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« inserito:: Luglio 06, 2008, 09:30:45 pm » |
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Foa: «Basta sfregi alla giustizia ma l’opposizione non si divida»
Bruno Gravagnuolo
Sono stato deputato alla Costituente. Ho votato la Costituzione repubblicana. Molti anni sono passati da allora, ma sono rimasto incrollabilmente fedele al principio che la legge è eguale per tutti. Aderisco quindi al documento dei costituzionalisti». Comincia così, con queste parole puntigliosamente scelte come appello, l’insolita conversazione «da lontano» con Vittorio Foa. Da lontano, perché il grande leader azionista, lasciata Formia, è a Pescasseroli. E tra noi e lui c’è la moglie Sesa Tatò, che con impagabile premura e pazienza ci fa da «interprete», quando Foa non sente bene al telefono le domande.
Perciò, dopo la dichiarazione di apertura, con la quale Foa si schiera al fianco dei cento costituzionalisti - che hanno denunciato lo strappo ai principi costituzionali del «Lodo Alfano» e della «norma blocca processi» - cerchiamo di decifrare il suo umore. E magari di strappargli una diagnosi sul presente, sul Pd e sulle «carte» dell’opposizione. Dunque, dice Foa: «Sono preoccupato, molto preoccupato in questa fase. Ecco perché è indispensabile avviare una battaglia in difesa dello stato di diritto». Già, ma ne è capace l’opposizione del Pd? È adeguata a riguardo? Risponde secco Foa: «Non intendo replicare su questo, diciamo che spero di sì...». E sulle «due opposizioni», quella «girotondina» e quella di governo e di proposta, aggiunge: «Non voglio prendere posizione in favore dell’una o dell’altra, ma reputo che l’opposizione non debba dividersi...». Lotta di lunga lena, e speranza di creare uniti una nuova onda di opinione nel paese? «L’importante - chiarisce Foa - è tener duro sull’eguaglianza e la parità dei diritti in Italia. Quanto alla speranza, certo che occorre averne! Decisivo è mantenere una certa volontà di lotta sui princìpi, per tenere aperta la situazione e sveglie le coscienze».
Torna il vecchio Foa «movimentista»? «No - ribatte - non è questione di movimentismo o del suo contrario. Certe scelte dipendono dai momenti storici. E quel che conta è battersi in questo momento. Tenendo conto che nel nostro paese c’è una destra profonda, che viene da lontano...». Viene voglia di approfondire, facendo un passo indietro dagli appelli e dalla mischia. Perché questa «destra profonda»? E che intende Foa con questo motivo?
Per capirlo, almeno in parte, cerchiamo di frugare tra i pensieri del Foa di adesso. Sesa Tatò ci spiega che qui a Pescasseroli, Foa passa gran parte del suo tempo a riscrivere la prefazione di una suo libro fortunato: Questo Novecento, uscito per Einaudi una decina di anni fa. Verrà ristampato, e dentro la prefazione ci sono alcuni temi chiave. Un certo pessimismo «sulla guerra e le sue forme mutate». Sul suo inedito significato per gli uomini, dopo il Novecento. Poi l’attenzione alle «nuove povertà, di cui pochi si occupano». Infine una riflessione su ciò che è stata l’Italia, «dall’inizio della prima guerra mondiale ad oggi». E qui c’è l’innesco con l’idea della «destra profonda». Una costante della nostra storia, secondo Foa. Ma perché questa «anomalia italiana» rispetto agli altri paesi avanzati? E la risposta di Foa arriva netta e chiara: «Perchè l’Italia è nata tardi rispetto agli altri stati. E male... e inoltre anche in virtù di un certo ruolo pervasivo della Chiesa, la famosa “Questione Vaticana”....». Da ultimo, proviamo ad allargare un po’il campo: Obama e il suo succeso negli Usa. A Foa piace decisamente, gli fa un’ottima impressione. E dal candidato nero si «aspetta molto». Ecco la speranza di Foa: «Progressista vero. Può contribuire a cambiare lo scenario mondiale, se vince». Insomma, Obama per Foa è in grado di dare un’imagine diversa del suo paese. Quella di una nazione più fraterna e generosa: «Soprattutto lo spero...». Volge al termine « l’intervista impervia» a Vittorio Foa con l’aiuto della moglie. Non senza una battuta dallo sfondo del vecchio leader: «Dì che venga a trovarmi a Formia... che facciamo un’intervista più lunga...». Già, magari per i 98 anni, il 18 settembre. E allora piazziamo l’ultima domanda: che effetto fa avere quasi cento anni? Si sente «leggero», o troppo pieno di ricordi? Risposta diretta dell’interessato, in viva voce: «È bello! Venga, venga pure per il mio centenerio!». Ma non avevamo detto per i 98? «D’accordo, anticipiamo...». Grazie. Fine dell’intervista impervia a Vittorio Foa, «uomo-secolo».
Pubblicato il: 06.07.08 Modificato il: 06.07.08 alle ore 9.58 © l'Unità.
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