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Autore Discussione: Cesare Damiano. Le morti sul lavoro: chi nega l’emergenza  (Letto 2260 volte)
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« inserito:: Agosto 06, 2008, 11:10:30 pm »

Le morti sul lavoro: chi nega l’emergenza

Cesare Damiano


Il governo del «controsenso» ha varato la manovra economica con l’ennesima fiducia. Non solo si è strozzato il dibattito nel Parlamento e nelle commissioni e cancellata di fatto ogni concertazione con le parti sociali, ma si è anche cercato di irridere l’opposizione accusandola di non sollevare, al momento giusto e con la giusta forza, le sue obiezioni. Si è giunti perfino a false dichiarazioni, come nel caso del sottosegretario Giuseppe Vegas.

Il quale, a proposito di una norma come quella dei contratti a termine, ha parlato di accordo «sostanziale del sindacato e dell’opposizione». Si è cercato, in questo modo, di deformare una realtà che ha visto il Partito Democratico votare contro nelle commissioni, presentare emendamenti abrogativi anche per l’Aula che sono stati cancellati con un colpo di spugna a causa della fiducia. Inoltre, il governo non si è fermato neanche a fronte di una patente incostituzionalità del provvedimento “anti precari”, non solo da noi evidenziata, ma autorevolmente confermata dall’Ufficio studi della Camera. In ballo c’è l’articolo 3 della Costituzione che vuole tutti i cittadini uguali di fronte alla legge . Ma le incongruenze continuano: accanto agli spot mediatici che portano l’esercito ad affiancare nelle città le forze dell’ordine, in nome di una sicurezza giustamente invocata dai cittadini, si tagliano in modo indifferenziato le risorse colpendo proprio quei settori, come le forze dell’ordine, che dovrebbero garantire la tranquillità delle nostre famiglie.

Quello che prevale è ancora una volta la politica dell’annuncio, le trovate alla Robin Hood che finiscono con il colpire le stesse persone che si vorrebbero proteggere, cioè i ceti più poveri del Paese, che finiranno per pagare salate, con l’aumento di bollette e benzina, le sovrattasse caricate a parole su petrolieri, banchieri e assicuratori e graziosamente scaricate in anticipo dagli stessi sui sempre meno ignari consumatori. Ma la domanda di fondo è un’altra: come può questo governo enfatizzare i temi della sicurezza dei cittadini ignorando, o peggio, diminuendo le tutele che riguardano la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro? Sono usciti ieri i dati del Censis che evidenziano un’amara verità: che in Italia ci sono più morti sul lavoro che vittime a causa della malavita. Ogni anno, nei luoghi di lavoro, muoiono nel nostro Paese circa milletrecento persone.

Grazie a una lotta molto incisiva condotta negli ultimi anni dal governo Prodi contro il lavoro nero e la precarietà e grazie al varo del Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, si sono ottenuti primi risultati nella direzione del calo degli infortuni e degli incidenti. Infatti, secondo i dati dell’Inail, nel 2006 i morti sul lavoro sono stati 1341, mentre nel 2007 sono diminuiti a 1210. Si tratta di un risultato importante, ma non ancora sufficiente, perché l’Unione Europea ci chiede di migliorare più rapidamente e anche perché una sola morte sul lavoro rappresenta una tragedia per una famiglia, per una comunità aziendale, per un territorio. Il governo Berlusconi, invece di partire da questi risultati, ha fatto di tutto per mettere in cattiva luce la legislazione sulla sicurezza nel lavoro voluta dal governo Prodi, gonfiando ulteriormente le polemiche sulle cosiddette “sanzioni” ritenute eccessive dal sistema delle imprese, capeggiato da Confindustria, quando in realtà esse sono equilibrate e correlate alle violazioni commesse e potentemente semplificate nel numero, praticamente dimezzato, rispetto alla situazione precedente. L’enfasi posta dal governo sulla formazione tralascia il fatto che nel Testo unico, esiste già per essa un primo stanziamento di cinquanta milioni di euro per le imprese e che è previsto l’insegnamento di questa materia nelle scuole e nelle università. Perché, anzichè parlare di piani straordinari non si inizia a spendere la risorsa già disponibile? Perché spostare la data di presentazione dell’aggiornamento del documento di rischio, che doveva decorrere dal primo di agosto, all’inizio del 2009? Perchè cancellare la norma relativa alla responsabilità solidale posta in capo al committente dell’appalto che garantiva la trasparenza contributiva anche nel caso di una catena di subappalti? Inoltre, all’interno della manovra, l’esecutivo ha introdotto maliziosamente numerose norme di deregolazione del mercato del lavoro e dello stesso Testo unico, che abbasseranno le tutele dei lavoratori e favoriranno, nell’ambito del sistema economico, quelle imprese che fanno della precarizzazione lo strumento del proprio successo. Perché tentare di cancellare la regola che, grazie al governo Prodi, ha previsto l’obbligo per l’impresa di comunicare l’assunzione il giorno prima dell’inizio del lavoro? Si tratta di una perversione burocratica, come sostengono “i semplificatori di governo”, oppure di una regola che ha impedito che proseguisse la pratica barbarica delle assunzioni “ post mortem”? Per fortuna questo tentativo è stato respinto grazie all’iniziativa dell’opposizione. Forse il governo dovrebbe riflettere sul senso generale della sua manovra e sulla scelta della diminuzione delle tutele che colpirà i giovani e soprattutto le donne, queste ultime private anche della tutela delle dimissioni in bianco che pure era stata sostenuta nella precedente legislatura, insieme al centro sinistra, dalle attuali ministre Carfagna, Gelmini e Prestigiacomo. Forse l’esercito, di cui stimiamo la dedizione al nostro Paese, andrebbe utilizzato per presidiare i cantieri del lavoro irregolare o magari per scoprire che nel carcere di Avellino un appalto del ministero della Giustizia è caduto nelle mani di un’azienda che lavora completamente al nero. Noi ci auguriamo che la battaglia contro il lavoro nero, la precarietà e per la salute e sicurezza dei lavoratori, continui. Per questo la «Carovana per il lavoro sicuro», che abbiamo voluto con Articolo 21, e alla quale hanno aderito associazioni e sindacati, non sarà soltanto un viaggio simbolico nell’Italia delle stragi sul lavoro, ma lo strumento per chiamare a raccolta le forze politiche, sociali e della cultura a sostegno di queste rivendicazioni e per una nuova civiltà del lavoro.

Pubblicato il: 06.08.08
Modificato il: 06.08.08 alle ore 12.08   
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