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Autore Discussione: Il segretario dell’Anm: «Magistratura non indipendente, cittadini non garantiti»  (Letto 2669 volte)
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« inserito:: Agosto 21, 2008, 06:30:29 pm »

il segretario dell’Anm: «Magistratura non indipendente, cittadini non garantiti»

Cascini: «Rischio fascismo se la politica entra nel Csm»

«Nella Sinistra c'è chi in malafede non vuole giudici indipendenti».

Quagliariello (Pdl): «Non sa di cosa parla»



ROMA - «Se introduciamo la politica nel Csm (e mi pare evidente che si miri a questo) rischiamo di richiamarci ad un modello autoritario, ovverosia quello fascista, dove la magistratura non è indipendente dal potere politico e quindi non tutti i cittadini sono garantiti allo stesso modo»: lo dichiara Giuseppe Cascini, segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm), intervistato da Klaus Davi su Youtube. «Non dobbiamo dimenticare che il sistema giudiziario attuale che garantisce l’autonomia della magistratura è stato scritto sulla base delle vicende storiche del ’48», prosegue il segretario dell’Anm. «I tribunali speciali del regime fascista condannavano i nemici politici del governo. I giudici in passato obbedivano al governo fascista. La scelta di una magistratura indipendente che si governa da sola è stata fatta sulla base di quella esperienza. Aggiungo che la corte Europea potrebbe avere delle riserve, nel senso che alcuni principi della costituzione come quello di uguaglianza non sono modificabili. E’ quindi possibile - prosegue Cascini - che si apra una discussione molto seria a livello di corte di giustizia europea, proprio sulla compatibilità di questo modello con i principi della convenzione europea».

A SINISTRA C'È CHI NON VUOLE GIUDICI INDIPENDENTI - Giuseppe Cascini punta il dito anche sulla sinistra italiana: «Nella Sinistra, c'è chi crede che il tema della riforma della giustizia sia troppo complicato e difficile da risolvere e chi, invece, in malafede non vuole giudici indipendenti. È molto preoccupante la mancanza di posizione da parte dell'opposizione sul progetto di riforma della giustizia auspicato dal Governo». Lamenta il segretario dell'Anm: «Noi non conosciamo l'opinione della Sinistra, quanto meno delle forze maggiori, del Partito democratico, su quanto sta annunciando il Governo. Anzi, sul tema della riforma della giustizia, abbiamo letto un documento scritto da alcuni esponenti politici, la maggioranza dei quali dell'opposizione, che ha delle tesi veramente poco condivisibili. Una parte di questi promotori -osserva- sono Radicali: una componente politica che ha avuto sempre un rapporto problematico con la magistratura, ma ci sono anche esponenti del Pd». Cascini interviene anche sul tema «intercettazioni»: «Un politico non deve temerle. Nessuno può essere contento dell'idea di essere intercettato, ma dobbiamo affidarci alla giustizia e alla magistratura: il nostro è l'unico Paese del mondo in cui le sole intercettazioni possibili sono quelle consentite dalle autorità giudiziarie; in tutti gli altri Paesi, le fanno la politica, la polizia e i servizi segreti. C'è bisogno -continua- di una seconda legge sulle intercettazioni che regolamenti la loro pubblicazione, permettendo la divulgazione degli atti processuali e non dei fatti personali dell'indagato». L'intervista si chiude con un'annotazione finale: «Ci sono magistrati omosessuali e se facessero «coming out» sarebbe una cosa buona e consentirebbe di evitare o limitare casi, se ce ne sono, di discriminazione».

QUAGLIARIELLO (PDL) - «Le dichiarazioni del segretario dell'Anm sono il frutto di un cocktail diabolico fatto di ignoranza, presunzione corporativa e disprezzo della sovranita popolare». Lo afferma Gaetano Quagliariello, vicepresidente vicario dei senatori PdL. «Cascini - aggiunge Quagliariello - non sa di cosa parla, e pur di non riconoscere la legittimità che deriva direttamente dalla sovranità del popolo invoca qualsiasi fonte di legittimità alternativa: la giurisprudenza, l'Europa, la storia usata a sproposito. Gli vorremmo ricordare che i magistrati in Italia non sono, come in altri sistemi, espressione della sovranità popolare; dunque le loro sentenze devono restare rigorosamente nell'ambito dei principi fissati dall'ordinamento. Ancora più grave, inoltre, è il fatto che vengano espressi giudizi su una riforma, quella del Csm, di cui il Parlamento deve ancora iniziare a discutere e della quale Cascini, come chiunque altro, non conosce ancora i termini». «La Costituzione - conclude Quagliariello - non è certo immodificabile, ma è un cosa seria: non può essere utilizzata come un tempo si usava il manganello, per sostenere a priori posizioni deboli sotto il profilo corporativo, ridicole sotto il profilo storico, inaccettabili sotto il profilo istituzionle e di una corretta dialettica tra i poteri»



