente, il suo omologo osseto, Kokoity, ha dichiarato che il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo non ha giocato alcun ruolo nel riconoscimento russo del suo Paese. Qual è la sua opinione?
«Non sono d’accordo. Se non avessero riconosciuto il Kosovo, non si sarebbe neppure cominciato a parlare dell’Abkhazia indipendente. Va anche detto però, che se pure non avessero riconosciuto l’indipendenza di Pristina, noi non ci saremmo fermati. Il riconoscimento del Kosovo è stato un importantissimo evento: fino a pochi mesi fa c’era un polo soltanto al mondo. La struttura delle votazioni nella società internazionale erano sono state organizzate perché le grosse potenze per decidere, dovessero prima essere d’accordo: ma negli ultimi anni non era più così. Gli Usa decidevano per tutti: così è stato in Jugoslavia, così in Iraq. D’ora in poi torneranno a esserci due poli nel mondo, e forse anche un terzo: la Cina. E la società internazionale dovrà trovare la forma per dialogare e arrivare a una conclusione comune».
Avete mai fatto un tentativo serio per vivere assieme alla Georgia in pace? A livello costituzionale per esempio?
«Certo, glielo abbiamo proposto a lungo. La guerra del ’92 è iniziata proprio quando noi deputati dovevamo discutere la variante di Federazione con Tbilisi: ma allora il no di Gamsakhurdia era stato categorico. E quando si smette di dialogare, cominciano a parlare le armi. Finita la guerra, abbiamo riproposto la variante della Confederazione: lo stesso no. I georgiani vogliono essere un paese mono-nazionale. Ci dicevano che noi abkhazi non esistevamo: che cosa fare con gente che nega la tua stessa esistenza?»
Dalle tv russe Saakashvili è dipinto come un pazzo, e tutti, per le strade di Sukhumi e Tsinkhvali, ne sembrano convinti. Qual è la sua opinione?
«Se si lascia fare Saakashvili finirà esattamente come con Hitler e il nazismo. Il suo cognome è georgiano, ma la sua personalità è americana. È cresciuto in occidente, non ha niente di caucasico: pensa e agisce come un americano. Come si può fare della gente che sta qui, nel Caucaso, che beve la nostra birra, e che ha le nostre tradizioni, degli americani? Parlate di democrazia... ma quale democrazia? Tutta l’opposizione georgiana è in prigione. Mia moglie è georgiana, io stesso ho vissuto a lungo a Tbilisi, conosco bene i georgiani. Sono un grande popolo. Ma spesso ci si sbaglia sulla propria leadership».
Come giudica la posizione degli stranieri sulla crisi osseta?
«Male. È difficile sedere a Washington e dettare quello che si deve fare qui. Quando poi sento dire che il grande orso russo se la prende con la piccola, debole e indifesa repubblica del Caucaso. Per anni noi abbiamo detto alla Turchia, alla Germania, agli Stati Uniti... Non armate la Georgia! Perchè la Georgia le armi non le userà contro la Russia - non può nemmeno pensare di farlo - le userà contro gli osseti, e contro di noi. Questo è successo, e quei Paesi hanno la responsabilità morale per quello che è successo. La Georgia ha sfidato Mosca dicendo di avere dietro l’America. Che sciocchezze! Alla Russia non puoi parlare così, soprattutto adesso che é tornata grande e forte».
La Russia ha sostenuto per anni l’embargo contro di voi, assieme alla Georgia. Come si spiega questo cambio di politica da parte di Mosca?
«La stessa Russia è molto cambiata con l’arrivo di Putin. Le sue priorità sono cambiate. Per Eltsin una cosa valeva l’altra, ma con Putin ha cominciato a prevalere l’interesse russo. Come è naturale che sia. Putin è un leader forte, acuto, coraggioso: ha capito che la Russia ha un interesse geostrategico e che è necessario perseguirlo. Perche abbandonare l’Abkhazia? Perchè lasciare che ai confini della Russia arrivi la Nato? Il mio è un Paese leale alla Russia, e bisogna guardare alle prospettive future. E la Russia ha cambiato idea: abbiamo cominciato a ricevere passaporti russi. Io dicevo a Shevardnadze: riconoscete i nostri passaporti così che potremo andare all’estero: in Abkhazia è cresciuta un’intera generazione tra le rovine delle bombe. No, la risposta era solo no. Allora avevo previsto che in dieci anni, il 90% della popolazione avrebbe avuto il passaporto russo. E così è stato».
Nel 2014 a Soci, a appena un centinaio di chilometri da qui, si terranno le Olimpiadi invernali tanto volute da Putin. Come pensa che influiranno sulla vostra economia?
«Le Olimpiadi avranno importantissime conseguenze sull’Abkhazia. Intanto dal punto di vista degli investimenti: presto ne arriveranno molti, coinvolgendo soprattutto il settore alberghiero, ma anche lo sfruttamento delle materie prime. Già abbiamo cominciato a parlare con la Lukoil per lo sfruttamento del nostro petrolio. La Georgia è in trattative con sette aziende americane, eppure in periodo sovietico si diceva che il 70% del petrolio regionale fosse in Abkhazia, e solo il 30% in Georgia. Finora con gli investimenti era difficile perchè appena arrivava un’azienda straniera, subito la Georgia strepitava. E loro si tiravano indietro. Li capivo, come fare investimenti quando poi arriva Saakashvili e si porta via tutto? Ricordiamo comunque da dove siamo partiti: qui dopo la guerra non era rimasto nulla. Stiamo rimettendo a posto strade e infrastrutture. Durante l’embargo era impossibile, i bambini morivano perché non si trovavano le medicine. Questo finché Putin non é andato al potere. Allora ero premier, e quando abbiamo raggiunto per la prima volta un budget da cinque milioni, ci siamo detti "È fatta, siamo fuori dalla crisi". Oggi facciamo due miliardi, l’anno prossimo cinque o sei».
L’annessione alla Russia è una variante possibile?
«Certo, è una variante, e anche un’ottima variante. I prossimi passi devono farli i russi, ma che sia la giusta strategia noi ne siamo convinti».
Pubblicato il: 04.09.08 Modificato il: 04.09.08 alle ore 8.07 © l'Unità.
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