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Autore Discussione: FRANCO GARELLI Il grillismo all'ateneo  (Letto 2261 volte)
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« inserito:: Agosto 25, 2008, 12:40:23 pm »

25/8/2008
 
Il grillismo all'ateneo
 
 
FRANCO GARELLI
 
Dico subito che non ci sto al gioco al massacro che si sta facendo sull’università italiana, pur alimentato da fatti gravi come quelli del concorso a Medicina legale dell’Ateneo torinese, di cui si sta occupando la Procura della Repubblica e il cui esito è appena stato annullato dal Tar non per vizi formali, ma per «manifesta ingiustizia e disparità di trattamento». Mi dà fastidio che a fronte di casi come questi si parli oggi in modo generalizzato dell’ambiente in cui lavoro (e in cui ricopro dei ruoli di responsabilità) come di una realtà scandalosa, come un luogo dove i concorsi sono perlopiù truccati, il merito non ha alcuna cittadinanza, gli organi competenti si comportano come muti, ciechi e sordi.

Non sono certo miope o ingenuo e non nego che molte cose siano da cambiare, a cominciare da una prassi concorsuale - ma qui dipende dal ministero - che da tempo prevede che i concorsi siano banditi ed espletati nei singoli atenei, con l’evidente rischio che la lobby interna prevalga su altre considerazioni. O di un potere lobbistico che attraversa anche varie aree disciplinari, per cui lo stare in cordata è in genere un requisito principe per fare carriera. Ma cercare di contrastare queste e altre anomalie in modo da rendere l’Università italiana più aperta e trasparente è ben diverso che sparare a zero su tutto il sistema formativo.

Che senso ha usare casi limite come quello di Medicina legale a Torino (posto che le accuse vengano provate) per delegittimare un’intera Università? A chi giova questa accusa generalizzata di inefficienza e mancata trasparenza? Molti dei commentatori pubblici che denunciano le anomalie sono essi stessi dei docenti universitari (magari in pensione), che per molto tempo hanno occupato posizioni di primo piano negli Atenei. Viene da chiedersi: che cosa hanno fatto questi colleghi per rendere più imparziali ed efficienti le nostre Università? Perché non hanno denunciato a suo tempo le anomalie e gli scandali che oggi ritengono essere prassi normale in molti atenei? Perché si è più disponibili alla denuncia pubblica delle anomalie (pur importante e doverosa) che a esercitare quel normale controllo sulle procedure e sulla vita universitaria che è il primo deterrente degli abusi e dei soprusi?

Chi è dentro il sistema ne conosce a fondo i limiti, oltre che gli aspetti positivi, che non sono pochi, ma che in casi come questi sembrano svanire nel nulla per lasciare spazio solo alla cronaca nera. Tra i limiti vi sono colleghi in ruolo da molti anni la cui attività scientifica è ormai ridotta al lumicino; o docenti più attenti ai loro piccoli o grandi interessi e progetti che a partecipare alla vita universitaria e a mettere le loro competenze al servizio del sistema formativo; o colleghi che hanno poco feeling e disponibilità con gli studenti, magari chiamando in causa la loro scarsa preparazione di base; o ancora docenti che - pur a libro paga dell’Università - danno il meglio di sé (sia in termini di ricerca che di docenza) in altri luoghi che considerano più premianti per la loro attività scientifica e visibilità pubblica.

Ma a fianco di questi casi problematici vi è nei nostri Atenei un’ampia quota di docenti e ricercatori che operano con serietà e dedizione per fare dell’Università un luogo di formazione eccellente e aperto alle menti migliori. Che magari hanno meno appeal pubblico, ma che sono costantemente impegnati sia nel qualificare la ricerca e l’offerta formativa sia nel migliorare le procedure di questa complessa macchina organizzativa. Proprio in tema di trasparenza, si è svolto di recente in una grande Facoltà dell’Ateneo torinese un concorso per professore ordinario, che è stato vinto non da uno dei candidati locali (che pur avevano non pochi titoli) ma da uno studioso esterno (che da anni lavora all’estero). Casi come questi non sono rari, e ci dicono che la normalità esiste ed è possibile e che non tutto è arbitrio o discrezionalità.

Queste considerazioni non sono una difesa d’ufficio delle strutture universitarie, né vogliono coprire gli eventuali scandali o deviazioni di cui purtroppo non è esente nemmeno questa grande istituzione. Occorre però evitare che si faccia di ogni erba un fascio e che alla fine prevalga su tutto il discredito delle istituzioni. La tentazione di fare del grillismo anche all’Università è grande, ma in tal modo si rischia non soltanto di disconoscere le molte cose che funzionano ma anche di alimentare quella disaffezione pubblica che è alla base dello scarso senso civico di molti adulti e giovani.
 
da lastampa.it
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