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Autore Discussione: Armando MASSARENTI -  (Letto 16855 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Agosto 27, 2017, 09:26:40 pm »

Mario Vargas Llosa, premio Nobel nel 2010, oltre che grande scrittore, è un intellettuale liberale a tutto tondo. Nel 1987 scrisse un articolo, «Verso il Perù totalitario», che era un inno al libero mercato contro «quel populismo di sinistra» che non poteva che «portare povertà, sconforto, parassitismo e corruzione nella vita peruviana». Come molti uomini della sua generazione, Vargas Llosa aveva cominciato con tutte le belle illusioni della sinistra sudamericana. E come molti di loro aveva dovuto constatare che gli esperimenti socialisti che promettevano benessere, eguaglianza e giustizia, portavano le società alla stagnazione e alla povertà, eguagliando la maggioranza delle persone verso il basso e privilegiando solo la minoranza dei pretesi rivoluzionari. Vargas Llosa ha sempre criticato con lucidità e coerenza quelle illusioni per abbracciare fino in fondo il valore della libertà nella politica, nell'economia e in tutta l'esperienza umana, nutrendo di ciò la propria creatività letteraria. Oggi su Domenica lo vediamo in veste di recensore di un romanzo che verrà presentato al Festivaletteratura di Mantova dal suo autore. Si tratta di «Patria» di Fernando Aramburu dedicato all'Eta: «Il libro, una storia triste e insieme affascinante, è anche una presa di posizione chiara, una condanna netta della violenza, dei fanatismi e dell'ignoranza che la provocano. E una descrizione sottile della degenerazione morale che la violenza provoca in una società, corrodendone i valori, inimicando e svilendo le persone, distruggendo le istituzioni e i rapporti umani. Ma evita, saggiamente, le disquisizioni ideologiche, limitandosi a mostrare, attraverso episodi asciutti e coinvolgenti, come, non volendolo e non rendendosene conto, una società di persone sane, senza niente da nascondere, è trascinata a poco a poco, a furia di concessioni, nella complicità e a volte nelle peggiori viltà».
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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« Risposta #31 inserito:: Settembre 25, 2017, 12:39:34 pm »

La copertina di oggi è dedicata a al compositore Luciano Berio di cui Einaudi manda in libreria tra pochi giorni la raccolta di Interviste e colloqui. Valga ciò che Berio dice di Renzo Piano, con il quale ha condiviso esperienze come il progetto «Musica e lavoro», in seno alla riqualificazione dell'area del Lingotto di Torino, e la nascita dell'Auditorium Parco della Musica di Roma che sfociò nella presidenza di Berio all'Accademia di Santa Cecilia di Roma. Dice Piano: «È un mestiere di confine quello dell'architetto, nel senso che sta tra l'arte e la tecnica, tra l'arte e la scienza». E Berio: «Dipende da chi lo fa. Per esempio, se tu potessi, getteresti il cemento tu stesso e avviteresti tu stesso i bulloni: è un fatto già musicale perché il musicista è sempre stato e sempre sarà anche un artigiano. Uno che realizza le cose che pensa». C'è una definizione migliore del lavoro creativo, o, verrebbe persino da dire, del lavoro non alienato? Tutti questi scritti, che ripercorrono le tappe della ricchissima carriera musicale di Berio, dagli anni '60 fino alla morte avvenuta nel 2003, e delle sue collaborazioni, anche extra musicali - oltre a Piano, Tullio Regge con cui approfondisce ulteriormente il rapporto tra arte e scienza, e poi Sanguineti e Calvino, cui si affidò per i testi di opere come Laborintus II e Un re in ascolto, e poi ancora Eco e Del Corno - restituiscono il senso di una fucina dove pensiero e azione, mente e corpo, voce e strumenti, note, suoni, rumori si compenetrano in cerca di un nuovo ordine e di nuove armonie. Sono quasi una guida, un esempio, per imparare a pensare bene in generale, in maniera schietta, mai retorica, su ciò che si fa, non senza un intento quasi pedagogico nel cercare di sfuggire a semplificazioni teoriche, false dicotomie e periodizzazioni, definizioni scorrette. Persino quando l'intervistatore è un grande musicologo come Massimo Mila, di cui qui per la prima volta viene pubblicato il dialogo che ebbe con Berio nel 1977. Un documento prezioso quanto la lettera - anch'essa inedita, che proponiamo oggi come anticipazione del volume - nella quale Berio lamenta di non essere stato capito e fornisce dell'esperienza novecentesca di cui egli stesso è stato protagonista una sintesi mirabile.
   
Armando Massarenti - Responsabile il Sole24 Ore - Domenica
 
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« Risposta #32 inserito:: Novembre 07, 2017, 12:20:22 pm »

Mario Ricciardi, recensendo la nuova edizione di «Stato e rivoluzione» di Lenin edita da Donzelli, oggi, nelle pagine Scienza e filosofia del supplemento Domenica, racconta dell'incontro tra il rivoluzionario russo e il grande filosofo Bertrand Russell, avvenuto nel 1920, pochi anni dopo la rivoluzione russa di cui in questi giorni ricorre il centenario. Russell fu uno dei primi, anche se non l'unico, a comprendere appieno che i valori dell'eguaglianza e della libertà, che pure avevano mosso l'intellettualità socialista cui egli stesso apparteneva, erano stati ampiamente traditi. Possiamo considerarlo il capostipite di quelle critiche che i riformatori più illuminati avrebbero mosso al comunismo - da Orwell a Koestler a Silone a Berlin - a partire da posizioni liberaldemocratiche o liberalsocialiste contrarie a ogni illusoria idea di società perfetta. Tra questi va annoverato un grande storico come Piero Melograni, collaboratore del Sole 24 Ore Domenica, che verrà ricordato domani a cinque anni dalla morte, in presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a Roma, all'Accademia dei Lincei. L'incontro prenderà le mosse da un pamphlet, assai lungimirante, che Melograni scrisse esattamente 40 anni fa, il «Saggio sul potere» di cui parla oggi la mia rubrica Filosofia minima. «L'uomo delle società di massa sacrifica troppo spesso l'autonomia e lo spirito critico per ottenere in cambio false certezze», scriveva Melograni nel 1977. L'irrazionalità delle masse è direttamente proporzionale alla mancata accettazione dell'insicurezza che, benché poco piacevole, è la condizione normale dell'esistenza. Ciò spinge gli uomini, in costante ricerca di punti fermi, nelle braccia dei capi, dei partiti, delle ideologie, sovraccaricate di compiti e di utopie irrealizzabili. Come quella che spinse i russi, un secolo fa, nelle braccia della dittatura comunista.

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