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Autore Discussione: Moni Ovadia. A furia di guardare il dito  (Letto 2623 volte)
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« inserito:: Luglio 11, 2008, 10:32:59 pm »

A furia di guardare il dito

Moni Ovadia


La parabola dell’uomo che guarda il dito che indica, invece di guardare la luna, è fin troppo nota. La manifestazione di Piazza Navona è diventata il dito dello scandalo in una luna su cui le regole democratiche vengono infrante sistematicamente da una destra populista e demagogica al servizio di un solo uomo, che in qualsiasi paese fondato sulla civiltà del diritto non avrebbe i requisisti per essere eletto. Oggi il suo governo subisce una mozione di condanna per politiche giudicate dall’Europa razziste e discriminatorie.

E persino la nota biografica inserita nelle cartelle del G8, descrive il nostro presidente del consiglio come leader dalla reputazione per lo meno imbarazzante, e l’Italia come una nazione devastata dalla diffusa corruttela.

Eppure il coro delle prefiche pidielline si straccia le vesti per lo scandalo di piazza Navona. Perché? Perché il caravanserraglio del padrone, ha trovato un’occasione ghiotta per fare la vittima e i suoi cortigiani per gridare allo scandalo. Fingono di scandalizzarsi per gli eccessi del linguaggio, proprio loro che sul vero ed indegno linguaggio dell’eccesso hanno costruito l'identità di cui menano vanto. Le iperboli di Beppe Grillo e di Sabina Guzzanti, sono lazzi da commedia dell’arte rispetto ai furori e agli appelli alle armi di leghisti quali un Calderoli (irresponsabile sobillatore di rivolte che mettono in pericolo i nostri cittadini in paesi musulmani), di un Bossi, di un Borghezio o di un Gentilini, nell’esercizio di funzioni istituzionali. Sabina Guzzanti invece, è solo una straordinaria teatrante animata da una bruciante passione civile cacciata persecutoriamente dalla televisione di Stato, che dovrebbe essere il santuario della libertà di pensiero. Com’è corta e ipocrita la memoria di questa destra da polpettone mal digerito. Non ricordano neppure che da sempre è prerogativa del teatrante gridare al popolo che “il re è nudo”.

Ha dovuto ricordarglielo uno dei loro, Paolo Guzzanti, spezzando una lancia a difesa della figlia, che il garbato cavalier Berlusconi ha dato del coglione a metà degli italiani solo per non averlo votato. Guzzanti sì che ha subito un’aggressione di inaudita volgarità da parte della ministra Carfagna, solo per essere il padre Sabina. Detto ciò, per restituire evidenza al fatto che la destra non ha titoli per rivolgere critiche a qualsivoglia volgarità, né tanto meno per dare lezioni di deontologia del linguaggio, è bene chiarire che il principale e precipuo scopo del popolo e degli organizzatori di piazza Navona è stato e rimane quello di lanciare un allarme per la mobilitazione contro lo scempio che viene fatto del nostro sistema politico e della legalità costituzionale da parte di forze politiche prone agli interessi del loro leader carismatico.

Personalmente, nel mio breve intervento, mi sono limitato a considerazioni di natura squisitamente politica, anche se il tono delle mie parole era accorato ed indignato. Perché sia chiaro, che noi si faccia o meno il mestiere dell’arte scenica, prima di tutto siamo esseri umani e cittadini pensanti che partecipano a pieno titolo alla vita sociale e politica del Paese e sempre più sono sollecitati a farlo soprattutto dalle giovani generazioni.

Ma veniamo al vero punctum dolens della questione: i rapporti fra le opposizioni - e nella fattispecie fra gli organizzatori di piazza Navona - i cittadini che hanno risposto alla chiamata, e il Pd. Alcune delle critiche rivolteci con onestà ed acume, non vanno respinte per partito preso e meritano il massimo rispetto. Non vi è dubbio che per certi aspetti la manifestazione sia caduta in una trappola ben tesa, tuttavia non prenderò pelose distanze dagli altri intervenuti perché non ritengo decoroso questo tipo di puntualizzazione. Per quanto mi riguarda, non sono salito sul palco contro il Pd e ciò vale indubbiamente anche per la stragrande maggioranza dei partecipanti. Ho sostenuto il nuovo partito con la passione e il coinvolgimento che caratterizza sempre il mio impegno: ero e rimango convinto che l’Italia abbia bisogno di un grande partito riformista. Proprio per questa ragione, da quel partito, che ha subito una severa battuta d’arresto alle elezioni, mi aspetto un’opposizione forte, adamantina, a voce alta. L’insistenza sul dialogo con forze che non vogliono e non possono dialogare senza entrare in contraddizione con se stesse, francamente è parso a molti di noi incomprensibile, soprattutto perché proposto da posizioni di debolezza.

Inoltre, mai come in questa circostanza, si è confermato che il lupo perde il pelo ma non il vizio. Uno dei pericoli più insidiosi che corre la politica istituzionale è quello dell’autoreferenzialità, lo si è inequivocabilmente constatato nell’imperdonabile débacle delle elezioni romane.

Ora, io non pretendo di avere un osservatorio infallibile, ma quando girando in ogni angolo del Paese sento ininterrottamente le voci impastate di amarezza e di umiliazione di elettori del Pd che ti guardano con espressione ferita dicendo: “tanto sono tutti uguali”, capisci che devi rialzare la testa per tentare con tutte le forze di arginare l’irrimediabile.

Pubblicato il: 11.07.08
Modificato il: 11.07.08 alle ore 13.19   
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