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Autore Discussione: Marx (Groucho) l’aveva detto  (Letto 2935 volte)
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« inserito:: Agosto 12, 2008, 10:38:16 pm »

Marx (Groucho) l’aveva detto

Alberto Crespi


Nel Prigioniero di Zenda era la Ruritania, prototipo di tutti gli staterelli da operetta. Nella Guerra lampo dei fratelli Marx (film del 1933 stra-proibito in Italia dal fascismo, per inciso) erano la Freedonia e la Silvania. Nel Grande dittatore di Chaplin la Tomania e la Botalia, vessate dai rispettivi dittatori Hynkel & Napoloni. In quest’ultimo caso il gioco satirico è spudorato, e sia in Germania che in Italia - come nel resto del mondo - tutti capirono benissimo con chi ce l’aveva il sommo Charlie.

La Ruritania, la Freedonia (gioco di parole con l'inglese "freedom", libertà) e la Silvania sono invece allusioni più misteriose, attraverso le quali Hollywood creava una propria Mitteleuropa immaginaria ma molto, molto verosimile. È probabile che gli sceneggiatori avessero in mente soprattutto i tanti staterelli balcanici già allora di strettissima attualità (Serbia e Bosnia erano sulla mappa delle tensioni mondiali almeno dal 1914). Ma certo non si può non pensare a quei buffi nomi in questi giorni, mentre staterelli o regioni (pseudo)autonome dai nomi altrettanto buffi, ma ahimè reali, si combattono per motivi (apparentemente) incomprensibili. Alzi la mano chi, al di fuori dei russisti e dei sovietologi - o dei vecchi frequentatori dell'Urss, club al quale chi scrive appartiene dal 1978 - ricordava i nomi di Abchazia, Ossezia e Inguscezia. Certo, se poi vi costringiamo a scavare nella memoria e a rivangare i tristi ricordi della strage di Beslan, Ossezia e Inguscezia possono tornare alla memoria; per l'Abchazia bisogna essere esperti di cose georgiane, o fans del grande scrittore Fazil Iskander. La Cecenia, quella no, la conoscono tutti. Ma noi non ci stanchiamo mai di raccontare che i ceceni già narrati, con toni ammonitori, da Tolstoj e da Lermontov erano i padroni della vita underground di Mosca negli anni '70: se ti serviva qualcosa di illegale - che so, un paio di jeans, una scatola di caviale, un taxi in orario, una signorina allegra - dovevi chiedere ai ceceni. Avevano tutto loro: bastava pagare (in dollari, sia chiaro!). Erano una realtà gogoliana, cioè da farsa, ma in quei paesi la storia segue percorsi strani e spesso la farsa si ripropone, nel giro di pochi anni, in forma di tragedia. Abchazi e armeni, ad esempio, erano i protagonisti assoluti delle barzellette georgiane. Ricordiamo una mitica serata a casa di Giulietto Chiesa, allora corrispondente dell'Unità da Mosca, con il grande regista georgiano Otar Ioseliani che, fra le tante, raccontò anche questa: nell'esercito sovietico, reparto paracadutisti, un ufficiale istruisce le reclute. Dovete buttarvi, contare fino a 10, tirare la cordicella: capito? Fra i tanti soldatini al primo lancio c'è un abchazo. Si tuffano alcuni russi: contano (1, 2, 3… 10!), aprono il paracadute, atterrano baldanzosi. Si butta l'abchazo. Viene giù come un sasso, si abbatte al suolo: il paracadute non si è aperto! Lo soccorrono, ma non c'è nulla da fare: e la sua ultima parola prima di spirare è un affannoso "…tre…".