21 agosto 2008

da corriere.it
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Admin
Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Agosto 23, 2008, 11:40:41 pm »

23/8/2008
 
Se l'imputata è la sinistra
 
 
 
 
 
MATTIA FELTRI
 
La notizia, non del tutto inattesa, è che l’Associazione nazionale dei magistrati ce l’ha con la sinistra. Il segretario del sindacato unico, Giuseppe Cascini, giovedì ha sfiorato l’accusa di neofascismo al governo di Silvio Berlusconi, e ha parlato con franchezza di «modello autoritario», quello cui si punterebbe con la riforma della giustizia. La storia degli ultimi tre lustri insegna che gli attriti fra il potere giudiziario e quello esecutivo sono prassi, e specialmente se il potere esecutivo è detenuto dalla destra; nel caso, liberi tutti: non c’è appellativo negato a una parte e all’altra. La rissa è scontata, e infatti ha eccitato parzialmente la politica e i commentatori.

Il sugo della filippica di Cascini sta altrove: «Nella sinistra c’è chi, in malafede, non vuole giudici indipendenti. Noi non conosciamo l’opinione della sinistra, quantomeno delle forze maggiori, del Pd, su quanto sta annunciando il governo». Un’offensiva di rara cattiveria, e il Pd pare averla subita. Il ministro ombra della Giustizia, Lanfranco Tenaglia, si è messo a dibattere su un tema fumoso, il richiamo di Berlusconi a Giovanni Falcone. Il capo dei senatori democratici, Anna Finocchiaro, come al solito concreta, ha capito perfettamente dove si andava a parare, e si è chiesta per quale ragione il premier insistesse a dichiarare il Pd suddito dei giustizialisti «proprio mentre Veltroni e il Pd sono oggetto di polemica con l’accusa di eccesso di dialogo».

Il punto infatti è questo: il Pdl vuole riformare la giustizia, il Pd vuole ragionarci sopra e l’Anm (con Antonio Di Pietro) vuole bloccare tutto. Qualcuno ha già ricordato (Gianluigi Paragone su Libero) la Bicamerale di oltre dieci anni fa, voluta da Massimo D’Alema e in accordo con Berlusconi per mettere mano alla giustizia. Se ne occupò il verde Marco Boato e individuò tre passaggi fondamentali: la separazione delle carriere fra magistrati giudicanti e magistrati dell’accusa, la ristrutturazione del Consiglio superiore della magistratura con l’introduzione di più membri di nomina politica e l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale. Guarda caso, le tre modifiche che ripropone oggi l’esecutivo.

Le ragioni del fallimento della Bicamerale sono ancora oggetto di studio. Di certo pesò l’ostilità del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Pesò la rivolta di alcuni pensatori (Indro Montanelli, Alessandro Galante Garrone, Gianni Vattimo, Giorgio Bocca, Antonio Tabucchi, Francesco De Gregori, tutto il gruppo MicroMega, i girotondini in pectore). Pesò di sicuro una terribile intervista di Gherardo Colombo - allora pm a Milano - che definì la Bicamerale figlia del ricatto: «Nel metabolismo politico-sociale del Paese ci sono ancora le tossine che consigliano di realizzare le nuove regole non intorno al conflitto trasparente, ma al compromesso opaco. E un passaggio chiave è la Bicamerale... Chi non è stato toccato dalla magistratura ha scheletri nell’armadio e si sente non protetto, debole perché ricattabile. La società del ricatto trova la sua forza, appunto, su ciò che non è stato scoperto».

Chi non era stato toccato dalla magistratura? Facile: il Pds. Non certo Berlusconi, che aveva sulla groppa una ventina di indagini. Tutto andò a rotoli. La sinistra schivò i processi, ma non quelli di piazza, visto che Massimo D’Alema ne subì uno celebre e amaro a Firenze, celebrato da Paul Ginsborg con l’imputazione di aver tramato col gran nemico di Arcore. Insomma, con Cascini siamo da capo, sebbene le truppe della società civile e arrabbiata si siano ridotte. La guerra della magistratura è intestina visto che Berlusconi ha sempre tirato dritto, e a maggior ragione lo farà stavolta con la protezione del Lodo Alfano. L’obiettivo è denunciare il Pd per malafede, ignavia e intelligenza col nemico. Seguendo la dottrina Colombo, prefigurare dissesti e castighi: la Tangentopoli abruzzese, ha detto Cascini, «è più grave della precedente Tangentopoli». E se il Pd si sfila, la riforma di Berlusconi è più facile chiamarla eversione.


da lastampa.it
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