Con simili precedenti, non si può fare a meno di provare un sinistro senso di grottesco, leggendo che la Georgia attacca l'Ossezia e l'Abchazia a sua volta attacca la Georgia. L'Ossezia del Sud - il pezzo di quella sventurata terra che il risiko staliniano assegnò, negli anni '30, alla Georgia - è grande più o meno quanto il Molise; l'Abchazia, ci dicono, è come la provincia di Viterbo - che si chiama anche Tuscia, ma non dichiara guerra alla Sabina, né alla Maremma. Urgono, a questo punto, due pensieri: banali, ma indispensabili. Il primo: dietro questo risiko si nascondono popoli che oggi soffrono terribilmente e vengono investiti da conflitti che li sovrastano (questa è l'ennesima guerra per il petrolio, e a giocare a risiko sono Bush e Putin: non dimentichiamolo). Il secondo: il grottesco è maestro di vita, perché la vita - e la storia - sono sempre grottesche, nel senso che mescolano farsa e tragedia, alto e basso, re e buffoni (il più grande autore grottesco di tutti i tempi è stato Shakespeare). Quindi tornare con la memoria ai fratelli Marx non è blasfemo, né irriverente: è utile. Nella Guerra lampo, Groucho è l'assurdo dittatore Rufus Firefly ("mosca di fuoco") nominato capo della Freedonia dalla ricchissima vedova Mrs. Teasdale: lo stato si regge solo sulle ricchezze della donna, che però pone l'ascesa al trono di Firefly - e la successiva dichiarazione di guerra alla Silvania - come condizione per donare 20 milioni di dollari. Vi ricorda qualcosa? Questo Saakashvili, che ha studiato in America e ha una moglie olandese miliardaria, e che ha conquistato il potere in Georgia a suon di dollari & demagogia, è un personaggio degno dei fratelli Marx - come la strana coppia Putin & Medvedev, per carità, e il loro amichetto di Arcore: troppi Marx ci vorrebbero, per interpretarli tutti! Quei film, con la forma di una satira assai più sottile di quella a cui siamo abituati oggi, ci avevano avvertiti. Saakashvili, quando va a tirare i baffi alla Russia, sembra Firefly quando propone un gioco a un dignitario di corte. "Prenda una carta", gli dice. Quello la prende, e chiede: "Ok, e adesso?". "Se la tenga, io ne ho altre 51". Saakashvili aveva una strategia altrettanto astuta, solo che ha pescato la carta sbagliata.

Pubblicato il: 12.08.08
Modificato il: 12.08.08 alle ore 8.30   
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« Risposta #1 inserito:: Agosto 13, 2008, 09:52:11 pm »

«Il filo diretto del premier con Putin? Interesse mediatico»


Luca Sebastiani


«Un conto è apparire, un altro agire». Sergio Romano ricolloca nella giusta prospettiva diplomatica le telefonate di Berlusconi al suo «amico» Vladimir Putin. In questa crisi alle porte dell’Europa, l’Italia e gli altri paesi europei, dice l’ex diplomatico, «bene hanno fatto, invece, ad agire di comune accordo sotto la guida della Francia», presidente di turno dell’Ue. Alternative non ce n’erano.

Romano, eppure il governo ha vantato una propria iniziativa «privata» con il filo diretto tra il Premier e Putin...

«Per carità, i telefoni sono già bollenti. È abbastanza normale che ogni paese abbia il proprio interesse ad apparire mediaticamente. Un altro conto, però, è l’efficacia. Le telefonate private servono al limite ad informarsi della situazione».

Quale iniziativa avrebbe potuto prendere il governo viste le buone relazioni con Mosca?

«A me sembra che l’Italia non debba avere un ruolo autonomo. Peserebbe troppo poco e sarebbe in contraddizione con una coerente concezione dell’Ue. Berlusconi ha un rapporto privato con Putin, ma è la Francia a ricoprire un ruolo cui spetta la responsabilità di rappresentare tutta l’Ue.

E come si sta muovendo la Francia?

«Bene. Ed è una fortuna che la crisi sia scoppiata sotto la presidenza di turno di Parigi e non di un paese meno critico rispetto alle posizioni statunitensi. Inoltre il presidente Sarkozy è persona molto attiva e desiderosa di apparirlo. L’unico rimpianto è che in questa crisi non si sia visto l’Alto rappresentante per la politica Estera dell’Ue, Javier Solana».

Nella maggioranza è stata la Lega a rompere con la politica equidistante dell’Ue prendendo posizione per la Georgia...

«Le posizioni della Lega non sono mai affidabili. Se avessero meditato un po’ avrebbero dovuto difendere l’Abkhazia e l’Ossezia che vogliono la secessione dalla Georgia».

Pubblicato il: 13.08.08
Modificato il: 13.08.08 alle ore 10.39   
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